COMMISSIONE D'INDAGINE

Seduta 02 - 08 Agosto 2001

La seduta comincia alle 10,05.
Indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova.
(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).
Audizione del direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza, Giovanni De Gennaro.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza, prefetto Giovanni De Gennaro, il quale ha chiesto che a questa audizione partecipino anche il dottor Cazzella e il dottor Savio. L'ufficio di presidenza ha ritenuto di acconsentire a detta richiesta. Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Saluto il nostro ospite e lo ringrazio per aver accolto l'invito.
Ho spiegato nell'ufficio di presidenza ciò che è avvenuto ieri. Nel tardo pomeriggio, l'ufficio di presidenza, il presidente, ha ricevuto un plico contenente il documento che vi è stato sottoposto. A seguito di una telefonata, al fine di conoscere la natura degli atti stessi sotto il profilo della segretazione o della riservatezza, il dottor De Gennaro, a tutela dei nominativi, ha ritenuto opportuno inviarmi un secondo documento - che è quello che avete dinanzi - dove vi sono gli omissis relativamente ai nomi. Quel documento è stato distribuito, questa mattina, a tutti i componenti il Comitato. Nell'ufficio di presidenza si è convenuto, quindi, che questo documento -


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dinanzi a voi - possa essere utilizzato da noi tranquillamente, nel mentre dovrà essere distribuito - ed è in corso di fotocopiatura - il documento con i nominativi che resta in regime di riservatezza. Credo che possiamo procedere in tal modo proprio a tutela - poi forse lo spiegherà meglio il dottor De Gennaro - dei nominativi presenti nella narrativa dei fatti, ritenendo lo stesso che, in qualche modo, possano essere oggetto, da parte soprattutto degli esterni, di qualche forma di ritorsione o altro. Quindi, poiché il Comitato ha necessità di conoscere i nomi e anche i ruoli degli stessi - al fine di poterli, eventualmente, ascoltare o per altre considerazioni -, si è ritenuto di procedere in questo modo: del documento in vostro possesso possiamo fare l'uso che vogliamo; dell'altro segnalo la riservatezza e ripeto che sarà in distribuzione a momenti, nel corso dell'audizione del dottor De Gennaro.
MARCO BOATO. C'era il consenso?
PRESIDENTE. Sì, l'abbiamo convenuto.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Se non vi sono obiezioni da parte di alcuno, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, ricordando, chiaramente, che, se ci fossero domande e circostanze per le quali il dottor De Gennaro ritenga debba essere evitata


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la pubblicità, sarà sua cura rappresentarcelo e provvederemo di conseguenza. Pertanto l'impianto può essere attivato.
Ringrazio, nuovamente, il dottor De Gennaro. Signor prefetto, è stato convocato per riferirci fatti a lei noti - anche per la responsabilità che ha nel ruolo che riveste - relativamente ai fatti avvenuti a Genova in occasione del G8. Le do senz'altro la parola affinché svolga la sua relazione.
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Grazie, signor presidente, desidero innanzitutto esprimere la mia gratitudine a lei ed a tutti i deputati ed i senatori presenti, per l'opportunità, che mi viene concessa in questa alta sede istituzionale, di fornire gli elementi di informazione a mia conoscenza sulle vicende collegate al vertice del G8 di Genova. Spero con ciò di contribuire alla comprensione di qualche accadimento e dubbio.
Prima di avviare l'esposizione della mia relazione, signor presidente, la ringrazio per aver richiamato l'attenzione dei membri del Comitato con la sua raccomandazione. In effetti, vi sono fatti oggettivi, come attentati a danno di strutture di polizia - cito, per ultimi, l'attentato di Bologna e quello alla caserma dei carabinieri di Genova -, che inducono ad attivare misure prudenziali nei confronti dei funzionari e degli appartenenti alle forze di polizia. Personalmente, ho già disposto l'attivazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Roma per eventuali misure (qualora venissero ritenute necessarie) di protezione dei funzionari maggiormente esposti con i loro nomi sui giornali, in questi giorni.
Signor presidente, venendo alla sua richiesta di esporre in una relazione ciò che è a mia conoscenza, debbo esordire dicendo che, per disporre di una piena cognizione di tutti i fatti, bisogna partire dalla complessità delle misure di sicurezza


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necessarie, proprio per garantire la sicurezza di Genova e del vertice. Una complessità di misure determinata non soltanto dall'importanza di questo evento, ma anche dalla concentrazione di un numero cospicuo di personalità ad alto rischio ed anche - non vorrei sottovalutare tale aspetto - dalla necessità di coniugare i pur collaudati sistemi di controllo e di vigilanza con le numerose e pressanti esigenze, rappresentate da più soggetti, interessati, a vario titolo, al vertice.
Con i paesi membri del foro di cooperazione, per esempio, è stato necessario tenere un costante confronto, anche con momenti di vivacità dialettica, le cui conclusioni non hanno potuto fare a meno di privilegiare, ogni volta, le esigenze di sicurezza, pur nella doverosa attenzione alle problematiche prospettate. D'altro canto, la valutazione del rischio, ponderata sempre con grande attenzione ed altrettanta misura dal responsabile della sicurezza, anche di fronte ad allarmi che venivano lanciati in sedi istituzionali ed extraistituzionali ha richiesto, in alcune circostanze, qualche cortese, ma pur ferma, messa a punto, che ho espresso nel mio ruolo istituzionale di responsabile tecnico della sicurezza pubblica a livello centrale.
In ben quattro riunioni del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica (dalla prima del 16 novembre 2000 fino a quella svoltasi il 24 maggio del 2001), sono stati vagliati ed analizzati i rischi di carattere internazionale, le difficoltà logistiche per la sistemazione delle delegazioni, quelle non meno pressanti per la sistemazione dei rinforzi e, soprattutto, l'esigenza di garantire la sicurezza del G8, senza impedire la vivibilità delle aree cittadine interessate e di quelle connesse con l'individuazione di una o più aree decentrate, dove poter autorizzare lo svolgimento delle preannunciate manifestazioni del dissenso.


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Le esperienze di vertici precedenti - Seattle, Nizza, Göteborg -, che non avevano consentito un normale svolgimento, ma, anzi, determinato, in un caso l'impossibilità delle delegazioni di raggiungere il luogo dei lavori, in un altro la prematura conclusione degli stessi o, ancora, lo spostamento notturno dei membri di alcune delegazioni, non potevano essere fatti da sottovalutare. Non potevano essere lasciate inevase nemmeno le preoccupazioni degli apparati di sicurezza o le connesse richieste dei governi stranieri, che esigevano di prendere cognizione delle misure di sicurezza previste e chiedevano garanzia assoluta della loro tenuta di fronte a qualsiasi tipo di attacco, sia di natura terroristica sia di contestazione, nei confronti dei Capi di Stato e di Governo presenti.
Questo era il clima ed il livello di allarme. La semplice rilettura dei titoli delle testate giornalistiche italiane e straniere del periodo antecedente al vertice può essere un utile riferimento.
L'impegno è stato massimo e finalizzato a conciliare le tre esigenze che il Governo ha inteso assicurare: lo svolgimento sereno del vertice per i circa 8 mila componenti delle delegazioni, un numero molto elevato; la vivibilità della città, con una limitazione dei disagi per i genovesi; la tutela del diritto di manifestare il dissenso nelle forme lecite e pacifiche, contestualmente allo svolgimento dei lavori negli stessi luoghi. Ricordo, poi, che, in relazione a quest'ultima istanza, sin dal novembre dello scorso anno, l'autorità di governo aveva scelto la linea del confronto con le organizzazioni del dissenso, improntata, comunque, ad un'opzione favorevole allo svolgimento di manifestazioni ed iniziative di critica pacifica dell'evento internazionale. Quella linea del confronto sui temi


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della contestazione si è poi fisiologicamente tradotta in una forma di successivo dialogo, durato sino a pochi giorni prima del vertice.
È naturale, quindi, che, per coniugare le esigenze di sicurezza con quelle di un numero molto elevato di manifestanti, alcune scelte tecniche siano state rivisitate, soprattutto per favorire il trasporto dei manifestanti, l'accoglienza e la sistemazione di quanti erano in arrivo a Genova. In tale contesto, ho personalmente partecipato due volte, il 24 ed il 30 giugno, a Genova - sempre assieme alle autorità provinciali di pubblica sicurezza -, ad incontri tecnici con i rappresentanti delle organizzazioni del dissenso. In entrambe le occasioni ho ascoltato le richieste e spiegato le esigenze generali di sicurezza; ho rinviato, comunque, le soluzioni alle decisioni ultime delle autorità locali di pubblica sicurezza. Ho costantemente ribadito l'esclusiva competenza di queste ultime a stabilire le modalità di svolgimento delle manifestazioni, così come quella di impedire qualsiasi iniziativa non compatibile con l'ordinamento e con la tutela dei luoghi di svolgimento del vertice e dei partecipanti alla sessione di lavoro.
Nello stesso quadro dialettico, e in piena sintonia con le valutazioni svolte anche dagli organismi centrali, sono poi maturate le decisioni finali del prefetto e del questore, ciascuno nella rispettiva competenza, sulla temporanea riapertura della stazione di Brignole a favore dei convogli straordinari dei manifestanti in arrivo e in partenza da Genova, sulla individuazione dei luoghi delle manifestazioni di natura sia statica sia dinamica fino alla decisione ultima, dettata da contingenti motivi di opportunità, di autorizzare per esempio un corteo nella giornata del 20 luglio in una zona di ponente della città, in precedenza esclusa alle manifestazioni.


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A fronte di tale disponibilità istituzionale, devo tuttavia rilevare che, nel corso degli incontri cui ho presenziato - come, del resto, mi è stato riferito in tutte le altre occasioni -, sono sempre state sfuggenti ed evasive le risposte sull'effettiva rappresentatività del Genoa social forum rispetto alla totalità dei manifestanti, così come imprecise sono state quelle sulla effettiva volontà di cooperare con le autorità di pubblica sicurezza per lo svolgimento pacifico delle manifestazioni. Traspariva talora una difficoltà a fornire un quadro di riferimento armonico ed unitario, talaltra una precisa determinazione a non rivelare appieno i propri programmi od intendimenti, troppo spesso dissimulati dietro un generico riferimento ad un indefinito concetto di «disobbedienza civile».
Mi sembra utile al contempo sottolineare come di converso, quando si sono volute dare assicurazioni sull'esito assolutamente pacifico di talune manifestazioni, esse si siano rivelate alla realtà dei fatti precise e consistenti. Ho anche avuto modo di ribadire più volte che la disponibilità dell'autorità locale di pubblica sicurezza a valutare con ponderata attenzione le richieste di svolgimento dei cortei e delle altre manifestazioni non avrebbe mai dovuto essere intesa come tolleranza della illegalità e della violenza, così come ho sempre chiarito che non sarebbe mai stata permessa la violazione della zona di massima sicurezza, non solo perché in tal senso erano stati assunti precisi impegni in sede internazionale (anche in più riunioni presso il Ministero degli affari esteri), ma anche e soprattutto perché precise responsabilità istituzionali lo imponevano in modo inderogabile. In esito ad un impegno assunto davanti alla delegazione di rappresentanti del Genoa social forum, pur non rientrando nella mia diretta competenza, mi sono altresì adoperato, sempre al fianco del prefetto


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e del questore, con gli amministratori locali affinché fossero individuate soluzioni per l'ospitalità dei manifestanti; soluzioni però compatibili con le generali esigenze di sicurezza.
La decisione della chiusura al traffico dei soli caselli autostradali sulla direttrice città-aeroporto, nonché del traffico veicolare per le sole porzioni temporali coincidenti con gli spostamenti delle delegazioni dei Capi di Stato e di Governo; l'apertura della stazione di Brignole per l'afflusso e il deflusso dei treni speciali provenienti da nord e da sud; la concessione da parte del questore di un percorso di corteo nella zona di ponente - inizialmente, come ho detto, ritenuto non praticabile -, sono tutte dimostrazioni di quanto si sia fatto per concretizzare la convivenza di più esigenze legittime in un equilibrio, reso ancor più delicato dall'orografia e dall'intreccio urbanistico del capoluogo ligure.
Si è voluto evitare anche che il singolo cittadino, in procinto di lasciare la città con la famiglia per il fine settimana o di effettuare il tradizionale pendolarismo da e verso il mare, potesse vedere limitato il proprio diritto alla mobilità o essere addirittura esposto a pericoli per la propria incolumità.
In ragione della complessità dell'evento e dell'impegno richiesto alle autorità provinciali di pubblica sicurezza, specie sotto il profilo tecnico-operativo, è stato fornito costante e qualificato supporto al questore e all'ufficio da lui diretto sin dalle prime fasi della preparazione dell'intero piano di sicurezza. Anche a questo fine, in considerazione del collocamento a riposo del prefetto Aldo Gianni (originariamente inserito nella struttura di missione predisposta dal Governo a supporto dell'azione organizzativa svolta a Genova), a succedergli nell'incarico veniva designato il vicedirettore generale della pubblica sicurezza, - il prefetto Ansoino Andreassi, - che ha potuto così continuare ad assicurare qualificato punto di


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riferimento, necessario per seguire un lavoro lungo, articolato ed in costante evoluzione in riferimento a quanto emergeva dai diversificati e più tavoli di organizzazione generale che rispondevano al Ministero degli affari esteri.
Nell'ambito delle iniziative di supporto all'azione del questore. ho delegato, inoltre, le figure più qualificate del dipartimento a collaborare con l'autorità provinciale nell'organizzazione di specifiche misure di sicurezza: dalla zona rossa alle frontiere, dalla prevenzione antiterrorismo alla sicurezza delle comunicazioni e dei trasporti su strada e su rotaia. Una serie di interventi mirati, realizzati attraverso i direttori centrali competenti, che non hanno mai inteso surrogare i compiti istituzionali del questore bensì potenziarne la capacità di proiezione operativa, anche laddove si fosse reso necessario un collegamento con organismi nazionali e internazionali, come, ad esempio, nel settore ferroviario, della viabilità autostradale, aerea e delle telecomunicazioni.
È stato così espresso il massimo sforzo raggiungibile da parte del dipartimento della pubblica sicurezza, nel cui contesto trova sede istituzionale anche l'attività di coordinamento delle forze di polizia in base alle direttive dell'autorità di Governo.
L'impegno per la sicurezza del G8 è andato crescendo in corso d'opera e ha dato luogo ad un'attività organizzativa senza precedenti; dirò a parte quanto si è fatto sul piano operativo e della prevenzione pura. Qui desidero documentare quanto realizzato sul piano tecnico e logistico con alcuni esempi. Innanzitutto si è provveduto al potenziamento delle postazioni delle reti di telecomunicazioni di Genova e ad incrementare cospicuamente, con la collaborazione del gestore di rete, le dotazioni radiotelefoniche individuali e dei diversi responsabili operativi, completando una lunga serie di interventi


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tecnico-logistici indispensabili per mettere le sale operative in condizioni di operare al meglio, con una spesa complessiva di oltre 15 miliardi di lire. Per rendere meno gravoso e più sicuro il lavoro degli operatori di polizia, sono stati pressoché integralmente rinnovati i materiali di equipaggiamento: per la sola Polizia di Stato sono state acquistate 6.500 nuove tute per i servizi di ordine pubblico ignifughe e provviste di protezioni antitrauma circa 4.500 nuove maschere antigas con filtri, 4.500 set di protezione del corpo e delle gambe per una complessiva somma di poco più di 6 miliardi di lire. Si è provveduto inoltre a migliorare radicalmente le soluzioni alloggiative con un impiego finale di ben 20 navi, oltre al sistema logistico sulla terraferma, con un onere complessivo per accasermamento, alloggiamento e vitto di oltre 77 miliardi di lire.
Tornando ora ad esaminare l'atteggiamento assunto dalle organizzazioni del dissenso, devo rilevare che anche le più moderate e pacifiste avevano dichiarato l'obiettivo di impedire o disturbare in qualunque modo lo svolgimento del vertice. Dal momento in cui è stata ideata e poi resa nota la realizzazione della zona di massima sicurezza o «zona rossa», questo proposito per alcuni si è trasformato nell'intento di «violare» i limiti fisici della stessa per mezzo di azioni asseritamente diversificate per intensità e modalità esecutive, a seconda dell'area di appartenenza. A fronte di tali dichiarazioni, per assicurare un'area di interdizione intorno alla zona sensibile, è stata concepita una seconda fascia chiamata «zona gialla», che potesse fungere da cuscinetto tra l'area del vertice ed il resto della città, nella quale, tra l'altro, interdire le manifestazioni che presentavano aspetti di incompatibilità con le misure a tutela dei lavori del G8.


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Per dovere di informazione aggiungo che, su pressioni delle rappresentanze diplomatiche straniere, la Farnesina, il 28 giugno, aveva richiesto di creare un'ulteriore e più ampia fascia di sicurezza allo scopo di rendere sempre più agevole lo svolgimento dei lavori e lo spostamento delle folte delegazioni, perché a quella data non erano ancora stati definiti tutti gli aspetti organizzativi sotto il profilo logistico per delegazioni medesime.
L'esigenza di protezione fisica dell'area di massima sicurezza, con un perimetro di 8 chilometri e con 13 varchi di accesso, ha richiesto sforzi aggiuntivi notevoli, anche per la necessità di contemperare la sicurezza della zona con il diritto dei circa 30 mila cittadini residenti di accedervi; le misure adottate, in ogni caso, hanno dovuto tenere conto della presenza nella città dei Capi di Stato e di Governo esteri e nazionali, oltre che di personalità di assoluto rilievo sulla scena internazionale. Per quantificare lo sforzo necessario a tutelare una zona di sicurezza così ampia, che come richiesto, proteggeva non solo gli spazi destinati ai lavori o all'alloggiamento delle delegazioni, ma anche alcune importanti strade cittadine come la via XX Settembre, sede di importanti centri commerciali, basta ricordare che la zona protetta in occasione del vertice di Praga aveva un perimetro di appena due chilometri, e quella di Quebec City non arrivava a 6 chilometri.
Tenuto, altresì, conto della consistenza numerica della popolazione residente nell'area protetta e della insistenza in quel territorio di una zona di per sé a rischio come i carrugi, all'interno della «zona rossa» era stato previsto un servizio di controllo nei giorni antecedenti e in quelli dello svolgimento dei lavori del vertice, coordinato dal direttore del servizio centrale operativo e finalizzato ad individuare le possibili insidie a persone e/o cose, oltre che naturalmente alla


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popolazione residente. Si è reso pertanto indispensabile un notevole impiego di qualificate risorse della polizia giudiziaria, proprio in ragione della specifica attività da svolgere, che è consistita soprattutto in perquisizioni, ispezioni e ricognizioni, protrattesi per molti giorni, sia prima sia dopo la recinzione dell'area.
È stata proprio tale attività preventiva che ha consentito di garantire un'elevata protezione: in particolare, sono state eseguite 92 perquisizioni domiciliari e 273 ispezioni di locali; sono state identificate 4.073 persone per accertarne la legittima permanenza nell'area di massima sicurezza; sono state arrestate 22 persone (7 italiani e 15 stranieri); sono state denunciate in stato di libertà 38 persone (22 italiani e 16 stranieri). I reati contestati in tali circostanze vanno dalla rapina aggravata alla detenzione di armi, dalla ricettazione alla detenzione di stupefacenti. Sono stati operati anche 27 sequestri di droga e di armi. Tutte attività specifiche di polizia giudiziaria, insostenibili dalle sole risorse specialistiche della questura e che richiedevano, quindi, qualificate risorse aggiuntive ed un adeguato coordinamento proprio del direttore dello SCO, inviato a Genova per tale specifico compito.
È ingeneroso sostenere che gli sforzi compiuti per garantire la sicurezza del vertice, delle delegazioni, degli oltre 5 mila giornalisti accreditati, ma anche di una parte rilevante della città, abbiano lasciato, in qualche modo, in secondo piano la sicurezza delle altre aree cittadine. Voglio sottolineare, a tale proposito, che le 4.100 unità impiegate a tutela della «zona rossa» hanno operato turni articolati nelle ventiquattro ore, per cui i contingenti operativi erano, in realtà, dimensionati attorno alle 1.000 unità per turno. Viceversa, nel resto della città, le 6.800 unità di servizio sono state impiegate ad integrale copertura di tutte le esigenze di ordine e sicurezza


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pubblica per l'intera durata delle manifestazioni. Aggiungo che un impegno assolutamente straordinario è stato dispiegato fin dall'anno scorso ai fini di prevenzione generale, sollecitando l'azione informativa e di prevenzione delle Digos e chiedendo la collaborazione dei competenti uffici degli organi di polizia dei paesi amici.
Sul piano delle iniziative di carattere informativo e investigativo, all'interno del territorio nazionale sono state svolte attività di polizia giudiziaria, con uno straordinario investimento di risorse a disposizione di numerose procure della Repubblica, che hanno avviato indagini ad ampio spettro con ogni mezzo consentito dall'ordinamento intercettazioni telefoniche e ambientali, perquisizioni ed altro, a carico sia di soggetti ritenuti pericolosi in relazione alle circostanze di fatto e di luogo nelle quali si sono trovati, sia di strutture di aggregazione, come alcuni centri sociali, che si erano distinte nell'annunciare attività di carattere violento contro il G8. Al riguardo si sottolinea che tra il 16 e il 17 luglio, ad immediato ridosso delle manifestazioni di Genova, sono stati contestualmente perquisiti i centri sociali di ispirazione anarco-autonoma più oltranzisti, tra i quali l'Askatasuna e l'Alcova di Torino, il Pinelli di Genova, il Gramigna di Padova, la Stella Nera per la Rivolta di Firenze, i Territori Non Tracciati di Napoli. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati centinaia di oggetti atti ad offendere: bastoni, spranghe, fionde, caschi, biglie, tombini di ferro, materiale infiammabile, grossi petardi, stupefacenti, armi improprie, munizionamento da guerra, pistole lanciarazzi, bottiglie vuote, per il cui possesso sono state deferite all'autorità giudiziaria diverse decine di militanti dell'ultrasinistra, identificati nel contesto delle attività di polizia giudiziaria. È noto, peraltro, che gran parte delle armi improprie utilizzate a Genova sono state reperite nella


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stessa città. Di tale complessa attività, svolta in gran parte del territorio nazionale, il direttore centrale della prevenzione, prefetto La Barbera, ed il suo ufficio sono stati l'indispensabile punto di riferimento unitario. Non conosco naturalmente l'andamento dell'attività investigativa in atto, ma sono fiducioso che l'ingente sforzo espresso dalle strutture di polizia giudiziaria, su uno scenario così ampio e per un tempo così lungo, produrrà positivi risultati.
Sul fronte esterno, è stata attivata ogni forma di cooperazione con gli organi di polizia degli altri paesi che potesse incrementare il patrimonio informativo delle forze di polizia nazionali. Sono state svolte diverse riunioni con gli ufficiali di collegamento esteri presenti in Italia, sia dei paesi del G8 sia di altri partner comunitari ed extracomunitari, al fine di potenziare e adattare gli esistenti canali di scambio informativo alle specifiche esigenze di sicurezza e di prevenzione. Il coordinamento di tale iniziativa era stato, peraltro, fin dall'inizio ha affidato al prefetto La Barbera, che aveva direttamente svolto l'attività necessaria per garantirlo, recandosi di persona ad incontrare i suoi omologhi all'estero, scambiando con loro dati e informazioni, presiedendo in Italia le relative riunioni di carattere sia nazionale sia internazionale.
Obiettivi fondamentali erano quelli di acquisire e di analizzare tutte le informazioni concernenti possibili, minacce sia di tipo a terroristico sia attinenti alla tutela dell'ordine pubblico; di tentare di individuare per tempo le frange violente e di porre in essere le attività volte a neutralizzarle tempestivamente; di curare la massima e continua collaborazione con gli organi collaterali esteri anche durante i lavori del G8.
L'attività di intelligence ha consentito di suddividere i potenziali manifestanti in diversi gruppi, individuati in base alle proprie caratteristiche ideologiche e comportamentali, e di


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incentrare l'attenzione sul gruppo più pericoloso: il «blocco nero», valutato in circa 500 italiani e 2.000 stranieri (perlopiù tedeschi, spagnoli, greci, inglesi e statunitensi), sul quale si è incentrata l'azione informativa nel tentativo di realizzare un filtro alla frontiera.
Per quanto riguarda i gruppi violenti stranieri occorre ammettere che risultati dell'attività preventiva sono stati inferiori alle aspettative, sia per le oggettive difficoltà incontrate dagli organismi di polizia esteri nell'attività di penetrazione informativa (trattandosi, il più delle volte, di gruppi che denotano mancanza di organizzazione strutturale, ma spiccate capacità di aggregarsi solo episodicamente) sia per esigenze, più volte invocate, di rispetto delle legislazioni nazionali in materia di tutela della privacy. Ciò nondimeno, focalizzando l'attenzione anche soltanto sui nominativi conosciuti per precedenti episodi di violenza nel corso del vertice internazionale, si è potuto «confezionare» un elenco temporaneo di 1.439 nominativi, utilizzato ai fini di prevenzione indicati in precedenza. Come è noto, l'attività di prevenzione si è, infatti, estesa al ripristino dei controlli di frontiera, ai sensi della convenzione applicativa dell'accordo di Schengen, per mezzo di uno specifico piano disposto dall'autorità di Governo e notificato ai paesi partner, con decorrenza dalla mezzanotte del 13 luglio sino alla mezzanotte del 21 luglio 2001.
L'intervento è stato complesso, ha comportato la riattivazione di 46 valichi di frontiera dismessi in occasione dell'entrata in vigore degli accordi di Schengen; il rinforzo dei 59 uffici della polizia di frontiera e dei valichi con l'impiego complessivo di 1.217 operatori della Polizia di Stato e 264 carabinieri. Di fatto il sistema così realizzato - individuazione degli stranieri violenti e riattivazione dei controlli frontalieri - ha consentito di effettuare oltre 140.000 controlli, di respingere


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dalla frontiera più di 2.000 persone, di sequestrare armi, droga e materiale atto ad offendere (tra cui bottiglie «molotov», coltelli, bastoni di legno e metallo, addirittura 10 scatole di manette).
Particolare menzione merita il respingimento di circa 150 cittadini greci nel porto di Ancona, che, secondo segnalazioni degli organi di informazione, risultavano essere aderenti a movimenti anarchici, con il sospetto che tra di essi fossero presenti soggetti particolarmente pericolosi.
L'analisi poi delle turbative verificatesi in altri paesi (soprattutto in occasione del vertice di Praga), interessati dai disordini in occasione di altri vertici internazionali, ha inoltre comportato la costituzione di una struttura per la prevenzione di azioni di disturbo ai sistemi di comunicazione telefonica, telematica e televisiva.
Nel dettaglio, sono stati attivati servizi per la prevenzione delle interferenze ai 132 ripetitori televisivi liguri; di presidio alle comunicazioni telefoniche del vertice, con l'assistenza al gestore presso i nodi di comunicazione; di prevenzione e contrasto delle interferenze e di disturbi alle comunicazioni, utilizzando con grande dispiego di forze il personale specializzato del Ministero delle comunicazioni, che ha messo a disposizione della polizia 9 radiogoniometri, 6 rilevatori portatili e personale altamente qualificato del centro nazionale controllo emissioni radio elettriche dello stesso ministero; nonché servizi di monitoraggio della rete con diretti accessi ai file presso i provider che, di volta in volta, sono stati autorizzati dalla autorità giudiziaria.
Nei giorni del vertice, infine, è stata costituita presso la questura una sala operativa internazionale di polizia, in modo da assicurare la costante collaborazione di funzionari degli organi di polizia estera con le autorità italiane.


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Questo, in sintesi, il quadro di riferimento dell'azione organizzativa e di prevenzione in preparazione del vertice.
Passando ora ad analizzare i disordini di Genova, non si può non premettere che essi necessitano di una lettura più ampia ed articolata di quella della mera metodologia di gestione dell'ordine pubblico. Appare infatti assai verosimile che gli stessi segnino l'ulteriore affermazione e l'espansione sulla scena internazionale di un nuovo soggetto. Un soggetto composito che, come si è visto a Genova in forme più evidenti e come era emerso anche nei precedenti incontri internazionali, tenta di far coesistere l'anima genuina e pacifista con alcune componenti di tipo estremista ed altre di tipo eversivo. A Genova, in particolare, ad una situazione già di per sé complessa, si è aggiunta, da un lato, una dichiarata volontà di alcuni gruppi di impedire il vertice, dall'altro, una azione particolarmente violenta di «professionisti della guerriglia».
Tutto ciò fa apparire in modo sufficientemente chiaro che i disordini di Genova non possano essere attribuiti solo all'azione dei black bloc, a prevalente connotazione anarco-insurrezionalista, ma vedono direttamente coinvolto un elevato numero di manifestanti pronti ad uno scontro con le forze dell'ordine. Emblematico, a tal fine, è stato il massiccio attacco alla «zona rossa» portato il giorno 20 luglio, che ha visto come primo protagonista un forte gruppo di anarco insurrezionalisti a fianco però di altri spezzoni del movimento. I primi, infatti, nel momento più drammatico hanno potuto giovarsi della massa d'urto di un affollato corteo non autorizzato e visibilmente già predisposto ad affrontare i reparti di polizia per raggiungere l'obiettivo finale e dichiarato di violare l'area protetta.
Di converso, lo stesso pomeriggio del giorno 20 luglio, mentre erano già in atto molteplici azioni di guerriglia urbana


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nella zona di levante, si è tranquillamente svolto a ponente il corteo della CUB con migliaia di partecipanti, così come era stato preventivamente assicurato dagli organizzatori, che sono evidentemente riusciti a tenere sotto controllo i soggetti intenzionati a far ricorso alla violenza. Lo stesso può dirsi per il corteo dei migrantes del precedente giorno 19 luglio, che ha visto la presenza di qualche decina di migliaia di persone e che ha avuto come unico momento di turbativa l'aggressione ad un funzionario della Digos di Genova, presente sul posto per motivi di servizio.
Gli esempi citati evidenziano in modo chiaro ed inequivocabile come al comportamento responsabile degli organizzatori di alcune manifestazioni abbia sempre corrisposto un atteggiamento altrettanto comprensivo da parte delle autorità di pubblica sicurezza, giunto fino al limite di consentire un corteo in un'area della città preventivamente interdetta e di autorizzare la partenza dell'altro da un punto praticamente a ridosso della zona protetta. Così è stato anche nella concessione ai gruppi pacifisti, che ne avevano fatto richiesta, di piazze a ridosso della «zona rossa», dove esprimere in forma statica il loro dissenso.
Diverso e carico di conseguenze è stato, invece, lo svolgimento dei cortei non autorizzati, che avevano per obiettivo - come si è detto - il raggiungimento delle protezioni alla zona rossa ed il loro sfondamento. Non dimentichiamo poi che, sin dalla mattina del giorno 20, contemporaneamente ed in più punti della zona di levante, sono state inscenate azioni fortemente violente, di distruzione generalizzata ed indistinta, tese solo a portare oltraggio alla città e alle forze dell'ordine. Le azioni di questi gruppi di violenti hanno creato un clima che sembrava essere completamente scomparso dalle piazze e dalle strade italiane, ormai da molti anni; si sono riviste scene


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di guerriglia urbana ed una esposizione delle forze dell'ordine ad attacchi di gravità inusitata, suscettibili di valutazione sotto il profilo penale. Ed è per questo che la polizia giudiziaria sta svolgendo una attività investigativa, sotto la direzione del magistrato competente, che consiste, tra l'altro, in un approfondito esame di tutto il materiale documentario raccolto al fine di identificare coloro che si sono resi responsabili di violenze.
Sulla scorta di quanto accaduto nelle prime ore dei disordini e nel prosieguo degli scontri causati appunto da appartenenti o simpatizzanti del cosiddetto black bloc, appare opportuno effettuare alcune riflessioni. Esiste una oggettiva difficoltà ad individuare preventivamente questi soggetti. Come si è dianzi detto essi sono soliti spostarsi in forma anonima e comparire con i segni distintivi del movimento solo in occasione degli scontri di piazza; non sempre hanno una sede e non si incontrano abitualmente, ma si raccolgono da tutto il mondo, soprattutto in occasione di eventi significativi, con una conoscenza perfetta, oltre che del territorio, anche delle tecniche di aggressione (basti ricordare le immagini in cui si vedeva la loro dimestichezza con il confezionamento all'impronta delle bottiglie incendiarie) favoriti talora da una sorta di appoggio di altre frange di manifestanti all'apparenza meno oltranziste. Il loro contrasto sul terreno, poi, è reso altrettanto difficile dal ricorso ad autentiche azioni di guerriglia, che non possono essere fronteggiate agevolmente con i reparti ordinariamente impiegati nei servizi di ordine pubblico.
Si ricorderà che analoghe tecniche, operate in piccoli gruppi estremamente mobili, spesso lontano dalle aree interessate dalle manifestazioni di massa, hanno contraddistinto un po' la storia delle violenze di piazza degli anni settanta e


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si ricorderà altresì come anche in quei casi, solo attraverso meticolose indagini è stato possibile individuarne gli autori e metterli a disposizione della giustizia.
L'azione di contrasto, scaturita proprio da questa violenza e non viceversa, come è stato detto da taluno, è stata affidata alle nostre forze di polizia, che hanno una lunga tradizione di gestione dell'ordine pubblico nelle più svariate estrinsecazioni dei conflitti sociali, ma che da anni non erano più chiamate a confronti così prolungati nel tempo e di tale virulenza.
Che il dipartimento della pubblica sicurezza fosse comunque attento alle problematiche connesse all'impiego della forza pubblica si evidenzia da una specifica circolare del febbraio di quest'anno, con la quale ho richiamato l'attenzione dei questori sul corretto impiego degli strumenti di coazione fisica nel corso di servizi di ordine pubblico e sulla necessità di una attenta pianificazione di questi servizi.
Dal mese di marzo ho, invece, avviato un accurato piano di formazione e aggiornamento delle risorse destinate all'ordine pubblico, non solo sotto il profilo meramente tecnico, ma anche sotto quello psicofisico e comportamentale. Per lo specifico evento del G8, come si ricorderà, è stato prodotto e distribuito a tutto il personale un vademecum che, insieme ad indicazioni - essenzialmente erano quelle - di carattere organizzativo, invitava, tra l'altro, gli operatori di polizia ad attenersi a regole di condotta prudenti e misurate e alla piena osservanza delle disposizioni di servizio.
Le raccomandazioni che ho più volte indirizzato ai dirigenti dei servizi di ordine pubblico di indossare la sciarpa tricolore, infine, hanno voluto richiamare l'attenzione anche dei funzionari sulle loro responsabilità istituzionali.
Come diffusamente documentato dai media - cui va il sincero apprezzamento per la funzione di informazione svolta


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- è verosimile che le condizioni di guerriglia create da criminali violenti e facinorosi abbiano, in alcuni casi, determinato un eccesso nell'uso della forza ad opera dei reparti, in altri, episodici ed individuali comportamenti illeciti, che saranno rigorosamente perseguiti.
Un incarico ispettivo è stato affidato a tre alti dirigenti dell'amministrazione, che hanno fornito i primi elementi di conoscenza, ma che, visibilmente, richiedono ancora ulteriori accertamenti prima di trarre definitive conclusioni, anche in considerazione di una contestuale iniziativa dell'autorità giudiziaria, che potrà meglio pervenire all'individuazione di eventuali responsabilità dei singoli. L'attività degli ispettori riguarda i comportamenti censurabili di singoli operatori impegnati nei servizi di ordine pubblico, la perquisizione all'interno della scuola «A. Diaz», dove erano stati registrati episodi di violenza, così come gli illeciti denunciati in danno delle persone arrestate e trasferite nella caserma di Bolzaneto.
Al termine non si avrà alcuna reticenza a valutarne i risultati, a adottare i provvedimenti correttivi necessari, anche di natura disciplinare, come non si è mancato di fornire all'autorità giudiziaria ogni necessaria e convinta collaborazione per il migliore e più spedito esito delle indagini. Si tratta di una azione diretta anche a rinsaldare il legame tra i cittadini e le istituzioni della sicurezza e ad esaltare quella qualità di abnegazione, di professionalità, di senso del dovere a difesa dello Stato democratico, che costituiscono il patrimonio più vero e prezioso delle forze di polizia.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor De Gennaro. Sono pronte le fotocopie dei documenti pervenuti alla presidenza, che verranno distribuite a tutti i componenti il Comitato. Se siamo tutti d'accordo, si può sospendere la seduta per alcuni minuti.


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Mi pare vi sia un sostanziale accordo, signor prefetto, nel chiederle quando la terza relazione potrà essere nella disponibilità del Comitato, visto che non è ancora agli atti. In aggiunta a ciò, vi era stata una sorta di apprezzamento iniziale in riferimento agli allegati; avendo ricevuto le due relazioni dove si citano una serie di allegati non ancora pervenuti, ritiene di poter informare il Comitato al riguardo?
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Signor presidente, la terza relazione è in arrivo, verrà consegnata forse nella stessa giornata di oggi: ci è giunta nella serata di ieri, perché l'ispettore la mandava da fuori. Alla relazione si chiedeva di individuare singole persone dalle immagini televisive. È stato chiesto di fare un work in progress, perché naturalmente le immagini sono molte, gli accertamenti vengono fatti caso per caso e non si tratta di una mera ricostruzione dei fatti. Credo di potere mandarla nella giornata di oggi, sicuramente prima del termine dei lavori del Comitato.
PRESIDENTE. Chiedo scusa, prefetto, se insisto. Qual è il motivo della mancata allegazione degli atti richiamati dalle due relazioni?
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Presidente, forse c'è stata un'incomprensione dell'ufficio, che alla richiesta di mandare la relazione ha fornito solamente il testo di quest'ultima; sicuramente faranno seguito immediatamente anche gli allegati, ovviamente con le raccomandazioni, che lei stesso ha ritenuto di condividere, sulla tutela delle persone che vengono indicate.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Possiamo avere copia anche della sua relazione?


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PRESIDENTE. Certamente, comunque ricordo che vi è anche nel resoconto stenografico.
Sospendo la seduta per constatare se ci sia opportunità di seguire la linea di ieri, fermo restando che, se i componenti dovessero ritenere uti singuli di voler porre delle domande al prefetto De Gennaro, il tempo della sospensione potrà essere ristretto. Credo comunque sia utile concordare le domande in modo da evitare inutili ripetizioni.
La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 11,40.
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Do ora la parola ai componenti il Comitato che intendano porre domande al prefetto De Gennaro.
MARCO BOATO. Vorrei ringraziare il prefetto De Gennaro per la sua relazione, in particolare per la parte, che è la più ampia ed anche la più esaustiva, relativa a tutto quanto è stato fatto nella fase precedente allo svolgimento del vertice G8 e agli eventi che si sono verificati in connessione ad esso.
Vorrei, invece, porre alcune domande che riguardano ciò che il prefetto non ha detto o ha semplicemente accennato. La prima domanda riguarda il rapporto fra il capo della polizia, il quale, in quanto capo del dipartimento, ha anche delle funzioni di coordinamento rispetto alle altre forze di polizia, e le direttive politiche a livello di Governo. Vorrei che il capo della polizia ci chiarisse questo aspetto, anche eventualmente, se lo ritiene, differenziando le varie fasi, perché sappiamo tutti che vi è stato un cambio di Governo a partire dal 10 giugno; ciò qualora vi siano stati mutamenti di direttive politiche, altrimenti non chiedo tale differenziazione. Inoltre, vorrei sapere quali direttive politiche siano state date in relazione al vertice G8, e da chi. In particolare, vorrei sapere come queste


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direttive si siano, poi, concretizzate nei giorni di svolgimento del vertice G8, in riferimento al ministro dell'interno, al Vicepresidente del Consiglio e al ministro della giustizia - mi riferisco a chi ha una responsabilità istituzionale come ministro dell'interno e a chi concretamente si è trovato sul posto nei giorni del vertice - ed eventualmente, laddove vi siano state, in riferimento al ministro della funzione pubblica, il quale ha anche delle responsabilità in relazione ai servizi di sicurezza.
La seconda domanda che vorrei rivolgere al prefetto De Gennaro riguarda un tema che mi sembra sia stato poco trattato nella sua relazione: un tema che ci trasciniamo dietro dal 1981, da quando è avvenuta la riforma della polizia. So bene, quindi, che si tratta di un tema di non facile soluzione, però lei ci dovrebbe spiegare che cosa sia accaduto e quali responsabilità lei abbia assunto in qualità di capo del dipartimento di pubblica sicurezza oltre che capo della Polizia di Stato, sotto il profilo del coordinamento tra le diverse forze di polizia, cioè Polizia di Stato, Guardia di finanza e Arma dei carabinieri. Perché mi pare che anche dalla lettura, sia pure rapida, fatta questa mattina, delle due su tre relazioni finora depositate, il coordinamento tra le forze di polizia, ed anche all'interno della stessa polizia, rappresenti uno dei problemi più gravi che emergono.
Un'ulteriore richiesta specifica che le rivolgo è se lei sia stato informato e quando, se lo è stato, della ripetuta segnalazione da parte della provincia di Genova, del suo presidente e dell'assessore competente, Massolo, già dalla sera del 19 e, quindi, prima che si verificassero gli incidenti, chiamiamoli così, o i disordini del 20 e del 21, sul fatto che una delle strutture ufficialmente devolute all'accoglienza, destinata ai Cobas, la struttura della Se. Di. di Quarto (sede


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distaccata di Quarto) fosse stata occupata illegalmente da altri componenti, in particolare del black bloc ma anche da altri soggetti, i quali hanno devastato questa struttura utilizzando anche reparti non consegnati e quindi non accessibili, al fine di armarsi. Questa segnalazione è stata effettuata la sera del 19, è stata ripetuta più volte nelle ore successive - è stato detto che circa una volta ogni ora venivano chiamati la prefettura, la questura e i carabinieri - ed anche nella mattina del 20. Tutto ciò avrebbe permesso alle forze di polizia di intervenire preventivamente rispetto a soggetti che poi hanno dato vita agli episodi di guerriglia urbana, da lei ripetutamente citati.
Infine, vorrei soffermarmi sulla questione che - mi permetta di dirglielo con il massimo rispetto, signor prefetto - mi pare sia il limite maggiore della sua relazione. Lei ci ha ben dettagliato ciò che è avvenuto nella fase della preparazione del vertice, così come anche gli obiettivi, cioè garantire lo svolgimento del G8, tutelare i cittadini di Genova e garantire l'espressione del dissenso pacifico, come lei lo ha chiamato, cioè le manifestazioni pacifiche contestuali allo svolgimento del G8. Condivido questi tre obiettivi che, oltretutto sono ben delineati.
Non mi sembra, invece, che lei si sia soffermato in modo approfondito sui fatti accaduti il 20 ed il 21, ma questo Comitato di indagine non sarebbe mai nata se questi non si fossero verificati. Proprio in relazione a tali fatti, lei ha fatto riferimento alle tre relazioni, ha parlato di eccesso nell'uso della forza e di episodici e individuali comportamenti illeciti. Ciò che emerge dai fatti del 20 e del 21 mi pare che lei non possa per contrasto riferirlo alla manifestazione dei migrantes del 19, svoltasi in modo del tutto pacifico, come lei ha ricordato, e alla manifestazione di ponente del 20, fatta dai Cobas, anche questa in modo pacifico. Cioè, se una manife


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stazione è pacifica e preannunciata - preferisco usare costituzionalmente il termine di preannunciata e non di autorizzata, perché il terzo comma dell'articolo 17 della Costituzione dice che le autorità devono essere preavvisate e che possono vietarne lo svolgimento per motivi di sicurezza o di incolumità pubblica - è chiaro che non possono esserci fenomeni di comportamento illecito da parte delle forze di polizia. Se è una manifestazione pacifica, preannunciata e non vietata - uso questa espressione costituzionalmente più corretta - ci mancherebbe altro che le forze di polizia intervenissero con la forza nei confronti di questo tipo di manifestazioni: non saremmo in uno stato di diritto! Ciò che dobbiamo capire è cosa sia accaduto nei giorni 20 e 21, nel corso dei quali sicuramente ci sono stati atti di violenza gravi, atti di guerriglia urbana, posti in essere dal blocco nero e forse, anzi sicuramente, anche da altri settori di manifestanti.
L'episodio della camionetta dei carabinieri sicuramente non è stato messo in atto dal black bloc, da quello che si è capito dalla ricostruzione, ma parlo dell'episodio in sé, al di là dell'esito mortale che poi ha avuto. Ma dobbiamo capire come sono intervenute le forze di polizia - insisto sul dire le forze di polizia -, cioè la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza, in relazione al dovere di contrastare gli atti di violenza e di guerriglia urbana e, al tempo stesso, al dovere di tutelare e di non coinvolgere in queste vicende la stragrande maggioranza dei manifestanti, i quali dichiaratamente, e di fatto, hanno manifestato in modo pacifico. Non mi riferisco solo alla manifestazione del 20, da lei citata, bensì mi riferisco per esempio alle cosiddette «piazze tematiche» del 20 quando in queste piazze è intervenuto il blocco nero, e poi sono successivamente intervenute le forze di polizia, reprimendo


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i manifestanti pacifici e non reprimendo, o non riuscendo a reprimere, coloro che mettevano in atto interventi violenti. Ciò è diventato poi clamoroso il giorno 21
Lei ha parlato di eccesso nell'uso della forza ma non si tratta di un singolo episodio. È avvenuto che, nell'arco di un'intera giornata (come è documentato da centinaia di testimonianze, di denunce, di riprese televisive) sistematicamente le forze di polizia, (Polizia di Stato, Arma dei carabinieri e anche Guardia di finanza) siano intervenute reprimendo a freddo, violentemente e sistematicamente manifestanti pacifici i quali nulla avevano a che vedere con i gravissimi episodi di violenza, devastazione e guerriglia che doverosamente le forze di polizia dovevano contrastare. Quando tutto ciò si scarica sistematicamente, nel corso di molte ore, su decine di migliaia di manifestanti pacifici, qualcosa da questo punto di vista, nell'uso legittimo della forza da parte dello Stato non si è verificato, ossia si è verificato un uso illegittimo della forza. Sotto il profilo del coordinamento tra le forze di polizia non mi pare che abbia funzionato pressoché nulla e sotto il profilo delle responsabilità politiche e della direzione tecnica, si pongono degli interrogativi che la pregherei di voler chiarire.
CESARE MARINI. Dottor De Gennaro, vi era stata una dichiarazione da parte del Governo - che valuto opportuna - di voler sospendere il protocollo di Schengen sulla libertà di circolazione; lei ha affermato che duemila persone sono state respinte alle frontiere e che ad Ancona era stata bloccata una nave con un certo numero di cittadini greci a bordo che si presumeva potessero praticare della violenza. Come mai ci si è limitati a queste forme di interventi, e non si è avuta una maggiore incisività nell'impedire l'ingresso a Genova di quanti avessero esercitato violenza, soprattutto di quanti - segnalati


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dalle polizie di altri paesi - avessero già manifestato con violenza a Nizza, Praga, Göteborg e nelle varie precedenti riunioni? Vi è stata una carenza di uomini oppure una sottovalutazione del pericolo?
Lei afferma (ne ha già parlato nella sua relazione) che a Genova vi è stato un afflusso di gran lunga superiore rispetto ai precedenti vertici. Mi pare siano state introdotte delle novità nell'organizzazione dell'ordine pubblico; lo immagino perché, se così non fosse, dovrei pensare che non si è tenuto conto di quanto in realtà stava avvenendo. Queste modifiche nell'organizzazione dell'ordine pubblico, in che cosa sono consistite e da quando sono state introdotte? Da quando vi sono state le prime modifiche nella organizzazione e quindi nel modo di contrastare gli eventuali episodi di violenza?
Dottor De Gennaro, chi ha deciso la perquisizione alla scuola Pertini (comunemente detta scuola Diaz) e per quale motivo? Lei era stato informato? Sono sincero: mi è parso che nella sua relazione lei abbia illustrato la cronaca di fatti ed avvenimenti e, da un ascolto molto superficiale, potrei dire che lei è stato uno spettatore ed un cronista di quegli avvenimenti, quando lei invece ha la massima responsabilità della polizia italiana. In questo caso mi è sorto un altro dubbio: perché a Genova vi è stata una sovraesposizione della Polizia di Stato rispetto alle altre forze dell'ordine? Mi pare che gli episodi della scuola Pertini, degli interrogatori e tutti quegli episodi che poi hanno fatto nascere delle perplessità sull'esercizio della violenza da parte di qualche isolato e piccolo gruppetto di forze dell'ordine, abbiano riguardato soprattutto, e quasi esclusivamente, le forze della Polizia di Stato. Vi è stata quindi una sovraesposizione. Mi rivolgo a lei come maggior responsabile: perché vi è stata questa sovraesposizione? Era stato


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deciso che la polizia avesse un ruolo maggiore rispetto alle altre forze? Vi era un coordinatore tra le diverse forze dell'ordine?
Nelle relazioni degli ispettori vi sono alcune contraddizioni, soprattutto nella prima, quella del dottor Montanaro; comunque in generale entrambe le relazioni che abbiamo letto mettono ripetutamente in evidenza uno stato di confusione e di mancanza di direttive, non solo in chi aveva la responsabilità generale delle forze dell'ordine, (in questo caso credo il prefetto di Genova), ma anche una responsabilità per quanto riguarda la Polizia di Stato. Vi è stata una sovrapposizione di ordini, la presenza di più funzionari, niente di meno si è andata a perquisire una scuola che non era indicata come tale, commettendo, quindi, un errore eccessivamente, chiamiamolo così, goliardico, dovuto sì alla tensione o a quello che si vuole, ma, se mi consente, sono comunque errori imperdonabili. Chi aveva la responsabilità del coordinamento delle azioni della polizia? Lei era stato informato, o svolgeva tutt'altre funzioni? Perché, a mio giudizio, i punti nevralgici sono proprio questi, cioè stabilire di chi erano le responsabilità. Le vorrei sottoporre anche un'altra questione: le forze dell'ordine che hanno agito alla scuola Pertini e alla caserma Bolzaneto mi pare avessero il viso coperto dai caschi e da un fazzoletto. È lecito che una forza di polizia agisca con un fazzoletto davanti al viso? Mi pare che questo sia un comportamento non molto confacente ad una funzione democratica di mantenimento dell'ordine pubblico. Non ritiene giusto quanto indicato - credo - da Micalizio, cioè che siano individuate le persone, anche quando vanno a compiere quel tipo di azione; perché vi deve essere una tutela costituzionale del cittadino che viene perquisito ed interrogato: vi deve essere una tutela! Anche su questo gradirei una sua risposta.


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L'ultima domanda che le rivolgo, dottor De Gennaro, riguarda quanto da lei affermato a proposito di questo soggetto nuovo che appare nelle manifestazioni e prende poi corpo in maniera molto più consistente a Genova. A proposito di questo soggetto nuovo, che è formato da una parte del movimento pacifista e dall'altra parte, credo e presumo, da quello che mi sembra di aver capito, minoritaria del movimento eversivo, ritengo che una distinzione debba essere fatta: non credo che Casarini sia uguale a Tettamanzi. Sono convinto che si tratti di due persone diverse. La presenza dei cattolici e le indicazioni dello stesso arcivescovo, cardinale Tettamanzi, andavano in una certa direzione, di quella di una protesta pacifica e di una espressione di idee contro la politica internazionale che nulla hanno a che fare con le frange violente. Questa distinzione credo debba apparire chiara nelle prese di posizioni, nelle relazioni e negli atti ufficiali che provengono dallo Stato, e quindi nel caso, da parte sua, altrimenti rischiamo di ingenerare confusione.
Noi abbiamo vissuto la stagione, peraltro non ancora chiarita, dello stragismo; è vero, vi sono le prime sentenze, ma è stata una stagione drammatica della vita nazionale non chiarita. Ritiene di poter affermare o ha dei sospetti che a Genova abbiano operato elementi che, già presenti nelle vicende dello stragismo italiano, si siano infiltrati per promuovere azioni eversive?
ANTONIO SODA. Ringrazio il capo della polizia per la relazione che ha qui svolto dandoci un'idea della complessità delle le questioni che sono state affrontate. Desidero alcuni chiarimenti su due passaggi che considero importanti per capire il rapporto fra gestione dell'ordine pubblico, diritto a manifestare e politica generale negli Stati democratici e dei rapporti fra Stato e cittadino. Nel passaggio primo il capo della


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polizia definisce questo soggetto politico come ambiguo e doppio; penso faccia riferimento ai rappresentanti che ha incontrato e non al movimento inteso come migliaia e migliaia di persone che tutti abbiamo presenti e che abbiamo visto nelle immagini trasmesse sfilare il più delle volte serenamente e correttamente nei limiti di quello che era consentito dalle violenza altrui.
Da tale passaggio sostanzialmente si desume che vi era un elevato numero di manifestanti pronti allo scontro con la polizia: questa è una valutazione sulla quale chiedo vi siano un chiarimento ed un approfondimento, perché ritengo che ciò non sia sembrato agli italiani che hanno seguito tali vicende.
Vi è un secondo passaggio nella sua relazione, in cui si afferma che non è possibile l'azione di contrasto nel momento in cui alcuni gruppi esercitano la violenza. Siamo in possesso di un dato di fatto: effettivamente la maggior parte degli arrestati e dei fermati provengono dalla perquisizione effettuata nella scuola Pertini - che ha portato all'arresto di 93 persone di cui 81 immediatamente scarcerate per la mancata convalida da parte dell'autorità giudiziaria - e non abbiamo visto interventi della polizia tesi a bloccare le bande di violenti. Questa è la sensazione che, a mio avviso, hanno avuto i cittadini italiani i quali in quei giorni sono rimasti attaccati al video e questa è la sensazione che ha avuto il sindaco di Genova quando ieri ci ha detto che nel pomeriggio del venerdì gran parte della polizia era intenta a proteggere la zona rossa da coloro che egli stesso ha definito «supposti assedianti che lanciano qualche bottiglia di plastica», mentre nella restante parte della città la polizia era assente.
Lo scorrere delle immagini televisive ha trasmesso questa sensazione, ossia la sensazione di cortei fermi, immobili e


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sconcertati e di nuclei di bande che si muovevano liberamente avendo a pochi metri di distanza imponenti forze di polizia ferme ed inerti.
Non vorrei che da questa costruzione si desumesse che il movimento è in sé portatore di ambiguità, di doppiezza e di violenza, che l'azione di contrasto contro i violenti non è possibile (lei ha detto che occorrerebbe un'azione investigativa più lunga, come quella che si è svolta negli anni settanta, per smascherare i violenti e per asciugare il terreno sul quale si muovono) e che dalla combinazione di queste due valutazioni nasca la teoria secondo la quale negli Stati democratici la protesta sociale, politica e pacifica o si autoorganizza per garantire essa stessa l'ordine pubblico o lo Stato se ne disinteressa.
Vorrei un suo chiarimento e una discussione in merito ad alcune sue indicazioni ed alle immagini dell'impotenza della polizia o della incapacità della stessa, perché dobbiamo capire cosa sia accaduto a Genova, ma dobbiamo anche capire come, in uno Stato democratico, chi vuole manifestare liberamente possa vedere garantito dallo Stato anche un suo diritto a manifestare liberamente. Se ci muoviamo su un diverso terreno per cui lo Stato si ritira, il messaggio che ne scaturisce è il seguente: se volete stare tranquilli, non manifestate più liberamente, altrimenti nessuno vi protegge.
La inviterei proprio a riprendere questo discorso perché ci può aiutare a capire tutto ciò che ci serve per impostare una politica costituzionalmente corretta dell'ordine pubblico.
La seconda questione sulla quale sono già tornati i colleghi Boato e, da ultimo, Marini è la seguente. Lei, nel valutare la condotta di tutte le forze di polizia, ha fatto riferimento a una documentazione dei media, ad un eccesso e a qualche sporadico abuso. Le domando: da quelle parziali relazioni scritte il


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27 luglio - non so se vi sia poi stato un ulteriore approfondimento - cosa emerge? Emerge che, per quanto riguarda l'unica operazione di polizia giudiziaria - costituita dal cosiddetto Blitz nella scuola Pertini, altrimenti chiamata scuola Diaz -, vi è stata una violazione sistematica delle modalità previste dal codice di procedura penale per eseguire le perquisizioni, anche quando esse si svolgono su iniziativa della polizia.
Dato atto che non vi sono i verbali, mi chiedo perché e chi abbia deciso, per esempio, di non applicare le norme del codice di procedura penale (articoli 386 e seguenti) concernenti i doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo e di creare queste strutture di concentrazione degli arrestati e dei fermati, considerato che il codice di procedura penale prevede che identificati i fermati o gli arrestati, si comunichi immediatamente all'autorità giudiziaria l'avvenuto arresto o fermo e che tali soggetti vengano messi a disposizione della stessa. È vero che il codice stabilisce che tutto ciò debba avvenire entro ventiquattro ore, ma ciò non significa che le persone debbano rimanere a disposizione delle forze di polizia per 17, 18, 20 ore come è scritto nella relazione. La norma fissa il termine di 24 ore perché, se si effettua una perquisizione a 20, 30, 40 chilometri di distanza dal punto di appoggio della messa a disposizione dell'autorità giudiziaria, possono trascorrere queste ore. Tuttavia, in questo caso non vi era alcuna necessità di creare luoghi di concentramento degli arrestati e dei fermati.
Pertanto, da quanto è scritto nella relazione si evince che non si trovano i verbali, che non si sa se i fermati siano stati invitati a nominare un difensore - come avevano diritto a fare - o se siano stati invitati a dire chi volevano fosse avvertito e che gli stessi sono stati visitati una prima volta da medici


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della polizia ed una seconda volta da medici della polizia penitenziaria e così via. Che ragione vi era di non seguire strettamente le norme di legalità previste?
Signor capo della polizia, in sostanza vorrei capire il nodo politico e gli aspetti tecnici che possono sorreggere una scelta politica di gestione dell'ordine pubblico e, inoltre, le vorrei chiedere se ci può fornire la circolare ed il vademecum citati, per verificare se occorra compiere anche un'opera di ricostruzione all'interno della polizia, in una visione più rispettosa dei diritti dei cittadini o se effettivamente - come lei dice - si è trattato di un qualche sporadico abuso.
La sensazione che i cittadini italiani hanno avuto è stata quella di una violenza troppo diffusa e sistematica, diretta verso persone inermi. Tutti abbiamo visto gente che fuggiva, che si sdraiava a terra, che rimaneva con le mani alzate.
Di fronte a tutto ciò voglio capire che cosa debba fare il Parlamento in relazione alla necessità di riorganizzare i corpi di polizia.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Soda. Mi rendo conto che la materia trattata risulta essere particolarmente interessante, in ogni caso pregherei i colleghi presenti di sintetizzare le domande così da agevolarne la comprensione; alla fine, infatti, ciò che conta è la sostanza.
GRAZIELLA MASCIA. Essendo stata testimone oculare fino al termine del vertice, cercherò di non farmi prendere dalla curiosità e dal desiderio di chiarire tanti aspetti relativi a quelle giornate. Mi sforzerò di concentrare le mie domande, tuttavia chiedo scusa ai colleghi se forse ruberò qualche minuto agli altri parlamentari che dovranno intervenire ma, essendo la sola rappresentante del mio gruppo credo che alla fine avrò la vostra comprensione.


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Dottor De Gennaro, spero di essere smentita nel corso dei lavori di questa Commissione e vorrei capire che cosa succederà in questo paese nei prossimi mesi. Sono convinta che tutto ciò che è avvenuto - ferma restando qualche immancabile responsabilità individuale -, compreso il Blitz alla scuola Diaz, non sia frutto di casualità. Ho avuto modo di leggere i documenti degli ispettori che lei ci ha fornito, nei quali essi negano di aver fatto propria la scelta preventiva finalizzata ad atti come il famoso Blitz. Vorrei davvero che così fosse, tuttavia c'è qualcosa che non mi convince, un qualcosa rappresentato dalle giornate del 19, 20 e 21 luglio.
Le domande che le rivolgerò, essendo lei una persona autorevole che ha seguito dall'inizio lo svolgersi dei fatti, sono tese a comprendere la natura del progetto che avete disposto.
La vostra è una struttura forte ed efficace che ha potuto usufruire di ripetute consulenze e, forse, anche di un coordinamento operativo con le altre polizie internazionali. È stata messa a punto una strategia che ha potuto contare sulle esperienze precedenti, da Seattle in poi.
Come è possibile che, attraverso questa struttura, si sia potuta difendere in maniera così eclatante la zona rossa e, allo stesso tempo, non riuscire a garantire i diritti minimi dei cittadini nella caserma di Bolzaneto dove ha regnato una situazione di totale confusione ed assenza di comando? Per non parlare poi del famoso Blitz alla scuola Diaz, dove sembra che a nessuno debbano essere attribuite responsabilità precise. Naturalmente di questo le chiederemo conto; io sono dell'idea che non tutti questi fatti siano frutto di casualità, ma facciano parte di un qualcosa che vorrei comprendere meglio.


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Lei ci ha detto che, nonostante le informazioni ricevute ed i rapporti con i servizi e le forze di polizia stranieri, non si è riusciti a portare avanti un'azione preventiva in relazione a questi fenomeni violenti.
Il Genoa social forum - del quale faccio parte - ha interloquito con voi e ha garantito per se stesso e per le proprie scelte. Naturalmente nessun individuo del nostro gruppo può pensare di attrezzarsi per organizzare servizi d'ordine, ancor più perché il GSF è composto da gente pacifica.
Tuttavia, sul terreno della prevenzione, avremmo voluto che venissero impediti arrivi. In questo senso, l'unico risultato ottenuto è stato quello di impedire le manifestazioni a centocinquanta persone di una nave greca, le quali sono state rispedite - insieme a due consiglieri regionali delle Marche, recuperati in seguito da una motovedetta - al mittente.
Dottor De Gennaro, quelle persone erano esponenti di un partito democratico, il Synaspismos; lei ne è al corrente poiché siamo stati in contatto per tutta quella giornata con un suo collaboratore.
Vorrei capire meglio come sia stato possibile che, dal punto della prevenzione e della sospensione del trattato di Schengen, non ha funzionato nulla.
Riguardo l'aspetto della prevenzione, devo dire che il ministro dell'interno ci ha riferito in aula che, secondo le fonti dell'intelligence americana, erano presenti a Genova circa 5 mila black bloc - lei oggi ci ha detto che invece sarebbero stati duemilacinquecento - i quali hanno operato in modo talmente veloce da non permettere alle forze di polizia di intervenire.
Sono testimone oculare: è dal 20-21 luglio che questi signori hanno potuto agire ripetutamente, continuamente, in modo indisturbato lontano dai luoghi in cui si stavano svolgendo le


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manifestazioni pacifiche, mentre venivano inseguiti e caricati dalla polizia nel momento in cui tendevano ad avvicinarsi ad i nostri cortei ed alle nostre piazze. Così si è svolta tutta la giornata del 20 luglio. Voi, con la scusa di dover colpire queste persone, avete ripetutamente caricato la gente che si trovava a manifestare pacificamente. Ho bisogno di comprendere come ciò possa essere avvenuto sia per quanto riguarda la giornata del 20 luglio sia per quanto riguarda la giornata del 21 luglio. In quest'ultima giornata, una manifestazione di trecentomila persone è stata caricata e continuamente spezzettata in un modo che non ha precedenti in Italia.
Dottor De Gennaro, vorrei chiederle come fossero state dislocate le forze di polizia nei giorni del 20 e 21 luglio e chi ne fosse al comando. Vorrei chiederle chi fossero i responsabili della sala operativa unificata che, immagino, avrà funzionato ininterrottamente. Quali rapporti lei ha intrattenuto - come capo della polizia - con la sala operativa unificata e con il ministro dell'interno nei giorni del 19, 20 e 21 luglio?
Vorrei chiedere informazioni rispetto al tipo di coordinamento che si è avuto con le forze di polizia ed e i servizi appartenenti ai paesi stranieri e se le decisioni - ferma restando la responsabilità tutta italiana - siano state assunte insieme.
Mi pare che dalle audizioni alle quali abbiamo assistito vi sia la conferma che, di fatto, la cosiddetta zona gialla, la zona cuscinetto - che lei ha illustrato ai parlamentari liguri in un incontro precedente al G8 - sia rimasta inalterata. Le chiedo conferma di questo, tenendo conto del fatto che anche noi - sulla base di ciò che avevamo potuto constatare in città come Praga e Nizza - avevamo espresso dei suggerimenti al riguardo. Noi, come lei ben sa, non eravamo interessati ad impedire che si svolgesse il vertice.


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Abbiamo sempre detto: noi contestiamo la legittimità, ma non faremo nulla per impedirlo. E questo è sempre avvenuto; quello che è avvenuto, anche i termini di assedio, è stato tutto virtuale. Lei conosceva i dettagli di quello che sarebbe successo. Tuttavia, considero quella della zona cuscinetto una delle questioni importanti, una delle ragioni per cui sono avvenuti i fatti del 20 e del 21. Io considero quella una delle scelte sbagliate compiute da questo Governo, tra le cause di quello che è avvenuto. Questa zona gialla non solo è rimasta, ma si è ampliata nella notte fra il 19 ed il 20. Sono stati visti dei container prima della manifestazione del 19, ma tra il 19 ed il 20 essi sono aumentati, sono usciti, la zona rossa si è allargata al punto di impedire la circolazione dentro la città. Noi non avevamo la possibilità di arrivare da una parte all'altra, da una piazza tematica all'altra. E questo è stato impedito a centinaia di persone.
Allora, io le chiedo: ci sono state modifiche rispetto a queste scelte? Le scelte di effettuare questi cambiamenti sono state di quei giorni o sono precedenti? L'allargamento della zona rossa è precedente o risale esattamente ai giorni 18, 19?
Vorrei chiederle, signor capo della polizia, se abbia emanato lei particolari direttive rispetto alla gestione dell'ordine pubblico, quali direttive abbia ricevuto dal ministro dell'interno ed in quali sedi e da chi siano state elaborate queste direttive e la gestione dell'ordine pubblico nei giorni 19, 20 e 21. Inoltre, vorrei chiederle quale fosse il contenuto di queste direttive e se esse siano state modificate dopo la giornata del 20. Ripeto, io penso che ci sia un problema relativo alla giornata del 20, ma poiché le dinamiche sono esattamente le stesse e si sono ripercosse su una manifestazione di massa, credo che questi punti vadano chiariti. In particolare sul corteo del 21 - avrei tante domande da farle su quella


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giornata -, mi limito a chiederle come mai la polizia non aprisse il corteo come normalmente si fa. Ad un certo punto abbiamo chiesto noi, attraverso una telefonata con il Vicepresidente Fini, di rimuovere la polizia, di rimuoverla perché era in testa al corteo, all'inseguimento dei cosiddetti black bloc. Ormai ci chiudevano ed hanno rischiato di rendere le condizioni di quel corteo veramente un disastro, come in effetti è stato per la vita e per l'incolumità di centinaia di manifestanti.
Vorrei chiederle anch'io come mai di fronte a tutte le segnalazioni ricevute, non soltanto dal presidente della provincia ...
PRESIDENTE. Onorevole Mascia, mi perdoni...
GRAZIELLA MASCIA. Ho quasi finito.
PRESIDENTE. No, mi consenta, si limiti alle domande. La prego di evitare il commento.
GRAZIELLA MASCIA. È per inquadrare il problema. Questo Comitato ha poteri limitati, ma uno ha bisogno di comprendere.
LUCIANO MAGNALBÒ. Presidente, questa è l'audizione dell'onorevole Mascia!
PRESIDENTE. Scusate, colleghi. Onorevole Mascia, io non ho nessun interesse a far sì che lei non ponga le domande. Io ho interesse che lei ne ponga anche di più. Le sto chiedendo di fare le domande. La prego di limitarsi a fare le domande, perché tutti abbiamo interesse a sentire le sue domande e anche le risposte del prefetto. Grazie.


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GRAZIELLA MASCIA. Presidente, credo che non ci saranno altre occasioni di commento ma penso che il dottor De Gennaro capisca il senso, capisca perché sono costretta a circostanziare. Forse i colleghi si annoieranno...
Vorrei chiederle, dunque, come mai di fronte alle circostanziate segnalazioni, non solo da parte del presidente della provincia ma anche da parte del Genoa social forum, relative ad arrivi di formazioni appartenenti non solo ai cosiddetti black bloc, ma persino a formazioni neonaziste, non sia successo nulla. Avevate poche forze, ma quelle poche forze non sono state usate, fuori, per prevenire questi arrivi.
Riguardo all'episodio della scuola Diaz ho posto delle domande. Io vorrei chiederle soltanto in quale modo lei abbia partecipato alla decisione della perquisizione, in che modo e quando abbia riferito al ministro dell'interno - lei sa che ci sono state anche alcune telefonate in quella notte -, chi fosse il responsabile dell'operazione: abbiamo in mano documenti che non lo rendono comprensibile.
Infine, vorrei chiederle, sulla base di notizie che sono uscite ieri sulla stampa, con quali metodi di selezione e con quali percorsi di formazione sia stato addestrato il reparto di polizia del nucleo sperimentale antisommossa e se sia vero che a questa formazione hanno partecipato addestratori - non so come si chiamino - provenienti dagli Stati Uniti. Rispetto alla scuola Diaz, vorrei chiederle come mai sia stato utilizzato nella perquisizione il reparto del servizio centrale operativo, che mi pare fosse destinato ad altre funzioni in zona rossa, se non ricordo male
Vorrei chiederle chi fossero i responsabili per la polizia della gestione delle persone arrestate nelle caserme, ma l'onorevole Soda ha già chiesto molto.


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Chiedo conferma semplicemente se ho compreso bene che lei ha svolto nel corso del 2000 e del 2001 quattro riunioni del Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza. Le chiedo conferma del numero e delle date di tali riunioni. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mascia. Dopo le domande del senatore Bobbio, mi riservo di verificare se il prefetto De Gennaro ritenga di fornire le prime risposte oppure se sia il caso di continuare ancora.
LUIGI BOBBIO. Grazie, presidente. Ringrazio il prefetto De Gennaro per la sua presenza e per le prime indicazioni che ci ha dato.
Vorrei avere informazioni in relazione a fatti specifici. In primo luogo, essendo impegnati nella vicenda generale dei tre giorni del vertice di Genova più reparti di corpi diversi - tra Polizia di Stato, Guardia di finanza, Arma dei carabinieri ed anche Polizia penitenziaria -, vorrei sapere chi assicurò il coordinamento e la direzione delle operazioni ed in particolare se tale coordinamento, ove mai ci sia stato - ma in concreto, non formalmente -, abbia riguardato solo l'ordine pubblico o anche l'attività di polizia giudiziaria e, quindi, in buona sostanza, vorrei sapere chi avesse la parola definitiva sia nel coordinare, nel prendere iniziative, nel fornire risposte sul campo, sia nel pianificare interventi di polizia giudiziaria. Questo è importante, anche e soprattutto, in presenza - lo dico come premessa alle domande successive - di una struttura di tipo gerarchico fortemente verticizzata in cui, peraltro, il vertice - mi corregga se sbaglio - era ed è rappresentato da lei.
Poi, vorrei anche sapere perché si sia permesso ai manifestanti - questa sembra essere almeno la presa d'atto, in concreto, di quello che si è visto, dalle cronache televisive in


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particolare - di avere una massima espansione per strada e nelle piazze e perché non si siano in realtà previsti, sul piano operativo, per esempio moduli, flessibili o di intervento volante nelle varie zone della città. Questa credo che avrebbe dovuto essere una precauzione operativa, tecnico-pratica da mettere in campo soprattutto se si considera che, alla luce dei segnali precedenti, a partire da Seattle in poi - e l'ultimo grave fatto si era verificato proprio a Napoli, nei giorni del marzo di quest'anno -, era chiaro che andava prevista anche questa forma di guerriglia. Dico questo perché - anche in questo caso ciò serve solo ad illustrare le domande che ho fatto e che farò - ritengo che in questa materia vada necessariamente operata una profonda distinzione, per quanto riguarda il suo ruolo che è delicatissimo ed importantissimo, fra il rapporto con il vertice politico per quello che attiene alle direttive politiche e di altissima amministrazione e, invece, quello che dovrebbe essere il suo ruolo in termini di attuazione funzionale sul territorio e, quindi, di gestione pratico-tecnico-operativa della vicenda vertice in generale.
Ancora, vorrei sapere se risponda al vero l'informazione che al comando delle forze e degli uomini in campo, ed in particolare per le operazioni relative all'ordine pubblico, non fu posto personale già particolarmente esperto, in concreto, e non sulla carta o in via puramente teorica, di ordine pubblico e di - chiamiamola così, con un vecchio termine - polizia politica.
Poi, saltando momentaneamente ad altro argomento, vorrei che lei ci dicesse di cosa si occupa in particolare un suo collaboratore, il dottor Sgalla. Se ciò risponde al vero, vorrei che lei ci dicesse perché in occasione della perquisizione nella scuola Diaz il dottor Sgalla era sul posto e, ove mai questa


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informazione fosse corretta, perché il dottor Sgalla giunse alla scuola Diaz dieci minuti prima dell'inizio della perquisizione.
Ancora, sarebbe corretto ed utile sapere perché il venerdì mattina, il 19 - se non mi tradisce la memoria -, sino a mezz'ora prima della manifestazione non era stata emanata alcuna ordinanza. Non è necessario che dica a lei che cos'è l'ordinanza in termini di gestione di una questura, in generale, e dell'ordine pubblico, in particolare.
Ancora, vorrei chiederle perché sabato sera, cioè in occasione della perquisizione alla scuola Diaz, il prefetto La Barbera fu mandato sul posto. In particolare, essendo stato inviato sul posto, non essendo lui peraltro ufficiale di polizia giudiziaria e trattandosi di un'operazione squisitamente di polizia giudiziaria, visto che si partiva sulle premesse dell'articolo 41 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, quali direttive furono impartite al prefetto La Barbera, circa la sua presenza e circa il ruolo da giocare sul posto?
Vorrei fare un'altra domanda. Nel corso degli incontri che lei ha definito tecnici con i rappresentanti delle organizzazioni del dissenso, vorrei sapere se lei si adoperò per chiarire a questi signori che nella - chiamiamola così - trattativa o nella gestione di un rapporto personalizzato, per evitare problemi gravi nel corso delle tre giornate in oggetto, vi erano almeno due limiti che non si sarebbe mai consentito di valicare, per il rispetto stesso dello Stato, dei suoi ruoli e dei suoi compiti. Mi riferisco in particolare, al limite della inviolabilità della zona rossa, in maniera categorica ed assoluta, ed al carattere non violento della manifestazione, posto che era del tutto evidente che in questi casi una forma di accordo, o di trattativa si arresta in partenza di fronte al compito primario del rappresentante dello Stato (peraltro al più alto livello quale


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è lei): il rispetto assoluto - se necessario, imposto con la forza (tutta la forza che è necessaria) - della legge o dell'ordine dell'autorità.
Vorrei poi sapere se in occasione degli incontri - due, mi pare abbia detto - che lei ebbe con i rappresentanti (continuiamo a chiamarli così, con un termine magari non del tutto tecnico), ma comunque con gli esponenti del GSF e delle organizzazioni del dissenso, lei registrò questi colloqui; vorrei sapere, quindi, se in qualche maniera li documentò, per una forma credo anche di cautela o di prudenza, vista la delicatezza particolare della materia. Nel caso in cui li avesse registrati, le chiedo se volesse essere così cortese - lo chiedo anche al presidente - da metterli a disposizione della Commissione per conoscere i contenuti degli incontri.
Altra domanda: vorrei sapere se i rappresentanti del GSF, in generale, ai suoi occhi, fossero realmente, o si presentassero realmente come rappresentanti esponenti dell'intero movimento, cioè se parlarono, presero impegni o ebbero comunque delle prese di posizione spendendo il nome dell'intero movimento e dei suoi aderenti. Nel caso in cui ciò non sia avvenuto, vorrei sapere in base a quale valutazione lei decise di continuare comunque a trattare con queste persone.
Ancora, vorrei sapere se nel corso dell'attività di prevenzione furono operati o meno servizi investigativi, anche eventualmente di prevenzione, ma comunque investigativi nel senso pieno del termine, cioè finalizzati alla redazione di informative, notizie di reato o richieste alla magistratura inquirente, a carico di esponenti o anche eventualmente di stessi membri del GSF o di ogni altra organizzazione a tale forum aderente. Ove mai ciò sia stato fatto, vorrei ancora sapere se siano stati in questo caso accertati collegamenti, ad esempio, tra esponenti antiglobalizzazione delle varie città


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italiane e se, quindi, siate riusciti a definire, almeno come ipotesi di lavoro, l'eventuale esistenza di una rete che copra il territorio nazionale con collegamenti internazionali attualmente in atto, in essere.
Chiedo scusa, presidente, ho un elenco di domande abbastanza lungo, ma sto cercando di ripercorrerlo veramente soltanto a livello di domande.
Dunque, vorrei sapere se siano stati accertati momenti di collegamento, quindi rapporti concreti, tra esponenti del GSF o di movimenti collegati ed esponenti politici nazionali o anche eventualmente internazionali. Quando parlo di collegamenti, intendo riferirmi a un qualsivoglia genere di rapporto diretto, o comunque legato alla formazione e al concepimento di linee di lavoro, o quant'altro anche eventualmente più grave.
Ancora, sarebbe necessario sapere, se lei può dircelo, se a parte i black bloc - sui quali mi sembra che si stia concentrando in maniera eccessiva e palesemente strumentale l'attenzione, dal punto di vista della gestione violenta ed aggressiva di questa manifestazione dalla parte dei dimostranti - si tenne presente da parte delle forze di polizia, che operarono nella fase preventiva, repressiva e di controllo, che, per esempio, anche le cosiddette tute bianche avevano, da molto tempo prima dei giorni del vertice, assunto pubblicamente atteggiamenti violenti di dichiarata aggressività nei confronti del vertice, dei suoi partecipanti, della stessa polizia e dei carabinieri. Basta andare a controllare le conferenze stampa, riprese dalla televisione, tenute dalle tute bianche in divisa con i passamontagna sul viso, cosa peraltro proibita dalla legge -. Perché, ad esempio - mi smentisca se le mie informazioni sono inesatte -, in occasione di queste conferenze stampa non si procedette mai - eppure furono parecchie, malgrado la vigenza di quella normativa antiterrorismo


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degli anni '70 che fa divieto ai cittadini di essere presenti in pubblico con mascheramenti o travisamenti di qualsiasi genere - al controllo, all'identificazione e al fermo di coloro che tenevano - ripeto - conferenze stampa in divisa e con i volti coperti da passamontagna? Anche questo è un aspetto rilevante.
Le risulta, ancora, che i cortei del GSF abbiano mai posto in essere, in modo significativo, durante i tre giorni di Genova, tentativi di espellere dal loro interno, e, quindi, di isolare i gruppi numerosi che entravano e uscivano dai cortei in questione per le loro azioni di guerriglia? O le risulta che comunque i partecipanti cosiddetti non violenti - ma poi in realtà vedremo esservi diversi modi per essere violenti nel corso di manifestazioni pubbliche - abbiano mai denunciato qualcuno dei componenti dei gruppi organizzati di guerriglia, che entravano ed uscivano dai cortei con la copertura quindi dei cortei stessi? Le risulta ancora che le azioni di guerriglia e di attacco ad obiettivi civili e alle forze di polizia furono condotte oltre che dai cosiddetti black bloc anche da altri gruppi di manifestanti? Resta fermo che - come dire - la connotazione violenta di determinati gruppi non è restringibile al fatto di avere indosso uno straccio nero o meno; la connotazione violenta, infatti, si manifesta anche per i comportamenti, oltreché per la cosiddetta divisa (chiamiamola così).
Le risulta altresì che a Genova - se ce lo può dire per la sua notevolissima esperienza e per la sua lunga carriera in polizia - si sia verificato, nei tre giorni questione, un fatto, che in Italia, in realtà, non si vedeva dagli anni settanta, ossia l'attacco, di esclusiva iniziativa dei manifestanti, agli schieramenti delle forze dell'ordine, poste per strada esclusivamente a presidio (e, quindi, ad immagine di presidio) senza che le


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stesse forze di polizia avessero posto in essere, in molti casi, iniziative ed operazioni per il contenimento dei manifestanti stessi?
PRESIDENTE. Senatore Bobbio, mi consenta. A me va tutto bene, vedo che il metodo delle domande è pertinente; lo so che il suo è un intervento a nome del gruppo, però mi hanno chiesto di intervenire anche gli onorevoli Menia e Anedda, per cui non è proprio del gruppo. Quindi, a questo punto, dividetevi le domande.
LUIGI BOBBIO. Va bene, eventualmente posso chiedere ad altri colleghi.
Rimangono due o tre domande soltanto.
PRESIDENTE. Prego, se sono due o tre domande, va bene. Però, è una questione di metodo.
LUIGI BOBBIO. Ha ragione, presidente, però la materia è da approfondire; comunque, concludo.
Vorrei sapere quali e quante note - se il prefetto De Gennaro può farcele avere - abbia ricevuto, nella fase preventiva e quindi preparativa del vertice, da SISDE e servizi segreti esteri in generale. Se, ancora - questa è una domanda di carattere più generale, alla quale però vorrei che si rispondesse da, un punto di vista proprio di ricostruzione generale dei ruoli e delle posizioni - risponda al vero il fatto che sia i dirigenti cosiddetti uscenti - il dottore La Barbera in particolare e l'altro dirigente - sia quelli da nominarsi in pectore, siano membri del sindacato dei funzionari di polizia, che lei in qualche maniera avrebbe ispirato e - ultimissima domanda - se risponda al vero che nel corso dei disordini di Genova, tra gli altri, sia stato arrestato in flagranza di reato


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tale Gatto Gabriele, palermitano, avente la tessera di Rifondazione comunista n. 14038, arrestato dal terzo battaglione carabinieri in via Tolemanide per i reati di resistenza e violenza, avendo casco, maschera e sanpietrini. Grazie.
ANTONIO SODA. Presidente, la riservatezza del denunciante è tutelata, ma quella del denunciato?
LUIGI BOBBIO. Lei sa che è stato fatto il riesame e che quindi quegli atti sono pubblici, caro collega. Grazie.
ANTONIO SODA. Lei ne sa troppo dei fatti altrui!
LUIGI BOBBIO. Perché è il mio mestiere!
ANTONIO SODA. Quello dello spione!
LUIGI BOBBIO. Non le permetto di chiamarmi spione, perché lei ha fatto una ben peggiore figura!
PRESIDENTE. Senatore Bobbio, credo vi sia un clima collaborativo. Abbiamo qui il prefetto che deve darci risposte che credo interessino non solo noi singolarmente, ma un po' tutti. Procediamo con calma e vedrete che, alla fine, arriveremo a comprendere qualcosa di più.
FILIPPO MANCUSO. Abbiamo molto materiale interrogativo...
PRESIDENTE. Molto, a mio avviso.
FILIPPO MANCUSO. Se fosse possibile, anche per la probabile stanchezza del nostro ospite, fare qui una sosta e rimandare a più tardi le domande che mancano... È troppo il


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materiale proposto, valuti lei, presidente. A me pare che sia il momento di dare una risposta, ci sono trenta o quaranta domande pendenti.
LUCIANO VIOLANTE. Forse sarebbe opportuno che il capo della polizia, prima di tutto, spiegasse quali sono le funzioni del capo della polizia, perché non tutti qui le conoscono, altrimenti rischiamo di fare alcuni errori di valutazione.
PRESIDENTE. Mi pare che lei suggerisca, visto che i cinque interventi hanno comunque sottolineato la funzione del capo della polizia, che, almeno su questo punto, vengano fornite delle risposte, per evitare che altri undici colleghi possano ripetere un po' lo stesso argomento.
Dunque, se lei ritiene, prefetto, di poterci chiarire - soprattutto in riferimento alle domande che fino qui le sono state poste - solo questo aspetto della problematica, successivamente potremmo procedere ad ascoltare tutti gli altri colleghi, in maniera tale che lei possa fornire, alla fine, una risposta a tutte le domande che le sono state poste.
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Signor presidente, io naturalmente sto prendendo nota di tutte le domande e, certamente, per tutte quelle che sono le mie conoscenze, cercherò di rispondere e di fornire le indicazioni. Però, obiettivamente, credo che qualcuna di queste domande vada un po' oltre quelle che sono le possibilità di conoscenza del capo della polizia.
Innanzitutto, il direttore generale della pubblica sicurezza ha, sì, una funzione di coordinamento, ma vorrei ricordare, se possibile, che non c'è - come ha detto prima il senatore Bobbio - una linea verticistica di comando. Il nostro non è un


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sistema di organizzazione gerarchico, come altri sistemi e altre istituzioni naturalmente hanno. Nel nostro sistema, in virtù di una legge vigente del 1981, il punto di riferimento centrale sono le autorità di pubblica sicurezza, soprattutto con riferimento alla responsabilità sull'ordine e sulla sicurezza pubblica. Non per niente sono individuate ed indicate come autorità ed è per questo motivo - chiedo scusa se ho dato, forse, l'impressione sbagliata - che nella mia relazione credo di aver sottolineato tutto il supporto e tutte le attenzioni che sono state date in termini di supporto a quelle autorità che operano a Genova. A questo proposito - proprio anticipando parte di una domanda - proprio in quegli incontri tecnici cui è stato fatto riferimento, io ho sottolineato che non ho nessuna autorità: sono il prefetto e il questore ad avere l'autorità.
Tuttavia, con molta lealtà e con molta correttezza, credo di aver detto, nella mia relazione, che le scelte sono state sempre condivise anche a livello centrale, in ragione proprio del ruolo del capo della polizia, il quale ha quattro compiti: il primo, recita l'articolo 4 della legge n. 121, è quello dell'attuazione della politica e dell'ordine della sicurezza pubblica; il secondo è quello del coordinamento tecnico delle attività delle forze di polizia; il terzo è quello della direzione e amministrazione della Polizia di Stato; il quarto è quello relativo alla direzione e gestione dei supporti tecnici.
In effetti, su alcune cose non sono in grado di rispondere, soprattutto sulla parte investigativa, né di fornire elementi certi che, laddove non fossero coperti da segreti di indagine, possono essere forniti sicuramente dagli ufficiali di polizia giudiziaria.
In questo senso credo di aver correttamente indicato il ruolo del capo della polizia. Ovviamente, nella mia veste di direttore generale della pubblica sicurezza, assumo ogni responsabilità


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di quelle che sono state le scelte fatte nell'ambito delle attribuzioni che la legge mi conferisce. Signor presidente, non posso assumere responsabilità su fatti per cui non ho attribuzioni da parte della legge.
PRESIDENTE. La ringrazio, così i colleghi hanno contezza delle prerogative del capo della polizia.
GRAZIA LABATE. Alla lettura attenta della relazione del prefetto De Gennaro, che abbiamo ascoltato tutti con molta attenzione, non posso non sottolineare, prefetto De Gennaro, uno scarto evidente tra il contenuto della sua relazione, che analizza tutto lo stato di preparazione e di messa a punto di quattro obiettivi che si intendevano perseguire prima dell'evento del G8, e, contemporaneamente, la lettura dei materiali, che stamattina ci sono stati forniti, nei quali - userò questo termine in relazione ai giorni caldi - le conclusioni cui si perviene sono quelle dell'assenza di sinergie, di confusione, di mancanza di coordinamento. Trovo, dunque, questo scarto nella lettura molto attenta della sua relazione e nelle conclusioni cui sono pervenuti gli ispettori, anche se attendiamo ovviamente la terza relazione per formarci un giudizio complessivo.
La prima domanda che vorrei rivolgerle è la seguente: lei dice di aver partecipato a due riunioni in loco con il comitato per la sicurezza, l'ultima conclusasi il 30 giugno: lo evinco dalla relazione è trattato di due riunioni cui lei ha partecipato il 24 e il 30 giugno, nelle quali il questore e il prefetto hanno dimostrato una sensibilità alle domande poste dal Genoa social forum, concedendo appunto una manifestazione che non era stata prevista in zona ponente e predisponendo, in quella sede, l'abilitazione della stazione di Brignole per l'arrivo dei manifestanti. Lei ci ha detto che aveva notato, nelle occasioni in cui


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era stato presente, sfuggenti ed evasive risposte da parte del Genoa social forum sul tema della sicurezza o, quantomeno, sull'isolamento degli elementi violenti, al punto da farle definire un non ben chiaro concetto di disobbedienza civile e, al tempo stesso, ci ha detto delle azioni di prevenzione avvenute con tutta una serie di indagini, perquisizioni e messa a punto di elementi che potevano determinare preoccupazioni avvenute prima delle giornate calde. Le chiedo allora: in quale rapporto stanno queste cose, visto che nelle riunioni del comitato per la sicurezza erano state individuate queste sensazioni di sfuggenza ed evasività sulla chiarezza da parte dei proponenti le famose giornate a tema? Le operazioni di prevenzione intercorse giorni prima le fanno addirittura elencare tutta una serie di centri e circoli, nei quali si era rinvenuto materiale favorevole all'uso la violenza. Quindi la domanda è: in che rapporto stanno queste cose e quali misure sono state date agli organi competenti in sede locale? Infatti, a partire dalla settimana comunque prevista - e quindi a tutti nota, agli organi di sicurezza locale come a quelli di sicurezza centrale -, vorrei ricordare al prefetto De Gennaro che esistevano stampati, che circolavano nella città, sia delle zone in cui si sarebbero verificati gli incontri a tema sia di tutta l'organizzazione, in termini anche di dibattiti che i movimenti avrebbero effettuato nella mia città.
Mi domando allora - avendo compreso, anche dalla lettura degli articoli della legge, i compiti di coordinamento - in che rapporto stiano queste cose e che cosa sia stato detto agli organi di livello locale sia in riferimento alle esigenze di effettuare altri coordinamenti, man mano che gli episodi avvenivano, sia riguardo alla risposta a segnalazioni: mi riferisco sia a quelle che ha ricordato qui, ieri, la presidente della provincia - che, peraltro, perlomeno a me, che sono


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deputata ligure, erano già note -, sia alle segnalazioni che io stessa, il giorno 20, il giorno delle piazze a tema, ho fatto direttamente, chiamando il 112 dei carabinieri, la questura di Genova, parlando con il capo di gabinetto e segnalando episodi che nella mia città non erano quelli che avvenivano contemporaneamente ai cortei, ma erano quelli più isolati - dell'area bank, di via Rimassa all'altezza del 4910, da parte dei black bloc, dove non c'era corteo di manifestanti -, alle quali non è stata data risposta.
Il giorno della famosa manifestazione pacifica, prefetto De Gennaro, è stato visibile, non solo a chi era lì e sfilava in corteo, ma anche a chi era lì e osservava, che l'attacco, con la presa della testa del corteo, è avvenuto da parte di gruppi (certamente stranieri a giudicare dalla voce tedesca che si ascoltava) che venivano fuori dalla zona di piazzale Kennedy, conquistavano la testa del corteo e iniziavano la sassaiola con la polizia, alla quale la polizia rispondeva con lancio di lacrimogeni. Di fronte a questo episodio, vi sono state immediate segnalazioni di cittadini abitanti in quella zona, in piazza Rossetti e in via Rimassa, alla questura, al 112 e persino ai vigili del fuoco. Ebbene, l'unico corpo che è arrivato immediatamente, perché il danno era grave, con situazioni di incendi e tubature del gas vicino ad alcuni palazzi, è stato quello dei vigili del fuoco.
Domando allora tre cose: coordinamenti in costanza di episodi che dovevano verificare gli stati di emergenza che via via si verificavano; sul luogo, coordinamento di tutti i corpi presenti che, ai cittadini residenti, come me, nella zona gialla, è apparso esiguo: effettivamente, ho difficoltà, abitando proprio in quella zona, a credere che in tutta la zona gialla fossero dislocate 6.800 unità; probabilmente, avrò percorso perimetri in cui ciò non era visibile, ma effettivamente la mia


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sensazione è quella che molti cittadini genovesi hanno avuto, e cioè che non ci sia stata assicurata la necessaria sicurezza in quella zona. E poi che cosa ha determinato, nei momenti dell'emergenza, l'impossibilità di efficaci coordinamenti e, dietro le segnalazioni circostanziate e dirette effettuate, di intervenire - voglio sottolinearlo di nuovo - non rispetto ad episodi che avvenivano nel mezzo dei cortei, ma ad episodi isolati ed individuati, su cui potrei dare anche riferimenti temporali, come per l'episodio dell'area bank? Questo si è verificato alle ore 13,06, mentre la polizia è intervenuta alle 13,46, e faccio notare che la questura è esattamente dietro la zona di via Rimassa. Quindi, vorrei capire - rispetto ad una relazione così circostanziata in termini di azioni efficacemente prese in tempo e messe in campo di supporto alle istituzioni locali e di azioni di prevenzione - cosa sia accaduto per cui questo coordinamento non c'è stato, l'intervento tempestivo non è arrivato, anche dietro sollecitazione. Senza dire, poi, delle domande fatte dai colleghi sulla sera del Blitz alla scuola ex Diaz. Anche in quel caso, prefetto De Gennaro, devo dirle che mi sono rivolta direttamente al prefetto Di Giovine ed al questore Colucci, dietro segnalazioni di deputati parlamentari colti dal panico, perché le forze di polizia non riconoscevano nemmeno un tesserino di parlamentare. Effettivamente le risposte su questo sono state scarse , addirittura nulle e, in certi casi, preoccupanti.
Quindi, da lei mi aspetto una risposta esauriente rispetto a questi quesiti, perché la ferita prodotta in quella città non è solo materiale - l'ha detto il sindaco Pericu ieri -, ma è una ferita profonda, morale: in una città che ha sempre avuto efficaci rapporti con le istituzioni dello Stato preposte alla


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sicurezza, non ci si capacita di cosa sia accaduto che abbia potuto ingenerare nei cittadini la sensazione che, stavolta, l'intervento non sia stato efficace e tempestivo.
ALOIS KOFLER. Sarò brevissimo, presidente. Prefetto, per quanto riguarda i fatti avvenuti nella scuola Pertini, da una rapida lettura della relazione degli ispettori non ho potuto cogliere il numero delle persone, degli agenti impiegati in questa azione.
ANTONIO SODA. Erano 275; c'è scritto.
ALOIS KOFLER. Bene. Seconda domanda: vi era una collaborazione con altri reparti o si trattava soltanto di uomini della polizia? Posta in maniera diversa, la domanda è: lei può escludere che vi siano stati altri reparti che, probabilmente prima, siano stati impiegati per un'azione nella stessa scuola? Chiedo ciò anche alla luce dei fatti che sono stati riportati dagli organi di stampa di ieri e che, addirittura, sarebbero sostenuti dal sottosegretario per l'interno.
Altra domanda, a proposito della quale ho portato una copia della prima pagina di un settimanale tedesco molto diffuso, Die Zeit, del 2 agosto, che poi consegnerò: lei ritiene che questo comportamento dell'agente, ed evidentemente della polizia, sia adeguato o che si sia trattato di un episodio sporadico ed anomalo? E se non lo ritiene adeguato, quali misure intende disporre per evitare il ripetersi di comportamenti del genere che sicuramente provocano un grosso danno all'immagine del paese?
L'ultimo gruppo di domande. Vi sono state proteste o richieste di chiarimenti abbastanza insistenti da parte delle autorità tedesche e austriache: per quel che riguarda la sua competenza, con quale tempistica ed in quale modo lei ha


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potuto rispondere a queste domande di chiarimento? Gradirei anche che il Comitato acquisisse la documentazione relativa a tali risposte.
PRESIDENTE. Vuole consegnare quel documento, senatore Kofler?
ALOIS KOFLER. Sì.
PRESIDENTE. La ringrazio.
FRANCO BASSANINI. Presidente, ho tre sole domande da porre; le altre sono state già rivolte dai colleghi e voglio solo dire al prefetto De Gennaro che seguirò con molto interesse le risposte alle domande fatte dai colleghi, che sono molto importanti ai fini dell'accertamento della verità.
La prima domanda è questa: come il prefetto De Gennaro sa, nella veste di ministro, anni fa, mi è capitato di partecipare a due riunioni di comitati provinciali per la sicurezza in circostanze importanti - ad esempio, in occasione della tradizionale manifestazione del 25 aprile, a Milano -, in momenti difficili; nel primo caso, era esplosa una bomba a palazzo Marino nella notte precedente, mentre, nel secondo, c'era la tensione per il Leoncavallo e per i centri sociali. In tutti questi casi ...
In tutti questi casi le autorità di pubblica sicurezza, nella persona del questore, ci spiegarono, innanzitutto, che cosa le forze dell'ordine avrebbero fatto per isolare coloro che erano identificati come possibili portatori di azioni violente: isolarli e metterli in condizioni di non potersi inserire e mescolare al grosso del corteo. E poi, in effetti, così successe, nel senso che (allora si trattava soprattutto di centri sociali) questi elementi venivano, come dire, costretti a stare in coda al corteo, tanto


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che quando arrivavano in piazza del Duomo la manifestazione era praticamente finita. Avevo capito che questa fosse una regola generale; vorrei capire se lo era anche in tale circostanza e cosa è stato fatto, perché penso che questo sia il punto fondamentale. Dobbiamo chiedere a tutti, ripeto, a tutti (le forze politiche e le organizzazioni del dissenso) di condannare la violenza e di rifiutare ogni rapporto e ogni copertura nei confronti dei violenti, chiunque essi siano; non mi riferisco soltanto alle tute nere, se ve ne sono altri, anche nei confronti di questi altri. Però poi, le forze politiche e le istituzioni devono operare per conto loro essenzialmente tale scopo: isolare la violenza ed evitare, ieri, oggi e in futuro, che i violenti possano trovare terreno di cultura, coperture, eccetera.
La domanda è: cosa si è fatto in questo caso? I molteplici episodi citati sembrano dimostrare che questo tipo di azione, di isolamento, di prevenzione e di repressione dei gruppi violenti, alcuni dei quali erano facilmente identificabili (altri forse no, ma alcuni sicuramente erano facilmente identificabili), non è stato adeguato. Sembra addirittura - questo scrivono i giornali, molti episodi lo hanno fatto sospettare e spero non sia vero - che sia, quasi, stata seguita una linea intesa a non operare con decisione in tale direzione, forse per evitare reazioni. Vorrei capire se, anche in questo caso, c'era tale direttiva tra quelle fondamentali e che cosa si è fatto. Le denunce di autorità istituzionali - ieri abbiamo ascoltato la presidente della provincia di Genova - offrivano buoni motivi per intervenire con decisione al fine di prevenire ed isolare i violenti, posto che, come tutti sappiamo, la grandissima maggioranza delle organizzazioni (penso alle associazioni cattoliche, alla federazione delle chiese evangeliche, ai valdesi,


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eccetera), era composta sicuramente da persone pacifiche che manifestavano le loro idee, rifiutando, assolutamente, la violenza.
La seconda domanda. Oltre alla perquisizione nella scuola Pertini, ex Diaz, si è svolto, contemporaneamente, un intervento nell'edificio di fronte. Tale edificio era assegnato al Genoa social forum per il centro di informazione. Nella relazione che ci è stata consegnata si afferma che l'accesso, in tale occasione, di fronte a mancanza di episodi di violenza e resistenza è stato effettuato senza alcuna conseguenza per le persone presenti e senza danni per le cose - ripeto, senza danni per le cose - confermando quali siano, sulla base delle direttive impartite e dell'addestramento del personale, i canoni comportamentali adottati nel caso in cui si ritenga di dovere effettuare interventi di polizia giudiziaria. Quindi si cita questo caso come prova del fatto che le direttive erano corrette e il personale era addestrato a seguirle correttamente. Ora, invece, abbiamo sentito e visto dei filmati, e leggiamo oggi sui giornali, che in quell'edificio, in via Battisti di fronte la scuola Pertini, ex Diaz, sono state effettuate, da parte delle forze che provvedevano alle perquisizioni, devastazioni; sono stati distrutti computer e sono stati distrutti o prelevati dischetti. Non c'è, pare, rapporto su questa perquisizione. Qui si dice che non è stato arrecato alcun danno alle cose e allora io vorrei capire, dottor De Gennaro, se anche a lei non è risultata evidente questa contraddizione che è talmente palese da generare perplessità sulla correttezza della sua relazione. A meno che non si dica che tutti i filmati trasmessi dalla televisione e ciò che oggi scrive il Corriere della sera e ciò che in quell'edificio sono avvenute delle devastazioni sia tutto falso. Qualcuno insinua anche il sospetto (spero non vero) che si fossero così voluti distruggere filmati significativi contenuti in quei dischetti


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di computer. Mi auguro che questo non sia vero, non voglio crederci, perché sarebbe abbastanza grave, e tuttavia qui c'è scritta una cosa che pare proprio contraria alla verità. Come mai non ha ritenuto di chiedere, immediatamente, all'ispettore la ragione di questa - sembra evidente - reticenza, o meglio sarebbe dire, cosa non vera, contenuta nel rapporto?
Infine un'ultima domanda alla quale non so se lei potrà rispondere ma le chiedo solo una risposta in termini molto generali: le nostre forze di sicurezza avevano provveduto - come si fa, credo, in questi casi - ad infiltrare, nelle organizzazioni dei manifestanti, in particolare in quelle più a rischio, degli informatori? Non so - ripeto - se lei potrà rispondermi, le chiedo solo una risposta di ordine generale, perché credo sia un elemento utile ai nostri accertamenti.
GIAN FRANCO ANEDDA. Chiedo scusa se qualche domanda potrà essere ripetitiva, ma preferisco farla piuttosto che scremare i miei appunti ed inizio senza convenevoli: diamoli per letti.
Vorrei sapere se vi fosse, da chi fosse stata disposta e quale fosse la divisione dei ruoli tra le diverse forze di polizia e all'interno delle stesse forze di polizia; se vi fossero piani operativi di intervento per fronteggiare la guerriglia stradale. Mi riferisco all'affermazione contenuta a pagina 17 laddove trae esperienza dagli episodi verificatisi in occasione di altre manifestazioni internazionali.
Vorrei sapere se a Napoli, per quanto è di sua conoscenza, vi siano stati episodi di violenza da parte di agenti della polizia; quale esito abbiano avuto, anche disciplinare, e quali indagini siano state effettuate all'interno e se, quanto accaduto a Napoli, abbia determinato o meno un aggiornamento dei piani operativi, posto che esistessero.


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Vorrei altresì sapere quale fosse la preparazione degli agenti perché, lei sa, che nei commenti agli episodi si è detto - e la doglianza proviene anche dal sindacato della polizia - che siano stati utilizzati anche agenti poco preparati ai quali era stato consegnato soltanto quel vademecum cui lei ha fatto cenno. Se esistano, girati dalla polizia, dei filmati, se anche dagli elicotteri, e se se ne possa acquisire una copia. Se, anche con riferimento ad attività di prevenzione, ma anche con riguardo a ciò che accadeva in quei giorni, gli organi di polizia abbiano utilizzato il sito Internet, giacché i giornali hanno pubblicato l'indirizzo di almeno cinque siti nei quali, si dice, fossero indicate le direttive anche per le azioni di guerriglia. Se esistano delle registrazioni radio anche tra le forze di polizia in occasione delle operazioni e se sia possibile acquisire tali registrazioni.
Chiedo se lei abbia fatto delle verifiche in relazione alle denunciate omissioni di un rapporto, in particolare, circa il tempo degli interventi delle diverse forze di polizia - o delle diverse specialità delle forze di polizia - nella caserma Pertini. Si afferma, anche nei rapporti, che sarebbero entrati prima gli agenti della mobile, così si dice, e taluno di questi - e non il solo il dirigente - sostiene che, quando entrarono, trovarono all'interno dell'altro personale con il giubbotto con scritto polizia ed esisteva già una situazione di disordine o, se vuole, di violenza.
In merito alla terza relazione, i giornali - non leggo per brevità, ma glielo posso citare - danno questa relazione come già pronta da circa una settimana: le chiedo il motivo del ritardo. È una notizia giornalistica che va assunta con tutte le cautele ed io stesso la cito con la medesima cautela, ma i giornali la danno per certa, tanto che ne riportano dei brani.


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Come mai lei non si è chiesto - o, se lo ha chiesto, qual è stata la risposta - perché le audizioni dei soggetti ascoltati, si legge nei rapporti, non sono state formalizzate?
Per quanto riguarda la scuola Pertini o Diaz - adesso non vorrei creare confusione - vorrei sapere: se lei sia stato, come pare certo, preventivamente avvertito; se abbia indicato le modalità; se abbia approvato le modalità che altri gli hanno indicato; se, durante l'azione, abbia tenuto un costante collegamento radio con chi interveniva; se abbia avuto notizie, durante quei giorni, della volontà e della dichiarata volontà di sfondare la barriera della zona rossa; se abbia dato, in merito, delle indicazioni. Nel rapporto, nelle dichiarazioni di molte persone, si afferma che dai manifestanti era stata dichiarata la volontà di sfondare la zona rossa. Le rivolgo questa domanda perché ciò sarebbe in contrasto con l'affermazione del sindaco, il quale ha parlato soltanto di un assedio, ossia, parrebbe quasi un sit-in alla Gandhi: non è così, parrebbe.
Vorrei altresì sapere se, dopo la presentazione dei rapporti, lei abbia parlato con gli ispettori e abbia acquisito altre notizie. La domanda è riferita anche al fatto che, in uno dei rapporti, facendo riferimento all'atteggiamento e ai visi delle persone fermate, si afferma che non recavano segni di violenza, si definiscono i visi stessi - o l'espressione dei visi - «dispettosi»: vorrei sapere se lei ha chiesto notizie o come lei abbia interpretato l'aggettivo «dispettosi».
Le chiedo se siano state eseguite - lei dice di sì - intercettazioni telefoniche ed ambientali; se siano state autorizzate precedentemente, se possiamo acquisire i tabulati di tali registrazioni e da chi siano state operate; se lei condivida l'affermazione di un pubblico ministero che definisce il «blocco nero» un'associazione a delinquere e se questa sua


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condivisione di oggi fosse un convincimento, anche preventivo, in relazione all'attività di intelligence che lei dice sia stata svolta.
Nella relazione che lei cortesemente ha predisposto - ed è l'ultima domanda - sostiene che vi fu questo tentativo di sfondamento e di violenza da parte del blocco nero e, testuale, da altri spezzoni manifestanti. Desidero sapere chi siano questi spezzoni, quale era la consistenza numerica dei partecipanti o dei componenti di tali spezzoni e come si sia attuata, se vi sia stata, una violenza da parte dei suddetti gruppi.
GIANNICOLA SINISI. Signor presidente, vorrei ringraziare il prefetto De Gennaro per la sua esposizione perché ci ha consentito di inquadrare la complessità dell'attività che è stata svolta in un contesto assolutamente singolare, sebbene questa singolarità - come ha avuto modo di dirci - sia frutto, anche, di un'evoluzione rispetto a vicende di ordine pubblico maturate in altri vertici tenuti in precedenza.
La prima domanda che vorrei porle, signor prefetto, riguarda una questione in particolare. Noi sappiamo che c'è stata un'ordinanza prefettizia del 2 giugno che ha riguardato tutte le disposizioni relativa all'ordine pubblico emanate dal prefetto di Genova. Abbiamo saputo che il 19 giugno c'è stato un incontro del ministro dell'interno con i rappresentanti degli enti locali, dov'è stata rappresentata la volontà del Governo di aprire ad una trattativa sulla modalità di realizzazione delle manifestazioni con gli esponenti del Genoa social forum. Lei ci ha detto che il 24 e il 30 giugno si è incontrato con i rappresentanti del Genoa social forum. La domanda che vorrei rivolgerle è proprio alla luce di quella che lei ha definito - sulla base della legge n. 121 - il ruolo del capo della polizia, che è un ruolo tecnico. Vorrei sapere come mai è stato delegato lei all'incontro e non ha partecipato, invece, come


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poteva fare, a mio avviso, lo stesso ministro, un rappresentante del Governo o il prefetto, che è autorità locale, autorità politica e di coordinamento politico, dell'attività locale. In cosa è consistita la missione che le è stata affidata, posto che ci è sembrato piuttosto singolare che sia stato inviato il capo della polizia a fare tale incontro.
La seconda questione che vorrei porle, signor prefetto, è la seguente: lei ci ha detto che si sono tenuti quattro comitati nazionali per l'ordine e la sicurezza pubblica sul G8 e che l'ultimo si è svolto il 24 maggio. Se mi conferma che non si sono tenuti altri comitati nazionali per l'ordine e la sicurezza pubblica sullo stesso argomento, debbo dedurne che i comitati nazionali si sono tenuti soltanto con il precedente governo; quindi, con questo Governo, comitati nazionali, su tale materia, non ci sono stati. Se è così - abbiamo appreso dell'incontro del ministro dell'interno del 19 giugno con gli enti locali; abbiamo letto i quotidiani dove in un articolo pubblicato sul Secolo XIX dell'11 luglio (con la prudenza, ovviamente, del collega Anedda per quanto riguarda la stampa), viene riportata una lettera del ministro Scajola che descrive il metodo con cui si stavano conducendo le trattative con il GSF; c'è una dichiarazione del ministro Ruggiero di volere incontrare il noto cantante Manu Chao per portare avanti la discussione. Poi, ad un certo punto, c'è un cambiamento, perché qualche giorno dopo, interviene una dichiarazione del ministro Scajola: non si tratta solo di ordine pubblico, se è così, in che cosa si sono, quindi, realizzate le direttive politiche che lei ha ricevuto come autorità nazionale delegata ad eseguirle, posto che i comitati nazionali non si sono tenuti?
Terza questione che vorrei porle: lei ha parlato di una lista di 1.439 nomi di soggetti denunciati per azioni violente. La domanda è la seguente: il sistema informativo Schengen sul


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punto è stato utilizzato e in che misura? Noi abbiamo sempre appreso dalla stampa - con i limiti che ricordava il collega Anedda - che c'era stata una proposta del ministro Schily di redigere una lista di soggetti violenti a livello europeo. Perché quest'iniziativa proposta dal ministro Schily non è stata tempestivamente eseguita - credo che sia apparsa in un articolo del 10, 11 luglio - e in che misura, oggi, il sistema di Schengen può essere utilizzato?
Un'altra questione è stata posta dai colleghi, ma, anche oggi, torna sulla stampa: qual è stato il contributo dei servizi di sicurezza ai fini della prevenzione? Abbiamo letto molte cose sui giornali. In un'intervista, pubblicata il 24 luglio su Il Secolo XIX, il ministro Frattini dichiarava che il contributo dei servizi era stato assolutamente esemplare e formidabile e che anche il lavoro di intelligence, in collaborazione con gli Stati Uniti, non aveva precedenti. Vorremmo sapere - lo chiederemo anche al ministro - se ed in quale misura vi sia stato tale contributo.
Abbiamo letto, sempre sui giornali, che l'Arma dei carabinieri avrebbe utilizzato anche infiltrati o agenti sotto copertura durante queste operazioni. Chiederemo, oggi pomeriggio, al comandante generale dell'Arma dei carabinieri, lo chiediamo adesso anche a lei, se ed in quale misura siano stati utilizzati agenti sotto copertura ed infiltrati e se questa azione abbia avuto successo, alla luce della complessità di ciò che lei ci ha rappresentato.
Signor prefetto, abbiamo sentito parlare di una mancata autorizzazione ad un'iniziativa della formazione Forza nuova, che doveva svolgersi a Genova il 30 giugno: volevamo sapere se le risulta questa richiesta, se le risulta che non sia stata autorizzata o che vi siano state altre iniziative dello stesso tenore, della stessa formazione politica.


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Sulla questione del coordinamento delle forze di polizia sono intervenuti i colleghi, ma mi permetta di farle una domanda più precisa. Dai documenti che abbiamo potuto leggere questa mattina ci è sembrato che nella caserma di Bolzaneto del reparto mobile vi fosse un coordinamento tra tutte le forze di polizia, tranne l'Arma dei carabinieri. Vi era la Guardia di finanza, la Polizia di Stato e la polizia penitenziaria e quanti altri, ma non l'Arma dei carabinieri, che reputo fosse nella caserma di Forte San Giuliano. Le chiedo la conferma che il coordinamento sia avvenuto per separazione di funzioni e di luoghi.
Altri colleghi le hanno chiesto di sapere chi ha deciso la perquisizione alla Pertini (dal documento si capisce che vi è un momento di difficoltà decisionale, avvenuto in loco, a Genova); le chiedo inoltre: chi ha deciso l'impiego del reparto mobile in quell'occasione?
L'ultima questione, signor prefetto (forse non dovrei neanche porle questa domanda) è la seguente: il ministro Martino ha detto che, per quanto riguarda le vicende dell'Arma dei carabinieri, le inchieste amministrative dovrebbero essere svolte dal Viminale (lo abbiamo letto sul Corriere della Sera del 4 agosto). L'Arma dei carabinieri ha partecipato all'intervento alla scuola Pertini e, credo, ha avuto la responsabilità di Forte San Giuliano: vorremmo sapere se è vero che le inchieste amministrative riguardanti tali vicende saranno svolte dal Viminale oppure autonomamente dall'Arma dei carabinieri.
FABRIZIO CICCHITTO. Innanzitutto, signor prefetto, la ringrazio dell'esposizione. A nome del gruppo di Forza Italia vorrei fare alcune osservazioni. La prima è questa: dall'esposizione, ascoltata, ieri, da parte di esponenti degli enti locali, il dottor Pericu e la dottoressa Vincenzi, abbiamo capito che vi è stata una certa stasi nell'attenzione rivolta al G8, nel


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periodo da febbraio sino a giugno. La ripresa di attenzione e di iniziativa da parte del Governo è avvenuta quando hanno avuto luogo la presentazione del programma di Governo al Parlamento da parte dell'onorevole Berlusconi e alcuni interventi dell'onorevole Scajola, tra cui quello del 13 luglio, in cui, parlando con 600 esponenti delle forze dell'ordine, dava direttive molto precise sul comportamento delle stesse nel confronto e nell'impatto con le manifestazioni, sottolineando la necessità di un rapporto assolutamente civile ed aperto.
Stiamo facendo una falsa discussione, che rischia di tradursi non in un'analisi degli aspetti positivi e critici del comportamento della polizia, ma in una contrapposizione radicale e totale alle forze dell'ordine, che ho ascoltato in moltissimi interventi, nel corso di questa discussione, che è un'altra cosa rispetto ad un'analisi critica....
MARCO BOATO. Questo non è vero!
FABRIZIO CICCHITTO. Se l'onorevole Boato non mi interrompesse, potrei continuare a parlare. Parto da un punto di analisi che, per quello che mi riguarda, è opposto a quello fatto dall'onorevole Soda, che ne trae, a sua volta, giuste conseguenze di contrapposizione alle forze dell'ordine.
MARCO BOATO. Questo non è avvenuto!
FABRIZIO CICCHITTO. Non ci troviamo di fronte ad un piccolo gruppo di black bloc e, poi, ad una massa sterminata di manifestanti specifici. Purtroppo, il fenomeno con cui si sono dovute misurare le forze dell'ordine (ed in certi casi è stato fatto bene, in altri bisogna svolgere un'analisi critica) è quello di una realtà molto più complessa, in cui l'area della violenza è molto più estesa. Come è risultato anche dall'esposizione


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della dottoressa Vincenzi, quest'area di violenza aveva elementi di copertura e di omertà anche da parte di settori non violenti, per cui una scuola è stata occupata dai black bloc e non è arrivata alcuna segnalazione da parte dei Cobas, che la tenevano precedentemente. Oggi, sul Corriere della Sera, vi è un'intervista in cui un esponente dei black bloc afferma che il Genoa social forum non ha accettato il gioco della polizia di isolare i black bloc dal resto del movimento. Abbiamo avuto una realtà molto più complessa e molto più difficile, un'area di violenza molto più estesa, incorporata dentro il movimento, che ha creato difficoltà alle forze dell'ordine nel seguire la direttiva di tutelare la libertà del movimento pacifico.
Detto ciò e posta, quindi, la questione in termini totalmente diversi, rispetto all'attacco frontale sviluppato in questa sede, problemi emergono dalla stessa relazione del dottore De Gennaro e, certamente, in modo marcato dalle relazioni dei tre ispettori e su ciò deve essere svolta una riflessione. Bisogna riflettere sull'ammodernamento anche dell'armamento delle forze di polizia: lei non pensa, dottor De Gennaro, che, forse, se le forze dell'ordine fossero state dotate di proiettili di gomma, bombe flash e così via, forse la repressione sarebbe stata più efficace ed i rischi di morte meno rilevanti?
Non pensa che, finora, un problema sia stato rappresentato anche dal fatto che i massimi dirigenti della polizia, persone dotate di grandissima professionalità, abbiano un orientamento univoco, cioè di essere grandi investigatori, ma di non aver avuto esperienze di gestione dell'ordine pubblico? Non pensa che questa contraddizione sia emersa anche a Genova (infatti sia Andreassi, sia La Barbera, sia lo stesso Gratteri, sono investigatori, ma non esperti di gestione dell'ordine pubblico)? Come è stata regolata, di conseguenza, la rete di rapporti gerarchici funzionali tra Ministero dell'interno e


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prefetto, tra prefetto e questore, tra ministero e questore, tra questore e Andreassi, tra questore e responsabili sul campo dell'ordine pubblico? Su ciò, come lei sa bene, a Genova, sono emerse polemiche, che hanno riguardato anche forze dell'ordine pubblico.
Per quanto riguarda la perquisizione svolta alla scuola Pertini, da chi e quando è stata presa la decisione finale? Chi era l'ufficiale di polizia giudiziaria più in alto in grado e chi il responsabile dell'operazione? Le due figure coincidevano? Chi era stato incaricato di coordinare i due gruppi operanti, il contingente inquadrato per l'irruzione ed il personale investigativo per il compimento della perquisizione e, in quell'occasione - lo dico anche perché la magistratura ha liberato quasi tutti gli arrestati -, non è avvenuta, forse, una forzatura (il cosiddetto «fagotto» del dottor Mortola), per cui, invece di una identificazione individualizzata dei reati, è stata fatta un'operazione in cui sono stati messi insieme tutti i corpi di reato, impedendo l'identificazione dei responsabili?
Perché vi era la presenza di funzionari di rango elevato - La Barbera, Gratteri - privi della qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria? Quale era la loro funzione visto che non potevano firmare gli atti relativi alla perquisizione nè potevano disporre dei reparti inquadrati dipendenti da funzionari appartenenti ai reparti stessi? Chi ha autorizzato il dottor Gratteri a lasciare in piena notte la zona rossa la cui sicurezza era a lui affidata per dare un'occhiata, come lui stesso avrebbe affermato in sede di inchiesta amministrativa? Chi ha avvisato all'1,30 la televisione della perquisizione? Risponde al vero la notizia, forse non vera, riportata da alcuni organi di stampa circa una convocazione operata dal dottor Sgalla in quanto il dottor La Barbera aveva problemi di immagine?


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Quindi, secondo me le questioni che riguardano la polizia sono più raccorciate, non globali; devono tener conto del fatto che essa si è dovuta misurare con un problema nuovissimo e di grandissima pericolosità; questa pericolosità ha dimostrato e messo in evidenza dei problemi che noi dobbiamo affrontare e risolvere, senza mettere sotto accusa le forze dell'ordine nel loro complesso.
MARCO BOATO. Signor presidente, se posso, vorrei intervenire soltanto perché sia messo a verbale: che io sappia, qui nessuno ha messo in discussione le forze dell'ordine nel loro complesso; perché ognuno di noi dice quello che pensa, ma non deve attribuire agli altri posizioni che non hanno assunto.
PRESIDENTE. Onorevole Boato, faccia mettere a verbale la frase che vuole, però andiamo avanti.
GIANCLAUDIO BRESSA. Prefetto, lei ha detto nella sua relazione che il 28 giugno il Ministero degli affari esteri, su pressione degli altri governi stranieri partecipanti al vertice G8, aveva formulato l'ipotesi di allargare la fascia gialla che lei aveva definito come una fascia cuscinetto a protezione della fascia rossa e nella quale non dovevano avvenire manifestazioni; successivamente sono state autorizzate manifestazioni nell'area della fascia gialla; chi ha preso la decisione di neutralizzare di fatto la fascia gialla? Da chi lei ha avuto questa direttiva di consentire che anche nella fascia gialla potessero avvenire delle manifestazioni?
ERMINIA MAZZONI. Ringrazio il dottor De Gennaro, e vorrei chiedere una sola precisazione partendo dalla frase conclusiva da lui citata secondo cui tutta questa attività è finalizzata a rinsaldare i rapporti tra i cittadini e le istituzioni


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di polizia. Mi auguro che soprattutto l'attività di questo Comitato sia volta a rinsaldare il rapporto dei cittadini con le istituzioni in genere, oltre che con quelle di polizia, perché mi sembra che in alcuni momenti deviamo da questo obiettivo fondamentale al quale dovremmo ritornare tutti quanti.
Passo alle domande. In particolare, vorrei qualche chiarimento in merito ai rapporti, benché il dottor De Gennaro già abbia fornito un chiarimento con un preciso riferimento normativo, tra l'autorità centrale - il capo della polizia - e le autorità territoriali, le autorità locali, quindi il questore e la prefettura, dal momento che esiste una organizzazione centrale delle attività del vertice, sia preventiva sia in corso di svolgimento delle attività del G8; quindi, vorrei capire se ci siano state delle direttive impartite dal centro; se, quando e quali direttive siano state impartite; se ci sia stata una verifica in corso di svolgimento dei lavori della corretta esecuzione delle direttive impartite alle autorità locali e, nel caso in cui ci sia stata questa verifica, se si sia poi accertato un mancato rispetto di queste direttive impartite dal livello nazionale; se questo accertamento sia avvenuto e se abbia avuto esito positivo, vorrei sapere come sia intervenuto il centro rispetto agli elementi rilevati, ovvero se il centro non è intervenuto, non ha rilevato differenze fra le direttive e l'attività svolta dalle autorità locali, quali sono stati i presupposti e i motivi che hanno portato poi l'autorità centrale ai provvedimenti disciplinari adottati negli ultimi giorni.
In riferimento alle perimetrazioni e al piano di sicurezza (zona gialla e zona rossa) credo che sia opportuna una precisazione, anche perché si continua a ribadire, come lei ha definito «in maniera ingenerosa», il riferimento alla distribuzione numerica delle forze dell'ordine fra le due zone; lei ha detto che ciò è stato fatto in maniera assolutamente


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razionale e logica; quali sono stati i criteri? In che momento si è fatta questa scelta? E quali modalità si sono seguite per arrivare a questa definizione numerica e anche qualitativa (perché si discute anche della qualità del personale di sicurezza collocato nelle due zone)? Ancora, vorrei sapere se a lei risulti che, in corso di sviluppo del vertice G8, ci sia stato un provvedimento che abbia poi ridefinito la perimetrazione delle due zone (zona rossa e zona gialla) e se c'è stato, perché? Da chi è stato adottato? E a che riperimetrazione, a che rielaborazione del piano di sicurezza ha condotto? Ancora, vorrei sapere quali siano stati i criteri - non cito passaggi particolari della relazione degli ispettori del Viminale, anche se esistono dei momenti singolari di questa relazione - per la scelta di questi alti dirigenti del ministero? Sono stati seguiti anche dei criteri di competenza, di esperienza pregressa nel settore di competenza per le indagini che essi sono andati a svolgere? Un'ultima precisazione riguarda il suo grado di conoscenza, preventiva e successiva, degli eventi del 21 luglio presso l'istituto Pertini e se lei abbia avuto notizie, preventive e successive, degli avvenimenti che si sono verificati presso le Se.Di. di Quarto.
ROBERTO MENIA. Prefetto De Gennaro intendo rivolgerle alcune domande che vogliono essere sostanzialmente delle richieste di specificazioni di alcune affermazioni che lei ha fatto, dalle quali mi pare di capire che la ricostruzione soprattutto delle fasi più drammatiche dei giorni di Genova, dimostri che non esiste una grande manifestazione pacifista ed un piccolo gruppo di violenti (identificabile nei black bloc, gran parte dei quali peraltro stranieri). Mi pare di capire che lei ci ha fornito una visione molto differente; lei ci ha spiegato che esistevano sostanzialmente tre anime dei manifestanti: un'anima, che sarà stata pure maggioritaria, pacifista,


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un'anima che lei ha definito estremista ed un'anima che lei ha definito eversiva. Lei ha anche detto chiaramente che gli incidenti non possono essere attribuiti solo ai cosiddetti black bloc, il che vuol dire evidentemente che non si è trattato di una parte largamente minoritaria, ma si è trattato invece di cosa ben diversa.
Io qui le chiedo specificazioni: un certo tipo di cronache ci ha fatto capire che esisteva qualche centinaio, al limite poco più di un migliaio, di personaggi, peraltro in gran parte stranieri, vestiti di nero, che seminavano terrore e distruzione a Genova. Le chiedo, invece, di farci sapere qualche cosa di più, di farci sapere, cioè, qual è quella zona grigia, a metà tra il nero dei black bloc e il bianco dei pacifisti con i rosari, non identificabili perché vestiti di nero, ma riconoscibili da altro tipo di travisamento, in quanto a me pare di aver visto un altro film rispetto a quello che ci è stato raccontato da altro settore di questa aula. Ho visto riprese ed immagini, ho visto gente a torso nudo con kefiah, persone vestite con magliette disparate, gente invece travisata con caschi da motociclista, uomini sotto i passamontagna, persone con bardature di diverso tipo che, evidentemente, avevano indossato perché non avevano intenzione di partecipare pacificamente a quel tipo di manifestazioni.
Le chiedo dunque di farci sapere se, per esempio, in tale fascia (che ha, evidentemente assieme al black bloc, seminato devastazione e distruzione) vi erano personaggi riferibili chiaramente ai cosiddetti centri sociali, alle cosiddette tute bianche (con i quali mi pare che si sia in qualche modo trattato), riferibili a gruppi anarchici o anarcoidi, rivoluzionari o pseudorivoluzionari. Faccio notare, per esempio, che il giovane Giuliani, che muore durante l'assalto ad una camionetta dei carabinieri, non è certo inquadrabile nei black bloc. Mi pare,


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anzi sappiamo che risultava aderire ad un gruppo definito Punkabbestia, che non è chiaramente inquadrabile all'interno dei cosiddetti black bloc. Allora le chiedo di farci conoscere, anche in termini numerici (che voi avrete potuto apprezzare attraverso la vostra attività di indagine) quali e quanti erano quelli immediatamente riferibili ai cosiddetti black bloc, quanti erano stranieri e quanti italiani (ho visto partecipare anche troppi italiani), quanti e chi erano, secondo le vostre indagini, quelli che hanno collaborato alle azioni violente, o che hanno preso parte direttamente alle azioni violente.
Chiedo di sapere se avete notato, da parte del Genoa social forum, non solo un atteggiamento che lei ha definito - se non sbaglio - sfuggente, ma anche un atteggiamento - per così dire - di copertura, di supporto, di fiancheggiamento e - perchè no - di favoreggiamento. Chiedo di sapere quale attività di intelligence avevate predisposto prima, durante e dopo, riferendomi in particolare a tutte le reti di collegamento nazionale e internazionale. Nei mesi precedenti e nei giorni del vertice di Genova, ad ognuno di noi era sufficiente accedere ad Internet per scoprire che venivano forniti da parte, per esempio, delle tute bianche (che sarebbero, nelle ricostruzione di larga parte della stampa e di una parte politica, uomini pacifici) i consigli per l'uso: vi erano istruzioni per la creazione di caschi, di scudi in plexiglas, di paramenti, di bardature, eccetera; vi erano istruzioni per raggiungere Genova dall'estero, si spiegava che occorreva viaggiare in treno e in piccoli gruppi, non utilizzare gli autobus per evitare di essere respinti alla frontiera e inventare storie di copertura (stampa, turismo, eccetera).
Mi risulta che nei giorni del vertice di Genova - lei ne fa anche cenno nella sua relazione - siano state portate a termine operazioni di perquisizione, o altre operazioni di


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indagine nei confronti di un insieme di gruppi riferibili a centri sociali. Per esempio, a me risulta che a Padova, presso il gruppo Gramigna, siano stati trovati 38 manici di piccone, 2 taniche da 25 litri di cherosene, una tanica di 7 litri di benzina, 20 bottiglie di vetro pronte all'uso: dubito che si trattasse di riscaldamento domestico! Le chiedo di farci sapere se per caso i gruppi Gramigna, Ya basta! (che forniva quelle istruzioni), Immensa, Zapata, Terra di nessuno, sono stati ospiti della scuola Diaz: a lei ciò dovrebbe risultare. Le chiedo di farci sapere se la rete di Internet, che forniva tale tipo di istruzioni attraverso gli indirizzi www.netstrike.it, www.tuttinlotta.org, www.ecn.org, www.venetocontrog8.net, www.sherwood.it, costituitesi poi in centrale operativa, avesse tale centrale operativa, anche telematica, all'interno del Genoa social forum.
Le chiedo di farci sapere, inoltre, come tale atteggiamento (che - ripeto - lei ha definito sfuggente e che io invece le chiedo di chiarire se possa, almeno per certi versi, diventare invece un atteggiamento di copertura) possa essere - a proposito di un'altra domanda che le pongo - compatibile con ciò che era accaduto (lo abbiamo appreso dagli atti che abbiamo potuto leggere questa mattina) prima della perquisizione alla scuola Diaz. In tale perquisizione si utilizza l'articolo 41 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, senza la preventiva autorizzazione del magistrato, dell'autorità giudiziaria, per realizzare l'intervento nell'immediatezza, e contemporaneamente, non avendo il tempo per richiedere alla magistratura tale autorizzazione, si ritiene invece - e chiedo di sapere da parte di chi - di contattare telefonicamente un rappresentante di primo piano del Genoa social forum per verificare dallo stesso se la scuola fosse nella disponibilità


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dell'organizzazione, distruggendo con ciò l'effetto sorpresa o creando il presupposto per trovare poi la scuola sbarrata, a luci spente, con gente armata, eccetera.
Le chiedo anche di farci sapere un'ultima cosa: come siano stati rimpiazzati i carabinieri che sono stati esentati dal servizio in piazza e in strada dopo la morte di Giuliani, cioè se si è proceduto ad una sostituzione o semplicemente a togliere i carabinieri dalla strada.
ANTONIO IOVENE. Voglio innanzitutto, prefetto De Gennaro, esprimerle - perché lo ritengo doveroso - la mia solidarietà per le minacce di cui è stato fatto oggetto e porle rapidamente tre domande. La prima è la seguente: il 26 luglio la stampa ha parlato, in diversi ambiti, dell'esistenza di un rapporto riservato della questura, datato dieci giorni prima dei fatti di Genova (si cita un fascicolo di 36 pagine), nel quale sarebbe emerso che i gruppi estremisti della destra extraparlamentare, con particolare riferimento al movimento denominato Forza nuova, avrebbero avuto intenzione di avviare un'azione di rilancio e sensibilizzazione sul tema della globalizzazione, auspicando una mobilitazione per il G8. In un diverso contesto informativo si è appreso che Forza nuova, Fronte nazionale e la Comunità politica di avanguardia (altra sigla neonazista) avrebbero effettuato a Genova una manifestazione antiglobalizzazione. In particolare, è stato segnalato che alcuni membri torinesi di Forza nuova avrebbero costituito un nucleo di 25-30 militanti fidati, da infiltrare tra i gruppi delle cosiddette tute bianche, eccetera. Tale rapporto, per ciò che ne riporta la stampa, fornisce un elenco dettagliato di esponenti di black bloc che sarebbero arrivati a Genova (addirittura dando i numeri: 10 da Aosta, 100 da Torino, 30 da Alessandria, 15 da Asti). Vorrei sapere se questo rapporto esista davvero e in quale misura sia stato utilizzato, se il fatto


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che vi siano addirittura i numeri (in alcuni casi molto limitati: 3 da Vercelli) non avrebbe potuto mettere le forze dell'ordine nelle condizioni di intervenire preventivamente nei confronti di queste persone.
La seconda domanda riguarda la denuncia del 27 luglio fatta dal signor Duve (responsabile per la libertà di stampa dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, OSCE) il quale ha criticato l'atteggiamento della polizia italiana nei confronti dei giornalisti durante il vertice G8, innanzitutto per l'irruzione - di cui si è parlato - nel centro stampa, aperto legalmente e gestito da Indimedia, in cui la polizia avrebbe sequestrato fotografie e riprese video di precedenti azioni e picchiato e fermato alcuni giornalisti, nonché per il tentativo - su questo vorrei avere una conferma o una smentita - denunciato anche dalla Federazione nazionale della stampa italiana, di infiltrazioni di agenti che avrebbero cercato di farsi passare per giornalisti. La terza ed ultima domanda riguarda invece il giorno 21: vorrei sapere se le risulta ed eventualmente qual è la motivazione del lancio di lacrimogeni, effettuato dagli elicotteri nella zona di Punta Vagno, contro il corteo, in quel momento fermo perché attaccato alla sua testa e chiuso da tutti gli altri lati, provocando ovviamente una situazione di panico, non essendoci vie d'uscita che permettessero il defluire della manifestazione.
LUCIANO DUSSIN. Premetto che non credo ai centri sociali che si propongono per manifestazioni di protesta e chiedono di parlare con le istituzioni; quando gli stessi, tra l'altro, sono rifiutati dagli stessi cittadini, che non li vogliono accanto alle loro abitazioni. Sono quindi rappresentanti di centri «asociali» e del loro comportamento abbiamo avuto una riprova a Genova.


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Al G8 vi è stata una ricerca del dialogo, anche se si sapeva quali fossero gli intenti di questi interlocutori, che erano lì per fare politica, evidentemente, contro il nuovo Governo del paese. Viste le premesse, le istituzioni hanno dialogato con interlocutori sordi e in malafede, asociali ed anche coperti politicamente. Non oso pensare che cosa sarebbe successo, politicamente parlando, se in una manifestazione della Lega fosse accaduto l'uno per mille di quello che abbiamo visto in televisione; anche questa è una riflessione da non sottovalutare.
A questo punto, mi auguro francamente che in futuro le istituzioni si rifiutino di dialogare con i rappresentanti dei centri sociali, che sono in prima linea nell'organizzare la violenza premeditata, perché da quello che ho visto e letto non ci sono stati episodi contingenti che hanno provocato lo scoppio di focolai di violenza, ma tutto è stato preordinato, premeditato e coperto da Casarini e relativi compagni. Per fortuna, l'opinione pubblica ha reagito a sostegno delle forze dell'ordine e del Governo, e forse è per questo che si leggono certi imbarazzi nella sinistra, che sono emersi anche oggi in Commissione.
Auspico che in futuro lo Stato non dialoghi più con i Casarini di turno, che tra l'altro ha già preannunciato un autunno violento di manifestazioni. Le chiedo se condivide, dopo le sue ultime esperienze, le mie riflessioni, perché uno Stato democratico non può scendere a patti con chi è sistematicamente rifiutato dalla società. Il giorno in cui i cittadini accetteranno la vicinanza dei centri sociali, allora ne riparleremo.
MASSIMO VILLONE. Desidero avanzare velocemente una richiesta di chiarimento. Dall'insieme degli elementi che stiamo acquisendo, non mi è chiaro un punto che riassumerei


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così: chi sapeva cosa e quando. Ci sono stati fatti comunque gravi, che avrebbero potuto e dovuto essere prevenuti o impediti, ed è un elemento che ha la sua rilevanza. Del resto, è ovvio che in qualunque organizzazione logisticamente complessa la comunicazione è decisiva per chi opera sul campo (sale operative, sedi di comando e responsabili politici).
Chiedo quindi al prefetto se a Genova era definito e chiaro il quadro della comunicazione, chi doveva informare chi e di cosa; se le informazioni erano condivise tra le varie forze dell'ordine oppure ognuna conosceva cose diverse dalle altre; chi concretamente, in particolare per i due episodi della scuola ex Diaz e della caserma di Bolzaneto, era stato informato di cosa; e se lei era a conoscenza - se, come e quando - che qualcosa stava accadendo o non andava; se, come e quando lei aveva informato altri; e se, come e quando lei sapeva che l'informazione era stata acquisita da responsabili politici.
SAURO TURRONI. Desidero fare riferimento al testo della relazione che il prefetto ha appena illustrato. Le parole che ho ascoltato, riportate nelle pagine 8, 14 e 15 della relazione, là dove si esaminano i comportamenti assunti dalle organizzazioni del dissenso, sembrano volere accomunare tutto il movimento, anche la parte più pacifica, in un unico indistinto calderone, dove anche le persone più pacifiche e moderate paiono aver avuto responsabilità oggettive nel compiere, nel sostenere o nel supportare azioni violente, tanto che a pagina 14 il prefetto afferma che sarebbe comparso un nuovo soggetto (dalle parole non si poteva comprendere, ma la parola soggetto nel testo è virgolettata). In proposito vorrei allora capire a quali qualità faceva riferimento: se è un soggetto con caratteristiche politiche come noi le intendiamo, oppure è qualche cosa di diverso. Sembra infatti una entità che possiede una sua propria capacità soggettiva da individuarsi nell'azione, attra


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verso cui si fanno coesistere due anime: una pacifica ed una estremista ed eversiva. Negli anni ottanta si contestava il nucleare nel nostro paese ed erano presenti in campo frange assolutamente pacifiste ed anche altri soggetti: ma nessuna relazione esisteva tra le due diverse anime (anche se credo che tale legame neppure oggi esista).
È necessario un chiarimento, anche perché a pagina 15 è presente un'altra considerazione che mi permetto di contestare, laddove è scritto di organizzatori che sono evidentemente riusciti a tenere sotto controllo i soggetti intenzionati a fare ricorso alla violenza: ritengo che tale compito non spetti agli organizzatori, bensì allo Stato, che attraverso propri organismi deve garantire a tutti i cittadini di esercitare liberamente il proprio pensiero, la propria opinione e anche la possibilità di contestazione contro ciò che eventualmente non si condivide.
Seconda questione: a pagina 17 ho letto una cosa che mi ha sorpreso. Ho ascoltato in altri punti della relazione riferimenti ad azioni di carattere preventivo che sono state compiute, però trovo poi scritto: «il loro contrasto è reso altrettanto difficile dal ricorso ad autentiche tecniche di guerriglia che non possono essere fronteggiate....». Oggi su alcuni giornali leggiamo che nel periodo precedente, diverse settimane prima, i servizi di intelligence avevano individuato con precisione con quali modalità si sarebbero svolte le azioni violente. Ora io non so se questo sia vero - dobbiamo prendere con le molle ciò che la stampa afferma -, però ci si dice oggi che sarebbero state perfettamente conosciute le modalità attraverso le quali queste azioni violente di guerriglia, come lei le ha definite, si sarebbero svolte sul territorio. Come mai i 6 mila membri delle forze di polizia e dei carabinieri non


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sono stati in grado di contrastare queste azioni che hanno - come abbiamo visto - messo a ferro e fuoco alcune zone della città?
A pagina 18, credo in un tentativo, forse generoso, di minimizzare, lei dice «.. hanno, in alcuni casi, determinato un eccesso nell'uso della forza ad opera dei reparti, in altri, episodici ed individuali comportamenti illeciti, che saranno rigorosamente perseguiti». Da quello che abbiamo visto e ascoltato e da quello che abbiamo letto nelle relazioni, che ella ha voluto trasmetterci, non abbiamo capito questo, ma tutt'altro; c'è stata una sorta di «liberi tutti», nel senso che in molti luoghi, in molte piazze, in molte circostanze, abbiamo visto comportamenti, da parte delle varie forze dell'ordine, volti a reprimere - anche con i manganelli - persone assolutamente indifese, con le mano alzate, che non avevano tenuto comportamenti pericolosi. In un caso abbiamo visto anche dare calci in faccia ad un ragazzo di 16 anni, dati non dall'ultimo dei poliziotti, ma da agenti anche di grado elevato.
Quali direttive erano state date dopo le prime azioni violente avvenute nella mattinata del 20 luglio? C'è stato qualche eccesso di carattere episodico ed individuale oppure, come è apparso da ciò che abbiamo visto in TV e letto dai giornali, si è trattato di un comportamento generalizzato?
In una ripresa televisiva - ho qui alcune immagini che consegno alla Commissione - compare un giornalista, o perlomeno supposto tale, con in mano qualcosa che sembra una pistola e con un casco. In questi giorni abbiamo avuto notizie in base alle quali sarebbero stati utilizzati anche tesserini da giornalista falsificati, non concessi dall'ordine dei giornalisti. Si tratta di una questione preoccupante: vorremmo capire di che cosa si tratta, se questo personaggio sia stato identificato e se appartenga alle forze dell'ordine.


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Altre dichiarazioni che abbiamo raccolto in questi giorni tendono a sostenere che, all'interno della scuola nella quale era sistemato il centro stampa del Genoa social forum e di altri organismi, si sarebbero verificati interventi che hanno portato alla manomissione ed alla distruzione di computer e di altre attrezzature in essa presenti, nonché anche alla sottrazione di dischetti e addirittura a percosse di persone presenti all'interno. Naturalmente si tratta di notizie di cui sono giunto a conoscenza, non essendo presente sul posto, tuttavia vorrei sapere che fine abbia fatto quel materiale, comprendente anche le relazioni degli avvocati, che lì svolgevano la loro attività in difesa e protezione dei manifestanti. È stato sottratto? Se sì, per quale motivo? Erano state date disposizioni in tal senso da parte dell'autorità giudiziaria? Il sequestro di quel materiale è previsto dall'articolo del codice che consente la perquisizione e il sequestro così come sono stati condotti nella scuola Pertini? Vorrei sapere se l'uso ambiguo dei nomi Diaz-Pertini sia stato compiuto anche nel momento in cui è stato disposto il Blitz al fine di poter intervenire in entrambi gli istituti.
Vorrei sapere, inoltre, se sia possibile acquisire le registrazioni delle conversazioni via radio dei giorni 20 e 21 luglio, in particolare quelli della notte di quest'ultimo giorno.
PIERLUIGI PETRINI. Signor presidente, eviterò di porre domande già fatte, avendo il senso del limite. Farò riferimento invece alle ispezioni di cui ci sono state consegnate le relazioni. Nella prima si legge che le persone arrestate o fermate, dopo una prima sommaria visita medica, sono state sottoposte ad una successiva ed ulteriore visita - spero non sommaria anche questa - una volta consegnate alla polizia penitenziaria. Successivamente si passa a valutare la situazione di tredici persone che avrebbero denunciato di avere subito violenza. Di


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queste persone si evidenzia come dodici delle stesse non abbiano alcun referto medico che avvalori tesi di violenze subite, mentre la tredicesima avrebbe un referto medico che riporterebbe una prognosi di dieci giorni, stilato però all'ospedale San Martino di Genova alle 3,30 di quella notte stessa, cioè tra il 21 ed il 22 luglio (in sostanza quindi questa persona sarebbe stata trasferita all'ospedale dove avrebbe avuto questa prognosi di dieci giorni). Tutto sembrerebbe in piena regola, c'è però una contraddizione evidente nella seconda ispezione, che ci ricorda che delle novantatré persone rintracciate all'interno della scuola Pertini ed in seguito arrestate, sessantadue sono state refertate con prognosi variabili, che vengono poi elencate. Allora chiedo: chi ha stilato queste prognosi? In particolare il 5 per cento, cioè tre delle sessantadue persone, avrebbe avuto addirittura la prognosi riservata. Allora mi chiedo: chi ha stilato queste prognosi riservate? Alla prognosi ha fatto seguito il trasferimento nella struttura ospedaliera? Qual è la patologia sottesa ad una prognosi così severa? Quale è stato il tempo di trasferimento?
LUCIANO VIOLANTE. Presidente, è evidente che l'attenzione dell'opinione pubblica, nazionale ed internazionale - è uscito oggi un articolo del New York Times molto pesante nei confronti dell'Italia -, è stata attirata dalle denunce di violenza, non sappiamo quanto fondate, alcune sicuramente, per il resto vedremo. A Genova la stragrande maggioranza delle forze di polizia si è comportata correttamente e la chiarezza su quello che è accaduto è necessaria per frenare un processo di criminalizzazione delle forze di polizia che, involontariamente da tutti, è in corso sui mezzi di informazione.
Da questo punto di vista interessa conoscere tre aspetti. In primo luogo, qual è stata, e qual è, la catena di comando. In


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secondo luogo, se Arma dei carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di finanza avevano le stesse frequenze radio o meno; eventualmente, se non le avevano, sapere il perché, chi si era opposto, cosa si oppone e così via. In terzo luogo, sapere quanti feriti ci sono tra le forze di polizia.
C'è inoltre un'altra questione, affrontata prima con grande chiarezza dal collega Soda. Occorre cioè sapere quali saranno nel futuro le tecniche di isolamento dei violenti, posto che, da quello che si è inteso, vi è la possibilità di un inserimento di gruppi violenti all'interno di gruppi pacifici; tenendo conto altresì che non deve esserci alcuna ambiguità, nel senso che, se dico che entrerò un metro oltre la zona rossa, vuol dire che vado allo scontro con le forze di polizia ed ho, pertanto, la responsabilità politica di quello che succede, perché evidentemente se so, come so, che accanto a me ci sono dei violenti e innesco questo meccanismo dicendo che entrerò di un metro nella zona rossa, mi assumo un carico di responsabilità che non sarà penale, nè certamente giuridica, ma politica, inevitabilmente. Su questi aspetti, dunque, la chiarezza è essenziale, altrimenti c'è ambiguità su tutto e non si rende un favore neanche a quelli che sono pacifici, perché praticamente li si confonde in modo sbagliato.
A noi interessa molto conoscere la strategia che il capo della polizia intende perseguire al fine di evitare, domani, che violenti e non violenti vengano unificati in un solo giudizio, fatto che può comportare, per l'altra parte, un non isolamento di chi si è comportato male, violentemente, all'interno delle forze di polizia.
Pertanto, ci troviamo di fronte alla seguente questione: non dividersi, colleghi, tra chi sta con la polizia e chi sta con il movimento, bensì dividersi - speriamo di no - tra chi condanna la violenza, ingiusta da chiunque commessa, e chi


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non la condanna. Credo che questa sia la questione di fondo, perché, se la vediamo in forma diversa, credo che non rendiamo un servizio a chi vogliamo difendere, né forse osteggiamo nella giusta misura chi vogliamo attaccare.
PRESIDENTE. Sono così terminati gli interventi da parte dei colleghi.
Propongo di riprendere i lavori fra mezz'ora circa, dopo una breve pausa, anche per consentire al prefetto De Gennaro di prepararsi per consentire la replica. Informerò pertanto il generale Zignani e il generale Siracusa di un'ora circa dell'inizio delle loro audizioni.
LUCIANO VIOLANTE. Quindi, riprendiamo i lavori alle 14,45?
PRESIDENTE. Sì, alle 14,45 circa. La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 14,15, è ripresa alle 15,10.
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Prefetto De Gennaro, spero che lei abbia potuto - in questo breve lasso di tempo - mettere in ordine le domande. Le do ora la parola per la replica agli interventi svolti dai colleghi.
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Ho annotato tutte le domande e, nel metterle in ordine, ho tentato di raggruppare le risposte; in ogni caso, nel tentativo di non essere assolutamente omissivo, sfoglierò nuovamente i miei appunti e sottolineerò qualche punto in particolare. Mi permetto, con la vostra benevolenza, di iniziare con una piccola premessa.
Dall'insieme di tutte le domande emerge un quadro un po' confuso, dove alcuni definiti e specifici episodi diventano poi


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quasi l'emblema e il punto di riferimento unico di tutto un sistema di sicurezza, che questa mattina ho tentato di illustrare - forse in modo maldestro, ma anche sufficientemente sintetico - nella sua complessità non solo organizzativa ma anche per quanto attiene allo sviluppo di un impegno di ordine ed anche di sicurezza che - come ho sottolineato - è durato diversi giorni e che ha avuto una preparazione non di pochi giorni ma di lungo periodo.
Potrebbe essere utile eliminare un equivoco di partenza, cioè che determinati episodi possano poi diventare l'unico riferimento di tutta l'attività svolta dalle forze dell'ordine in numero veramente rilevante (ricordo soltanto che tutti i rinforzi inviati consistevano in oltre 11 mila unità, escluse le forze armate e le risorse territoriali).
Siccome alcune domande sono coincidenti vorrei rispondere su alcuni singoli episodi.
Inizio dall'episodio di Quarto. Naturalmente, rispondo per quelle che sono le conoscenze del capo della polizia e per quello che ad esso è stato riferito; insisterò poi sul punto che le autorità di pubblica sicurezza hanno una loro assoluta autonomia e responsabilità specifica.
Siccome la lettera del presidente della provincia, oltre che al prefetto ed al questore di Genova (i naturali destinatari ed interlocutori) era stata inviata al ministro dell'interno e al capo della polizia, il mio ufficio ha rivolto una specifica richiesta al questore di Genova il 27 di luglio, pregandolo di comunicare con la massima urgenza l'esito degli accertamenti svolti. È quindi arrivata la risposta del questore di Genova.
Signor presidente, essendovi una richiesta del Comitato indirizzata al mio ufficio di fornire la documentazione, e dato che questa è tantissima, se interpreto bene, invierò tutta quella che è di supporto alle domande che mi sono state rivolte. Così,


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se per caso, nelle mie risposte, non ci fosse un riscontro puntuale alle domande, sicuramente tutta la documentazione sopperirà a tale mancanza.
La risposta del questore che perviene al dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno è però un po' diversa da quella che è stata la rappresentazione fatta nella sua lettera; evidentemente perché quelle erano le informazioni di cui il presidente Vincenzi disponeva. Sono indicati gli interventi, sono specificati quelli compiuti a seconda proprio degli orari, con l'indicazione delle persone intervenute, degli interlocutori che hanno incontrato sul posto e della situazione che vi è stata riscontrata. Da questo non si evince né una omissione né assolutamente una non risposta, bensì una risposta compatibile con le possibilità di intervento e le circostanze nelle quali si sono trovati gli equipaggi poi intervenuti, sia della polizia di Stato sia dell'Arma dei carabinieri. Credo che così si possano sciogliere - in parte - alcuni dubbi relativamente alla capacità e alla volontà di intervento da parte delle forze di polizia.
Quello che scrive il questore per me è ovviamente una risposta valutata dalle sue conoscenze dirette sul posto.
MARCO BOATO. Può dire al Comitato qual è stata questa risposta.
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. La posso leggere. In essa vi è scritto che, con riferimento alla segnalazione inviata in data 21 luglio dal presidente della provincia di Genova, circa i danneggiamenti compiuti all'interno dell'asilo nido sito in via Maggio, si forniscono le informazioni richieste.
"Con verbale datato 18 luglio ultimo scorso, la provincia di Genova, per ospitarvi una tendopoli, ha concesso


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al Genoa social forum le palestre dell'area esterna al complesso dei Se.Di.. Alle ore 22 circa del 19 luglio il portiere dello stabile, il signor Lullari, udito suonare l'allarme e d'accordo con la custode, la signora Canale, ha contattato il 112; sul posto sono intervenute tre gazzelle dei carabinieri, il cui equipaggio, accompagnato all'ingresso dal signor Lullari, ha constatato che, pur non presentando segni di effrazione, il portone dell'asilo era aperto e che all'interno erano presenti circa 20 persone. Gli operatori hanno invitato gli astanti ad abbandonare l'asilo e subito dopo il Lullari a contattare i responsabili amministrativi della struttura. Nel frattempo sono giunti sul posto due equipaggi della polizia di Stato ed un'altra gazzella dei carabinieri; alle ore 22,50 è arrivato il signor Iossa, responsabile dell'asilo che, unitamente al Lullari, si è portato all'interno dello stabile. Lullari nell'occasione non ha notato danni alle strutture; lo stesso poi è tornato nella portineria da dove ha notato l'arrivo dell'ingegnere Cogorno alle ore 23 circa, dell'architetto Razzini e della moglie alle ore 24 circa e dell'assessore provinciale Massollo alle ore 00,15 circa. Il personale operante ha lasciato la struttura alle ore 23 circa, non è allora esatto dichiarare che lo stesso ha deciso di non intervenire per evitare di fomentare gli animi. Al momento del sopralluogo, infatti, la struttura, come confermato dal signor Lullari, non presentava alcun danno e ciò è tanto più vero ove si consideri che, anche a causa del nubifragio che si era abbattuto sulla città, i dirigenti della provincia giunti sul posto si sono attivati per reperire nuovi spazi ai contestatori, chiedendo a tal fine al portiere le chiavi della palestra piccola del teatro. Alle ore 1,47 del 20 luglio poi, una donna con accento straniero, qualificatasi quale interprete della provincia, ha chiamato il 113 dichiarando di avere avuto notizia, da due accompagnatori della delegazione russa giunti a Genova il


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giorno prima ed alloggiati al terzo piano dell'edificio di via Maggio, numero 3, della presenza di estranei all'interno di quella struttura. La donna, poi identificata - per privacy non leggo il nome -, assunta a sommarie informazioni testimoniali, e quindi con un atto ufficiale, ha confermato di essere stata contattata telefonicamente da due connazionali. Sul posto sono state inviate due volanti e una gazzella dei carabinieri che, notato un gruppo di persone all'entrata del piazzale, che alla loro vista mostra evidenti segni di nervosismo e chiudeva i cancelli di ingresso, preferiva spostarsi di qualche metro per richiedere l'intervento di personale della DIGOS; quest'ultimo, dopo opportuni accertamenti, comunicava al centro operativo che nessuna delegazione russa era presente all'interno dello stabile. La centrale, temendo che la chiamata potesse rivelarsi una provocazione, ordinava agli equipaggi di lasciare l'obiettivo. Nella mattinata dello stesso giorno il signor Lullari, per «pura curiosità» è tornato in via Maggio ed ha rilevato la presenza, all'interno dell'asilo, di circa 50 persone intente a distruggere suppellettili al fine di procurarsi armi improprie e protezioni; lo stesso non ha notiziato gli organi competenti di quanto constatato, poiché era libero da impegni di servizio e stante la presenza sul posto dei responsabili amministrativi dell'area Se.Di e del portiere di turno. Nessuna informazione, come risulta dalla denuncia del presidente della provincia di Genova, è quindi pervenuta a questo ufficio. Nella nota infatti si riferisce che, nella notte tra il 20 ed il 21 luglio, i responsabili della provincia verificavano alle ore 20,30 una situazione sotto controllo; dalle ore 23,30 sono invece cominciati gli allarmi ed a tale ora la custode, che aveva rilevato luci accese all'interno della zona uffici dell'edificio, ha chiamato il 112, la sala situazioni della prefettura, ottenendo la seguente risposta: «Siamo impegnati non possiamo intervenire».


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Infine, alle ore 9,40 del 21 luglio l'assessore provinciale Massolo ha chiamato la prefettura per segnalare che alcuni manifestanti stavano distruggendo la struttura della scuola e stavano rifornendosi di armi improprie. La prefettura ha trasmesso la nota all'ufficio di gabinetto della questura che ha immediatamente disposto un intervento inviando in via Maggio un contingente di circa centocinquanta unità guidato da tre funzionari. Sul posto, raggiunto con grosse difficoltà per l'angustia delle strade già occupate dai manifestanti, gli operatori hanno, però, trovato una gran massa di persone composta da diverse migliaia di contestatori appartenenti al network dei diritti globali che, al momento dell'arrivo, li ha resi oggetto di un fitto lancio di corpi contundenti e li ha costretti a lasciare la zona, non essendoci sufficienti condizioni di sicurezza per un'efficace manovra del contingente, anche a causa del tentativo di accerchiamento da parte della folla tumultuosa. In merito a tali fatti si è riferito il 30 luglio all'autorità giudiziaria".
PRESIDENTE. Le suggerirei, prefetto De Gennaro, di non procedere leggendo ogni documento, che, se ritiene opportuno, può consegnare alla presidenza.
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Signor presidente, qualcosa vorrei leggerla, perché altrimenti...
PRESIDENTE. Laddove lei lo ritenga opportuno, ma eviterei di farlo.
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Signor presidente, credo che dovrò leggere molte cose.


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È stato richiamato - mi sembra da parte dell'onorevole Mascia, se non ricordo male - un secondo episodio relativo a segnalazioni effettuate da rappresentanti del Genoa social forum e concernenti la presenza di pullman di Forza nuova. La questura di Genova riferisce, sempre al Ministero dell'interno, dipartimento della pubblica sicurezza, che con riferimento alla nota inviatagli (evidentemente abbiamo chiesto notizie anche su ciò) relativa alla segnalazione di 2 pullman si forniscono le seguenti notizie. Effettivamente tra le ore 22 e le 23 del 18 luglio è pervenuta in questura una segnalazione del portavoce del Genoa social forum, Vittorio Agnoletto, circa la presenza nella zona dell'impianto Sciorba o comunque dello stadio di Marassi di 2 pullman di Forza nuova i cui occupanti si sarebbero accampati in dette aree. I controlli e gli accertamenti tempestivamente disposti a mezzo di pattuglie automontate, coordinate da qualificato personale della Digos di Genova, hanno dato esito negativo. In particolare, sono stati accuratamente ispezionati i siti vicini al campo dello Sciorba a Molassana, dove erano alloggiati gli esponenti di Attack aderenti al Genoa social forum, tutte le zone boschive e collinari di Molassana, tutte le aree idonee al parcheggio di camper e roulotte site vicino allo stadio di Marassi e al cimitero di Staglieno, nonché l'area prospiciente il centro sociale anarchico Pinelli, sito anch'esso in via Adamoli a Molassana. L'esito negativo dei controlli è stato comunicato a Vittorio Agnoletto.
Per quanto riguarda lo stadio Carlini, è stata effettuata una perquisizione, ma, come spiegherò anche quando parlerò della scuola Diaz o Pertini (in merito alla denominazione sono un po' confuso), non ne ero certamente a conoscenza. Sono in possesso di una segnalazione effettuata dalla questura: come posso documentare, vi è una continua e costante informazione


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su tutto. È ovviamente una documentazione tra uffici e non gerarchica, una documentazione funzionale volta a conoscere l'andamento della situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica in Italia che compete al dipartimento della pubblica sicurezza. Tale documentazione non proviene solo dalla questura, bensì anche dalle altre forze di polizia: in essa viene dettagliatamente spiegato che la perquisizione è stata effettuata e che, giunti al Carlini, ove vi erano alcuni operatori televisivi e gli avvocati, sono stati compiuti accurati sopralluoghi ed ispezioni alla presenza del noto Luca Casarini accompagnato dai suoi legali di fiducia e dagli organi di stampa, nel frattempo intervenuti sul posto a richiesta degli interessati. Nel corso del sopralluogo è stata constatata la presenza di circa 500 persone appartenenti al movimento tute bianche e non sono state riscontrate anomalie a strutture, arredi ed infissi interni, risultati regolarmente montati, come confermato dalle medesime tute bianche. Signor presidente, si tratta di documenti che poi metterò a vostra disposizione.
Mi è stato anche chiesto - mi sembra da parte dell'onorevole Anedda e da altri - di fornire le registrazioni di tali eventi: mi risulta che esse siano già state chieste dall'autorità giudiziaria e quindi sono a disposizione della stessa. Mi risulta ciò perché ho avuto una segnalazione - che proviene anch'essa dalla questura di Genova - in ordine ad una notizia di stampa concernente comunicazioni radio di violenza o preannunciata violenza in cui si legge: «In merito, si precisa che l'ascolto delle comunicazioni radio e la lettura del relativo brogliaccio, che si allega, consentono di escludere nel modo più assoluto che siano pervenute alla centrale operativa richieste del personale operante su strada relative all'invio di contingenti


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per compiere spedizioni punitive nei confronti degli occupanti della scuola». Sono atti a disposizione dell'autorità giudiziaria che poi eventualmente li valuterà.
Nella relazione non mi sono soffermato sulla perquisizione avvenuta nella scuola, anche perché l'ufficio aveva già messo a disposizione di questo onorevole Comitato le risultanze dell'informazione.
Tuttavia, ad una prima lettura - sicuramente in merito a ciò vi sarà il vaglio dell'autorità giudiziaria che in questo momento mi sembra molto approfondito - ritengo di cogliere una sostanziale coincidenza di informazioni. Peraltro le informazioni che ho fornito nell'immediatezza al ministro dell'interno per rispondere in Parlamento e che sono state in parte riportate nella sua relazione erano frutto della prima segnalazione pervenutami dalla questura di Genova. Ho riscontrato, in linea di massima, la stessa coincidenza sulle dinamiche (e non - come ho già detto - sulle responsabilità di comportamenti illeciti), sulle modalità e sul contesto in cui tale operazione di polizia è maturata sostanzialmente anche nella prima relazione degli ispettori (o dell'ispettore).
Ho notato che all'inizio della relazione su Bolzaneto si fa riferimento all'urgenza e al tempo abbastanza ristretto; chiaramente gli ispettori hanno raccolto una serie di informazioni e ricostruito i fatti; tuttavia, almeno con riferimento a quei tre momenti, vi è una relazione inviatami dal prefetto La Barbera in cui si riscontra una sostanziale coincidenza su modalità, tempi, circostanze, cause ed effetti che purtroppo - come abbiamo visto - sono stati di un certo tipo e sui quali l'autorità giudiziaria compierà accertamenti.
Anche in merito alle scelte degli ufficiali di polizia giudiziaria - probabilmente sbagliate in ordine alla valutazione se contestare o meno una sorta di associazione a delinquere, che


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poi non è stata riconosciuta legittima dall'autorità giudiziaria come capo di imputazione o idonea a rispondere ai fatti o concordante con le circostanze - credo, per quanto riguarda la parte di mia diretta conoscenza, di poter affermare, in una sede istituzionale come questa - dove dico tutta la verità e ritengo che la mia verità sia sicuramente più responsabile di quella dei giornali - di aver avuto solo in tale circostanza notizia della perquisizione e voglio anche spiegarne la ragione. Nessuno informa il capo della polizia di una perquisizione, infatti, nessuno mi ha informato delle altre perquisizioni come quella realizzata poco prima, nel pomeriggio, nella scuola di via Maggio, dove sono state sequestrate armi improprie (75 mazze ferrate) - ho poi visto la relativa segnalazione - ed arrestate un certo numero di persone (credo venti o ventitré). Quella sera mi ha chiamato il questore non per informarmi della perquisizione, ma per un'autorizzazione che competeva, invece, alla mia responsabilità. Ciò necessita di un passo indietro di 24 ore che mi aiuta anche a rispondere ad una delle domande che mi sono state rivolte.
Il venerdì sera, dopo i gravi incidenti di via Tolemaide che hanno portato alla drammatica morte di un giovane manifestante, su sollecitazione del prefetto - che tra l'altro mi ha chiesto di inviare nuove forze di polizia e costretto a rastrellare gli ultimi trecento uomini presenti a Milano -, nella normale, naturale, fisiologica alternanza di forze di polizia e dopo essermi consultato, verso le 23-23 e mezza di venerdì, con il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, abbiamo di comune accordo sollecitato le autorità locali - questa è l'indicazione strategica che viene dal vertice e che può essere anche disattesa perché l'ordinanza è un atto che compete al questore - ad invertire i servizi, spostando la polizia e la Guardia di finanza verso i luoghi delle manifestazioni, ed i


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contingenti dei carabinieri a protezione della zona rossa che, verosimilmente, il 21 luglio sarebbe o avrebbe dovuto essere interessata da episodi di aggressione.
Sulla base di questa premessa - che, credo, abbia sciolto qualche dubbio sull'avvenuto coordinamento, tra l'altro richiesto anche dal prefetto - il questore mi ha chiamato sabato sera - sarà lui a confermarlo quando verrà ascoltato - per chiedermi se potevano essere utilizzati contingenti dei carabinieri per una perquisizione. Ho risposto al questore in senso affermativo. Ecco il motivo per il quale sono stato informato della perquisizione. Della perquisizione al GSF non ero a conoscenza, ho appreso la notizia successivamente.
Per quanto riguarda l'attività ispettiva, essa sarà oggetto di un approfondimento sotto il profilo amministrativo e comportamentale. Si scoprirà se c'è stato un principale responsabile; mi pare che l'ispettore indichi disfunzioni e non ordini di procedere in un certo modo. Egli afferma che sono stati fatti inviti alla cautela - promossi anche dal sottoscritto - che rientrano in quella che è una doverosa attenzione alla prudenza ed alla tutela dell'incolumità degli uomini che devono...
MARCO BOATO. Immagini, se non fossero arrivati questi inviti, che cosa sarebbe successo!
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. ...io credo che dovremmo lasciare il definitivo accertamento dei fatti all'autorità giudiziaria.
Ho letto in una relazione che, dal secondo piano della scuola, è piovuta giù una mazzetta spaccapietre che ha sfiorato un agente; non so se ciò corrisponde al vero, ma, se così fosse, sarebbe stato un atto che poteva procurare dei danni. Su


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questo fatto è in corso un'indagine approfondita; per quanto mi riguarda, ho dato direttive per supportare e sostenere il più possibile l'azione dei magistrati.
Per quanto concerne Bolzaneto, in previsione di incidenti preannunciati, che avrebbero portato all'arresto di manifestanti, in una delle riunioni tenute dal comitato nazionale per l'ordine pubblico - in questo modo rispondo indirettamente anche alla domanda dell'onorevole Sinisi - l'amministrazione penitenziaria aveva predisposto un piano che intendeva evitare complicazioni a quella che era la normale attività svolta dalla casa circondariale di Genova.
Questo piano potrà essere illustrato nei dettagli dal direttore dell'amministrazione penitenziaria. Tra l'altro, il carcere di Marassi era uno degli obiettivi a rischio ed una consistente attività di traduzione di arrestati poteva anche creare pericoli per l'ordine pubblico.
A questo proposito voglio leggervi alcuni passi della relazione del commissario della questura di Verona dottor Salvo, in servizio a Genova che descrive il momento dell'assalto al carcere di Marassi; quindi, come avrete potuto desumere, quelle preoccupazioni organizzative non erano del tutto prive di fondamento.
La relazione così recita: "Intorno alle ore 14 e 30, senza che fosse stato comunicato preventivamente, il sottoscritto notava provenire da dietro l'istituto scolastico Edoardo Firpo una grossa massa di manifestanti che indossavano abiti di colore nero tutti travisati e con caschi e foulard sul volto, armati di spranghe... eccetera". Lo scrivente ha immediatamente intuito che si trattasse dei black bloc. Prosegue poi la relazione: "Dal suddetto gruppo, ormai costituito da un migliaio di manifestanti che avevano iniziato a salire la lunga scalinata, si notava staccarsi un centinaio di essi. Una volta contata l'esigua forza posta


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a presidiare l'ingresso del carcere, eccetera...". Circa quaranta uomini, dunque, presidiavano l'ingresso nel carcere...« (Commenti del deputato Mascia). In quel momento c'erano quaranta uomini. Ovviamente gli altri contingenti erano dislocati nei dintorni.
GRAZIELLA MASCIA. L'ha detto lei che Marassi era uno degli obiettivi!
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Infatti il carcere era presidiato da un funzionario e da quaranta uomini, non da una pattuglia di due uomini. La relazione così prosegue: "A questo punto il sottoscritto e la forza a disposizione venivano fatti oggetto di una fitta sassaiola e dal lancio di bottiglie di vetro che lo scrivente cercava di interrompere facendo lanciare una serie di lacrimogeni in direzione dei manifestanti. Purtroppo l'effetto ottenuto non era quello sperato. In continuazione veniva fatto oggetto come bersaglio di numerose pietre, bottiglie e bulloni. I manifestanti, ormai giunti quasi a ridosso degli operanti, ci facevano oggetto anche di bottiglie molotov che, a malapena, si riusciva a schivare".
In questo contesto è nata l'organizzazione predisposta dall'amministrazione penitenziaria, prevedendo la trattazione, diciamo burocratica, e quindi l'assunzione in carico degli arrestati direttamente presso le strutture di polizia.
Dalla relazione, che anch'io ho letto, come voi avete visto, si nota un disordine, però anche una descrizione di luoghi tali che vedono una presenza di più forze di polizia, di sanitari, del medico della polizia penitenziaria; non sono due medici - ho letto la relazione - è lo stesso medico che prima visita i fermati e gli arrestati quando arrivano all'ingresso e poi li rivisita dopo. Credo che anche lì dovremo aspettare l'esito


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delle denunce, degli accertamenti sviluppati dall'attività giudiziaria, il che non significa che come capo della polizia sto escludendo che ci siano stati comportamenti illeciti, ma mi devo attenere necessariamente a quelle che sono le risultanze di chi ha sviluppato questi accertamenti.
Mi pare che un'altra parte delle domande riguardasse il coordinamento. Qui mi sembra importante segnalare quella che l'onorevole Violante ha chiamato la catena del comando e che in altre circostanze è stata indicata come mancanza di direzione unitaria o, forse, mancanza di coordinamento. Nel settore dell'ordine pubblico l'unico coordinamento spetta alle autorità provinciali di pubblica sicurezza: in sede tecnica al questore, in sede di valutazione - diciamo - politica al prefetto.
LUCIANO VIOLANTE. Non c'è gerarchia nei confronti del capo della polizia?
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. No, non c'è nessuna gerarchia. È proprio per questo che l'organizzazione dell'amministrazione della pubblica sicurezza...
FILIPPO ASCIERTO. Andreassi, perché stava...?
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Onorevole, credo di averlo spiegato oggi.
Circa la complessità e l'importanza e la molteplicità delle iniziative e delle attività che erano in corso e che avevano bisogno di un'interfaccia unica per tanti problemi, mi piacerebbe soltanto fornire un dato: in tutto questo, il 20 pomeriggio è arrivato il Capo dello Stato. Già quando il Capo dello


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Stato si sposta, è tutta una questura che si mobilita. Quando io ho parlato della complessità dei servizi di sicurezza, ho parlato di una molteplicità di cose con interlocutori anche diversi, con l'ispettorato del Quirinale, con quant'altro serva ad alleviare, a sostenere ed a sorreggere l'azione del questore. Infatti, l'ordinanza del questore è l'ordinanza che indica esattamente quali sono i compiti, le competenze attribuite ai singoli reparti e quali sono le iniziative che devono essere sviluppate durante l'azione dell'ordine pubblico.
Voglio dire anche una cosa che mi sembra innovativa e importante e che, forse, è importante che formi oggetto dell'attenzione di questa Commissione. Abbiamo preso molte iniziative di coordinamento operativo fra i reparti della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri; abbiamo sviluppato, d'intesa con il comando generale, iniziative proprio in previsione di un impegno così significativo come quello di Genova, abbiamo organizzato una serie di seminari ed incontri. Il 24 aprile, per esempio, tutti i responsabili dei reparti mobili della Polizia di Stato, dei battaglioni mobili dell'Arma dei carabinieri ed i funzionari e gli ufficiali della Guardia di finanza hanno partecipato ad un seminario che aveva come scopo proprio quello di propiziare, con l'ausilio anche di supporti audiovisivi, uno scambio di esperienza nel settore dei servizi di ordine pubblico, di individuare strategie e tattiche utilizzate anche in altre manifestazioni dal movimento antiglobalizzazione, di confrontare le tecniche impiegate. Il 7 giugno comandanti dei battaglioni mobili dei carabinieri, ufficiali del comando generale dell'Arma, anche dirigenti e funzionari della Polizia di Stato hanno assistito ad alcune esercitazioni pratiche per verificare se l'addestramento dei reparti fosse adeguato. Il 18 ed il 19 giugno presso la scuola superiore dell'amministrazione dell'interno c'è stato un altro seminario. Sono andato


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personalmente con il comandante generale ad avviarne i lavori, cui hanno partecipato tutti i responsabili dei battaglioni mobili dell'Arma dei carabinieri, ufficiali - ricordo perfettamente, c'era anche un giovane tenente -, funzionari di polizia, tutti i funzionari che partecipavano poi ai servizi di ordine pubblico. Cito questi fatti perché anche il 29 giugno presso la scuola allievi marescialli dei carabinieri è stata tenuta un'analoga iniziativa, così come poi a Genova nell'imminenza del vertice. Ho voluto citare e riferire questi fatti per indicare, in termini di strategia e, quindi, di attenzione agli impegni gravosi da tenersi in occasione del vertice di Genova, gli input che sono partiti a livello centrale.
Credo di dover dare adesso alcune indicazioni, perché mi sono state richieste, sulle manifestazioni che si sono svolte. Poi passerò ad esaminare le singole domande. Ho detto stamattina, nella mia relazione, della manifestazione del 19, una manifestazione che si è svolta in modo assolutamente tranquillo e che è partita quasi dalla zona rossa, non dico dalla zona gialla, ma quasi dalla zona rossa, una manifestazione molto consistente sviluppatasi lungo un percorso che era all'interno di una zona ritenuta più sensibile. Ma, evidentemente, il giorno 19 c'erano tutte le condizioni. Il questore (dico il questore, in quanto punto di riferimento, perché si assume la responsabilità; ma, ovviamente, d'intesa con le altre forze di polizia sul posto, d'intesa con altri funzionari) ha valutato che non ci fossero condizioni di rischio e di pericolo per limitare il diritto di manifestazione che era stato richiesto in quel senso. Non c'è stato alcun incidente, naturalmente, ma perché nessun tipo di aggressione o di atto illegittimo è stato posto in essere durante quella manifestazione.
Il 20 la giornata era molto più complessa, almeno per quelle che sono le mie conoscenze; poi lo dimostrerò dando


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lettura di alcuni passi delle relazioni dei funzionari. La giornata era molto più complessa perché c'erano richieste avanzate dagli organizzatori del Genoa social forum di poter disporre di alcune piazze per una sorta di sit-in che doveva essere pacifico o di manifestazione del dissenso; è stata accordata l'autorizzazione per quelle piazze che si riteneva non costituissero o non predeterminassero una situazione di pericolo, anche perché - da come mi è stato detto - c'era una medesima richiesta da parte delle varie componenti dei manifestanti che volevano diversificare il loro collocamento nella zona. E sono state seguite le richieste. Adesso a memoria non lo ricordo, ma credo di averlo annotato: la rete Lilliput aveva chiesto una piazza, un'altra parte del movimento aveva chiesto piazza Dante; in tutto questo, però, le richieste avanzate, che sono agli atti della questura - ed il questore lo potrà dire -, erano per manifestazioni statiche da parte di tutte queste componenti; è stato vietato il corteo organizzato dalle tute bianche che volevano ed avevano preannunciato un corteo - dico tute bianche, ma è una parte del movimento - dal Carlini sino ad una piazza, credo che fosse il luogo di destinazione. Questo corteo non era autorizzato, questo corteo è stato fermato, per decisione naturalmente dei funzionari e delle autorità, a via Tolemaide, credo, dove ci sono stati poi gli scontri più drammatici che hanno portato anche ad un ulteriore dramma, quello della morte di un manifestante.
Vorrei chiarire questo concetto di assedio alla zona rossa, anche perché mi è stato chiesto; adesso vado un po' a memoria, ma fornirò - ripeto - tutti i documenti. Vorrei chiarire, attraverso le relazioni di servizio dei funzionari, se questo fosse un attacco meramente virtuale.
Il primo dirigente della Polizia di Stato, dottor Montagnese, nella sua relazione riferisce che era di servizio in piazza


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Dante, una delle piazze destinate ai sit-in. Ad un certo momento, dice: «la pressione dei manifestanti era tale che, dopo circa un'ora, riuscivano a svellere la parte esterna della doppia porta di uscita della zona rossa, rendendo necessario il puntellamento della parte interna con un veicolo corazzato della polizia; contestualmente gli esagitati effettuavano un nutrito lancio di oggetti contundenti (bottiglie, bulloni tolti dalla rete di protezione) contro le forze dell'ordine. A questo punto, avendo a disposizione tre idranti» - si tratta della relazione indirizzata al questore, naturalmente - «del Corpo forestale dello Stato, disponevo che gli stessi indirizzassero numerosi getti d'acqua contro le persone il cui assedio diventava sempre più preoccupante, in quanto alcune di loro avevano iniziato a tagliare la rete provocando in essa dei fori. L'uso degli idranti fino alle ore 17, avvenne per altre quattro volte, allorché la folla si faceva più minacciosa. Verso le 17,30, visto che la folla aumentava, venivano recisi consistenti parti di rete metallica e quindi la minaccia di uno sfondamento all'interno della zona rossa appariva probabile. Disponevo il lancio degli artifici lacrimogeni. A seguito di ciò i manifestanti abbandonavano precipitosamente piazza Dante dirigendosi, attraverso Via Fieschi, verso Piazza Carignano. Nell'occorso, venivano esplosi 21 lacrimogeni e dieci granate a mano. Avuta la piazza libera, provvedevo ad avvertire il dirigente del gabinetto della polizia scientifica affinché facesse effettuare eventuali rilievi fotografici sulla piazza e sulle strutture danneggiate. Disponevo altresì un'accurata bonifica degli spazi prima occupati dai manifestanti ed acquisivo alcuni pezzi di grata precedentemente tagliati dai facinorosi, alcuni bulloni e alcune assi metalliche. Infine, avevo modo di constatare che la


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ditta appaltatrice di manufatti di difesa passiva, opportunamente, velocemente avvertita, provvedeva a ripristinare gli stessi».
Che il tentativo di aggressione alla zona rossa non fosse meramente virtuale, ce lo dice anche un'altra relazione in cui si dice...
LUCIANO VIOLANTE. Sempre il 20?
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Sì, sempre il 20.
Leggo: «Piazza Corvetto. Circa 5 mila manifestanti intendevano invadere la piazza Corvetto, situata sul retro della prefettura, abbattendo le reti. A tale scopo, posizionavano cassetti dell'immondizia per poter superare, arrampicandosi, la citata rete, e alcuni moschettoni con i quali intendevano, tramite catene, spostare la lamiera. Per garantirsi detta attività iniziavano un lancio nutrito di bottiglie e oggetti pesanti nei confronti delle forze dell'ordine ivi schierate dallo scrivente. Riuscendo i manifestanti a rimuovere la barriera, ero costretto a utilizzare l'idrante che avevo precedentemente preparato all'uopo, e in questo modo coloro che avevano cominciato a scalare la barriera erano costretti ad abbandonare la loro attività. L'intervento è durato circa 20-30 minuti ed è stato supportato dal lancio a scopo intimidatorio di due candelotti lacrimogeni che dissuadevano definitivamente gli attaccanti».
Ce ne sono anche altre, ma credo che queste diano una risposta sulla possibilità che venisse violata la resistenza della difesa passiva della zona protetta, con tutte le conseguenze, quindi, dal momento che il giorno 20, a quell'ora, era in pieno svolgimento il vertice (c'erano i Capi di Stato e i Capi di Governo riuniti, oltre a tutte le delegazioni). Mentre, contemporaneamente, nel primo pomeriggio, si è svolto, senza incidenti,


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il corteo della CUB, controllato dalle forze dell'ordine, ma non si sono verificate circostanze che potessero creare condizioni o necessità di intervento o - come ho detto - dell'uso della forza, non certamente dell'uso della violenza. Credo però che queste relazioni che ho letto, e che poi potranno essere tutte acquisite (ovviamente ci saranno casi e casi), diano una indicazione in questo senso.
Vorrei anche un po' indirettamente, rispondere alla distinzione tra i violenti e i non violenti su un'aggressione ai pacifisti, sempre durante il giorno 20. Avevo prima visto una relazione in cui un vicequestore di Torino - dal momento che abbiamo mandato circa 300 funzionari di rinforzo da tutta l'Italia - scrive: «ritornato all'originario posto di servizio, verso le ore 11,40, notavo un centinaio di autonomi raggrupparsi sulla cima di via Caffaro» - dice autonomi - «e, proteggendosi con alcuni cassonetti, scendere lentamente verso la piazza del Portello con fini chiaramente aggressivi. Lo scrivente faceva schierare il personale in divisa. I facinorosi si fermavano a metà salita bersagliando gli agenti con bottiglie e lanciando lungo la ripida strada alcuni cassonetti incendiati.
A tal punto, lo scrivente, vista la disparità numerica ed al fine di evitare che gli aggressori potessero giungere sulla piazzetta e coinvolgere negli scontri i pacifisti presenti, visibilmente spaventati, faceva esplodere alcuni lacrimogeni contro il gruppo, che si fermava e iniziava lentamente a retrocedere sempre investendo il personale con lancio di oggetti«.
Mi sono permesso di ricordare anche questo passo perché cerco - come ho detto prima - di distinguere i singoli episodi dalla complessità di due giornate particolarmente intense, durante le quali - come emerge pian piano e via via emergerà sia dalle inchieste giudiziarie sia dalla raccolta di queste che sono le relazioni che hanno compilato i funzionari preposti ai


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servizi - si sono avuti diversi momenti e diverse situazioni, sicuramente complesse e complicate, che hanno reso molto difficile il lavoro delle forze di polizia impegnate a Genova.
Non vorrei, presidente, continuare a leggere perché è molto lungo, ma anche riguardo al 21, durante la formazione del corteo del 21, dalla lettura di alcune relazioni, emergono sicuramente delle anomalie sul concetto di pacifica manifestazione. È chiaro che, quando ho parlato di numeri consistenti o di elevato numero, per me elevato numero sono 5, 6, 7 mila manifestanti determinati a scontrarsi con le forze dell'ordine, non certamente 100 o 150 mila o qual era il numero del corteo. Devo dire che, secondo quella che è stata una prima ricostruzione, fatti salvi poi approfondimenti ulteriori, il corteo del giorno 21 - rispondo così forse a qualche domanda - si era sviluppato, fino ad un certo punto, in un modo ordinato. Adesso, non so quanta forza pubblica fosse stata messa alla testa del corteo, però ho visto alcune relazioni di funzionari che erano alla testa del corteo. Mi pare di cogliere adesso un po' da quello che mi è stato riferito che il problema si è verificato ad un certo punto, quando il corteo è arrivato in fondo a corso Italia; non conosco Genova, mi pare in fondo a corso Italia (al punto dove poi c'è la fiera del mare). A quel punto, più della metà del corteo ha proseguito normalmente secondo l'itinerario prestabilito, ma a metà del corteo, circa 500 facinorosi, che si trovavano in quel punto, invece di girare per proseguire secondo lo stesso itinerario, hanno aggredito frontalmente lo schieramento della polizia, che lì c'era, per impedire che il corteo invece di fare il suo percorso andasse verso la zona protetta.
Ecco, lì si sono realizzati i primi incidenti: questa è una ricostruzione, ovviamente, fatto salvo qualsiasi errore, ma secondo questa ricostruzione è lì che è sorto il problema,


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essendosi poi trovati alla testa del corteo manifestanti più violenti, così come - se non ricordo male - mi è stato segnalato che anche alla coda del corteo c'era un gruppo molto consistente che aveva praticamente chiuso il corteo. Ecco, lì si sono verificati sicuramente dei problemi. So che i problemi c'erano, che erano consistenti, che era una situazione molto complessa e complicata da gestire, perché continuava sicuramente la violenza di questo gruppo, che si era posizionato alla testa del corteo e che aveva fatto addirittura indietreggiare i manifestanti pacifici, ma che era lì e non faceva avanzare il corteo, tanto che leggo da una relazione che parte del corteo ha cercato di deviare da un'altra strada.
Ho ricevuto anche qualche telefonata da parte di qualche parlamentare; mi sono preoccupato di una situazione che, sicuramente, andava a creare problemi per decine di migliaia di persone, o non so quante, sicuramente migliaia; ho chiamato il questore e l'ho mandato direttamente sul posto. Ecco, quello è stato l'intervento del capo della polizia. Ho avuto la segnalazione di un parlamentare, una segnalazione quindi autorevole, preoccupata; mi sono reso conto che un intervento doveva essere, forse, più approfondito ed ho mandato il questore sul posto; mi sono preoccupato, poi, di attivare tutti gli altri funzionari perché si riorganizzasse anche il momento del deflusso, in quanto questa parte del corteo invece di riuscire ad arrivare fino alla zona definitiva del deflusso, a Marassi, era defluita indietro verso Quarto (Commenti del deputato Mascia). Non credo che sia successo per colpa della polizia, onorevole Mascia, non credo che sia successo per colpa della polizia! Era defluito all'indietro, sbandato, dunque ci siamo attivati; so che c'è stato subito un contatto con le Ferrovie affinché si individuassero i treni che da Brignole andassero fino a Quarto. Quindi, non mi pare che tutto questo


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comportamento denoti un atteggiamento aggressivo, o meramente aggressivo, da parte delle forze dell'ordine, ma probabilmente una situazione complessa che ha creato delle difficoltà.
Io non voglio assolutamente lasciare l'impressione che, da parte del direttore generale della pubblica sicurezza, non ci sia una preoccupazione anche - e raccolgo, con grande attenzione, l'invito che alcuni parlamentari mi hanno fatto - a riflettere, a studiare, perché in circostanze ulteriori vi sia il massimo della capacità per tentare di dividere i gruppi violenti o per cercare di controllare al meglio e tutelare al massimo la libertà di manifestazione, che non mi pare sia stata assolutamente limitata.
Occorre fare qualche riflessione anche sulla guerriglia - come mi è stato chiesto - o sulle modalità di intervento. Io ho detto forse in modo troppo sfumato, ma parlandone più diffusamente forse è più semplice spiegarlo...
MARCO BOATO. Scusi, prefetto, queste cose che lei ci ha detto probabilmente sono tutte vere. È in grado di valutare qual è stato il tipo di risposta che poi le varie forze di polizia hanno dato sul corteo? Perché ci sono centinaia di foto, di immagini televisive, eccetera, che rappresentano poliziotti, carabinieri e finanzieri che pestano sistematicamente partecipanti al corteo. Lei queste cose le sa (Interruzione del deputato Ascierto - Commenti).
GIAN FRANCO ANEDDA. Ma dai!
PRESIDENTE. Il prefetto sta dicendo...
MARCO BOATO. Non c'è dubbio che tutte queste cose siano vere, ma c'è qualcosa in più.


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PRESIDENTE. Ci mancherebbe. D'altra parte, il parere di veridicità non lo dà l'onorevole Boato. Il prefetto sta rispondendo sulla base delle domande che gli sono state rivolte.
MARCO BOATO. Siccome la prima domanda che io ho fatto riguarda questa questione, vorrei, se possibile, ricevere una risposta su questo punto, in quanto su tutto il resto nessuno mette in dubbio ciò che si sta dicendo.
PRESIDENTE. Onorevole Boato, le rivolgo due inviti: primo, a non interrompere il prefetto che sta relazionando e, secondo, a non interrompere il presidente quando sta parlando con lei. Le sto dicendo che le persone cui fa riferimento il prefetto saranno sicuramente oggetto di audizione, dunque si segni pure le circostanze. Le domande le abbiamo già rivolte e non si può fare una seconda tornata, il prefetto sta rispondendo, poi lei alla fine dirà se si ritiene soddisfatto o meno.
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. La situazione è molto complessa, l'ho detto già nella mia relazione di questa mattina e lo confermo ancora adesso. Abbiamo assistito ad episodi che sicuramente - così come il senatore Kofler, giustamente, ci ha fatto vedere anche con immagini - a nessun cittadino fa piacere vedere e tanto meno al capo della polizia. Questi comportamenti - l'ho già detto oggi - saranno individuati e saranno perseguiti sotto il profilo disciplinare. Se, in questa sede di accertamento, si dovessero individuare anche responsabilità penali, riferiremo all'autorità giudiziaria, ma si tratta di singoli. Vorrei, alla fine, vedere tutte queste immagini e contarli; infatti, molte volte ho visto sempre la stessa immagine, per cui vorrei contarli. Ho escluso, naturalmente, l'episodio


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della perquisizione, in quanto credo di averlo già definito prima. Io vorrei contarli. Quell'immagine, che ho visto poco fa, di un agente con la pistola in mano, è uno degli episodi che è oggetto di indagine e, verosimilmente, se è già arrivata - perché non c'è l'ho da una settimana - la relazione, sarà sicuramente individuato anche quello. Così come, se non sbaglio - da una prima richiesta che ho fatto almeno per curiosità - dovrebbe essere uno degli agenti della polizia scientifica, che era fuori a documentare con immagini ciò che accadeva, quello che è stato aggredito. Ma verifichiamo, vediamo se era legittimato ad avere la pistola in mano. Di tutto questo io voglio dare, signor presidente, piena assicurazione, per quella che è la mia responsabilità, che non sarà lasciato nulla di intentato per singoli comportamenti.
Stavo, invece, cercando di illustrare un po' le dinamiche di una giornata complessa, proprio per quella che mi sembra sia stata la domanda più importante che mi è stata rivolta: qual è la valutazione che devo fare, quali devono essere le strategie successive per assicurare un clima naturalmente di fiducia che, anche attraverso queste iniziative, cercheremo di ripristinare nei tempi più rapidi, ma facendo giustizia. Infatti, alcune volte le immagini fanno vedere la parte dopo e non la parte prima. Credo si debba avere un quadro completo, perché la prima immagine che abbiamo visto, quando c'è stato il disgraziato incidente che ha portato alla morte del giovane Giuliani, era un'immagine sicuramente di condanna, mentre le immagini successive, quanto meno, possono lasciarci il dubbio e l'autorità giudiziaria compirà accertamenti in merito.
Per quanto riguarda la comunicazione, io ho visto alcune comunicazioni e ho detto che l'autorità giudiziaria ha acquisito le comunicazioni radio della notte del 21, sulla base di una comunicazione giornalistica o di una affermazione giornalistica.


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Giusto, ben venga la denuncia; nella mia relazione ho ringraziato i giornalisti per la loro attività che è molto utile per tutti, tuttavia, prima di dire che è vero, aspettiamo il riscontro. Su questo, però, io vorrei confermare - non so come dirlo - con assoluta determinazione, la precisa volontà di proseguire in un'opera di addestramento, di correzione. Metterò a disposizione, come è stato chiesto, la circolare che ho emanato fin dal febbraio di quest'anno.
In quella circolare - ne ho qui alcuni stralci - raccomandavo la massima prudenza e attenzione nell'impiego dello sfollagente, da impugnarsi e usarsi correttamente, e dei lacrimogeni, che «devono essere considerati rimedio estremo per fronteggiare situazioni di particolare gravità non altrimenti gestibili anche in considerazione del forte impatto che provocano sulla folla». Abbiamo sentito, dalle relazioni che ho citato, che i funzionari dicono: «Poi ho fatto anche ricorso ai lacrimogeni».
Ritengo che, in linea di massima, questi siano spunti di riflessione - anche della mia riflessione - per migliorare, per correggere se necessario. Credo tuttavia di poter riferire di avere affermato, in una logica di assoluto rispetto della libertà di manifestare e del cittadino, ma anche di assoluta determinazione - l'ho già detto nelle occasioni in cui mi e stato chiesto, in tutti gli incontri, in tutte le circostanze e l'ho ripetuto anche in qualche punto della mia relazione -, che non sarebbero state tollerate illegalità, tanto meno ove queste fossero scadute nell'illecito penale. Credo, tuttavia, che una forza di polizia democratica, un sistema di sicurezza democratico, debba fare ricorso all'uso della forza per vincere una resistenza o per impedire atti illegittimi, ma debba rifuggire - e questo lo assicuro - da qualsiasi utilizzo della violenza, che è cosa diversa.


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Vorrei chiarire il concetto della zona gialla, di cui mi è stato chiesto più volte. L'ordinanza del prefetto, che individuava questa zona di ulteriore rispetto e di salvaguardia, non era indirizzata soltanto all'aspetto della manifestazione o dell'ordine pubblico, ma anche ad alcuni aspetti di sicurezza; essa potrà sicuramente essere acquisita dal Comitato, ma ricordo, per esempio, che limitava la possibilità di parcheggio in quell'area, proprio per evitare che ci potessero essere insidie nascoste nelle autovetture e prevedeva altri accorgimenti. Non c'è stata una modifica del piano di sicurezza generale, che era stato fissato anche in sede di comitato nazionale e che era stato condiviso da tutti i vertici delle forze di polizia, sotto la presidenza del ministro dell'interno. C'è stata una valutazione - insisto su questo punto -, fatta dalle autorità di pubblica sicurezza, di condizioni tali da consentire manifestazioni in quell'area, senza abolirle; e, in effetti, qualche manifestazione in quella zona c'è stata: ho parlato della manifestazione del 19 che è partita da piazza Sarzana, ho parlato di modifiche, ho detto che queste si decidono anche via via (l'ordine pubblico si decide anche all'ultimo momento: può deciderlo anche il funzionario nel momento in cui si trova nelle condizioni di assumere una decisione perché cambiano le situazioni sul posto), ho detto anche di una decisione modificata: quella di consentire il corteo a ponente. Perché l'esclusione di ponente? Non si trattava di una esclusione tout court, perché nella zona di potente insiste l'aeroporto e nel pomeriggio del giorno 20 sarebbero arrivate tutte del delegazioni, compreso il Capo dello Stato, quindi ci si sarebbe potuti trovare all'improvviso nella condizione difficile di un blocco di una strada che non avrebbe permesso il passaggio del corteo con il Capo dello Stato o con un Capo di Governo: c'era una logica, così come una logica c'è stata nella decisione di chiudere le stazioni, cui ho accennato


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stamattina. Si pensi a cosa sarebbe potuto accadere se, mentre in via Tolemaide, il giorno 20 alle ore 17, si verificavano gli scontri, fosse stata aperta la stazione di Brignole, che dista 200 metri da quel luogo - l'onorevole Labate, che è di Genova, conosce meglio di me le distanze -, con i cittadini che uscivano dalla stazione, magari ignari di quello che stava succedendo intorno, costituendo così un pericolo aggiuntivo. Ho letto una relazione di servizio, tra l'altro, sulla quale non mi dilungo perché la rimetterò agli atti del Comitato, che proprio dalla parte di quel corteo che veniva dal Carlini, alcuni dei manifestanti - un numero consistente - sono saliti sul terrapieno e, dall'alto, hanno cominciato a lanciare i sampietrini raccolti sulla massicciata delle ferrovie alle forze dell'ordine che si trovavano sotto. In tale circostanza è intervenuto quel funzionario - ricordo che ne parla la relazione - con 7 agenti della Polfer: si immagini se ci fossero stati anche i treni manovra in quel punto.
Sono state garantite, però, le libertà di accesso a Genova: i treni sono arrivati tutti, più di 20 treni straordinari. Non ho mai detto che Genova sarebbe stata aperta né l'hanno detto le autorità di pubblica sicurezza. Il portavoce del Genoa social forum ha detto pubblicamente che il capo della polizia è un bugiardo, perché prima aveva affermato che avrebbe lasciato aperta Brignole e poi, invece, l'ha chiusa. Io non avevo mai detto questo né la cosa rientrava nella mia potestà decisionale; tutt'al più, il mio poteva essere un supporto alla decisione del prefetto, perché c'è bisogno di un'ordinanza prefettizia. Credo che tutto questo possa essere letto, in un quadro complessivo, come un'azione sicuramente attenta e come la valutazione di tutte le circostanze. Signor presidente, non so se, a questo punto, io debba esaminare una per una tutte le domande, però c'erano ancora dei punti specifici...


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PRESIDENTE. Ho visto che ha preso appunti, prefetto...
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento per la pubblica sicurezza. No, ho preso nota di tutte le domande, però non so se debba esaminarle una per una o se mi possa riservare di trasmettere un documento o un appunto ad esse relativo.
PRESIDENTE. Potremmo anche scegliere questa strada. Giacché lei ha dato puntualmente la sua disponibilità, potremmo anche fare un'altra cosa, se lo ritiene preferibile, a meno che non voglia lavorare oggi pomeriggio o questa notte: domani le forniremo il resoconto integrale dell'audizione, in modo che abbia a disposizione le domande esattamente formulate da parte dei componenti il Comitato ed anche le risposte già fornite. Farà menzione degli argomenti cui ritiene non sia stato possibile dare risposta in questa sede nell'ulteriore risposta scritta che si riserva di produrci, se possibile, nella prima giornata che ritiene utile, tenendo conto che noi, poi, dovremo studiare queste carte, unitamente - le rivolgo questa preghiera e glielo ricordo - alla terza relazione dell'ispettore, che tuttora non è pervenuta. Per le prime due, c'era il problema degli allegati; non so se tale problema riguardi anche la terza relazione, ma a me sembra importante che il Comitato acquisisca anche questa documentazione, che lei in parte ci ha letto e in parte ci ha mostrato, sostanzialmente, però, senza consegnarcela. Le saremmo grati se potesse farci avere tutta questa documentazione, insieme ad ogni altra che lei dovesse ritenere importante ai fini dell'indagine conoscitiva. Ripeto che non è lavoro di oggi - e questo sta a lei deciderlo - perché domani le forniremo il resoconto, che potrà


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utilizzare come una sorta di vademecum; però, le chiediamo di farci avere il materiale che le abbiamo chiesto in brevissimo tempo.
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento per la pubblica sicurezza. Sì, signor Presidente, sicuramente sì.
PRESIDENTE. Quindi, se siamo tutti d'accordo, e mi pare che, in linea di massima, ci sia consenso da parte di tutti, a meno che qualcuno non intenda dissentire da questa posizione - anche perché è già arrivato il generale Zignani che è arrivato puntualmente alle ore 16 e mi sembra opportuno procedere alla sua audizione -, possiamo ringraziarla, prefetto, per l'attenzione e per le modalità con cui ha coadiuvato i nostri lavori e ci auguriamo che il suo apporto ci consenta di poter meglio comprendere quanto accaduto.
GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento per la pubblica sicurezza. La ringrazio anch'io, signor presidente.