COMMISSIONE D'INDAGINE

Seduta 09 - 06 Settembre 2001

Audizione del ministro della giustizia, Roberto Castelli.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti un occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del ministro della giustizia, senatore Roberto Castelli. Ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Comunico che il ministro Castelli chiede di essere accompagnato dal dottor Stefano Simonetti. Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso che consenta alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.


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Poiché non vi sono obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
La ringraziamo, ministro Castelli. So che lei ha preparato una relazione; se lo ritiene, può darne lettura e depositarne copia agli atti del Comitato.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Signor presidente, onorevoli senatori e deputati, prima di cominciare l'esposizione dei fatti avvenuti durante i giorni del G8, vorrei fare una doverosa precisazione. In questa sede mi riferirò esclusivamente alle vicende che hanno chiamato in causa direttamente le competenze del Ministero della giustizia, quindi soltanto a fatti sostanzialmente legati all'espletamento delle pratiche inerenti alla presa in carico e alla successiva traduzione nei luoghi di detenzione delle persone tratte in arresto nel corso delle manifestazioni di Genova. Devo dire che le questioni di ordine pubblico legate al vertice erano all'ordine del giorno del Governo già da tempo, ben prima dell'insediamento del nuovo esecutivo. Era, infatti, presumibile che ci sarebbero stati problemi legati alla sicurezza. I precedenti vertici internazionali, infatti, avevano messo in luce l'esistenza di gruppi e frange estremiste inclini all'uso della violenza nel corso delle manifestazioni di piazza. A tal proposito ricordo che, già nel mese di maggio - quindi con il Governo precedente -, durante una riunione operativa riguardante il G8, era stata discussa e predisposta la costituzione di almeno una postazione in città per la consegna degli arrestati dalla polizia penitenziaria e per la successiva traduzione verso le carceri di Alessandria e Pavia o, in alternativa, a Voghera.
Questa postazione che, ripeto, è stata voluta dal precedente Governo, è poi stata identificata nell'ex caserma di Bolzaneto. Nelle settimane precedenti il vertice, a pochi giorni dal mio insediamento, ho voluto seguire i preparativi per la parte di


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competenza del mio dicastero. Voglio ricordare che l'allarme, nei giorni precedenti al summit, riguardava anche un'altra questione molto importante, ossia l'eventualità di rivolte all'interno del carcere in concomitanza con il vertice. Anche se ciò non è accaduto, le possibili sommosse nel penitenziario hanno rappresentato uno dei problemi da affrontare concretamente, oltreché un elemento di ulteriore tensione e preoccupazione.
In data 27 giugno, presso il Ministero della giustizia, ho convocato una riunione a cui hanno partecipato il mio segretario particolare, dottor Stefano Simonetti, i vertici del Dipartimento amministrativo penitenziario, nelle persone di Paolo Mancuso ed Emilio Di Somma, il consigliere Alfonso Sabella, il presidente del tribunale di Genova Antonino Di Mundo, il presidente della sezione GIP, dottor Giovannni Battista Copello, il procuratore generale della Repubblica di Genova Nicola Marvulli ed un dirigente del Ministero dell'interno, il dottor Luperi.
Nel corso di quell'incontro si parlò soprattutto dei problemi organizzativi e gestionali nell'eventualità di un alto numero di arresti in occasione del G8. Tra l'altro, in quell'occasione appresi che, almeno informalmente, erano già state individuate le strutture di Bolzaneto e di Forte San Giuliano come destinazioni verso le quali sarebbero stati indirizzati i fermati. Furono affrontati molti dettagli organizzativi come la valutazione dei percorsi da far compiere agli automezzi. Si studiavano, infatti, le strade per i percorsi dei mezzi destinati alle traduzioni. Fu deciso, addirittura, di approntare alcune motovedette della polizia penitenziaria nel caso le strade si fossero rivelate inagibili, per i tumulti o per questioni legate alle manifestazioni.


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La preparazione del vertice, nell'ambito delle nostre competenze, è stata condotta dal punto di vista operativo dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ma, per quanto mi riguarda, ho voluto essere costantemente aggiornato sugli sviluppi dell'organizzazione. Cito a questo proposito - è agli atti - la relazione del consigliere Sabella sulle misure predisposte in vista del G8 e un successivo appunto preparato su mia richiesta dal vicecapo del dipartimento Emilio Di Somma in data 12 luglio in cui si illustravano i dettagli tecnici dell'operazione in corso e di quelli in programma per i giorni del G8. E, ripeto, si prevedeva un numero piuttosto consistente di arrestati e, quindi, di detenuti.
Il contenuto delle relazioni è già stato anticipato in questa stessa sede dal consigliere Alfonso Sabella e dal dottor Di Somma e, quindi, ritengo di soprassedere alla lettura dei due appunti che posso lasciare a disposizione.
Arriviamo ai giorni del G8 e, come tutti sappiamo, l'avvio del vertice di Genova è coinciso fin da subito con l'inizio degli scontri di piazza. Le previsioni pessimistiche della vigilia, relativamente all'ordine pubblico, si sono puntualmente verificate. Come sappiamo, purtroppo, gli incidenti hanno registrato nella giornata di venerdì 20 luglio la morte di Carlo Giuliani.
Ho seguito gli accadimenti sia attraverso il racconto delle agenzie di stampa e delle televisioni sia tenendomi in stretto contatto con gli uomini del DAP incaricati di coordinare le operazioni di nostra competenza. In questo modo, verso le 15 di venerdì, ho potuto apprendere che il carcere di Marassi era stato oggetto di un attacco da parte dei manifestanti che hanno lanciato una bomba Molotov contro il portone del penitenziario - tra l'altro senza grosse conseguenze - mentre invece


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un'altra bomba lanciata all'interno dell'ufficio ha provocato notevoli danni, come, poi, ho potuto verificare in seguito.
Anche durante la giornata di sabato 21 ho seguito gli avvenimenti tenendomi in stretto contatto con gli uomini impegnati a Genova e, lo ripeto, attraverso i miei collaboratori mi tenevo costantemente aggiornato sul numero degli arrestati e sull'andamento delle operazioni necessarie per la loro immatricolazione e traduzione. A questo proposito, apro una parentesi per dire che il piano che almeno secondo noi, avrebbe funzionato nel migliore dei modi era stato dimensionato consentitemi questo termine ingegneristico per poter recepire un massimo di 600 o 700 fermati che ritenevamo fosse un numero - come poi in effetti si è dimostrato - conservativo rispetto alla realtà.
È però chiaro che, considerati gli accadimenti che stavano avendo luogo c'era la preoccupazione che questo numero potesse aumentare e, quindi, che il piano stesso potesse in qualche modo cadere in difetto. La preoccupazione, infatti, era che il piano predisposto in precedenza per far fronte all'emergenza tenesse nonostante la gravità della situazione che si stava verificando a Genova. Nel tardo pomeriggio di sabato 21, proprio a fronte di questa grande tensione e di questi avvenimenti, ho pensato che fosse opportuno dare agli uomini della polizia penitenziaria impegnati a Genova un segno concreto di vicinanza e di sostegno in una situazione per loro tanto difficile anche, e soprattutto, alla luce dell'assalto che era stato messo a segno a Marassi.
Ho ritenuto che partire nel pomeriggio, quando ancora non era buio e la giornata vedeva ancora scontri e disordini sulle strade, sarebbe stato poco prudente, e la mia presenza, anziché di conforto, avrebbe potuto creare intralcio al lavoro degli agenti. Ho deciso, dunque, di rimandare alla serata non tanto


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la partenza quanto la decisione di una mia eventuale visita a Genova. Vorrei sottolineare che ho rimandato la decisione alla serata per dire che il preavviso del mio arrivo a Genova è stato molto limitato.
La sera del sabato mi trovavo a Sirtori, un paese in provincia di Lecco, ospite di alcuni amici, e soltanto in quel momento ho comunicato agli uomini impegnati a Genova la mia decisione di partire e la mia destinazione, ovvero il carcere genovese di Marassi. Ho fatto telefonare a Genova, intorno alle 22, sono partito con il dottor Simonetti e la scorta e siamo giunti a Genova intorno alle 0,15 - 0,30 della notte tra sabato 21 e domenica 22. Lo ripeto, il mio obiettivo era Marassi. Perché Marassi? Perché da quando sono diventato ministro ho continuato a ricevere notizie di possibili sommosse all'interno dei penitenziari e queste segnalazioni erano particolarmente allarmanti nelle settimane precedenti il vertice G8, dunque la preoccupazione era che in concomitanza con il G8 potessero verificarsi anche delle sommosse nelle carceri.
A Marassi ho incontrato il generale Mattiello, capo dei gruppi operativi mobili; il generale Claudio Ricci, caporeparto traduzioni; il direttore del carcere, Manes; il comandante della polizia penitenziaria di Marassi, ispettore superiore Antonio Chessa, e dopo circa mezz'ora è giunto anche il consigliere Sabella.
Durante il sopralluogo nella struttura penitenziaria mi sono reso conto dei danni subiti durante l'attacco di venerdì pomeriggio. Il portone recava qualche danno ma, soprattutto, c'era un ufficio seriamente danneggiato da una Molotov e devo dire che se non vi sono stati feriti è dovuto soltanto al fatto che in quel momento, come mi è stato riferito, l'ufficio era vuoto.


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Ho visitato il carcere, dove ho trovato una situazione tranquilla, data anche l'ora, evidentemente, ma mi è stato assicurato che anche durante il giorno la situazione era stata tranquilla per quanto riguarda il clima all'interno del carcere. Mi sono trattenuto con il personale discutendo di problemi legati alla struttura penitenziaria; in quel momento la visita è diventata una sorta di visita di routine alle carceri.
A questo punto vorrei citare un episodio che mi servirà, in seguito, per illustrare una certa atmosfera che incontro sempre durante le mie visite: un giovane agente della Polizia penitenziaria mi si è avvicinato e mi ha invitato a visitare gli alloggi in cui erano sistemati gli uomini della Polizia penitenziaria, non di stanza a Genova, ma lì inviati per far fronte alle necessità connesse al G8, per mostrarmi che si trattava di alloggi non all'altezza della situazione. Ho visto uno stanzone dove erano alloggiati addirittura in 16 e mi è stato riferito che si trovavano in quella situazione già da 20 giorni. Questo mi ha convinto, ancora di più, della bontà della mia decisione di essere andato a sostenere queste persone impegnate in un duro compito, in situazioni difficili. Con questo giovane sono stato, tra l'altro, un po' burbero: ricordo di avergli detto che non si può iniziare a lamentarsi già a 20 anni, e ricordo di aver fatto una battuta dicendo che prima dei 45 anni non si ha il diritto di lamentarsi perché bisogna fare la gavetta. Lo dissi per sdrammatizzare un po' la situazione. Ci tengo a ricordarlo perché, come ribadirò in seguito, gli uomini della Polizia penitenziaria hanno fatto veramente grandi sacrifici sia durante la preparazione sia durante le giornate del G8. Tra l'altro, ricordo che quando ho salutato i presenti, ho fatto una breve allocuzione al termine della mia visita, ho detto che la mia presenza quella sera a Marassi aveva, esclusivamente, il senso di testimoniare agli uomini della Polizia il sostegno


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personale del ministro in un momento così impegnativo. Un agente - se ricordo bene faceva parte di un sindacato - mi ha detto che stava lavorando da moltissimo tempo senza interruzioni, come del resto molti dei suoi colleghi, ma che per andare avanti sarebbe bastata una pacca sulla spalla, cioè qualcuno che riconoscesse l'utilità del loro lavoro. Credo che in questo episodio si riconosca veramente lo spirito per cui mi sono recato a Genova, per dare, metaforicamente, una pacca sulla spalla agli uomini della Polizia penitenziaria impegnati in quel durissimo compito.
A questo punto vorrei interrompere per un momento l'esposizione dei fatti per svolgere una mia considerazione. Mi dispiace di aver ascoltato o letto, mi pare anche in questa sede, giudizi molto severi sul personale della Polizia penitenziaria impegnato a Genova; mi dispiace perché si tratta di donne e uomini che hanno svolto il loro compito con grande impegno e serietà lavorando in condizioni molto difficili dal punto di vista materiale e psicologico. Ci sono agenti che hanno lavorato per molte ore consecutive per far fronte all'emergenza di quei giorni mantenendo sempre un atteggiamento professionale e rispettando la dignità delle persone arrestate. Forse si sono registrati singoli episodi di intolleranza (arriveremo anche a questo punto) ma criminalizzare tutti gli agenti che hanno lavorato a Genova mi sembra profondamente ingiusto. Si tratta di lavoratori - mi riferisco particolarmente a lei, onorevole Soda, che ha usato molte volte il termine lager ....
ANTONIO SODA. Mi riferivo anche alle condizioni in cui ha messo i suoi agenti. Lei ha costituito dei lager anche per gli agenti: 16 in una stanza!


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ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Guardi che per fare un lager ci vogliono anche le persone e i lager sono tali se ci sono dentro i nazisti. Questo sia chiaro!
ANTONIO SODA. Se vuole polemizzare .....
PRESIDENTE. Onorevole Soda, la prego, facciamo finire l'esposizione al ministro.
ANTONIO SODA. Lei è un ministro della Repubblica!
PRESIDENTE. Onorevole Soda, il ministro ha fatto riferimento da una sua affermazione. Credo sia legittimo.
ANTONIO SODA. Se fa riferimento a me .....
PRESIDENTE. No, non a lei, ad una sua dichiarazione che credo risulti agli atti. Credo che il ricordo di quella dichiarazione non sia un fatto offensivo. Lei credo si assuma la responsabilità di ciò che ha detto.
ANTONIO SODA. Le affermazioni che ha fatto confermano l'incapacità di gestire .....
PRESIDENTE. Poi gli faremo le domande. Ma nella narrativa credo che la citazione sia legittima.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Scusate, io sono venuto qui, volentieri .....
ANTONIO SODA. Il ministro deve riferire dei fatti e non polemizzare.
PRESIDENTE. Il ministro sta riferendo dei fatti, non sta polemizzando.


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ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Se posso proseguire ....
ANTONIO SODA. Non si è mai visto che il Governo censuri il Parlamento!
ROBERTO CASTELLI, Ministro della Giustizia. Non censuro nessuno, ma credo di avere il diritto di rispondere ad alcune accuse precise che risultano agli atti. Dichiaro che per costituire dei lager ci vogliono anche i nazisti. Le posso garantire che gli uomini della Polizia penitenziaria sono molto lontano dall'essere nazisti. Se la pensa diversamente, ne prendo atto, è suo diritto. Sono persone che hanno affrontato con grande professionalità ed impegno il loro compito, andando avanti per giornate intere in condizioni molto difficili, ottemperando al loro dovere e non aguzzini al lavoro in un lager. Ci tengo a precisare ciò e credo di averne tutto il diritto ed il dovere.
ANTONIO SODA. Precisi anche che ...
PRESIDENTE. Onorevole Soda, non le posso consentire di interrompere qualsiasi persona.
ANTONIO SODA. Il dibattito...
PRESIDENTE. Il dibattito si svolgerà dopo.
ANTONIO SODA. Siccome ha riferito a me la parola lager...
PRESIDENTE. Onorevole Soda, la prego, lo dirà quando chiederà la parola...
ANTONIO SODA. Ho ripreso la parola usata dall'onorevole Mancuso...


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PRESIDENTE. Onorevole Soda, la invito a non interrompere.
ANTONIO SODA. Intanto chiariamo i fatti, presidente.
PRESIDENTE. Onorevole Soda, la invito per l'ennesima volta a fare silenzio.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Posso continuare?
LUCIANO FALCIER. Abbiamo sopportato le offese di Casarini!
PRESIDENTE. Onorevole Falcier, non cominci anche lei. Siamo nel corso di un'audizione: se ognuno di noi dice quello che pensa a voce alta, credo non si renda un buon servizio. Scusate, cerchiamo di far terminare il ministro.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Torno alla notte di domenica. Circa all'1,15 è terminata la mia visita a Marassi, ma prima di lasciare il carcere qualcuno, non ricordo chi, mi ha suggerito di visitare anche Bolzaneto, dove si trovavano gli agenti impiegati ormai da due giorni nel difficile lavoro di espletamento delle pratiche di immatricolazione e traduzione degli arrestati. Era una visita assolutamente non programmata, ma ho deciso di andare lo stesso per incontrare anche quegli agenti.
Il tragitto tra Marassi e Bolzaneto è stato leggermente più lungo del necessario perché volevo rendermi conto delle condizioni della città dopo due giorni di aspri scontri di piazza. Abbiamo pertanto deviato verso corso Italia, che è il lungomare di Genova, dove ho potuto verificare con i miei occhi le devastazioni che hanno colpito la città. Dopo circa 15


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o 20 minuti di tragitto, intorno all'1,30 di notte, abbiamo raggiunto la struttura di Bolzaneto. All'interno della caserma di Bolzaneto erano impegnati agenti di diverse forze di Polizia. Torno a quanto ho dichiarato all'inizio: era evidente che mi trovavo lì solo ed esclusivamente per quanto riguardava la Polizia penitenziaria e quindi non volevo assolutamente, in alcun modo, dare l'impressione di interferire con altre forze dell'ordine che non fossero, diciamo, sotto la mia responsabilità. Su mia esplicita richiesta, ho voluto visitare soltanto la parte della caserma gestita dagli agenti della Polizia penitenziaria. Credo sia un fatto molto importante, un punto fondamentale, almeno per quanto riguarda la mia esperienza.
L'ex caserma di Bolzaneto, come è noto e come è stato detto più volte, ospitava l'ufficio matricola per l'immatricolazione delle persone ivi condotte dalle altre forze dell'ordine, nonché un'area sanitaria per la visita medica di primo ingresso e per eventuali medicazioni d'urgenza. Complessivamente, a Bolzaneto sono state immatricolate 222 persone. Ricordo peraltro che una struttura analoga era stata allestita nella palazzina logistica della caserma dei Carabinieri di Forte San Giuliano, dove le persone immatricolate sono state invece 57. Il numero totale è rimasto largamente all'interno di quel numero prudenziale che avevamo ipotizzato in circa 600 o 700 persone.
A questo proposito, ripeto che la decisione di attivarle è stata presa dal precedente Governo, mentre l'atto formale della loro costituzione è contenuto in un mio decreto del 12 luglio 2001. Tale decreto - ribadisco - non formalizzava l'istituzione di alcun lager o mostro: per me sarebbe facile troncare ogni polemica e zittire chi ha utilizzato quelle parole, ricordando che la responsabilità politica di quella scelta appartiene ai ministri del vecchio Governo di centrosinistra;


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credo però che renderei un cattivo servizio alla realtà dei fatti. Mi assumo la responsabilità - ripeto, mi assumo la responsabilità - di aver firmato un decreto che, attraverso l'attivazione delle strutture di Bolzaneto e Forte San Giuliano, metteva semplicemente a disposizione degli agenti della Polizia penitenziaria gli spazi necessari per le pratiche burocratiche e le visite necessarie prima della traduzione degli arrestati.
Chi ha parlato di lager, ha parlato a sproposito, visto che l'esperienza dei campi nazisti e di quelli sovietici, i famigerati gulag, è lontana anni luce dalla pur concitata atmosfera di Bolzaneto dove, in condizioni difficili, gli agenti svolgevano il proprio dovere e dove, se da una parte può essersi verificata qualche scorrettezza da parte di singoli, si sono registrati gesti di solidarietà, al punto che gli stessi agenti sono stati lodati da un'addetta del consolato americano che ha visitato una cittadina statunitense detenuta a Bolzaneto. Devo dire che le strutture, come era previsto, sono state prontamente smantellate.
Vorrei sottolineare un altro aspetto riguardo a questa questione: stiamo discutendo sempre di cosa è successo, ma proviamo a discutere di ciò che non è successo, di quello che è stato evitato. Immaginiamo che queste strutture non fossero state create, che tutti i fermati fossero stati portati a Marassi, un carcere in pieno centro urbano che in quei giorni era circondato dai manifestanti ed addirittura fatto oggetto di attacchi incendiari. La scelta di tenere i fermati all'interno di Marassi, con i loro compagni tutti intorno al carcere, si sarebbe potuta rivelare una miscela esplosiva, anche alla luce - lo ripeto - degli allarmi su possibili rivolte dentro le carceri. Proviamo ad immaginare questo scenario e poi proviamo a trarne le conseguenze. Sono convinto che tra tutti i mali sicuramente abbiamo scelto il minore.


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Anche se questa scelta è stata compiuta dal precedente Governo, me ne assumo la responsabilità perché, dal punto di vista tecnico, la condivido: lo dico chiaramente, senza alcun infingimento e senza alcuna fumosità. Proprio per questi motivi ho ritenuto di avallare con il mio decreto la decisione presa da chi veniva prima di me.
Tornando alla mia visita - che, ripeto, si è limitata alla porzione della caserma gestita dagli uomini del mio ministero - posso riferire di aver visto alcune persone che stavano in piedi con le gambe allargate e la faccia contro il muro. C'era un'unica cella, per quello che ho visto io, perché l'altro spazio era riservato ai Carabinieri e quindi non ci sono andato perché non era di mia competenza.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIAN FRANCO ANEDDA
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Nella cella che ho visto c'erano una decina di uomini, di ragazzi, da una parte, con un agente della Polizia penitenziaria all'interno, ed una ragazza, dall'altra parte, in quell'atteggiamento che ho dichiarato e che, in qualche modo, mi ha un po' stupito; quindi ho chiesto come mai fossero in quella posizione, rivolti verso il muro, in piedi. Mi è stato risposto - leggo - che avevano fatto così per evitare il pericolo che gli uomini potessero, in qualche modo, dar fastidio alla ragazza. Questa è stata la risposta dell'agente che si trovava nella cella insieme ai fermati.
Non ho assistito a pestaggi o a scene di violenza, non ho visto persone in condizioni precarie di salute. Ricordo che c'era una persona seduta, questa sì, con una caviglia fasciata ma in atteggiamento tranquillo. Nel corso della mia visita ho parlato con un medico e con uno dei fermati. Il medico mi ha


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detto di aver curato alcuni feriti, ma si riferiva agli scontri di piazza. Il giovane fermato, con cui ho avuto un breve dialogo, mi ha detto di essere un ragazzo pugliese (non ricordo più se mi disse che era di Lecce o di Bari). Mi ha detto di essere uno studente di un istituto tecnico, aveva un aspetto normale, non era ferito e chiaramente non aveva un atteggiamento felice, come potete immaginare; nemmeno lui ha denunciato maltrattamenti o episodi di violenza.
Non ho avvertito alcun odore particolare, né di urina né di feci; non ho nemmeno avvertito odore di detersivi o altro, che sarebbero stati necessari se qualcuno avesse voluto ripulire l'ambiente in fretta e furia prima del mio arrivo, come ho letto su alcuni giornali. Ritengo, tra l'altro, che non ci sarebbe stato nemmeno il tempo di sistemare le cose, visto che la decisione di visitare anche Bolzaneto, oltre a Marassi, è stata presa all'improvviso. Ho visto inoltre, oltre a quanto già detto, il materiale sequestrato ai manifestanti: un ammasso di sbarre di ferro, caschi, elmetti, maschere antigas, una mazza dal peso di molti chili - che era un'arma sicuramente molto pericolosa -, un estintore ed alcuni scudi.
Una volta uscito dalla caserma ho parlato con un agente della Polizia di Stato che mi ha raccontato di una guerriglia condotta da professionisti in città; come tutti gli altri agenti che ho visto, mi sembrava assolutamente normale, certamente molto stanco ma all'apparenza né drogato, come ho letto su molti giornali, né eccitato.
Non ho visto assolutamente agenti fuori di sé, come invece è stato raccontato, bensì persone impegnate in un duro lavoro. Ho lasciato Bolzaneto intorno alle 2,00 per fare rientro alla mia abitazione e aggiungo che della perquisizione alla scuola Diaz ho avuto notizia soltanto il giorno successivo dai mass-media.


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La mia visita a Bolzaneto è durata dall'1,35 circa alle 2,00 della notte tra sabato e domenica. Ho visto, ripeto, una situazione tutto sommato normale, tenendo ovviamente presente il contesto di quei drammatici momenti.
A seguito di alcuni articoli apparsi sulla stampa nazionale, in data 26 luglio ho convocato presso il Ministero un vertice con il responsabile del DAP disponendo immediatamente l'avvio di un'indagine interna su quanto accaduto a Genova, per quanto di competenza degli uomini del dipartimento. Questa indagine è stata formalmente avviata con decreto del 2 agosto, perché in quella data si è insediato il nuovo responsabile del DAP, il dottor Tinebra, avendo noi preferito che fosse il nuovo responsabile a dare avvio all'indagine.
Prima di terminare il mio intervento, vorrei fare una riflessione. Da quando sono ministro, ogni volta che visito strutture di competenza del DAP, vengo fermato da persone che ci tengono ad esporre personalmente i problemi che incontrano nel loro lavoro. In proposito, ricordo quanto detto all'inizio della mia relazione a proposito di quel giovane agente che ha voluto farmi vedere che stavano lavorando in condizioni non ottimali. Pertanto, è accaduto anche quella sera che qualcuno avesse qualche lamentela da esporre al ministro. Mi domando: è mai possibile che durante la visita del ministro a Bolzaneto, nessuno si sia fatto avanti per lamentarsi e per denunciare pestaggi e violenze? Nessuno mi ha fermato per dirmi quanto ho letto successivamente sui giornali. Non so dire se, e in quale misura, i racconti raccolti dalla stampa siano fasulli o meno, ma so solo che una delle testimonianze che abbiamo raccolto è di una persona che dice di avermi visto quella notte a Bolzaneto. Peccato che dal verbale risulta essere


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uscita dalla caserma alle ore 0,45, mentre io sono arrivato all'1,30 circa: dico questo per dimostrare come alcune testimonianze siano inattendibili.
Proprio ieri mi è pervenuta una prima relazione da parte della commissione d'inchiesta da me attivata, della quale vorrei leggervi la premessa e le conclusioni: sono tre pagine. Si tratta della prima relazione della nostra inchiesta interna. Nella premessa si afferma: «In esito alla prima fase dell'attività ispettiva svolta da questa commissione in relazione ai fatti in oggetto e a seguito del decreto indicato in epigrafe, si ritiene opportuno formulare sin da adesso alcune considerazioni in merito a quanto già emerso. È opportuno premettere che l'attività di indagine della commissione, in mancanza di documenti ufficiali e nell'impossibilità di procedere all'audizione dei soggetti che avrebbero denunciato le violenze, in quanto tutti ormai scarcerati, si è principalmente sviluppata analizzando gli elementi riportati dalla stampa. Infatti, a partire dal 26 luglio 2001, quando il quotidiano la Repubblicaebbe a pubblicare le dichiarazioni di un anonimo appartenente alla Polizia di Stato, numerosi organi di stampa hanno iniziato a riportare notizie di vario genere su violenze che i manifestanti arrestati avrebbero subìto nel sito penitenziario di Bolzaneto e, successivamente, anche in quello di Forte San Giuliano. Con nota dello stesso 26 luglio 2001, l'Ufficio centrale ispettorato ha richiesto alla procura della Repubblica di Genova l'autorizzazione a svolgere accertamenti amministrativi sugli episodi riportati dal quotidiano prima citato, autorizzazione che veniva concessa con nota del 31 luglio dall'autorità giudiziaria. Ottenuta l'autorizzazione dall'autorità giudiziaria, si è dunque proceduto all'analisi degli atti in possesso dell'amministrazione penitenziaria e ad effettuare il sopralluogo e l'audizione di alcuni presunti protagonisti della vicenda,


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con specifico riferimento al sito di Bolzaneto. Di conseguenza, la presente relazione non può che costituire un primo tentativo di ricostruzione dei fatti, la cui complessità, almeno per quanto si apprende dagli organi di stampa, non consente di pervenire a conclusioni sufficientemente affidabili, almeno fino a quando questa commissione non verrà in possesso di dichiarazione ufficiali che avrebbero reso le vittime dei presunti abusi. Si è ritenuto, per intuibili ragioni di riservatezza e di correttezza istituzionale, di non richiedere, fino a che saranno in corso indagini della procura della Repubblica di Genova, i relativi atti all'autorità giudiziaria e dunque ci si riserva di integrare successivamente la presente relazione non appena sarà possibile conoscere ufficialmente, non dalla stampa, il contenuto delle dichiarazioni in questione. Per comodità espositiva, la presente relazione, che riguarda solo le vicende di Bolzaneto e non ha certo la pretesa della esaustività, si svilupperà, dopo una doverosa premessa descrittiva dello stato dei luoghi e delle procedure in uso nel sito penitenziario, analizzando per categorie i fatti che, secondo quanto riportato dagli organi di stampa e, in parte, per quanto emerso dai pochi elementi obiettivi acquisiti, si sarebbero verificati nella struttura suddetta».
Lascio agli atti della Commissione la relazione, che ovviamente non è possibile leggere ora integralmente, mentre mi limito ora ad illustrarne le conclusioni. Dall'analisi, per quanto parziale, dei dati sin qui acquisiti, se da un lato emergono diversi episodi che indubbiamente meritano di essere approfonditi in quanto appaiono verosimili e di sicura gravità, dall'altro è possibile ricavare in numerosi casi un'errata percezione dei medesimi, forse giustificabile con una sensazione di fondo delle persone custodite, a qualunque titolo, presso la caserma di Bolzaneto di essere vittime innocenti di


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vessazioni da parte delle forze di Polizia. Infatti, al di là delle legittime procedure poste in essere dal personale di Polizia penitenziaria ed avvertite come soprusi da parte dei detenuti, nonché di quei casi in cui il ricorso alla forza fisica è stato determinato dalla necessità di vincere la resistenza opposta, sono, come si è sopra rilevato, numerosi gli episodi frutto di palesi travisamenti o di enfatizzazione oltremisura di vicende forse discutibili, ma comunque del tutto marginali. Paradigmatico di tale atteggiamento da parte degli arrestati, e dunque degli stessi organi di stampa che ne hanno riportato le dichiarazioni, è quanto avvenuto a proposito di Forte San Giuliano, laddove si è con ogni evidenza trattato di orrori e violenze decisamente inesistenti e laddove, circostanza non secondaria, operavano le stesse categorie di personale di Polizia penitenziaria di Bolzaneto. Ancora al riguardo, altamente esemplificativi sono i primi racconti pubblicati da giornali e siti Internet, in cui si riferisce di arrestati costretti a svolgere i propri bisogni fisiologici all'interno dei propri abiti, notizie queste mai più ribadite, allo stesso modo di quelle inerenti i manganelli, che avrebbe utilizzato la Polizia penitenziaria. Ciò non toglie però che, come sembra emergere dai dati sin qui acquisiti dalla commissione, il clima a Bolzaneto, almeno in certe fasi, solitamente coincidenti con l'arrivo delle persone fermate, fosse particolarmente concitato e dunque si venissero a creare condizioni ambientali tali da favorire abusi e maltrattamenti da parte di singole unità di personale. Per quanto riguarda la Polizia penitenziaria è comunque opportuno sin d'ora svolgere una breve notazione inerente la gestione degli arrestati della scuola Diaz, in quanto nessuno di essi ha riferito episodi di violenza o di abuso riconducibili al personale dell'amministrazione penitenziaria, fatto questo che induce a qualche riflessione di carattere generale.


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MARCO BOATO. Sono stati massacrati!
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Come si evince dalle dichiarazioni rese dai responsabili operativi del sito penitenziario, gli arrestati della Diaz furono gestiti potendo contare su più camere di sicurezza, in un momento in cui le altre forze di polizia avevano praticamente abbandonato l'edificio, in quanto avevano concluso i loro compiti. In relazione alla custodia di tali arrestati, la Polizia penitenziaria, che pure ha provveduto anche con la collaborazione di un funzionario della Polizia a rifornire i detenuti di cibo, coperte e generi di conforto, ha persino ricevuto, come dicevo prima, i complimenti di un'addetta consolare americana, la quale ha visitato una cittadina statunitense detenuta nella caserma di Bolzaneto, sul modo con cui i detenuti erano stati trattati.
È possibile che un eventuale diverso atteggiamento del personale in servizio sia riconducibile al naturale abbassamento della tensione conseguente alla chiusura del vertice del G8 e all'approssimarsi della fine del relativo impegno. Così come non è da escludere che le migliori condizioni logistiche, conseguenti alla possibilità di sfruttare più locali come camere di sicurezza, abbiano reso più sereno il lavoro e fugato preoccupazioni circa pericolose commistioni tra le varie categorie di soggetti consegnanti dalla Polizia di Stato«.
A tale proposito vorrei aprire una parentesi: cosa vuol dire questa frase? Significa che mi è stato dichiarato, non in quella sede ma in questi giorni, che vi era la necessità di tenere i detenuti in piedi e separati in quanto, poiché erano molti e nella stessa cella, bisognava separare coloro che erano già stati immatricolati, in attesa di traduzione, e gli altri che invece non erano ancora stati immatricolati. Questa frase si riferisce a tale circostanza.


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«Un'altra chiave di lettura di tali fatti, però, potrebbe essere individuata nella presenza nella struttura solo di personale di polizia penitenziaria e, dunque, nelle migliori possibilità di controllo, da parte dei superiori, del personale comunque addetto alla custodia degli arrestati. Ovviamente, è possibile che tali tre componenti abbiano contribuito ad abbassare il livello di tensione della struttura, ma certamente la commistione che, in lunghi periodi, si era verificata tra diverse categorie di soggetti presenti, appartenenti a più forze di polizia, ha indubbiamente determinato il ricorso a misure rigide nella gestione dei detenuti e ha causato a gravi difficoltà nel controllo del comportamento di qualche singola unità di personale. Ciò non vuol certo significare che tale controllo sia mancato. Altamente esemplificativa risulta infatti la circostanza, riferita dal personale medico» - che troverete nella relazione - «circa la vicenda del cittadino greco al quale, ad un certo punto, venne accertata una grave lesione interna e che era stato aggredito verbalmente in infermeria da un poliziotto rapidamente allontanato dal locale. Così come indicativi di ciò sono i due episodi, riferiti dall'infermiere, inerenti richiami di unità di personale di polizia penitenziaria che si erano resi responsabili di comportamenti gravemente scorretti, così come quanto segnalato da un ispettore circa il biasimo espresso nei confronti di un appartenente ad altra forza di polizia che aveva colpito a freddo un detenuto.
Tale relazione - come si è già chiarito - costituisce solo un primo tentativo di ricostruire, limitatamente all'ambito di competenza e di responsabilità degli appartenenti all'amministrazione penitenziaria, quanto accaduto a Bolzaneto, nonché di addebitare individualmente i fatti specifici in via di accertamento. Come quel paio di episodi che già risultano assumere una certa concretezza in considerazione delle fonti


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che li hanno riferiti e dell'obiettiva possibilità di utilizzarle (non trattandosi di mere propalazioni riportate dalla stampa). Ovviamente, ci si riserva di formulare conclusioni definitive in esito a successive attività della commissione, auspicando di poter contare al più presto su documentazione di cui sia certa la provenienza e l'attendibilità. Si rimane a disposizione per tutte le integrazioni e i chiarimenti che dovessero ritenersi necessari. Con osservanza. La commissione ispettiva: dottor Alfonso Sabella, dottor Francesco Patrone, dottor Luigi Pagano, dottoressa Maria Concetta Altavista, colonnello Giuliano Darreggia.«.
È chiaro che ognuno, considerato quanto ho letto e quanto potrà leggere, darà l'interpretazione che vuole. A me preme significare che da tale lettura scaturisce chiaramente che occorre assolutamente difendere il buon nome della Polizia penitenziaria e che, se vi sono stati episodi, in via di accertamento (chiaramente non solo da parte nostra ma anche dalla autorità giudiziaria), si è trattato di episodi singoli e isolati.
Vorrei terminare leggendo due lettere: credo che sia doveroso farlo. La prima è del presidente della sezione GIP, dottor Copello, che scrive: «Sento il bisogno di esprimere la mia gratitudine agli ispettori» -, non cito i nomi per rispetto della privacy - «a tutti indistintamente gli agenti di Polizia penitenziaria impegnati nel servizio di trasporto e tutela di magistrati e cancellieri, per la disponibilità e l'efficienza di cui hanno dato prova, meritandosi gli elogi miei personali e dei colleghi».
La seconda lettera è firmata dal procuratore generale della Repubblica, dottor Marvulli, che scrive: «Esauritasi la fase dell'emergenza degli adempimenti, complessi e numerosi, che si sono resi necessari in conseguenza degli eventi verificatisi in


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coincidenza delle manifestazioni del G8» - anche tale lettera è indirizzata ad uno tra gli ispettori responsabili - «sento il dovere di rivolgere a lei e a tutto il personale della Polizia penitenziaria che ha lavorato con noi in questi giorni il mio più vivo ringraziamento per la generosa e proficua collaborazione che ci è stata offerta, che ha reso possibile il corretto e puntuale svolgimento di tutte le operazioni che si sono rese necessarie. Alla mia personale gratitudine per quello che è stato fatto, per il modo ineccepibile con cui lo si è fatto, si unisce la riconoscenza di tutta la magistratura ligure che ha potuto fruire di tale preziosa collaborazione.».
PRESIDENTE. Ringraziamo il ministro. Passiamo agli interventi dei colleghi che hanno chiesto di parlare per porre domande.
GRAZIELLA MASCIA. Non sono interessata a disquisire su alcuni passaggi del signor ministro. I tempi sono ristretti, ma mi preme affrontare alcuni nodi che sono stati proposti. In particolare, vorrei partire dall'ultima considerazione, cioè dall'esigenza di difendere il buon nome della Polizia penitenziaria. Penso che tale esigenza sia corretta, ma che essa si possa soddisfare nel momento in cui si cerca di verificare esattamente ciò che è successo a Bolzaneto. Certamente, individuando le responsabilità, ma soprattutto, per quanto riguarda la responsabilità politica, comprendendo quali siano le cause, oggettive e strutturali, che hanno contribuito a determinare le responsabilità personali. In tal senso comprendo dalla relazione ispettiva - non so se ho perso qualche passaggio - che la conclusione, la valutazione complessiva è che vi sono stati confusione, eccessi e abusi, però si tratta di fatti assolutamente individuali. Vorrei far notare che abbiamo svolto già due audizioni, siamo partiti da una situazione in cui


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si diceva che non era successo nulla, poi si è detto che forse poteva essere successo qualcosa e oggi siamo di fronte ad una valutazione che lei ci propone ma con un'indagine ancora in corso e con testimonianze - devo dire - allarmanti e inquietanti, che si sono susseguite nel corso di queste settimane: dopo due mesi non abbiamo ancora compreso esattamente.
Sottolineo, altresì, che io condivido la considerazione che gli agenti debbano giovarsi, come tutti i lavoratori e le lavoratrici, di condizioni di lavoro adeguate. Frequento le carceri da dieci anni e mi sono sempre preoccupata, oltre che di visitare i detenuti, anche di chiedere agli agenti le loro condizioni. Mi pare - considerato ciò che lei ci ha detto stasera - che la condizione degli alloggi non fosse la migliore per aiutare a svolgere bene il loro lavoro. Credo che ciò debba essere un elemento da aggiungere in una verifica del lavoro svolto.
La verifica che io ritengo opportuna non è tanto, o soltanto, inerente alle responsabilità individuali, sulle quali la magistratura sta indagando, bensì riguarda le cause strutturali. Abbiamo considerato in queste audizioni, in diversi passaggi, il problema dell'organizzazione complessiva, che lei ha difeso, che ha determinato questa situazione. Lei ha detto che si assume la responsabilità di aver firmato quel decreto, ma quando si pensa ad una situazione in cui si possono determinare centinaia di arresti, dalle cartine che ci sono state fornite e dalle informazioni, io non comprendo come si potesse ritenere che tutto sarebbe andato per il meglio e che le persone avrebbero potuto avere un decorso lineare. Quando è andata bene, anche chi non ha subìto abusi - ci è stato confermato - è rimasto in quei posti, in determinate condizioni, che io non considero normali (con le mani al muro, le


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gambe allargate, eccetera), per diverse ore, come ci è stato detto. Allora io le chiedo, signor ministro - il dottor Di Somma e il dottor Sabella non ci hanno saputo rispondere -, chi, e in quale sede, ha deciso ciò e si è assunto la responsabilità organizzativa. Dico questo in quanto l'impressione è che vi siano state sedi collettive nelle quali sono stati predisposti tutti i piani, ma nessuno ci sa dire dove siano state assunte tali responsabilità.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO
GRAZIELLA MASCIA. Mi sarei aspettata, a bilancio di una situazione come questa, nella quale, ripeto, le testimonianze purtroppo sono andate via via ad aggiungersi - quelle rilasciate dagli infermieri, che sono state particolarmente inquietanti, si sono sommate a quelle di chi ha subito direttamente abusi e così via - che si sarebbe potuta svolgere una verifica consuntiva. Ad esempio, anche se questo non è un aspetto principale, secondo lei non sarebbe stato logico nominare quanto meno dei responsabili? Questa era, almeno così mi pare di aver letto, una delle richieste che venivano avanzate dai sindacati degli agenti di Polizia penitenziaria. Ebbene, né a Bolzaneto né a San Giuliano ve ne erano.
Penso che oggi il problema non sia solamente quello di avere una relazione e di sapere se siano state cinque o dieci le persone che hanno commesso abusi e violenze; la questione è sapere se noi, dinanzi ad un bilancio così drammatico quale quello di Bolzaneto, siamo in grado di compiere una riflessione a posteriori. Se infatti il bilancio porterà a sostenere che è andato tutto bene, penso che questa opinione non potrà essere condivisa. Tra l'altro, credo che così sia anche difficile riuscire a difendere il buon nome della Polizia penitenziaria.


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ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Credo che fare polemiche sia assolutamente inutile, ma alcune cose vanno ribadite. Non si tratta assolutamente di uno scaricabarile, ma sono costretto a ricordarle che ho prestato giuramento solo l'11 giugno. Quando mi sono insediato al Dicastero, uno dei primi problemi che ho affrontato è stato proprio quello dell'organizzazione del G8. Come atto ufficiale prima di allora vi è soltanto una riunione riservata in cui, appunto, è stata presa la decisione di massima di istituire un luogo di accoglimento fuori dal carcere per i motivi che ho già ricordato. Nient'altro. Praticamente abbiamo dovuto, in pochissimo tempo, organizzare tutto.
Il giudizio è chiaramente soggettivo: è andata bene o è andata male? Questa è la solita questione del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. Può constatare che non ho avuto alcuna difficoltà nel leggerle parola per parola ciò che è scritto nella relazione, relazione alla quale intendo attenermi in condizione di assoluta terzietà. Ho letto ciò che è stato scritto, e ricordo che tra i componenti la commissione vi è anche un magistrato. Credo quindi che essa possa fornire ampie garanzie di obiettività.
Ripeto che questa non vuole essere una scusa, però di fatto mi sono trovato di fronte a tale situazione: la prima riunione ufficiale operativa l'ha indetta il sottoscritto a pochi giorni dal vertice in data 27 giugno. Questo è un dato.
Non vorrei risultare cinico e poco rispettoso dei diritti dei cittadini, ma quale giudizio può essere dato complessivamente sull'operazione? Questo senza considerare i casi isolati, su cui poi vedremo cosa dirà la magistratura; sono infatti in possesso di altri documenti che non ho ritenuto opportuno produrre in questo momento, perché non credo siano del tutto attendibili. Sembrano comunque emergere alcuni problemi, alcune discrepanze


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nelle testimonianze, non solo in quelle che sono ritenute sicuramente inattendibili, ma anche in quelle ritenute generalmente attendibili e che invece non sono poi così «cristalline». Al di là dei casi singoli, che sono sicuramente malaugurati e che possono essersi verificati, devo dire che in definitiva, che non si sono verificati gravissimi problemi e non c'è stata alcuna sommossa nelle carceri, il che costituiva una mia gravissima preoccupazione, fortunatamente scongiurata. Qualcuno ha pagato il prezzo di rimanere troppe ore in piedi: ciò è accaduto. Non so se sia una cosa gravissima....
GRAZIELLA MASCIA. Ritengo che lo sia.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Lei dice di sì. Posso fare una battuta che probabilmente scatenerà le ire dell'onorevole Soda? Sono trent'anni che lavoro nelle fabbriche ed i metalmeccanici per 35 anni lavorano in piedi dalla mattina alla sera; ebbene, non li ho mai sentiti lamentarsi.
GRAZIELLA MASCIA. Ne so qualcosa anch'io, ma non è un paragone da fare.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Ripeto, non è assolutamente giusto che alcune persone vengano costrette a restare in piedi. Ciò è accaduto, ma è ben diverso da quella che può essere una tortura, una violenza programmata o la costituzione di un lager . Sto dicendo le cose esattamente per ciò che abbiamo visto.
GRAZIELLA MASCIA. Lei però è il ministro della giustizia!
CESARINO MONTI. Signor ministro, nel ringraziarla per la chiara esposizione, vorrei chiederle in quali condizioni si trovava il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria prima del vertice di Genova e chi lo guidava.


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La stampa e la televisione, nonché l'onorevole Mascia, hanno dato ampio risalto alle testimonianze di due infermieri presenti a Bolzaneto nei giorni del G8; volevo chiederle se abbia riscontri circa l'attendibilità delle loro affermazioni.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Come già detto prima, appena insediato ho trovato un Ministero in cui era stata fatta terra bruciata; qualcuno, con una felice battuta, mi ha detto che probabilmente oltre ad esserci la terra bruciata erano stati avvelenati anche i pozzi. Ciò per dire che effettivamente il Ministero versava in una situazione in cui mancavano molti capi, ed in particolare quello del DAP; ricordo infatti che il dottor Caselli, che era a capo di quella struttura, ha assunto in data 15 febbraio un'altra carica e che non è stato più nominato un suo sostituto.
Con questo non voglio assolutamente dire che il dottor Mancuso abbia mancato ai suoi doveri. Anzi, approfitto di questa sede per ringraziarlo della collaborazione che ha prestato. Credo che tutti si siano prestati al massimo delle loro possibilità. È chiaro però che una cosa è avere un responsabile «codificato» nel pieno dei propri poteri, altro è avere un facente funzione. Ripeto, credo che dal punto di vista del personale non ci sia alcunché da rimproverare. Certamente c'è stata anche una pesante latitanza da parte del Governo che, probabilmente, vivendo un'esperienza di fine legislatura, non si è sentito in dovere, nelle persone del ministro o di qualche sottosegretario, di predisporre riunioni, di organizzare, di occuparsi di questo problema che in realtà era assolutamente grave.
Per quanto riguarda i due infermieri, non vorrei entrare nel merito, perché non vorrei anticipare o comunque interferire in quelle che potrebbero essere le conclusioni della magistratura circa l'attendibilità di tali testimonianze. Posso dire che, da


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quanto risulta dalla lettura dei risultati della nostra indagine interna, i due infermieri sono stati sentiti; altrettanto però non si è fatto, in quanto ancora non chiaramente individuate, con le persone da loro accusate e credo che sia assolutamente giusto ascoltare la versione anche di queste ultime prima di esprimere qualsiasi giudizio. Su questo punto mi consenta quindi di non dilungarmi.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor ministro, la ringrazio e concordo con lei sul fatto che sarebbe sbagliato, oltre che profondamente ingiusto, tranciare giudizi negativi nei confronti della Polizia penitenziaria, la quale è comunque chiamata ad un lavoro durissimo a prescindere da situazioni straordinarie quali potevano essere quelle determinatesi con il G8. Sarebbe pertanto, lo ripeto, profondamente sbagliato esprimere giudizi non motivati su un intero corpo di polizia che da anni svolge molto bene il proprio lavoro in condizioni di grande difficoltà.
Vorrei però approfittare della sua presenza per chiarire un paio di questioni. Abbiamo già avuto modo di sentire sia il dottor Di Somma sia il dottor Sabella che hanno chiarito alcuni aspetti importanti. Volevo invece avere da lei alcune risposte in ordine a due fatti su cui ci ha poc'anzi relazionato.
La prima domanda è la seguente: qual è stata la determinazione che l'ha indotta a partire alle 22 per andare a Marassi? Lei ci ha raccontato che voleva offrire un gesto di solidarietà ai lavoratori della Polizia penitenziaria del carcere di Marassi che il venerdì, nel pomeriggio, avevano subito un attacco. È stata una determinazione molto sofferta dal momento che per assumere questo tipo di decisione ha impiegato dal pomeriggio del venerdì alla sera di sabato alle 22. La sua


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decisione è stata completamente autonoma o si è consultato con qualche suo collega di Governo che l'aveva consigliato di comportarsi in questo modo?
La seconda domanda riguarda un'affermazione che lei questa sera ci ha riportato. Personalmente non la conosco, ministro Castelli, ma tutti dicono che lei è una persona di solido buonsenso e dotata di grande senso pratico. Quel suo buonsenso non si è ribellato di fronte ad una risposta così incredibilmente ridicola quale quella che lei ha ricevuto da un agente di Polizia penitenziaria che le diceva che le persone si trovavano a gambe larghe, con la faccia contro il muro per evitare che infastidissero una detenuta? Le pare possibile che nel momento in cui vi sono persone fermate, costrette in camere di sicurezza, sia necessario tenere le persone in piedi, con la faccia contro il muro, a gambe larghe per impedire che dieci persone infastidiscano una donna? Vorrei che lei rispondesse e dimostrasse in questa occasione il suo solito buonsenso, dicendo che non è stata una risposta accettabile ma una sciocchezza di dimensioni probabilmente mai ascoltate prima.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Ho citato l'esempio dell'assalto che è stato il caso più eclatante ma, come lei ricorderà, c'è stato un crescendo di tensione fra il venerdì e il sabato. Venerdì si è verificata la malaugurata e drammatica morte del giovane Giuliani, ma sabato si sono verificati alcuni avvenimenti, dal punto di vista dell'ordine pubblico, forse ancora più vasti. Ho visto tutto ciò, ho visto crescere il numero degli arrestati, la stanchezza e la tensione, dei miei uomini (avremmo fatto 50 telefonate come ha affermato anche il dottor Simonetti); poiché è stato un crescendo di tensione, non ci ho pensato dal venerdì ma da sabato pomeriggio.


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Ognuno ha un proprio vissuto. Ho sempre pensato che, se qualcuno ha sotto la sua responsabilità delle persone, nei momenti più difficili deve restare loro vicino se vuole avere una credibilità verso di loro. Forse non è giusto ma questo è ciò che credo. Ho pensato al fatto che per un ministro recarsi in un ambiente che sembrava ormai quasi di guerriglia, se non di guerra, potesse essere pericoloso tant'è vero che mi sono guardato bene dall'andare di giorno a causa di alcuni problemi. Sono andato nel pieno della notte, sapendo che normalmente in tali ore le cose si acquietano, le strade si svuotano e ciò non avrebbe creato nessuna difficoltà soprattutto a coloro che si trovavano nella zona rossa. È stata una decisione totalmente autonoma che ho ritenuto di adottare come responsabile della Polizia penitenziaria (mi sento tale come ministro della giustizia). È stata una decisione - lo ripeto - totalmente autonoma. Non ho ritenuto di consultarmi con nessuno perché avrei creato allarmismo. Pensate a cosa sarebbe accaduto se in qualche modo fosse circolata la notizia che il ministro si stava recando a Genova. Mi sono recato a Genova, perché volevo andare a Marassi, a sirene e a lampeggianti spenti con due auto assolutamente anonime. Questo è il dato.
Lei afferma che la risposta ricevuta dall'agente di polizia è stata assolutamente ridicola ma occorre anche considerare i momenti. In quella cella si trovavano alcune persone non conosciute da nessuno. La risposta mi è sembrata non ridicola, ma strana: a mente fredda, infatti, mi sono detto che tutto ciò era molto strano. Lì per lì, comunque, non mi sembrò ridicola. Chiesi, allora, spiegazioni. C'è, infatti, un'altra spiegazione. Ho riferito a testimonianza; c'era lì dentro un poliziotto a cui ho chiesto le ragioni per cui si trovava in quel posto ed egli mi ha risposto: sono dentro per evitare il pericolo che qualcuno


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possa infastidire la ragazza. Poiché mi è stato detto ciò, non posso fare altro che riferirlo al Comitato. Ripensandoci, la risposta mi è sembrata non del tutto esaustiva. Successivamente, infatti, ho appreso - ciò è indicato nella relazione - che, in realtà, il motivo fondamentale addotto dai responsabili era il seguente: in quei momenti vi era una grande concitazione e confusione; alcune persone erano ancora in attesa di essere immatricolate, altre lo erano già. Pertanto, si avvertiva la necessità di tenerli separati per stare tranquilli e per evitare che le operazioni volte a consentire ai fermati di essere tradotti, andassero molto per le lunghe; in alcuni casi le ore sono diventate veramente tante (si dice che la media è stata di circa 4 ore ma ci sono state alcune punte molto superiori). Tutto è stato fatto nell'interesse dei fermati, che, secondo alcune disposizioni, dovevano rimanere a Bolzaneto per il minor tempo possibile.
PIERLUIGI PETRINI. Non rivolgerò alcuna domanda al ministro al cospetto della cui relazione sono costernato ed allibito. Mi rivolgerò invece a lei, signor presidente, che è il garante della dignità istituzionale che noi rappresentiamo. Il Parlamento ha votato all'unanimità l'istituzione di questo Comitato di indagine ritenendo che fosse necessario fare chiarezza su una somma di episodi, di testimonianze, di accadimenti riferiti o comprovati che lasciavano ipotizzare che vi fossero stati abusi di potere. Il compito istituzionale del Comitato è quello di indagare al di là delle verità ufficiali, anche attraverso il dubbio e il sospetto, per chiarire la verità. Pertanto, non posso in nessun modo accettare che un membro del Governo si rivolga a questo Comitato come ha fatto il ministro Castelli, denunciando un intento, da parte del Comitato nella sua totalità o di parte dello stesso, di discredito nei confronti del personale della Polizia penitenziaria. Sappiamo


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perfettamente quale sia l'abnegazione e il sacrificio della Polizia penitenziaria e quanto scarse siano le gratificazioni di cui gode. Attendiamo dal Governo provvedimenti opportuni dal punto di vista legislativo ma noi, in questa sede, abbiamo il diritto e il dovere di indagare sui comportamenti senza che ci venga rinfacciato alcunché. Tra l'altro il ministro sbaglia completamente...
PRESIDENTE. Lei sta facendo lo stesso.
PIERLUIGI PETRINI. Sì, signor presidente, sto facendo lo stesso.... Sbaglia completamente bersaglio perché se leggesse il resoconto stenografico si accorgerebbe che quelle parole che egli rimprovera all'onorevole Soda sono state pronunciate dall'onorevole Mancuso, il quale, nel dubitare sulla legittimità delle strutture di cui stiamo trattando, afferma: «un carcere non si può costituire occasionalmente, quelli si chiamano normalmente campi di concentramento».
Siamo di fronte alle parole di un ex ministro di grazia e giustizia che, per ironia di quelle sorti politiche che spesso verifichiamo, il ministro Castelli ha avuto modo prima di fiduciare e poi di sfiduciare.
PRESIDENTE. Senatore Petrini, lei sta facendo un comizio!
MARCO BOATO. Presidente, non credo sia il caso di usare questi termini...
PRESIDENTE. Uso i termini che voglio, onorevole Boato! Lei non deve insegnare niente a nessuno! Senatore Petrini, lei può rivolgere domande al ministro. Lei si è permesso di introdurre un discorso con il quale, affermando che il ministro forse ha ecceduto (ma ciò è una responsabilità del ministro),


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è andato esattamente nel segno opposto. Se ha terminato il suo intervento, le sono grato, altrimenti non la farei concludere.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Mi scusi, signor presidente, c'è una questione......
PRESIDENTE. Non siamo in una Commissione di inchiesta....
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Se sono qui per subire un processo.....
PRESIDENTE. No, lei non deve subire un processo. Poichè non si tratta di una domanda ma di una osservazione che il senatore le ha rivolto e gliela poteva rivolgere in qualsiasi altro momento...
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. C'è però una questione sulla quale vorrei intervenire.
PRESIDENTE. Prego, intervenga.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Sono stato accusato, e risulta dagli atti, di aver costituito un lager. Credo che ciò questa sia un'accusa assolutamente infamante. Credo di avere tutti i diritti di replicare a questa accusa.
Diverso è, come ha affermato il collega Mancuso, costituire un campo di concentramento. Il campo di concentramento è oggettivamente un termine che non ha un'accezione negativa di per sé. È un luogo nel quale (Commenti dell'onorevole Boato)... Nell'immaginario collettivo, come lei sa benissimo, onorevole Boato, il termine lager ha assunto la definizione di un luogo dove vi sono torture, omicidi, dove l'uomo viene praticamente conculcato nella sua dignità.


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Non concordo ovviamente con quanto detto dall'onorevole Mancuso; tuttavia, è un'affermazione che non ha alcuna gravità, dal momento che si tratta di un'opinione. Sono invece stato accusato, e risulta dagli atti, dall'onorevole Soda di aver costituito un lager. Credo di avere tutti i diritti per poter replicare a questa infamante accusa. Se poi questo per il senatore Petrini non rientra nei miei diritti, ciò significa che egli ha una concezione della democrazia evidentemente diversa dalla mia.
ANTONIO SODA. Affinché resti agli atti, campo di concentramento è la traduzione di lager. Sono preoccupato perché, avendo sollevato una questione sulla legittimità di tale decreto, pensavo che oggi il ministro mi garantisse e garantisse i cittadini italiani e il Parlamento che mai più si sarebbero costituiti questi mostri, questi campi di concentramento, questi lager! Ora motiverò il perché.
È vero, non mi era assolutamente sconosciuta la possibilità che, con decreto del ministro, si potessero istituire istituti penitenziari. Nutro però dei dubbi sul fatto che si possano istituire delle succursali di aree e sezioni di istituti penitenziari. Gli articoli 59, 60 e seguenti dell'ordinamento penitenziario (la legge del 1975) posti a fondamento del decreto ministeriale, fanno riferimento al potere amministrativo ed esecutivo del ministro di istituire istituti penitenziari, non sezioni di aree di istituti penitenziari. E comunque, ammesso che sia possibile istituire sezioni, succursali di istituti penitenziari, questi hanno da essere tali, e non un «mostro» nel quale, come qualsiasi persona che voglia avere contezza della situazione di Bolzeneto vede, situare uffici DIGOS, uffici della squadra mobile, bagni, ufficio matricole, l'infermeria, la sala gabbie e la sala agenti. Questo continuo a ritenerlo un «mostro». Non si tratta infatti né di un sito penitenziario, né


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di una caserma di polizia. È l'ibridazione che insieme ha creato quella confusione nella quale è stata possibile la consumazione di alcune violenze.
Apro una parentesi: nessuno ha voluto criminalizzare la Polizia penitenziaria, nessuno vuole criminalizzare le forze dell'ordine; si vogliono accertare la verità su alcune violenze denunciate da cittadini italiani e stranieri. Dovrebbe essere compito, funzione e dovere del ministro accertare in primo luogo tali responsabilità, anche per la credibilità internazionale del nostro paese. La informo infatti, se non ne è a conoscenza, che un gruppo di legali italiani e internazionali sta raccogliendo documentazione per trascinare il nostro paese, nella persona anche del ministro della giustizia, davanti ai tribunali internazionali per violazione di alcune convenzioni internazionali.
Fatta questa premessa, confermo il mio giudizio. Laddove si crea una struttura nella quale entrano centinaia di persone, carabinieri, Polizia e Guardia di finanza, DIGOS e ufficio matricole, ebbene, quello non è un sito penitenziario. Lei, per legge, non era legittimato ad istituirlo. Lei, infatti, per legge era legittimato ad istituire istituti penitenziari, non i «mostri» che lei ha realizzato. L'idea di una accoglienza o di un sito penitenziario fuori dalle strutture carcerarie ordinarie è legittimo: lo prevede la legge. Il ministro istituisca altri istituti, non i «mostri» che lei ha istituito, come risulta dal decreto, dove lei afferma che il sito penitenziario è costituito dai locali 6 e 7 della caserma di Bolzaneto. I locali 6 e 7 sono esattamente affacciati sul corridoio nel quale insistono tutti gli altri uffici della forza pubblica. Il sito penitenziario pertanto è calato, ibridato, direi «mescolato» ad una realtà di polizia che non ha consentito, come riferitoci dall'ispettore, agli agenti di polizia giudiziaria di svolgere gli adempimenti previsti per


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loro dal codice (avvertire che i fermati hanno facoltà di nominare un difensore; avvertire che hanno la facoltà di avvertire i parenti; ).
Abbiamo ascoltato in questa sede le dichiarazioni del comandante generale dei carabinieri, le relazioni ispettive, lo stesso dottor Sabella, il quale ha testimoniato come molte persone siano state in quel sito in attesa della semplice immatricolazione per oltre venti ore, fin quasi allo scadere del termine di legge che prevede il tempo massimo di ventiquattro ore. Se tale realtà di confusione di compiti, di funzioni, di attribuzioni, di allocazioni, di agenti, di Polizia penitenziaria, di fermati, di arrestati, non ha reso effettive le garanzie elementari che qualsiasi cittadino arrestato ha nel momento della sua massima debolezza e quando è privo di ogni libertà di movimento, di comunicazione, di parola e di gesti; se uno Stato democratico non garantisce il massimo rispetto a tale persona inerme, non è uno Stato democratico! E costituisce un campo di concentramento, un lager, caro ministro!
Detto questo, è emerso faticosamente, anche attraverso la relazione che lei ha illustrato, che vi sono stati gravi episodi di violenza in quella realtà. Ora lei ha affermato contraddittoriamente che quando lei era presente tutto era normale e poi contemporaneamente ha affermato di aver notato una situazione in cui le persone erano con le mani alzate. A quel punto, poteva anche chiedere da quante ore quelle persone erano lì. Vi sono infatti testimonianze di persone rimaste 15 o 16 ore in quella posizione.
Allora, vorrei capire dal ministro della giustizia italiano - ed è la domanda -: ritiene, e si tratta di un appello accorato che le rivolgo, che non sia stato un errore tragico l'idea di costituire al di fuori del carcere di Marassi un istituto penitenziario ad hoc, transitorio?


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La cosa in sé, per quanto io nutra delle perplessità, non mi rende inquieto. Mi rende inquieto il pensare che un ministro della Repubblica italiana, di fronte all'ordinamento penitenziario, in particolare all'articolo 14 dell'ordinamento penitenziario, che garantisce i diritti del fermato o dell'arrestato, dinanzi agli articoli 383 e 384 del codice di procedura penale, che prevedono gli obblighi della polizia giudiziaria e di quella penitenziaria di fronte agli arrestati - si tratta di altrettanti diritti che essi hanno, quelli da me enumerati prima, e che sono stati sospesi; lei sa che sono stati sospesi con un ordine di servizio! - non prenda posizione. In particolare, mi riferisco al diritto di avvertire, al diritto di procedere ai colloqui con i propri difensori.
Si è disposto con un ordine di servizio che i colloqui si sarebbero potuti svolgere soltanto nelle carceri di destinazione. Per tale ragione, persone arrestate, le quali avevano diritto a colloqui con i loro difensori, non hanno potuto averli, dal momento che è stato sospeso tale diritto costituzionalmente garantito.
L'abbiamo scritto insieme l'articolo 111 della Costituzione, nella passata legislatura, con molti amici del Polo, che allora erano tutti garantisti: l'abbiamo votato all'unanimità! Ci sono state delle sospensioni dei diritti costituzionali in quella struttura!
Allora, chiedo al ministro se si sentirebbe, di fronte ad eventi eccezionali, straordinari, con le esigenze segnalate dalle forze dell'ordine, dalle autorità di pubblica di sicurezza, di costituire dei centri penitenziari speciali, soltanto relativamente al periodo interessato, in questo modo mostruoso, realtà nella quale non è possibile né che la polizia giudiziaria svolga il suo compito, né che la polizia penitenziaria possa immatricolare con quella speditezza e con quelle garanzie che la


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legge e le convenzioni internazionali richiedono. Questa è la domanda accorata che le pongo. Voglio essere garantito da un ministro della Repubblica, a prescindere... Se non sono garantito, continuerò a gridare in eterno che queste mostruosità in un ordinamento democratico non si possono fare!
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Innanzitutto, lei dice delle inesattezze, perché le ore che ha citato non risultano...
ANTONIO SODA. Risultano agli atti e dai rapporti!
PRESIDENTE. Onorevole Soda, nessuno l'ha interrotto quando lei ha parlato, la prego. Il ministro le sta dicendo che è improprio, poi le dirà perché: abbia pazienza.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Non risultano: cosa vuole che le dica? La media che risulta da questi documenti è di quattro ore. Voi vi fate le domande e poi vi date anche le risposte.
Riguardo alla seconda questione, credo che molte delle critiche che lei ha rivolto a questo ministro avrebbe dovuto rivolgere al precedente, quello che lei sosteneva. Ripeto: io non ho trovato alcun atto formale messo a punto dal ministro precedente riguardante la questione. Quindi, abbiamo dovuto affrontare una emergenza.
Il fatto che questo atto sia illegittimo questa è una sua ipotesi: gli uffici del ministero della giustizia la pensano diversamente da lei, onorevole Soda, cosa vuole che le dica! Io ho il conforto...
ANTONIO SODA. Lei conferma che si possono costruire questi mostri?


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ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Mi lasci parlare, onorevole Soda.
PRESIDENTE. Onorevole Soda, lei è intervenuto, ha detto quello che riteneva opportuno e nessuno l'ha interrotta. La invito veramente a dare al ministro la possibilità di rispondere: se vuole creare un caso, lo crei pure. Però, non mi pare che sia questo...
ANTONIO SODA. Il caso lo sta creando lui!
PRESIDENTE. Sono problemi che riguardano il ministro, credo che non debbano riguardare lei: abbia pazienza.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Mi sono appassionato alla sua esposizione. Ma mi consenta di rispondere: lei le domande le ha fatte, mi lasci rispondere.
Il fatto che sia illegittimo è una sua opinione: se lo ritiene, porti avanti la sue considerazioni. Io ho il conforto degli uffici che mi dicono invece che era legittimo. Penso che il parere degli uffici faccia premio, in quanto credo che siano più legittimati del suo, pur rispettabile. Quindi, mi sono fidato del parere di legittimità datomi dagli uffici.
Premesso che ero legittimato a fare questo atto, premetto che il ministro - non voglio esimermi dalle mie responsabilità, che mi assumo fino a fondo -, fa evidentemente degli atti politici: l'atto politico consiste nell'individuare un luogo di accoglimento degli arrestati diverso dal carcere di Marassi. Io voglio significarle, onorevole Soda, che ho passato il primo mese del mio incarico a ricevere continuamente informative più o meno verificate - lo ripeto ancora volta - di minacce di sommosse all'interno dei carceri. Quindi, questa era la mia somma preoccupazione. È chiaro, non c'è la controprova, ma siamo sicuri che questo non sia stato il male minore? Possiamo immaginarci...


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ANTONIO SODA. Qui si sospendono le garanzie costituzionali!
PRESIDENTE. Onorevole Soda, mi scusi. Capisco che lei possa essere irritato perché non le si risponde come vorrebbe. Lasci però parlare il ministro.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Questa è democrazia: lei mi ha rivolto una domanda, mi lasci rispondere! Posso rispondere? La ringrazio per la sua magnanimità, onorevole Soda.
ANTONIO SODA. Sì, risponda alla Commissione (Il deputato Soda si allontana dall'aula)!
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Ah, lei non mi ascolta: fa le domande però non vuole ascoltarmi. Va bene, rispondo alla Commissione.
Difendo l'atto politico di costituire una succursale fuori dal carcere. È chiaro, non è assolutamente auspicabile: ritengo che sia stata una decisione eccezionale presa di fronte ad un evento che si riteneva eccezionale, come purtroppo, alla fine, con quanto accaduto, si è confermato. Ora, che dal punto di vista tecnico quella non sarà la situazione ottimale, francamente non lo so perché non sono un tecnico del DAP: se dal punto di vista tecnico ci sono state delle manchevolezze, francamente non lo so; ripeto, sono un politico, non sono un tecnico, quindi, non so rispondere. Ma, anche ammesso e non concesso che ci siano state, questo è sicuramente legato al fatto che fino al 27 giugno nessuno aveva pensato assolutamente a come affrontare questa emergenza. Da quanto tempo si sapeva che ci sarebbe stato il G8? Da quanto tempo si sapeva che ci potevano essere dei problemi? Perché il Governo precedente


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non ci ha pensato? Ho trovato tabula rasa. Potrete dirmi: perché non ci hai pensato il 13 giugno, subito dopo l'insediamento? Perché, evidentemente, avevo tantissimi problemi e poi ho affrontato anche questo. Quindi, respingo assolutamente il fatto che si sia voluto fare un lager, non come traduzione di campo di concentramento, onorevole Boato: lei sa benissimo, lo ripeto, cosa vuol dire nell'immaginario collettivo, fare un lager.
MARCO BOATO. Campi di concentramento...
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Ribadisco assolutamente il mio sostegno alla polizia penitenziaria, che si è voluto in qualche modo criminalizzare. Non che ci siano responsabilità di uno o dell'altra... Tuttavia, questo è quanto sta emergendo dai media. Abbiamo tutti la volontà di fare chiarezza, tanto è vero che io, immediatamente, proprio il giorno dopo la data nella quale i giornali hanno cominciato a denunciare queste irregolarità, questi gravi fatti, ho convocato immediatamente i vertici, ho avviato una commissione e, guarda caso, vi ho letto le prime conclusioni senza censure o alcunché. Quindi, da parte nostra, la più assoluta chiarezza e trasparenza. Certo, se la domanda è: lo farà un'altra volta? È chiaro che auspico che si possano affrontare le situazioni in condizioni di normalità.
MARCO BOATO. Lei ha adesso specificato - l'ho ascoltata attentamente -, il riferimento ai media. Noi abbiamo qui migliaia di articoli pubblicati sul G8, e molti altri che non sono qui raccolti. Tuttavia, siccome lei non aveva fatto questa specificazione nella introduzione, quando dice di non criminalizzare tutta la polizia penitenziaria. Io sottoscrivo questa dichiarazione, ma credo che non ci sia nessuno in questa


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Commissione, di qualunque parte politica, che non la sottoscriva: nessuno l'ha pensa diversamente. Questo vale per la polizia penitenziaria, per i Carabinieri, per la Polizia di Stato, per la Guardia di finanza, per la polizia municipale e per il Corpo forestale dello Stato (così le ho citate tutte!).
Se stiamo svolgendo una indagine conoscitiva, lei è un esperto parlamentare e lo sa, è perché noi indaghiamo se ci sono state delle anomalie: non attribuiamo responsabilità, non diamo giudizi, ma cerchiamo di conoscere i fatti, nei limiti del possibile. Però, e su questo le chiedo fermamente, ma anche pacatamente, una risposta, dopo la sua affermazione di criminalizzare la polizia penitenziaria, e qui convengo, lei rispondendo alla domanda del collega della Lega, parlando del ministero della giustizia, ha detto, a proposito di non criminalizzare indiscriminatamente, di aver trovato terra bruciata e qualcuno le ha detto che probabilmente avevano anche avvelenato i pozzi. Diciamo che, in fatto di non dare giudizi indiscriminati che coinvolgono tutto e tutti, lei non ha dato il migliore esempio, se non altro sotto il profilo di quella continuità istituzionale che rimane anche nel cambiamento delle maggioranze e di Governo, che è del tutto legittimo, in democrazia. Poi lei ha anche detto - lo ripeto, queste cose gliele sto dicendo pacatamente -, che lei ha firmato il decreto, ma in realtà la responsabilità politica è del precedente Governo (questo lei ha detto e c'è nello stenografico, potrà vederlo: l'ha ripetuto più volte), che se ne assume la responsabilità, ma non la responsabilità politica.
Poi, invece, nella fase più recente dell'audizione lei ha ripetutamente detto che non vi era nessuna decisione o iniziativa da parte del precedente ministro e che aveva dovuto fare tutto in fretta. Leggendo il suo decreto - sul quale adesso non mi pronuncio, perché sto facendo una ricognizione sui


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fatti - nella premessa che mi segnalava il collega Turroni, si menzionano le note, allegate in copia, della questura del 5 luglio e del comando dei carabinieri del 7 luglio, che indicano Bolzaneto e Forte San Giuliano. Quindi, l'indicazione di questi due siti proviene il 5 luglio e il 7 luglio, prima dalla Polizia e poi dai carabinieri; dopodichè lei adotta il decreto. Dico ciò semplicemente per rimettere le cose a posto dal punto di vista del profilo istituzionale. Dopodiché, credo che i colleghi - e forse anche lei, ministro Castelli, perché siamo stati colleghi - sanno che se debbo criticare il Governo della cui maggioranza ho fatto parte, non ho avuto in passato e non avrei oggi nessuna remora, perché se debbo accertare la verità, quest'ultima riguarda chiunque. Tuttavia, le chiederei un chiarimento al riguardo. Lei ha firmato formalmente un atto politico che in realtà, di fatto, è attribuibile al precedente Governo o il precedente Governo nulla aveva fatto al riguardo e lei ha assunto le decisioni nei tempi che abbiamo visto?
La seconda domanda che vorrei rapidamente rivolgerle, senza criminalizzare nessuno, non riguarda lei, bensì il dottor Sabella, che già abbiamo ascoltato; vi è stata una animata audizione, tuttavia ho cercato di dialogare anche con lui con il massimo rispetto. Non c'è una qualche incongruenza istituzionale nell'istituire giustamente - gliene do atto - una commissione di inchiesta (anche se formalmente istituita dal dottor Tinebra, appena entrato nel ruolo di direttore del DAP) di cui fa parte lo stesso principale responsabile (in senso istituzionale) dei servizi penitenziari in occasione del G8? Se si deve fare una commissione di inchiesta lo si audisce, lo si ascolta, si indaga...
FILIPPO MANCUSO. Dire audito è inaudito!


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MARCO BOATO... anche se è inaudito usare la parola audire, come dice il presidente Mancuso.
Ma chiamare a far parte della commissione di inchiesta colui che è stato per ragioni istituzionali il principale responsabile della gestione di quell'operazione, mi lascia qualche perplessità. Tanto più che questo magistrato - persona di valore per come l'ho conosciuta in questa sede per la prima volta in vita mia - nell'immediatezza dei fatti ha svolto una relazione, inviata all'epoca al dottor Mancuso ed a lei come ministro, da cui si evinceva che sostanzialmente non si era verificata alcuna anomalia dopo il primo articolo de la Repubblica.
Pochissimi giorni dopo, lei, giustamente - gliene do atto - ordina di istituire una commissione d'inchiesta e adesso constatiamo che le anomalie sono numerose e - sono d'accordo - non appartengono solo al Corpo di Polizia penitenziaria. Le responsabilità penali in questo paese sono individuali per tutti; siamo in uno Stato di diritto e non vi sono processi all'ingrosso nei confronti di nessuno.
Un'ulteriore questione è legata a quest'ultima e vorrei che risultasse nel resoconto stenografico della seduta. Il dottor Sabella nella sua audizione si è scagliato contro chi metteva in luce eventuali anomalie e, ad un certo punto, ha citato il dottore Ceraudo che è il presidente dei medici penitenziari. Il dottor Ceraudo mi ha scritto una lettera, che depositerò agli atti del Comitato, dicendo che la sera dopo il dottor Sabella gli ha telefonato per scusarsi di un disguido: voleva riferirsi all'infermiere. Ora, il dottor Ceraudo è il capo del centro clinico di Pisa ed è il presidente dei medici penitenziari italiani e, credo, anche europei: non si può confondere in un'audizione il presidente dei medici penitenziari con un infermiere. Voglio che risulti nel resoconto stenografico che ho ricevuto una


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lettera in cui si dice che la sera dopo l'audizione il dottor Sabella ha telefonato al dottor Ceraudo per correggere il disguido che vi era stato.
A lei chiedo - e concludo - se conosca la testimonianza - forse ne ha fatto cenno in modo indiretto - dell'infermiere in servizio a Bolzaneto ma, credo, ordinariamente impiegato presso il carcere di Bologna, signor Marco Poggi. Ovviamente questa non è la verità rivelata, ma una testimonianza firmata da un operatore e non una bufala giornalistica. Mi limito a citare solo alcune frasi, perché sono due pagine. Egli dice: «Sin dalla sera del venerdì 20, durante la mia permanenza a Bolzaneto, ho visto picchiare con violenza ripetutamente i detenuti presenti con pugni, calci, schiaffi e testate contro il muro». Il dottor Sabella ha precisato che, invece che di testate contro il muro, si trattava di pressioni forti della testa dei detenuti contro il muro; non ha smentito tali affermazioni, ma ha detto che si premeva la testa contro il muro. Inoltre, vi sono altre dichiarazioni di questo genere molto pesanti; lo stesso dice di aver visto moltissimi agenti, ma che solo alcuni di loro, anche se parecchi, hanno usato violenza; egli stesso si premura di non coinvolgere tutti. Non posso leggere tutto, ma queste pagine sono impressionanti.
Al Tg3 il 30 agosto l'infermiere ha dichiarato «Mi sono nutrito di violenza: è il mio mestiere» - come infermiere nelle carceri ne ha viste di tutti i colori - «ma se dovessi dare una spiegazione del clima che ho visto a Bolzaneto penso che in altri 52 anni» - egli ha, infatti, questa età - «non riuscirei a darla». Credo che tutti questi elementi non criminalizzino nessuno e non coinvolgano a priori chi non è coinvolto a priori, ma facciano capire la differenza fra la prima risposta nella primissima inchiesta, sia pure non formale, che faceva ritenere pressoché tutto normale e ciò che via via è emerso, su cui


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stiamo lavorando e su cui, per altri versi, sta lavorando l'autorità giudiziaria. Tuttavia, noi con un'altra logica vogliamo accertare i fatti: quelli che le ho citato sono alcuni fatti e le chiedo se ne sia a conoscenza.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Innanzitutto, vorrei ringraziare l'onorevole Boato, di cui sono un vecchio collega, per la misura e la pacatezza con cui ha esposto i suoi quesiti; credo che tutti dovremmo forse imparare da lui.
Onorevole Boato, difficilmente - mi consenta di fare questa battuta pro domo mea - sbaglio quando parlo. Ricordo bene ciò che ho detto, perché l'ho letto e lo rileggo. Riguardo al fatto di Bolzaneto, ho svolto due passaggi. Nel primo ho ricordato che già in maggio, in una riunione operativa riguardante il G8, era stata, tra l'altro, discussa e predisposta la costituzione di almeno una postazione in città; quindi, in maggio, il Governo precedente individua una postazione fuori dal carcere di Marassi. Dunque, il Governo precedente prende una decisione che ho detto di condividere e me ne prendo la responsabilità, perché mi sembrava - lo ripeto - il male minore.
Successivamente, si decise di individuare una postazione fuori dalla città, ma ci si fermò lì. Tuttavia, ho precisato - come ho già detto e non posso aver sbagliato - che in data 27 giugno, quindi prima del mio decreto, ho convocato una riunione. Tra l'altro, appresi in quell'occasione, cioè il 27 giugno, che erano state individuate le strutture di Bolzaneto e Forte San Giuliano come destinazioni verso le quali sarebbero stati indirizzati i fermati. Come vede, non sono caduto assolutamente in contraddizione: a maggio il Governo decide, visto che si terrà il G8, di tenere tale riunione. Posso immaginare ciò, perché si tratta di una riunione riservata e non ci sono i verbali; non sono neanche autorizzato a dire esattamente cosa è stato detto e neanche chi fosse presente.


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Tuttavia, in quella sede viene presa tale decisione, che - lo ripeto - condivido, ma che evidentemente nasce dal precedente Governo. Quindi, tutti gli strali dell'onorevole Soda, in qualche modo, evidentemente devono essere lanciati in uguale misura a questo ministro ma anche a quello precedente. Ciò forse mi fa capire che, se da una parte o dall'altra si arriva alla stessa conclusione, forse non vi è stato questo incredibile «mostro», questo terribile lager di cui egli ha parlato e a cui si fa riferimento negli atti. Ribadisco che ho tutto il diritto di difendermi da queste accuse infamanti. Scusi se mi infervoro, ma lei sa che io faccio la politica...
MARCO BOATO. Le ho chiesto di rispondere anche sulla criminalizzazione.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Un momento, adesso ci arrivo. Quindi, ciò che lei dice corrisponde esattamente a ciò che ho detto. Il 27 giugno ho appreso dai tecnici la famosa decisione di individuare i luoghi al di fuori della città, in Bolzaneto e Forte San Giuliano. Prendo atto di ciò, condivido in linea di massima la decisione, che penso rappresenti il male minore e adotto il decreto. Come vede, tutto quadra e non c'è nessuna contraddizione.
MARCO BOATO. Si era detto che l'indicazione dei siti di Bolzaneto e Forte San Giuliano risale al 5 luglio e al 7 luglio ...
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Quella data è indicata nel provvedimento, ma in via informale me lo hanno detto prima. Quindi, come vede tutto quadra e non vi è stata nessuna contraddizione in ciò che ho dichiarato.
Sono comunque lietissimo, ed uscirò felice da qui, perché vedo che tutti hanno dichiarato di non voler assolutamente criminalizzare le forze dell'ordine.


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MARCO BOATO. Risulta da tutti gli stenografici!
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Benissimo, ne sono molto contento. Sa, ho letto un po' di verbali, ma leggendo i giornali anche oggi vi sono continuamente testimonianze di cose incredibili. Lei stesso ha parlato di «clima».
MARCO BOATO. Anche lei...
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Ha citato l'infermiere - poi ci arriverò - che ha parlato di clima. Un conto, dunque, è dire che ci sono stati degli episodi individuali, altro conto è parlare di clima: sono due cose ben diverse. Un clima, infatti, è una questione generalizzata e, probabilmente, condivisa da tutti coloro i quali stanno in quella struttura.
Per quanto riguarda la questione di Sabella, l'ho detto prima: voglio essere assolutamente terzo nei confronti di questa commissione, non voglio dare il minimo sospetto di voler in alcun modo interferire sugli esiti della commissione. Qualsiasi cosa la commissione tiri fuori, la pubblicherò. Poi, eventualmente, ci saranno provvedimenti da parte dell'amministrazione e da parte della magistratura. Non è una situazione pilatesca: mi consenta di non interferire, di non rispondere, di dire la mia opinione, in onore della mia terzietà verso questa commissione.
MARCO BOATO. Ma il ministro è lei: l'ha istituita lei!
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Non l'ho istituita io, ma il presidente del DAP.
KATIA ZANOTTI. La responsabilità politica, come ministro, è sua!


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ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Va bene, mi prendo la responsabilità politica, però ribadisco che non voglio assolutamente commentare. Dico solo che al suo interno non c'è una persona sola, ma ci sono dei magistrati.
Per quanto riguarda Ceraudo, lei ha specificato che ne ha parlato per farlo risultare agli atti, ma è una questione tra Sabella e Ceraudo.
Sull'infermiere Poggi, del quale non avevo citato il nome per questioni di privacy...
MARCO BOATO. Ne aveva parlato il TG3.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Non volevo essere reticente.
Le testimonianze a cui si fa riferimento nella conclusione si basano proprio su quelle testimonianze. Però, attenzione: in questa sede rendo la mia testimonianza, se l'infermiere Poggi parla di clima...
MARCO BOATO. Parla di una serie di fatti.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Sui fatti non posso intervenire, se lui dice che li ha visti...
MARCO BOATO. L'infermiere ha fatto una dichiarazione all'autorità giudiziaria, ne ha fatta una a lei...
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Non a me, alla commissione.
MARCO BOATO. Al suo Ministero.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. No, non al mio Ministero...


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MARCO BOATO. Alla commissione di inchiesta istituita dal dirigente del DAP del suo Ministero, ogni tanto si prenda anche una responsabilità istituzionale!
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Me la prendo, è per la precisione dei fatti...
MARCO BOATO. In ogni caso, poi, c'è una dichiarazione televisiva in cui parla di clima preoccupante.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Allora, se parliamo di clima, io rendo questa testimonianza, e sono disponibile a renderla sotto giuramento: ho visto un clima diverso da quello.
MARCO BOATO. Lei è stato 20 minuti!
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Per quello che mi riguarda, ho visto un clima diverso.
FILIPPO MANCUSO. Intervengo sull'ordine dei lavori. Vorrei introdurre nell'ordine intrinseco dei lavori una nota di raffreddamento del clima. Dopo aver fatto un richiamo alla giusta utilizzazione della lingua italiana, vorrei fare analogo richiamo per la giusta utilizzazione della lingua tedesca, nella quale il termine lager non ha quel valore politico che la dolorosa esperienza di questo secolo gli attribuisce. In origine, e nell'uso ordinario prepolitico del termine, lager nella lingua tedesca indica «il campo da arare». Possiamo, quindi, fare a meno di incanaglirci sull'uso di un termine che ho, però, utilizzato nel senso suddetto di ambiente chiuso, ma non di ambiente carcerario.
Ciò mi pare che potrebbe attenuare anche dei sofismi che, sulla base di un'errata lettura del termine tedesco, stanno diventando un casus belli.


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PRESIDENTE. Grazie presidente Mancuso, la sua collaborazione è sempre illuminante per tutto il Comitato.
GIANNICOLA SINISI. Signor ministro, devo svolgere una considerazione che non vuole assolutamente essere una censura, ma trovo davvero singolare che si parli di terra bruciata quando mancano i dirigenti, e poi di occupazione di potere quando i dirigenti ci sono. Nel passaggio dal Governo precedente al Governo successivo dovremmo evitare di fare questo tipo di riferimenti per il dialogo che dobbiamo necessariamente avere tra di noi, avendo di mira obiettivi, per quanto riguarda le istituzioni, decisamente comuni. D'altronde credo che lei si ricordi di me: sono quello che ha rappresentato il Governo nella discussione che ci fu al Senato, nella scorsa legislatura, quando c'erano dei manifestanti che sparavano con il cannone il letame addosso ai poliziotti. Quindi, credo che abbia motivo di ricordarmi, dato che io mi ricordo di lei, e ritengo che al di là delle parti che di volta in volta ricopriamo, la difesa delle nostre istituzioni debba essere un valore assoluto e condiviso.
Detto questo, vorrei fare una precisazione: lei ha affermato che gli scontri ci furono fin da subito. Per quanto è emerso nel corso dei nostri lavori, gli scontri cominciarono di fatto il giorno 20: il giorno 19 non ci fu alcuna significativa situazione, anzi, per pacifica ed unanime affermazione, in quella giornata le manifestazioni furono assolutamente corrette ed il rapporto con le forze di Polizia fu straordinariamente positivo, secondo quello che noi abbiamo apprezzato. Lei ha affermato molto correttamente: il precedente Governo disse che era necessario istituire a Genova un punto arrestati o fermati diverso dal carcere di Marassi e si assume, non solo nobilmente, ma per ufficio, la responsabilità. Al di là della questione se poi fosse corretto o meno istituirlo dentro una caserma di Polizia - che


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è la questione dibattuta, perché altra cosa sarebbe stato istituirlo separatamente ed autonomamente - la domanda precisa che vorrei farle è perché da un punto arrestati si passi a due, uno a Bolzaneto per la Polizia di Stato, la Guardia di finanza, la Polizia municipale, ed uno a Forte San Giuliano per l'Arma dei carabinieri. Questa cosa, dagli atti, risulta inspiegabile. Perché uno per i carabinieri e l'altro per tutto il resto delle forze di Polizia? Questa è certamente una decisione maturata fra il 12 giugno, quando si comincia a pronunciare il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, e il 5 e 7 luglio, date dei suoi provvedimenti.
La seconda domanda che vorrei rivolgerle è se lei, nella giornata di sabato, ovviamente prima di recarsi a Marassi e poi Bolzaneto, abbia sentito il Vicepresidente Fini.
La terza ed ultima questione è perché, nell'intervista che lei ha rilasciato a la Repubblica il 29 luglio 2001 non parlò affatto del carcere di Marassi, ma soltanto della caserma di Bolzaneto.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Per quanto riguarda la prima domanda, devo dirle che considerai che la questione fosse tecnica: dunque, non ne fui molto impressionato. Infatti, mi fu detto che tale doveva essere la soluzione dal punto di vista tecnico, la soluzione individuata come la più razionale per gestire l'emergenza. Quindi, non ho approfondito più di tanto; ribadisco, d'altra parte, che, ormai anche dal punto di vista dell'ordinamento giuridico, il ministro esercita un ruolo politico talché, avendomi i tecnici chiarito che la soluzione più razionale era quella da loro individuata...
Tra l'altro, io ho tralasciato tante altre circostanze: infatti, si posero il problema di fronteggiare l'eventualità che si dovessero gestire i minori, nonché quello di gestire i feriti. Ho detto dianzi che, addirittura, si arrivò a «prendere le staffette»,


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in borghese, con le moto, al fine di individuare percorsi alternativi dei cellulari nell'eventualità che vi fossero stati disordini. Tanti aspetti, la cui soluzione è stata da me lasciata agli esperti ed ai tecnici; quindi, anche riguardo a tale questione, mi sono affidato a loro. Perciò, francamente, ignoro, dal punto di vista puramente tecnico, perché venne scelto anche San Giuliano.
Quanto alla seconda domanda, Fini non l'ho sentito, assolutamente. Ripeto che si è trattato di una decisione presa in solitudine, ma anche appositamente, al fine di evitare che si sapesse qualcosa. Sono andato di notte, proprio in maniera silenziosa, tant'è che, ovviamente, non avvisai neanche la stampa (circostanza da me riferita anche successivamente) .
Quanto alla terza domanda, devo dire che la risposta è molto semplice. Al giornale La Repubblicainteressava seguire la questione di Bolzaneto; pertanto, volendo avere la mia testimonianza sui fatti occorsi, mi rivolsero domande alle quali risposi.
FRANCESCO NITTO PALMA. Signor ministro, solo per sua tranquillità, ove mai un intervento precedente gliel'avesse, in qualche modo, incrinata, devo dirle che l'articolo 386 del codice di procedura penale, che prevede una serie di prescrizioni nei confronti del soggetto arrestato o fermato, riguarda gli agenti e gli ufficiali di Polizia giudiziaria che abbiano proceduto a prendere cotali misure. Si tratta, quindi, sostanzialmente, di evenienza del tutto diversa dagli agenti di Polizia penitenziaria in fase di ufficio matricola, i quali, sicuramente, esercitano uffici di polizia amministrativa. Analogamente, mi permetta di dire che condivido pienamente l'impostazione data dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria in ordine alla possibilità di creare i siti di Bolzaneto e di San Giuliano. Infatti, come è dato leggere nel suo decreto, si tratta di siti


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staccati esclusivamente per area sanitaria e per ufficio matricola e quindi sostanzialmente per attività completamente diverse da quelle direttamente collegate con la detenzione.
Svolta tale premessa, che ritenevo necessaria a fronte di diverse altre interpretazioni formulate - invero, mi si consenta, in maniera aggressiva nei suoi riguardi - vorrei porle una sola domanda. Lei ha detto che, quando è entrato nella struttura di Bolzaneto, si è soffermato solo nei locali riservati alla polizia penitenziaria, il che - gliene chiedo conferma - mi fa pensare ad una divisione della caserma di Bolzaneto tra i vari Corpi che operavano nelle diverse attività. Inferisco che quindi, conseguentemente, non vi era una confusione di locali da cui potesse derivare una confusione di ruoli e di compiti. Chiedo conferma di tale mia deduzione.
La domanda che volevo formulare, inoltre, è questa. Lei ha detto che nella struttura di Bolzaneto, ad un certo punto, è entrato in una stanza dove ha visto dei soggetti in piedi, con le gambe divaricate, appoggiate verso il muro ed un solo poliziotto o un solo agente di Polizia penitenziaria che controllava la situazione. Mi sembra di avere così inteso le sue parole, ministro. Dunque, le chiedo se, a suo parere, al di là della giustificazione che le è stata fornita, il numero delle persone presenti in quella stanza, in piedi, con le gambe allargate, appoggiate alla parete, fosse tale da imporre, attesa la presenza di un solo agente di Polizia penitenziaria, un simile trattamento per ragioni di sicurezza.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Credo abbiate questa cartina, no (Il ministro della giustizia mostra una cartina ai membri del Comitato)? Da essa si evince che, se il corridoio era comune, tuttavia, come potete vedere, non ho dovuto attraversare una zona che non fosse di mia competenza; invero, probabilmente, se avessi dovuto fare ciò, forse


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avrei desistito. Lo ripeto, mi trovavo in una situazione nella quale, non avendo avvisato alcuno...
MARCO BOATO. È stato detto che lei è andato in fondo, ma che i carabinieri l'hanno fermata.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. No, no, assolutamente no. Un poliziotto era in questa cella e dall'altra parte erano schierati i carabinieri, onde si vedeva che non erano nostri... e allora, ho chiesto: come mai ci sono i carabinieri? Perché è di competenza dei carabinieri, è stata la risposta. Mi sono detto: va beh, allora io lì non vado. Quindi, vi era una separazione netta salvo il corridoio, in ragione del fatto che fosse comune.
Per quanto riguarda la questione circa la mia opinione sulla sufficienza di un solo poliziotto nel predetto contesto, devo, anche in questo caso, far presente che non sono un tecnico; per quanto mi consta, so che vi era un poliziotto dentro, a fronte, credo, di una decina di ragazzi e di una ragazza. Quindi questo era, più o meno, il numero delle persone presenti. Ancora, vorrei aggiungere - infatti, quando ne ho parlato nell'esposizione, l'argomento mi era sembrato superfluo ma, forse, ora, a seguito della sua domanda, non lo è più - che dissi al poliziotto: non hai timore a stare dentro con tutta questa gente? Mi rispose: no, perché sono lì così...
MARCO BOATO. Signor presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Boato.
MARCO BOATO. Intervengo per far constare, se possibile, la verità. A pagina 230 del resoconto stenografico del 29 agosto, sono riportate queste parole del dottor Sabella: «Quando


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il ministro ha espresso la volontà di visitare la seconda parte della struttura, i carabinieri gli si sono fatti incontro e soltanto dopo essersi assicurati della sua identità lo hanno fatto passare. Comunque, nella seconda parte... abbiamo percorso soltanto tre o quattro metri». Dunque, l'osservazione da me dianzi fatta non era frutto della mia invenzione. Il dottor Sabella ha raccontato quanto io ho letto.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Posso precisare...
PRESIDENTE. Prego.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Lei sa che quando un ministro va in visita, dovunque vada, è attorniato da moltissime persone. Quindi, può darsi che il dottor Sabella abbia, forse, male inteso quanto accaduto; tuttavia, nessun carabiniere mi si è avvicinato o, almeno, io non me ne sono accorto. Però, lo ripeto, lei sa benissimo che quando un ministro si muove è attorniato da tantissime persone: alcuni che lo vogliono proteggere; altri che, magari, lo vogliono apostrofare; altri ancora lì semplicemente perché istituzionalmente tenuti ad essere presenti. Per quanto io possa ricordare, nessun carabiniere mi si è avvicinato. D'altro canto, mi sembra plausibile che ci si debba accertare dell'identità di un ministro, quando questi arriva, come di solito accade sempre, seguito dal «codazzo». Forse, ha inteso male, non lo so... io, comunque, non me ne sono accorto.
MARCO BOATO. Io le ho solo citato una dichiarazione del dottor Sabella.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Io assolutamente non me ne sono accorto. Quando mi hanno detto che


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lì erano presenti i carabinieri abbiano tutti convenuto sull'opportunità di non procedere innanzi.
LUCIANO MAGNALBÒ. Non ho domande da rivolgere al ministro; potrei solamente ripetere le domande già fatte, con dovizia anche estenuante, da parte degli amici del centrosinistra. Io voglio solamente, a nome del gruppo di Alleanza nazionale, ringraziare il ministro per tutto quanto sta facendo: ella sta agendo con serietà, con serenità, con determinazione e con competenza.
SAURO TURRONI. In cauda venenum. Erano i Parti coloro i quali, ritirandosi, si giravano sempre. Io ho cercato, signor ministro, di ricostruire un attimo, tra gli argomenti da lei portati e i chiarimenti fornitici, tutta la vicenda della individuazione di queste due strutture. Lei dice che in maggio il precedente Governo di centrosinistra aveva ipotizzato, nella riunione cui ha fatto cenno, che fosse necessario individuare un'area. Il dottor Sabella ci ha poi informato, nella sua audizione, che il 12 di giugno si individuarono - questo, infatti, risulta dal verbale, a meno che non si sia sbagliato anche in quella circostanza - quelle due aree. Infatti, ci si era rivolti - così ha detto - a Polizia e Carabinieri per chiedere se vi fossero locali a disposizione, evidentemente, forse perché (almeno così io interpreto) magari, erano a conoscenza di luoghi già adatti, già predisposti e così via. Poi, ha detto che la decisione del 26 giugno era già presa e quindi vi sono le due lettere, la corrispondenza e un decreto...
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. In quale data?
SAURO TURRONI. Il 26 giugno; l'ha detto lei, il 26 giugno la decisione era già presa ed i siti individuati. Il 12 giugno, in


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qualche modo, questa soluzione era già stata individuata. Poi vi sono le due lettere del 5 e del 7 luglio da parte dei responsabili dei due luoghi; quindi, viene presa questa decisione.
Lei dice: io mi attengo a quanto dicono le mie strutture, a quanto dicono gli uffici.
Però io mi permetto di non condividere e vorrei che lei ritornasse un attimo su tale questione. Signor ministro, a me risulta che non sia possibile mettere insieme forze dell'ordine e Plizia penitenziaria nella stessa struttura, in luoghi dove le persone vengono recluse, perché il suo decreto, giustamente e non può fare diversamente, sostiene che lei istituisce un luogo a fini detentivi - la volta scorsa si è parlato di fictio iuris, ne ha parlato il dottor Sabella, il collega Boato e mi pare che l'espressione l'abbia usata anche il pesidente, ma tutto ciò è irrilevante - nel quale ci sono depositi di materiali sequestrati e in uno dei casi ci sono stati addirittura per molto tempo dei parlamentari e lo stesso Presidente del Cnsiglio, nello stesso immobile destinato a struttura penitenziaria.
Ebbene, signor ministro, come in te le indagini conoscitive,abbiamo il compito di accertare i fatti, a anche di fornire indicazioni al Parlamento e al Governo su quelle che possono essere in futuro le soluzioni per evitare le cose che non hanno funzionato o che potrebbero meglio funzionare in altro modo, rimediando con provvedimenti che il Parlamento e il Governo possono autonomamente assumere.
Signor ministro, le chiedo che cosa intenda fare, perché capisco che il ritardo possa indurre ad individuare una certa soluzione, però al di là di quello che possono aver detto gli uffici, la legge non lo consente, le cose non sono andate del


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tutto bene. Inoltre, ritengo che non sia neppure possibile sospendere - come è stato fatto attraverso delle ordinanze - le direttive costituzionali.
Questi fatti ci devono far ragionare e le chiedo che cosa intenda fare a questo proposito perché episodi di questo tipo non si riverifichino e, caso mai, si predispongano per tempo le strutture idonee con le garanzie idonee, perché non accada neppure che persone siano messe a mani in alto, con la faccia verso il muro, o con la testa «accompagnata» verso le pareti, così come ci ha riferito il dottor Sabella.
Seconda ed ultima domanda: io non voglio rifarmi a quello che le ha già chiesto il collega Bressa, perché le ripeterei una domanda già formulata, alla quale lei potrebbe certamente rispondermi nello stesso modo. Tuttavia, c'è un fatto: lei prima ha liquidato la faccenda con la storia degli operai che lavorano in fabbrica, noi però abbiamo - perché questo è il nostro compito, lei amministra la giustizia e noi siamo i rappresentanti del Parlamento -il diritto-dovere di andare a vedere quello che succede nelle carceri (a me è successo parecchie volte), verificando sia la condizione delle guardie penitenziarie sia quella dei detenuti. Ebbene, signor ministro, quella non era una condizione accettabile per persone che sono state arrestate e identificate e, quindi, quel modo di procedere non andava bene. Lei ha sostenuto che tutto ha funzionato.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. No, legga la relazione.
SAURO TURRONI. No, no, mi scusi, stavo sintetizzando e non la sto accusando di aver detto che andava bene che la gente stesse in piedi con le gambe larghe, con la testa nel muro e via dicendo: tutto ciò è scritto negli articoli dei giornali, possono avere interpretato male il suo pensiero, nonostante


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questi articoli di giornale non compaiano il giorno 29, ma anche i giorni 27 e 28 (Corriere della sera, Il Manifesto, la Repubblica): lei ripete coerentemente la stessa cosa, non c'era nulla di sbagliato nel fatto che le persone stessero a mani in alto, faccia verso il muro e gambe allargate. Ma lei ha già chiarito queste affermazioni e io non voglio tornarci.
Tuttavia, le chiedo che cosa intenda fare per il futuro. Per il fatto che lei abbia potuto dire, seppure in una circostanza eccezionale, che un comportamento del genere può essere normale, mi chiedo che cosa possa succedere all'interno delle carceri in altre circostanze. Signor ministro, voglio sapere cosa intenda fare perché queste cose - pure eccezionali, ma che, al di là di quello che lei ha dichiarato, comunque non erano accettabili - non si possano verificare né domani né dopodomani né in nessun'altra circostanza.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Mi fa molto piacere rispondere alle sue domande.
Innanzitutto la questione del 12 giugno si incastra precisamente negli episodi che, dal punto vista cronologico, abbiamo ricostruito. Proprio ieri ho organizzato una riunione con il capo del DAP per analizzare tali questioni. È evidente che bisogna sempre tendere all'utopia della perfezione ...(Commenti del senatore Turroni). Se lei pensa di essere perfetto, io no; per me, dal punto di vista umano, la perfezione è un'utopia. Comunque, mi pare che questa sera - è una mia sensazione e non voglio mettervi in bocca cose che non avete detto - si è forse cominciato a ristabilire un minimo di verità: non ci sono stati torture, maltrattamenti generalizzati e preordinati, ci possono essere stati dei casi singoli sui quali stiamo indagando e che, se provati, sicuramente verranno perseguiti, ma non lo devo dire io perché lo farà prima, e in ben altri termini, la magistratura. Intanto, non abbiamo creato


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delle situazioni, non dico a bella posta ma neanche colposamente, che avessero il carattere di generalizzata sospensione dei diritti, ma, soprattutto, non si può parlare di situazione di tortura generalizzata. Questo mi pare sia emerso e di ciò sono lieto.
Lei dice che le cose non sono andate tutte per il verso giusto. Per carità, io non conosco alcuna azione umana in cui le cose vanno tutte per il verso giusto, soprattutto se poi si agisce in condizioni di emergenza, ma sicuramente faremo tesoro delle esperienze fatte.
Lei dice, inoltre, che la legge non lo consentiva; mi scusi, può darsi che fosse una fictio iuris, però ripeto una frase molto cara a noi parlamentari, spesso la forma è sostanza. Quindi, dal punto di vista formale, non vi è dubbio che ci fosse separazione tra i nostri locali e quelli delle altre forze dell'ordine: l'ho citato io, dicendo che mi sono fermato sul limite perché il ministro della giustizia arrivava fino a lì, dove c'era il carcere, oltre non potevo andare perché non era più carcere. Dal punto vista formale sicuramente non abbiamo violato la legge, spero anche non dal punto vista sostanziale, ma posso garantire - e questo viene fuori dagli atti - che tutte le norme regolamentari sono state rispettate, pur in condizione di emergenza.
Ci sono stati dei momenti di concitazione e delle attese superiori al normale. Se si afferma che abbiamo inflitto ad alcuni fermati una eccessiva attesa in piedi, questo è corretto: non deve più accadere, stiamo lavorando affinché non accada, però mi fa piacere che dal sostenere la commissione di torture generalizzate e l'esistenza di un lager preorganizzato e preordinato .....
PIERLUIGI PETRINI. Ma chi lo ha detto !


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ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. ...siamo arrivati alla conclusione che abbiamo tenuto troppo in piedi delle persone e questo non va bene (Commenti del senatore Turroni). Ho ribadito che se ci sono stati casi singoli (Commenti del deputato Boato).... Ebbene, andiamo a leggere i giornali e comunque lei ha detto una cosa inesatta: le prime denunce sono del 26, non del 27.
Andiamo a fare un florilegio di tutto quello che è stato scritto, mettiamo assieme tutte le testimonianze: viene fuori un quadro terrificante totalmente, inesistente (Interruzione del deputato Boato).
PRESIDENTE. Onorevole Boato, la prego. Lei non può commentare ogni frase che pronuncia la persona audita. La invito, non so più come dirglielo, ad evitare interventi: non le compete!
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Ho anche premesso che era la mia sintesi. Le forze di polizia, in generale, non sono state criminalizzate da alcuno, l'avete detto tutti. Quindi, su questo siamo d'accordo e mi fa grandissimo piacere - ripeto - e uscirò felice da quest'aula per queste affermazioni fatte da tutti.
Abbiamo appurato - credo che venga fuori dalla discussione di stasera - che non c'è stato un quadro preorganizzato di violazione di diritti costituzionali. Noi abbiamo applicato il regolamento, ciò mi viene confermato da tutti e viene confermato anche dalla relazione. Ci sono stati, probabilmente - e sottolineo probabilmente, perché fino adesso non è stato provato ancora nulla (ci sono delle testimonianze, ma occorre verificare se queste sono attendibili) dei singoli episodi. È inutile confermare che, se questi episodi saranno riscontrati da parte nostra, saranno adottate le opportune misure, ma -


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ribadisco - è inutile ricordare che ciò è di competenza precipua della magistratura.
Per rispondere, infine - repetita iuvant - al senatore Turroni, stiamo già facendo, stiamo già pensando, stiamo già considerando come migliorare tutto. Infatti, migliorare si può e si deve sempre.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.
ANTONIO SODA. Siccome il ministro ha parlato di una media di quattro ore di permanenza, rileggo la relazione del dipartimento della pubblica sicurezza, che ci è pervenuta il 6 agosto, nella quale per quanto riguarda la permanenza...
PRESIDENTE. Onorevole Soda, lei sull'ordine dei lavori può intervenire, però il ministro sta parlando e fa riferimento ad una sua relazione che ci deposita, dove gli è stato detto che la media è di quattro ore; lei cosa intende?
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Parliamo di due cose diverse, io parlo della Polizia penitenziaria e l'onorevole Soda parla di un'altra polizia, cosa c'entra? Io parlo per me, non per altri.
ANTONIO SODA. E io segnalo che in un cosiddetto sito carcerario, proprio per la commistione delle due funzioni, secondo la relazione ministeriale, a partire da sabato la permanenza - solo per quanto concerne la competenza della polizia giudiziaria - fu di 15-17 ore, a cui si debbono aggiungere tutte le ore per il trasferimento. Tra l'altro, durante tutte queste ore sono stati sospesi i diritti previsti dalle convenzioni internazionali. Sulla violazione dei diritti umani risponderete davanti alla Corte europea di giustizia.


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PRESIDENTE. Onorevole Soda, va bene, va bene! Quando si interviene sull'ordine dei lavori...
ANTONIO SODA. Ringraziando il cielo, come disse il mugnaio, c'è ancora un giudice!
PRESIDENTE. Onorevole Soda, capisco che non è sereno, e mi dispiace, perché lei è persona equilibrata.
Voglio capire a cosa tenda questa sua dichiarazione, essendo oggi all'ordine del giorno del Comitato l'audizione del ministro della giustizia.
ANTONIO SODA. A contrastare l'affermazione per la quale ci sono stati...
PRESIDENTE. Ma quello che lei sta dicendo è un altro problema, è un altro problema!
ANTONIO SODA. Sono 17 più altre 15 o altre 20.
PRESIDENTE. Sì, ma se noi poi dovessimo interpretare altre cose...
Il ministro è venuto qui per rispondere...
ANTONIO SODA. Chi ascolta pensa anche che lì dentro la gente è stata per quattro ore!
PRESIDENTE. Credo che si sia fatto sempre riferimento alla Polizia penitenziaria. Forse lei è stato distratto e ha parlato di altro. Noi abbiamo parlato di Polizia penitenziaria.
ANTONIO SODA. No, no, sto dicendo 15-17 ore (Commenti della senatore Petrini)!
PRESIDENTE. Non è Polizia penitenziaria, senatore Petrini, l'onorevole Soda sta parlando di altro.


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ANTONIO SODA. Sto parlando delle ore che vanno sommate...
PRESIDENTE. Questo lo dica in sede di discussione della relazione, non interessa al ministro che stiamo ascoltando, mi creda. Il ministro può parlare solo in riferimento...
ANTONIO SODA. Egli deve parlare dei diritti dei cittadini.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Soda.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Saponara. Onorevole Soda, lei è intervenuto; consenta ora agli altri di parlare, perché - a questo punto - mi sembrerebbe veramente un sopruso da parte sua.
MICHELE SAPONARA. Signor ministro, a nome del gruppo di Forza Italia, dissentendo evidentemente dalle affermazioni dell'onorevole Soda, la ringrazio per la sua disponibilità, per la chiarezza della sua relazione, per la linearità del suo comportamento, per il suo senso di responsabilità istituzionale e per l'umanità con cui sta affrontando il problema delle carceri e sta seguendo le vicende degli uomini di Polizia penitenziaria.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Ringrazio per le parole di sostegno che mi sono state rivolte adesso dall'onorevole Saponara e anche prima dall'onorevole Magnalbò. Ne ho veramente bisogno, anche dal punto di vista umano; vi ringrazio veramente.
Consentitemi però di ripetere - di fronte alla precisa accusa di dire delle falsità - ciò che ho letto, non quello che ho detto, quello che ho letto. La prima frase che ho letto è stata: «Prima di cominciare l'esposizione dei fatti avvenuti durante i giorni del G8, faccio una doverosa precisazione: in


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questa sede mi riferirò esclusivamente alle vicende che hanno chiamato in causa direttamente le competenze del Ministero della giustizia. Quindi, soltanto a fatti sostanzialmente legati all'espletamento delle pratiche inerenti la presa in carica o la successiva traduzione nei luoghi di detenzione delle persone tratte in arresto nel corso della manifestazione di Genova.». Più chiaro di così cosa devo dire!
PRESIDENTE. Ministro, la ringrazio e le chiedo se può fornirci copia della relazione del documento al quale si è fatto riferimento.
ROBERTO CASTELLI, Ministro della giustizia. Io ringrazio il Comitato.
PRESIDENTE. Ricordo che il Comitato è convocato domani, venerdì 7 settembre 2001, alle 9,30, e che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, si riunirà preliminarmente, sempre nella giornata di domani, alle 8,30.
La seduta termina alle 20,25.