COMMISSIONE D'INDAGINE

Seduta 04 - 28 Agosto 2001

Audizione del Pprefetto Arnaldo La Barbera.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del prefetto Arnaldo la Barbera.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non requisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete, previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte dei componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Comunico altresì che il prefetto Arnaldo La Barbera ha chiesto di essere accompagnato dal dottor Valerio Blengini, vicequestore aggiunto della Polizia di Stato, in servizio presso la direzione centrale della polizia di prevenzione. Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Ringrazio il prefetto Arnaldo La Barbera anche per il lavoro che ha svolto per questo Comitato poiché ha già


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fotocopiato 40 documenti, sia la relazione sia la documentazione richiamata nella relazione stessa in distribuzione, e la prego di riferire sui fatti per i quali è stato invitato in questa sede.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Desidero innanzitutto ringraziare questo onorevole Comitato per l'opportunità che mi offre di illustrare il lavoro svolto dalla direzione centrale della polizia di prevenzione in occasione del G8. Il mio intento, nel redigere la presente relazione, è stato quello di far comprendere fino in fondo la complessa attività di preparazione, per quanto attiene alla sfera di competenza dell'ufficio da me all'epoca diretto, che ha contraddistinto il vertice di Genova. In tale quadro, ho evidenziato difficoltà e risultati, nella serena consapevolezza che, per la circostanza, l'impegno di tutto il personale, sia a livello centrale che periferico, è stato massimo e che quanto fatto costituirà un'utile base di riflessione per impegni futuri a livello internazionale. Per altro verso, i numerosi dati acquisiti costituiscono la struttura informativa portante per articolare una attività investigativa in grado di individuare buona parte dei responsabili dei gravi reati commessi nel capoluogo ligure.
Tengo ancora a sottolineare come sia necessario distinguere tra l'attività della direzione centrale della polizia di prevenzione e gestione dell'ordine pubblico: la prima, infatti, si pone in funzione strumentale rispetto alla seconda, costituendone il presupposto fondamentale in tema di analisi preventiva; la seconda, invece, di stretta pertinenza dell'autorità provinciale di pubblica sicurezza, sulla scorta di presupposti organizzativi autonomi e di una serie di valutazioni contingenti, modula l'impiego della forza pubblica, seguendo la concreta evoluzione dei fatti.


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In linea di premessa, al solo fine di illustrare in modo chiaro la ripartizione dei campi di azione dei vari uffici, occorre infatti puntualizzare che la struttura che ho diretto assolve a compiti precisi che investono specifiche competenze. In estrema sintesi ed in riferimento alle grandi manifestazioni di ordine pubblico, la direzione centrale della polizia di prevenzione, suddivisa in due servizi, investigazioni generali ed antiterrorismo, avvalendosi delle articolazioni periferiche denominate DIGOS, cura tutti gli aspetti di carattere informativo che possano comunque interagire con l'evento, sviluppa le attività investigative sugli aspetti di anche solo eventuale natura eversiva e riscontra le notizie fornite dai servizi di sicurezza, giungendo, in questo caso, da collettore informativo.
Alla direzione, quindi, non compete in alcun modo la gestione dell'ordine pubblico, la distribuzione dei reparti, le modalità di utilizzo degli stessi: sono questi ultimi compiti che la legge attribuisce espressamente all'autorità provinciale di pubblica sicurezza.
Il punto di contatto tra prevenzione ed ordine pubblico è, quindi, costituito dal dato informativo, essendo ovvio che quest'ultimo, per consentire una adeguata predisposizione dei servizi di piazza, deve essere, ovviamente nei limiti del possibile, completo, esauriente ed esatto.
Ben altro aspetto è la concreta attuazione dei servizi stessi, rispetto alla quale la polizia di prevenzione non ha titolo.
Queste mie precisazioni non devono affatto essere intese quale presa di distanza dagli eventi di Genova, bensì, come già detto, quale necessario ed indispensabile chiarimento al fine di consentire a questo Comitato di comprendere appieno la reale dinamica dei fatti ed i ruoli rivestiti dai vari uffici interessati.
Al fine di assicurare la corretta gestione del vertice dei G8 di Genova, la direzione ha sviluppato una articolata attività di


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carattere preventivo, informativo ed investigativo. Si è provveduto quindi ad acquisire, analizzare e veicolare tutte le informazioni possibili in ordine alle partecipazioni alle manifestazioni collaterali al vertice; ad individuare le frange violente e sensibilizzare le articolazioni periferiche e la questura di Genova in ordine alle loro modalità comportamentali, alla loro composizione ed al loro numero; a curare tutti i rapporti con le polizie straniere al fine di assicurare contatti tempestivi e funzionali anche durante lo svolgimento del summit.
L'attività della direzione si è, quindi, sviluppata sia sul piano interno che sul piano internazionale, in particolare, attraverso: la costituzione di una struttura operativa internazionale per ogni possibile contributo informativo, estesa anche alla fase operativa, mediante la partecipazione di rappresentanti delle varie polizie estere, in stretta collaborazione con i servizi di prevenzione predisposti per il vertice (la cosiddetta sala internazionale della polizia).
L'invio in missione, in occasione di recenti summit (Nizza, Göteborg), di funzionari della direzione centrale di polizia di prevenzione, in qualità di osservatori, al fine di acquisire la percezione diretta dell'intensità degli scontri e delle modalità di «attacco» utilizzate dai dimostranti. Gli esiti di dette attività di osservazione e di analisi sono poi stati divulgati, attraverso una serie di apposite riunioni tematiche, ai funzionari e agli ufficiali responsabili dei vari contingenti di forza pubblica presenti nel capoluogo ligure per l'occasione. In tali circostanze, sono state confrontate le varie strategie e calibrate le diverse tipologie di intervento, applicabili ai vari contesti di ordine pubblico che si sarebbero potuti presentare a Genova. Sono stati inoltre fatti visionare dei filmati provenienti da


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Quebec City, Praga e Davos che hanno consentito di percepire l'intensità e l'ampiezza degli scontri verificatisi in quelle città, in occasione dei precedenti consessi internazionali.
L'attività della direzione si è sviluppata attraverso la sensibilizzazione, sin dall'agosto 2000, di tutte le questure della Repubblica sulla necessità di implementare l'attività informativa, specificamente orientata al vertice di Genova; lo specifico orientamento dell'attività info-investigativa di tutte le DIGOS sull'evento. In particolare, sono state tenute dalla direzione centrale di polizia di prevenzione ben venti riunioni con oggetto il vertice di Genova.
Analizziamo poi gli esiti dell'attività preventiva: si è proceduto all'analisi delle varie componenti della protesta utilizzando i criteri distintivi in «blocchi» indicati dal colore, che le numerose compagini dell'estrema sinistra e dell'antagonismo avevano utilizzato nel corso di precedenti summit internazionali; rispetto al blocco «rosa» (da sempre esprime l'intento di manifestare pacificamente, ricercando però la visibilità delle azioni perseguendo lo scopo di «impedire, boicottare, ritardare» i lavori del vertice), «giallo» (pronti alla disobbedienza civile e alle azioni dirette, non escludendo il ricorso alla violenza. Ne sono espressione maggiori i centri sociali storici autogestiti e le «tute bianche», «blu» (votate ad azioni dirette e violente contro la polizia, anche con il carattere della provocazione. Si affianca al blocco giallo con una propensione allo scontro con le forze dell'ordine). Si è quindi individuato nel «blocco nero» l'elemento di maggiore rischio per l'ordine pubblico.
Nel documento sul vertice, predisposto dalla direzione centrale di polizia di prevenzione ed esposto il 16 maggio del 2001 dal capo della Polizia nel corso del comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza, trattando del blocco nero, viene


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detto: «Si tratta dei gruppi anarchici, di appartenenti all'area marxista-leninista che hanno manifestato l'intenzione di attuare iniziative antiglobalizzazione, diverse da quelle dei circuiti principali del »controvertice« e più incisive di esse».
È nelle loro intenzioni l'attuazione di iniziative clamorose, diverse da quelle programmate sia dal blocco giallo, sia dal blocco blu, rivolte contro i simboli della globalizzazione.
Da fonti di settore si è appreso che nell'ambito del blocco nero si starebbe realizzando una frattura tra gli anarchici vicini alla federazione anarchica italiana e quelli legati alle posizioni insurrezioniste, che avrebbero optato per una strategia di assalto indistinto, con azioni violente contro vari obiettivi, confondendosi tra la folla di manifestanti. A questo proposito occorre evidenziare come, nei fatti, la tecnica poi utilizzata a Genova dai black blockers sia stata proprio quella di confondersi inizialmente tra i gruppi di manifestanti come gli appartenenti al Genoa social forum (tute bianche comprese ), salvo poi, una volta travisati, assumere una connotazione propria e dare luogo alle devastazioni che tutti abbiamo potuto vedere.
In una circostanza, il 20 luglio, in piazza Paolo Da Novi, i militanti del blocco nero sono addirittura arrivati ad appropriarsi di un vero e proprio spazio originariamente assegnato al Network, palesando in tal modo sia una feroce aggressività, sia la capacità di colpire in modo del tutto improvviso ed imprevedibile. Si è proceduto ad una quantificazione della reale consistenza del gruppo, attraverso una apposita sensibilizzazione di tutte le articolazioni periferiche e degli organismi di polizia esteri, cogliendo il carattere transnazionale di questo particolare e tutto sommato recente fenomeno. Per arrivare al numero, si è effettuato un censimento con il concorso di tutte le 103 DIGOS sul territorio, sono stati


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individuati i centri sociali più estremistici, punto di aggregazione degli appartenenti al blocco nero e alcuni di questi, come si illustrerà anche in seguito, sono stati oggetto di perquisizione.
Non si è proceduto ad una sistematica attività di pressione preventiva per almeno tre considerazioni: in primo luogo, le perquisizioni effettuate hanno fornito riscontri significativi ma parziali, in quanto, come poi si è visto a Genova, gli appartenenti al blocco nero si procacciano per lo più direttamente sul posto gli strumenti utili agli scontri e alle devastazioni; secondariamente, si sarebbe corso il rischio di esercitare una pressione che avrebbe potuto esasperare un clima di tensione, già reso precario da una serie di gravi attentati e tentativi di attentato (Bologna, caserma dei carabinieri di Genova, stabilimenti Benetton, Retequattro) compiute poco prima del vertice; si stava inoltre parallelamente percorrendo la strada del dialogo con le componenti che si erano apparentemente palesate più moderate.
Una pressione esercitata attraverso molteplici atti di polizia giudiziaria, avrebbe potuto incidere su di un rapporto che si stava cercando di ricondurre nei canoni della più assoluta normalità, stimolando anche l'ala moderata ad assumere posizioni di solidarietà nei confronti delle frange più estremiste ed in quanto tali destinatarie delle perquisizioni.
Si è addivenuti infine a cifre, in ordine ai possibili manifestanti presenti a Genova, (2 mila unità dall'estero, 500 dall'Italia), che poi hanno trovato sostanziale conferma nei fatti. Per quanto attiene ai 2 mila soggetti stimati come provenienti dall'estero, il numero è stato ricavato, secondo un processo deduttivo, sulla base delle presenze registrate in occasione di altri analoghi appuntamenti internazionali. Al fine di impedire un loro ingresso in Italia, la direzione centrale


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di polizia di prevenzione ha individuato, come poi oggettivamente riscontrato a Genova, la provenienza di appartenenti al « blocco nero », principalmente da Germania, Spagna, Grecia, Inghilterra e Stati Uniti.
Il punto merita un approfondimento: si è provveduto ad attivare tempestivamente tutto il circuito internazionale, sensibilizzando gli omologhi organismi di polizia affinché venissero forniti dati utili alla individuazione degli appartenenti ai sodalizi in questione; sono state indette più riunioni, nel corso delle quali, alla presenza degli interlocutori stranieri, è stata sollecitata la predisposizione di appositi elenchi nominativi, utili ad impedire l'ingresso in Italia dei manifestanti violenti, in occasione del G8.
L'attività di cooperazione internazionale ha avuto però esiti modesti, probabilmente per due ordini di motivazioni: in primo luogo, l'oggettiva difficoltà, anche per le polizie estere, di penetrazione informativa verso gruppi che denotano, da un canto, la mancanza di un'organizzazione strutturale, dall'altro, la capacità di aggregarsi «per affinità», in occasione di importanti summit internazionali, in quanto per la loro dimensione possono assicurare margini elevati di impunità ad azioni criminali ed indiscriminate; in secondo luogo, esigenze di tutela della privacy che, in più di una occasione, hanno impedito la trasmissione da parte delle polizie straniere delle liste richieste.
La direzione di polizia di prevenzione, alla luce di un sistema di cooperazione internazionale, che proprio in occasione del vertice di Genova ha evidenziato, in modo chiaro, una palese inefficacia, al fine di costruire il nuovo impianto preventivo e repressivo per contrastare e disarticolare il fenomeno dei black bloc, ha già provveduto a formare una


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serie di album fotografici, selezionando i visi di tutti i partecipanti alle devastazioni e agli scontri, suscettibili di identificazione.
Detti album sono già stati consegnati alle polizie dei paesi interessati, al fine di attribuire un nome a ciascun volto e pervenire così a quegli elenchi che erano stati chiesti inutilmente. Le risultanze del lavoro verranno ovviamente condivise con i partner internazionali per consentire l'attivazione di specifiche attività info-investigative in ogni paese. I black bloc, a lavoro concluso - un lavoro, comunque, non facile e non breve - non solo non potranno più muoversi disinvoltamente da una nazione all'altra, ma saranno oggetto di specifiche indagini in ordine alle devastazioni già commesse. Sotto questo profilo, l'intesa con la procura della Repubblica di Genova è stata, sin dal momento dell'acquisizione del numerosissimo materiale video-fotografico, perfettamente funzionale ed efficace.
In ogni caso, sarebbe auspicabile un intervento legislativo di carattere internazionale volto a prevedere autonome fattispecie di reato che puniscano in modo più severo i responsabili di devastazioni, saccheggi e atti di violenza in genere, durante le grandi manifestazioni di ordine pubblico e, soprattutto, agevolino il passaggio delle informazioni tra le varie polizie sui militanti del blocco nero, consentendo così (a differenza di quanto è successo a Genova) un'efficace attività preventiva, attraverso un adeguato filtraggio già alle frontiere.
Tornando alla fase precedente al vertice genovese, la direzione centrale di polizia di prevenzione, comunque, ha assunto l'iniziativa di richiedere direttamente agli organi di polizia stranieri i nominativi delle persone tratte in arresto o comunque coinvolte in disordini in occasione di precedenti summit internazionali. In tal modo, pur in mancanza di


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elenchi, si è pervenuti all'inserimento di 1.439 nominativi in un sistema informatico espressamente dedicato. Come si vedrà in seguito, il sistema consta di una maschera di riferimento che consente di interagire con tutte le altre banche dati operanti (SDI, ArPo e Schengen). Ne consegue che i dati, per poter essere utilmente inseriti, devono possedere dei requisiti minimi di attendibilità: ad esempio, non è possibile inserire solo un nome, o solo un cognome, senza data o luogo di nascita; il sistema non accetta dati palesemente incompleti. Si è però trattato, proprio in relazione alla scarsa disponibilità di notizie da parte di organi di polizia esteri, di un'attività definibile come empirica. Si consideri che il BKA tedesco, la polizia federale tedesca, nella fase di approccio iniziale (sino al 12 giugno 2001), diretta all'acquisizione di informazioni sul blocco nero e sulle componenti violente che avrebbero potuto riconoscersi in tali formazioni, ha riferito circa la completa mancanza di segnali sulla partecipazione di gruppi antagonisti alle manifestazioni di Genova. In proposito occorre specificare che la presa di contatto con le autorità tedesche era dettata dal fatto che, sulla base di varie acquisizioni informative, era emerso come la componente probabilmente più pericolosa di aderenti al black bloc potesse provenire dalla Germania: nei fatti, a Genova, tra i 168 stranieri arrestati a seguito degli scontri, ben 73 sono di nazionalità tedesca. Nella circostanza, quegli organi di polizia avevano evidenziato l'assenza in quello Stato di strutture anti-globalizzazione impegnate a livello internazionale. Solo successivamente, a seguito di espresse ed ulteriori sollecitazioni, che ho curato personalmente, avendo avvertito la delicatezza del problema, e nell'immediatezza dell'evento, la polizia tedesca ha fornito informazioni relative alla partenza dei pullman, senza peraltro specificare l'elenco dei passeggeri ed il livello di pericolosità agli stessi riferibile.


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Ne consegue che, al fine di poter esercitare una qualche forma di controllo, in alcune occasioni la direzione centrale di polizia di prevenzione, in accordo con la polizia di frontiera, una volta bloccati i pullman all'atto dell'ingresso in Italia, fatti identificare gli occupanti, ha concordato l'immediato respingimento di tutti coloro che fossero stati trovati a bordo di mezzi che trasportavano un qualsiasi strumento idoneo all'offesa.
In altre circostanze (è il caso di un pullman proveniente dall'Austria), si è provveduto, di concerto con quella polizia, che aveva all'ultimo momento segnalato la partenza, ad inserire nell'apposito sistema informatico per respingimento, i nominativi dei passeggeri, contestualmente ai controlli di frontiera. Nel caso della Grecia, inoltre, si è riscontrata l'assoluta mancanza di collaborazione, prova ne sia che le autorità elleniche si sono inizialmente limitate a segnalare in modo del tutto generico il numero ed il momento della partenza dei manifestanti diretti al capoluogo ligure, negando espressamente qualsiasi presenza, tra essi, di anarchici o militanti del black bloc. Proprio al fine di agevolare i rapporti bilaterali e addivenire a concreti sviluppi operativi in tema di prevenzione alle frontiere, su disposizione del capo della Polizia, il 12 luglio 2001, mi sono recato ad Atene ove ho incontrato i vertici della polizia ellenica. La direzione centrale di polizia di prevenzione, a seguito di detto incontro, ha provveduto a sensibilizzare l'ufficiale di collegamento e ad inviare in Grecia, ai porti di Patrasso e Igoumenitsa, personale delle DIGOS, per individuare le partenze di elementi potenzialmente pericolosi. Questi ultimi, che viaggiavano a bordo di tre pullman imbarcati su di una nave, non appena giunti al porto di Ancona, nonostante le rimostranze poi avanzate da quello Stato, sono stati rimpatriati nel numero di 147. Nel frangente si sono altresì verificati momenti di tensione, con


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atteggiamenti di resistenza passiva e tentativi di scontro con le forze dell'ordine. In proposito, è interessante notare come dei 302 arrestati a Genova durante le manifestazioni di controvertice, 168 siano stranieri. Di questi ultimi, per buona parte di matrice antagonista, 73 sono tedeschi, 15 austriaci, 16 spagnoli, 7 svedesi, 8 francesi, 9 svizzeri, 7 americani, 7 inglesi, e in unità minori irlandesi, venezuelani, brasiliani, canadesi, lituani, polacchi, australiani e solo due greci. Ora, considerato che in Grecia esistono forti gruppi di anarco-insurrezionalisti - come la formazione terroristica 17 novembre, responsabile in quel paese di una serie impressionante di attentati ed omicidi - che, da tempo, avevano evidenziato l'intenzione di raggiungere il capoluogo ligure per contestare in modo violento il G8, ne consegue che l'attività di controllo alle frontiere, quando è stato possibile esercitarla, ha fornito esiti soddisfacenti: nel caso di specie, come detto, i militanti di quella fazione ideologica, hanno raggiunto l'Italia a bordo di imbarcazioni ed in tal modo hanno potuto essere intercettati.
Dei 2.000 soggetti stimati come appartenenti al blocco nero, il sistema così realizzato ha comunque consentito il respingimento alla frontiera di complessive 298 persone. La polizia di frontiera, per altre motivazioni, ha operato ulteriori 1.795 respingimenti. Sempre in tema di cooperazione internazionale, maggiore efficacia deve essere ascritta alla sala internazionale di polizia, della quale si è fatto cenno, che ha consentito di disporre di tempestivi riscontri sui soggetti stranieri tratti in arresto a Genova durante gli scontri: ad esempio, il BKA aveva installato un collegamento informatico diretto con le proprie banche dati, in modo da evidenziare l'esatta posizione di ogni soggetto formato, tant'è che tutte le polizie interessate hanno espresso piena soddisfazione per come il lavoro è stato svolto e sull'alta qualità dello stesso. In tal senso, il premier inglese


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Tony Blair, nella mattinata di domenica 22 luglio, durante una conferenza stampa, ha rivolto pubblici apprezzamenti al lavoro svolto in seno alla sala internazionale; dello stesso tenore anche attestazioni formali provenienti da alcuni paesi, come la Svizzera.
Attraverso le acquisizioni fotografiche degli scontri si è potuto accertare che, all'interno dei gruppi più attivi, si trovavano anche esponenti del gruppo terroristico di origine turca denominato «TIKB - Unione Rivoluzionaria Comunista Turca» che, dal 1989 fino al novembre 1999, si è reso responsabile in quel paese di numerosi attentati e dell'uccisione di due funzionari di polizia. In proposito, sotto il profilo preventivo, si consideri che la polizia turca, sensibilizzata, con nota del 26 giugno ultimo scorso, a fornire informazioni sull'eventuale presenza a Genova di gruppi pericolosi, si è limitata (con nota del 17 luglio) a segnalare la possibilità di una presenza nel capoluogo ligure di appartenenti al noto movimento PKK. Non è pertanto da escludere che gli appartenenti alla suddetta cellula terroristica siano giunti in Italia provenendo dalla Germania, considerato che in quel paese esiste una forte colonia di cittadini turchi.
Si consideri ancora in proposito che, tra le persone arrestate all'interno della scuola Diaz, si è riscontrata la presenza della cittadina turca Gol Yasar Suna. Quest'ultima, rimessa in libertà su provvedimento di scarcerazione del GIP, è poi risultata essere ricercata nel paese di origine, in quanto appartenente «all'associazione terroristica MLKP».
Per quanto attiene agli italiani, stimati, come si è detto, in circa 500 unità, l'attività preventiva è stata svolta attraverso mirate attività di capillare verifica preventiva effettuate dalle DIGOS e si è individuata la matrice anarchico-insurrezionalista e punk-anarchica del blocco nero, quale componente


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«trainante», alla quale, durante i disordini, avrebbero potuto aggregarsi (come poi è stato) altre frange anti-istituzionali tra loro eterogenee, ma collegate da una sorta di «affinità situazionale». La dinamica dello scontro, della devastazione, del saccheggio coinvolge poi soggetti che inizialmente non li avevano preordinati ma ai quali poi partecipano attivamente. In altri termini, occorre specificare come nei disordini verificatisi a Genova, tutto l'impianto di prevenzione e di ordine pubblico si sia trovato di fronte ad una serie di eventi criminali e ad una precisa strategia di guerriglia urbana che assume, per dimensioni e violenza, il carattere dell'eccezionalità. Ai 2500 stimati come appartenenti al blocco nero, nel momento dei disordini si sono infatti uniti almeno 7-8 mila manifestanti, provenienti dai gruppi riferiti ai blocchi blu e giallo ivi comprese, nelle fasi più delicate degli scontri, anche le stesse tute bianche, i quali hanno determinato l'insorgere di veri e propri focolai di rivolta, rendendo estremamente complessa e difficoltosa l'attività di contrasto delle forze dell'ordine. Detta partecipazione «allargata» è stata inequivocabilmente confermata dai riscontri video-fotografici acquisiti a seguito degli scontri ed oggetto, come ho già precisato, di analisi investigativa.
Tutti i sodalizi, dai quali sarebbero potuti provenire gli elementi del blocco nero sono stati oggetto di attenzione da parte delle DIGOS nella fase pre-vertice attraverso: una puntuale attivazione di tutte le fonti informative; una scrupolosa verifica delle notizie fornite dai servizi di informazione; una mirata attività investigativa d'intesa con l'autorità giudiziaria.
Del resto, le DIGOS, pur ulteriormente sensibilizzate, al momento della partenza dei gruppi di manifestanti diretti a Genova con mezzi pubblici (pullman e treni) non sono state


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in grado di seguire i soggetti attenzionati in quanto gli stessi si sono confusi con la massa dei partenti in modo del tutto indistinto.
È necessario, tra l'altro, puntualizzare come sia prassi consolidata per l'ala più dura del gruppo anarchico raggiungere i luoghi di incontro direttamente con mezzi propri e come, nel caso di Genova, la maggior parte degli strumenti di offesa (spranghe, bottiglie, benzina, corpi contundenti) sia stata reperita sul posto in concomitanza con l'inizio e durante gli scontri (così da rendere comunque inefficace ogni tipo di verifica durante il tragitto dalla città di provenienza al capoluogo ligure).
Alla questura di Genova, sin dall'8 giugno, sono stati inviati in missione funzionari e personale delle DIGOS, per un complessivo di 98 unità, con il compito di coadiuvare quell'ufficio nei servizi di investigazione ed osservazione sul territorio.
Compatibilmente con le difficoltà già rappresentate in ordine al seguire gruppi violenti che nelle fasi antecedenti agli scontri si sono confusi tra la folla di manifestanti pacifici, le DIGOS maggiormente interessate hanno inviato a Genova propri funzionari e proprio personale con il compito di monitorare gli spostamenti dei vari gruppi. Come si evince dalle varie relazioni di servizio redatte dai responsabili, però, anche quest'ultimo personale DIGOS, pur inizialmente destinato ad individuare e seguire gli elementi più facinorosi, è stato costretto a collaborare attivamente nell'emergente situazione di ordine pubblico, mettendosi a disposizione dei funzionari responsabili della piazza e coadiuvando gli altri contingenti nell'attività di contenimento e contrasto dei gruppi violenti.


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Per quanto concerne l'attività investigativa, nel quadro di una mirata attività investigativa di settore, d'intesa con l'autorità giudiziaria ed avvalendosi dell'apporto di 27 DIGOS distribuite su tutto il territorio nazionale sono stati attivati: 60 intercettazioni telefoniche, 5 ambientali e 8 telematiche, relative ad appartenenti ad ambienti dell'antagonismo nazionale; 61 intercettazioni telefoniche e 5 telematiche, relative ai settori anarchici più oltranzisti; 62 intercettazioni telefoniche, 1 ambientale e 2 telematiche, relative ad elementi più strettamente connotati da tendenze eversive.
Parallelamente, non potendosi escludere un'attività di carattere destabilizzante in capo ad esponenti di gruppi di estrema destra, comunque inclini a campagne di opinione contro il G8, in linea con i principi di «antimondializzazione», si è provveduto ad attivare 15 intercettazioni telefoniche ed una telematica, nei confronti di elementi d'area, al fine di osservare anche tale settore di contestazione. Complessivamente, quindi, 198 intercettazioni telefoniche, 6 ambientale e 16 telematiche.
Occorre in proposito osservare che il numero relativamente modesto di intercettazioni ambientali, che pur sotto il profilo pratico costituiscono una indubbia risorsa investigativa, è da ascrivere alla oggettiva difficoltà a prefigurare ipotesi di reato che consentano l'attivazione di detto supporto tecnico. Del pari, sono state riscontrate oggettive difficoltà ad ottenere dai vari GIP competenti le autorizzazioni necessarie alle attività di ascolto e ciò in quanto, come noto, l'attuale normativa esige la presenza di elementi indiziari fondati ed univoci, che mal si conciliano con una attività che invece perseguiva, unitamente a finalità di indagine, anche aspetti di tipo preventivo.
Si tratta di un ulteriore caso nel quale emerge la distonia dell'attuale sistema normativo che, ereditato il concetto di


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«intercettazioni preventive» dalla fase delle indagini contro il terrorismo, ha poi mantenuto detto importante strumento di accertamento solo nei confronti dei reati di mafia.
In prossimità del vertice, si è inoltre provveduto ad eseguire una serie di perquisizioni domiciliari e personali estese anche al mezzo di trasporto (per complessivi 143 atti) a carico sia di soggetti ritenuti pericolosi in relazione alle circostanze di fatto e di luogo nelle quali si sono trovati, sia di strutture di aggregazione, quali alcuni centri sociali che si erano distinti nel propugnare attività di carattere violento contro il G8 (quali, a titolo di esempio, la Stella Nera ed il Cecco Rivolta di Firenze, il centro sociale autogestito Immensa ed il Pinelli di Genova, il circolo Villa Litta di Milano, l'Askatasuna di Torino o il Gramigna di Padova).
Più in generale, ma comunque in riferimento anche al vertice di Genova, la direzione centrale della polizia di prevenzione ha finalizzato, poco prima dell'inizio dei lavori del summit, un'indagine nei confronti dell'anarco-insurrezionalismo i cui militanti sono ritenuti responsabili, tra l'altro, di vari disordini di piazza e di una serie di attentati compiuti in Milano negli ultimi due anni. In particolare, le indagini hanno consentito di configurare un'associazione sovversiva e di richiedere all'autorità giudiziaria l'emissione di una serie di ordini di custodia cautelare in carcere. Complessivamente il contesto investigativo ha coinvolto oltre 50 persone.
Si consideri che uno dei soggetti per i quali era stata richiesta l'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare, poi arrestato durante gli scontri di Genova, ha partecipato ad una conversazione tra presenti, registrata il 24 maggio 2001, nel corso della quale gli interlocutori hanno fatto esplicito riferimento alle iniziative da intraprendere in occasione del


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vertice G8, manifestando l'intenzione di ricorrere anche ad azioni improntate alla violenza, mediante l'uso di bottiglie molotov.
Per quanto attiene alla veicolazione delle notizie sul grado di minaccia provenienti dai servizi di informazione, cui prima è stato fatto cenno, la direzione centrale della polizia di prevenzione ha diffuso alle articolazioni periferiche 126 note di interesse.
L'analisi dei dati forniti evidenzia come gli elementi rilevanti sotto il profilo investigativo, degni di sviluppo ed in grado di produrre una concreta attività operativa, siano stati complessivamente assai rari, comunque non dettagliati e, soprattutto, indistinti tra una moltitudine di informazioni risultate nella maggior parte dei casi prive di un qualche riscontro, all'esito dei numerosissimi controlli all'uopo disposti ed in ordine ai quali la questura di Genova è sempre stata tenuta informata in tempo reale. Ad esempio la nota del SISDE del 20 marzo 2001 anticipa l'utilizzo di palloncini contenenti sangue, almeno in parte umano, raccolto con la complicità di medici, veterinari ed infermieri, che sarebbero stati lanciati nel corso della manifestazione. Nota SISDE del 5 aprile: gli antagonisti avrebbero accaparrato un rilevante numero di copertoni da dare alle fiamme e far rotolare lungo le strade in discesa che conducono al mare ove avrebbero dovuto essere posizionate le forze dell'ordine. Nota SISDE del 20 marzo: gli antagonisti avrebbero avuto in animo di affittare un canale satellitare al fine di divulgare la protesta a livello mondiale. Nota SISMI del 9 giugno: elementi dell'area dell'autonomia romana avrebbero acquisito date ed orari di trasferimento dei mezzi antincendio che da varie località del territorio sarebbero state poi concentrate a Genova in occasione del vertice. Nota SISMI del 28 giugno: elementi antagonisti avrebbero predisposto


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delle buste di plastica riempite con sangue di maiale da lanciare sulle forze dell'ordine per disorientarle. Nota SISDE del 19 luglio: le tute bianche, per sfondare la zona rossa, avrebbero predisposto due testuggini umane composte ciascuna da 80 militanti.
In proposito è importante precisare che ad ogni notizia pervenuta dai servizi consegue un allertamento, spesso a tutte le 103 DIGOS, ed una conseguenziale attività di verifica sul territorio e di sensibilizzazione di tutte le fonti informative utili a fornire un qualche riscontro, non escludendosi, peraltro, qualora ne sussistano gli estremi, il riferimento all'autorità giudiziaria.
Per quanto attiene ai nominativi che compaiono nelle note informative fornite dai servizi, occorre specificare che la maggior parte di essi sono risultati inutilizzabili sotto il profilo preventivo in quanto sforniti di elementi idonei a consentirne l'inserimento nel sistema informatico appositamente predisposto (in quanto carenti di esatte generalità, luogo o data di nascita).
Alla luce di quanto sopra, sono solo 14 i nominativi segnalati dal SISDE e 95 quelli forniti dal SISMI utili ai fini preventivi e sui quali è stato quindi possibile attuare una selezione alle frontiere (ad esempio, in un nota del SISMI del 18 luglio si indicavano come partiti per l'Italia due soggetti appartenenti ad un'organizzazione terroristica greca, così «non meglio generalizzati»: Arsi ed Aristos).
Occorre, infine, non dimenticare che, sempre in concorso con i servizi di informazione, la direzione centrale della polizia di prevenzione, proprio in concomitanza con la fase antecedente al G8 è stata impegnata in una complessa attività di indagine su un gruppo terroristico islamico che, vista la presenza nel capoluogo ligure del Presidente americano, aveva


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acquisito caratteristiche di indubbia attualità e rilevanza. È stato, infatti, indispensabile verificare sin nel minimo dettaglio gli elementi informativi posseduti al fine di scongiurare preventivamente ogni ipotesi di attentato a Genova ai danni di personalità internazionali. Quest'ultima attività, svolta d'intesa con la competente procura della Repubblica, ha comportato l'impiego di numeroso personale in servizi di appostamento, pedinamento ed intercettazione, ed è poi sfociata in una articolata serie di atti di polizia giudiziaria.
In conclusione, ritengo che il lavoro sviluppato dalla direzione centrale della polizia di prevenzione sia stato intenso ed adeguato sicuramente in termini di impegno. Per altro verso, devo ulteriormente ribadire come la prevenzione termini laddove inizia l'ordine pubblico. L'ufficio che ho diretto aveva segnalato in tempo utile sia le modalità di attacco utilizzate dal blocco nero, sia le potenzialità infiltrative in seno ai gruppi moderati, sia, infine, la pericolosità.
Parallelamente si è provveduto a cercare riscontro di tutte le notizie fornite dai servizi di sicurezza e la questura di Genova è stata sempre informata, spesso in tempo reale, sull'andamento dell'attività informativa.
Superando comprensibili difficoltà di ordine procedurale, in perfetta sintonia con numerose procure della Repubblica, è stato attivato un vasto sistema investigativo, che ha consentito di monitorare svariati settori dell'antagonismo dell'eversione.
Del pari, è stato fatto tutto il possibile per ovviare ad una carente cooperazione internazionale che, ancora oggi, si basa su un sistema di circuitazione delle informazioni inadeguato rispetto a nuovi fenomeni, di stretta valenza criminale e di grande incisività, come il black bloc.
In piazza, durante gli scontri, il personale DIGOS che pure era stato inviato per monitorare i soggetti più pericolosi, come


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ho precisato e come emerge chiaramente dalle relazioni di servizio che ho allegato, mentre in una prima fase ha sempre prontamente segnalato spostamenti o presenze a rischio, successivamente è stato impiegato per fronteggiare una situazione che aveva assunto le caratteristiche della più piena ed emergenza.
Sono però convinto che l'esperienza genovese, come ho sottolineato nella mia relazione, debba necessariamente costituire lo spunto per agevolare in futuro l'attività di polizia di carattere preventivo, impedendo ai gruppi di criminali di muoversi agevolmente tra vari paesi.
Parallelamente, confida nell'attività di polizia giudiziaria, tuttora in corso, e sono certo che, nei tempi necessari, sarà possibile individuare e perseguire Bonaparte e degli autori delle restrizioni e delle violenze che hanno colpito Genova e nelle forze dell'ordine.
Signor presidente, conclusa la mia relazione al Comitato, le chiederei, se possibile, una breve sospensione.
PRESIDENTE. Ritengo di poter accedere alla sua richiesta, signor prefetto.
Comunico che mi è pervenuta la richiesta, sottoscritta da varie testate giornalistiche, di rinviare a domani mattina l'audizione dell'ex vicecapo della Polizia, Ansoino Andreassi, in modo da consentire opportunamente un'audizione ritenuta fondamentale per comprendere come si sono svolti effettivamente i fatti di Genova. Tale richiesta è stata formulata dalle seguenti testate ed agenzie: Il Corriere della sera, La Repubblica, Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Messagero, Il Tempo, La Stampa, Il secolo XIX, l'Ansa, l'e-Biscom, TG2, l'Unità, l'agenzia Area, l'agenzia ADN Kronos. Credo vi sia il timore che la seduta termini a mezzanotte. Ritengo, invece, opportuno proseguire nei nostri lavori, cercando peraltro di


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contenere le domande dei componenti il Comitato e le risposte degli auditi in tempi ragionevoli.
FILIPPO MANCUSO. Ribadisco l'opportunità di valutare realisticamente, assieme al calendario dei lavori predisposto, la condizione di affaticamento dei presenti e l'esigenza altresì di comprendere e di approfondire adeguatamente le problematiche. La finalità, quindi, della puntualità nella conclusione dei nostri lavori, secondo me, è sopravanzata dalla serietà dell'esperimento che andiamo conducendo. Io non ho alcun titolo, perché non sono neppure pubblicista, però vorrei associarmi alle ragioni dei giornalisti, invitandola, presidente, a considerare che non è possibile sottoporre il Comitato ad una continuativa pressione di interessi e di problematiche per poter dire che si è rispettato il calendario. La ringrazio.
PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 16,50, è ripresa alle 17.
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
ANTONIO DEL PENNINO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO DEL PENNINO. L'allegato 6 contiene una serie di rapporti al dirigente della DIGOS di Genova che sono pieni di omissis, per quanto si riferisce ai nomi. Capisco i problemi connessi alla riservatezza ed alla tutela della posizione dell'agente che ha stilato il rapporto, ma quando gli omissis si riferiscono a indicazioni di gruppi che farebbero parte del Genoa social forum o addirittura di esponenti politici - come


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si dichiara in uno di questi documenti - che rappresentavano elementi di contatto con l'inizio della manifestazione, ritengo che gli stessi tolgano alla Commissione la possibilità di valutare una serie di elementi che, invece, hanno una loro rilevanza.
Pertanto chiederei, preliminarmente, di poter disporre di questi documenti - anche in forma riservata, se non si intende renderli pubblici - privi degli omissis, al di fuori di quelli che riguardano l'agente refertante.
PRESIDENTE. Il senatore Del Pennino chiede, in sostanza, di poter visionare i documenti della DIGOS senza gli omissis, laddove questi non risultino assolutamente necessari.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Bisogna tener presente che sono in corso indagini da parte dell'autorità giudiziaria e che vi è un contesto investigativo molto ampio; comunque, appena possibile, forniremo i nominativi richiesti.
FABRIZIO CICCHITTO. La mia prima domanda è rivolta al dottor La Barbera perché ha partecipato a tutte le attività investigative, ma nasce anche da osservazioni che sono state formulate dal questore Colucci. È emerso - e la nota di cui parla adesso il senatore Del Pennino ne è una clamorosa conferma - che all'interno del corteo erano presenti forze politiche e parlamentari che hanno provato a cogestire il corteo stesso, che hanno avuto contatti con le forze dell'ordine, che ne hanno richiesto in alcuni casi l'intervento e in altri, invece, il loro ritiro. Ebbene, questo aspetto importantissimo e delicatissimo richiede che sia fatta luce, che emerga il nome degli uomini politici che gestivano o che hanno provato a gestire il corteo, perché noi dobbiamo conoscere tutte le componenti relative agli avvenimenti: questa è la prima esigenza che avverto.


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Dalla sua relazione, dottor La Barbera, emerge una certa condizione di isolamento della sua struttura per quanto riguarda l'azione preventiva, nel senso che vi siete trovati privi di un supporto internazionale. Mi sembra altresì che emerga un clamoroso flop dei servizi, dai quali vi sono arrivati input assolutamente al limite del ridicolo e che, comunque, non hanno trovato riscontro rispetto a questioni molto più gravi che poi, invece, sono avvenute nella realtà. La mia è un'impressione semantica, oppure è un'interpretazione corretta del suo testo?
Terza domanda: il suo è un ufficio, come lei ci ha spiegato, di attività specialmente preventiva. Come mai si è verificato questo punto di crisi tra l'attività preventiva, l'analisi che voi avete predisposto e quello che è successo sul campo? Tutto ciò si riferisce non solo alle strutture, che non hanno funzionato, ma anche ad altri aspetti. Voi avevate avuto l'esperienza di Napoli che, per molti versi e in piccolo, è simile a quella di Genova. Alcune componenti manifestatesi a Napoli, poi, dilatate, si sono presentate a Genova: a Napoli la polizia è stata aggredita da una componente molto ampia di manifestanti. Se poi andiamo a leggere la stampa, capiamo che alcuni settori politici hanno attaccato la polizia perché si è affermato che nelle carceri la gente è stata picchiata.
Quindi, vi sono delle situazioni analoghe; tuttavia, essendo diverso il quadro politico, nessuno ha chiesto allora l'istituzione di una Commissione di indagine. Napoli era un campanello d'allarme: come mai non avete riflettuto su tutto ciò, che lì si è verificato?
Lei ci ha spiegato e ricordato nella relazione che bisogna distinguere fra l'attività della sua struttura, che è preventiva, e la gestione dell'ordine pubblico: con mai allora lei ha partecipato direttamente alla gestione dell'ordine pubblico


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nella vicenda della scuola Diaz? Per ciò che concerne quei fatti, ci può ricostruire come e da chi è stata presa la decisione e quale è stato l'ufficiale di polizia giudiziaria che si è assunto la responsabilità di adottare quelle scelte?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Sulla vicenda della scuola Diaz, mi sono permesso di scrivere tre pagine che leggerò (in quanto c'è anche un'inchiesta dell'autorità giudiziaria), poiché ritengo che possano chiarire e prevenire eventuali domande. Ringrazio il Comitato per l'opportunità che mi offre di illustrare alcuni punti che, in merito alla vicenda della scuola Diaz, ritengo di fondamentale importanza.
Ometterò ricostruzioni di carattere sistematico dei fatti, in quanto - come a tutti è noto - è in corso un'inchiesta condotta dalla magistratura genovese, nel cui contesto sono già stato sentito in qualità di persona informata sui fatti.
In tale quadro, ho recentemente appreso dalla stampa che potrei assumere anche la posizione di persona destinataria di avviso di garanzia. La cosa, a dire il vero, non mi preoccupa - né nella sostanza né nella forma - in quanto sono assolutamente sereno e consapevole delle mie azioni. Piuttosto il rammarico è per l'ennesima fuga di notizie - sulla cui veridicità sono ancora in attesa di riscontri -, che nel clima attuale contribuisce a generare una diffusa sensazione di incertezza e confusione, che sicuramente non giova ad un completo chiarimento dei fatti e delle susseguenti responsabilità, che, invece, come ogni cittadino, auspico possa giungere quanto prima nella più completa trasparenza, senza condizionamenti esterni o posizioni preconcette.
In questa sede, pertanto, se l'onorevole presidente lo consente, mi limiterò a chiarire gli aspetti che ritengo di interesse, evitando, come ho accennato, qualsiasi sovrapposizione con l'indagine in corso. In primo luogo, intendo chiarire


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una volta per tutte il motivo della mia presenza a Genova. Sono andato nel capoluogo ligure il pomeriggio di sabato 21, giungendo in questura alle 16,15, su disposizione del capo della Polizia, per incrementare l'attività della sala internazionale di polizia (della quale ho già parlato nella mia relazione introduttiva), in quanto il rilevante numero di arresti compiuti a carico di cittadini stranieri rendeva estremamente delicata e complessa la gestione con gli analoghi organismi di polizia. Si tenga presente che avevo una conoscenza personale con buona parte degli ufficiali di collegamento perché il tema della collaborazione internazionale, come vedete, è stato un po' il punto debole della prevenzione, nonostante gli sforzi che sono stati fatti e nonostante abbiamo fatto dei miracoli rispetto ad un'assenza di informazioni. La necessità di procedere alla perquisizione alla scuola Diaz è emersa, quindi, in un momento successivo ed è stata condizionata da elementi del tutto autonomi rispetto alla mia presenza nella questura di Genova. Tengo a precisare che, nel frangente, valutate le condizioni di fatto che si presentavano (aggressione di quattro pattuglie in servizio di perlustrazione, la rilevata presenza davanti ai locali della scuola di oltre 200 persone, nella quasi totalità vestite di nero, le manifestazioni per la chiusura del vertice previste per il giorno dopo e il fatto che numerosi black bloc, individuati la sera precedente a Villa Imperiale - mi riferisco alla sera del 20, come risulta dagli atti - durante la notte erano riusciti a defilarsi, rendendo vano l'intervento delle forze dell'ordine), ho concordato e concordo tutt'oggi con la decisione assunta dal questore di procedere alla perquisizione ai sensi dell'articolo 41.
A mio avviso e secondo l'esperienza che in qualche anno di polizia giudiziaria ritengo di aver maturato, quella perquisizione


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non poteva, ma doveva essere fatta, se vogliamo dare un senso alla polizia; se vogliamo dimenticare la polizia, allora facciamo turismo.
In secondo luogo, voglio precisare perché io mi fossi recato sul luogo dell'operazione (in questo modo anticipiamo eventuali domande). Sotto questo aspetto subentra un'indole ed uno scrupolo del tutto personali: quando si opera anche solo, come nel caso di specie, in funzione di osservatore, io normalmente ci sono sempre. Per l'operazione alla scuola Diaz, inoltre, avevo ricevuto - subito dopo che il questore aveva informato il capo della Polizia della decisione assunta di procedere appunto alla perquisizione e, nella circostanza, aveva richiesto la possibilità di impiego di reparti dell'Arma dei carabinieri - una telefonata da parte del capo stesso che mi invitava a raccomandare la massima cautela e prudenza, cosa che puntualmente e ripetutamente ho fatto, sia nel corso di una riunione preliminare tenuta dal questore - durante la quale ho vivamente sconsigliato il proposto utilizzo di artifici lacrimogeni -, sia nella fase immediatamente precedente all'irruzione, nella quale ho espresso ad un comandante di reparto alcune perplessità nel procedere all'operazione, avendo percepito un generale e complessivo stato di tensione. Il collega, preso atto delle mie osservazioni, decise in ogni caso di procedere all'intervento, adducendo motivazioni di carattere tecnico-operativo.
La terza precisazione è strettamente correlata alla seconda, ovvero quale era il mio ruolo nella circostanza. Orbene, la mia qualifica di prefetto direttore di una direzione centrale del dipartimento della pubblica sicurezza non mi avrebbe in alcun modo consentito né di assumere una posizione per quanto attiene l'attività di polizia giudiziaria, non rivestendo più la relativa qualifica, né di dirigere eventuali servizi di ordine


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pubblico, non avendone alcun titolo. Prova ne sia che a Genova mi sono sempre limitato a rivolgere raccomandazioni o consigli che, come ho ricordato, in un caso sono stati disattesi. Disattesi, devo dire, in modo del tutto legittimo, in quanto la mia opinione, il mio suggerimento, nel frangente, assumeva la veste di mero consiglio e, in quanto tale, non comportava alcun obbligo di obbedienza. Ed è proprio la mia posizione del tutto ininfluente sotto l'aspetto operativo che mi ha indotto, non appena mi sono accorto che stavano arrivando i giornalisti, ad allontanarmi dal luogo.
Per tutto il resto, come ho accennato in premessa, ovvero per quanto attiene alla posizione di chi ha proceduto concretamente all'intervento, ritengo opportuno attendere le valutazioni dell'autorità giudiziaria che merita la più totale e incondizionata fiducia. Con questo ritengo di avere anticipato alcune domande che il Comitato eventualmente avesse voluto rivolgermi sul «capitolo Diaz».
Passiamo alla prima domanda: all'atto del corteo erano presenti forze parlamentari che hanno avuto un rapporto con le forze dell'ordine. Questo è un problema di ordine pubblico, non è un problema di prevenzione. Io vengo qui a rispondere della prevenzione, non dell'ordine pubblico. La prevenzione finisce con l'ordine pubblico; la prevenzione dà le informazioni - di qualsiasi natura possano essere, fiduciarie, a seguito di attività investigativa, a seguito di accertamenti dell'autorità giudiziaria - a chi dirige l'ordine pubblico, dopo di che la prevenzione si ferma.
Per quanto riguarda la seconda questione, relativa alle condizioni di isolamento della struttura, devo dire che io non mi sono mai sentito solo.
Relativamente al «flop dei servizi», si tratta di un giudizio. Io ho rappresentato la verità e, comunque, qualora questo


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Comitato richiedesse i documenti a cui mi riferivo (ben 120 snodi di interesse), una volta fatta venire meno la riservatezza dei documenti, se il presidente lo ritenesse, non avremmo alcuna contrarietà a fornirli.
Mi sono limitato, come non sarà certamente sfuggito al Comitato, a citare casi che, sempre non in ossequio alla massima riservatezza, sono stati oggetto di articoli giornalistici in tempi non sospetti.Quanto agli episodi napoletani, come punto di partenza è proprio da Napoli che è cominciata l'attività preventiva tenendo presente che buona parte delle intercettazioni ambientali e telefoniche sono state autorizzate dalla procura di Napoli poiché, come già rappresentato nella mia relazione, le intercettazioni cosiddette preventive sarebbero una cosa graditissima per la polizia di prevenzione ma questo strumento non è a nostra disposizione. Tali intercettazioni sono state mantenute solo per i reati di mafia e non per il terrorismo o l'eversione.
Per quanto riguarda l'ultima domanda ritengo di aver risposto
GRAZIELLA MASCIA. Lei ha già anticipato diverse risposte a domande che avrei voluto porle. Ci ha già spiegato come ed in quale momento è arrivato a Genova. Vorrei chiederle, nel corso di quei giorni (19, 20 e 21 luglio) che tipo di relazioni ha mantenuto con il capo della Polizia o con il ministro dell'interno. Lei, giustamente, dice che l'attività di prevenzione finisce laddove inizia l'ordine pubblico, ma, appunto, come lei stesso ci ha confermato, perfino il 21 c'era bisogno della sua presenza per un intervento preventivo per via delle conoscenze di cui lei disponeva. Quale contributo lei ha dato nel corso di quei giorni e anche quale tipo di contributo ha dato alle relazioni internazionali che mi pare di capire, anche leggendo i documenti che, gentilmente, ci ha fornito, hanno continuato


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ad operare a Genova in una consultazione permanente, seguendo tutti i passaggi anche dei momenti più delicati, di quei giorni? Qual è stato il suo ruolo, anche se il suo arrivo a Genova fa data al 21, nel corso di quelle giornate?
Vorrei chiederle - non so se si tratti di una valutazione di merito e se quindi la sua risposta potrà essere soltanto limitata - ancora qualcosa sul lavoro dell'intelligence. Lei ci ha fornito oggi, da questo punto di vista, degli argomenti interessanti, facendo anche una analisi delle notizie che arrivavano e le verifiche che sono state poi effettivamente realizzate perché potessero essere utilizzate nelle iniziative di ordine pubblico. Credo che questo corrisponda ad un contributo effettivo. Tuttavia rimane il fatto che nel corso di quei giorni si registra un bilancio negativo relativamente alla possibilità effettiva di manifestare: ci sono stati fatti di cui ormai abbiamo parlato tante volte e, di fatto, non si è potuto garantire il diritto a manifestare. Quali sono, secondo lei, le ragioni per cui, con tutti gli elementi di cui si disponeva, non c'è stata la possibilità di isolare queste frange violente? Stamattina il questore diceva che, dal suo punto di vista, una delle ragioni sta nel fatto che è stato necessario cambiare, in corso d'opera, l'intervento sulla piazza modificando il numero delle unità che agivano sul territorio a seguito di informazioni riguardanti la possibilità che venissero rapiti alcuni esponenti delle forze dell'ordine. Vorrei chiederle che sviluppi e che verifiche vi siano state con riferimento a queste informazioni. Si tratta di un elemento importante. Vorrei sapere se questa è stata la ragione effettiva, o una delle ragioni, che hanno impedito di agire e di essere consequenziali a 14 mesi di lavoro, che poi hanno prodotto questi risultati.
Le chiedo ancora, molto velocemente, sempre relativamente al lavoro dell'intelligence se sia stata rilevata la presenza di


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gruppi di estrema destra aventi l'obiettivo di infiltrarsi nel corteo per creare disordini. Tali infiltrazioni sono state confermati, sui giornali, da importanti esponenti dell'estrema destra, che hanno dichiarato: «È vero siamo stati a Genova, eravamo in 300. Ci siamo stati il 20 e il 21». Le chiedo se rispetto a queste ipotetiche infiltrazioni siano state adottate misure preventive e quali.
Vorrei farle ancora una domanda con riferimento al materiale da lei fornito, cui ho dato uno sguardo veloce. Vi sono una serie di rapporti della DIGOS del 20 del 21 luglio. Le chiedo intanto se siano le uniche relazioni giornaliere o se ve ne siano delle altre, perché se ce ne fossero altre, anche senza nomi, credo che sarebbero utili a ricostruire, effettivamente, ciò che è avvenuto nel corso di quella giornata. Vorrei poi capire che tipo di utilizzo si fa di tale documentazione, poiché qui vengono segnalati dei fatti precisi: a quell'ora, in quel giorno, quell'esponente della DIGOS è stato in quel determinato posto ed ha rilevato ciò che qui viene scritto. Io credo che da questo tipo di documento si possano ricostruire una serie di elementi mancanti e vorrei capire cosa succedeva una volta che il funzionario della DIGOS scriveva una relazione di tal genere o, comunque, segnalava questo genere di elementi ai responsabili. Che uso si faceva di queste informazioni e che tipo di intervento ne seguiva?
Da ultimo, anche se lei ha già risposto su quale fosse il suo ruolo nella vicenda alla scuola Diaz, le chiedo se avesse notizie di infiltrati. Stamattina è sembrato che nella scuola Diaz ci fosse un infiltrato o comunque un informatore, qualcuno. È stato già chiesto al questore. Pongo a lei la stessa domanda.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Nei giorni del vertice, come ho già detto, ero qui a Roma e seguivo attentamente l'evolversi della situazione; ho avuto certamente rapporti con


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il capo della Polizia, ma non più di tanto, in quanto i fatti che accadevano a Genova venivano portati sulla piazza di Roma attraverso il sistema televisivo.
Quanto al contributo avuto per le relazioni nazionali da parte internazionale ho già detto che la cooperazione, nella fase preventiva, non era certamente il massimo. Successivamente, invece, man mano che venivano arrestati o fermati degli stranieri, c'è stata un'ottima collaborazione.
Eravamo collegati con la sala situazione di Genova in tempo reale e, al di là di tutto, la struttura centrale immagazzinava i dati che comunque venivano forniti alle frontiere per l'inserimento nel famoso sistema informatico di cui poc'anzi facevo cenno.
Per quanto riguarda il bilancio negativo con riferimento alla possibilità di manifestare, ripeto ancora una volta che io vengo qui a rispondere della prevenzione e non dell'ordine pubblico, quindi, eventualmente, questa domanda va rivolta al questore che è il responsabile dell'ordine pubblico di Genova.
Quanto alle infiltrazioni di gruppi di estrema destra, a noi non risultano: una cosa è un articolo di giornale, altra cosa un rapporto giudiziario. Se si dovesse correre dietro ai giornali! È molto più facile scrivere un articolo di giornale che non un rapporto all'autorità giudiziaria o avere un dato certo e significativo su cui impiantare qualcosa di serio. Le relazioni di servizio sono le uniche che noi abbiamo e, per quanto mi riguarda, fermo restando che si tratta di un argomento estremamente delicato, la Polizia di Stato non aveva infiltrati né durante le manifestazioni, né, tantomeno, all'interno della scuola Diaz.
GRAZIELLA MASCIA. Chiedo di parlare.


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PRESIDENTE. No, onorevole, mi dispiace, ma ha terminato i sei minuti a sua disposizione. Mi scusi onorevole Mascia; abbiamo contingentato i tempi e lei ha utilizzato tutto il tempo a sua disposizione. Avrebbe potuto ridurre la durata dei suoi interventi.
GRAZIELLA MASCIA. Il prefetto La Barbera non ha risposto ad una delle mie domande.
PRESIDENTE. Qual è la domanda? Non ne formuli una nuova perché non la ammetterò. Mi dica qual è la domanda.
MARCO BOATO. Non si arrabbi così!
GRAZIELLA MASCIA. Ho chiesto se sia stata svolta un'informativa con riferimento alle minacce di rapimento di esponenti delle forze di Polizia.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Questa era un'informazione fornita dai Servizi, ma mi sembra che, grazie a Dio, siamo tornati tutti a casa, chi prima, chi poi.
MICHELE SAPONARA. Prefetto La Barbera, lei ha fissato con precisione la differenza fra l'attività di prevenzione e quella di gestione dell'ordine pubblico: la prima è strumentale mentre la seconda è affidata all'autorità provinciale di pubblica sicurezza. Lei si limita ad acquisire informazioni da fornire poi all'autorità alla quale è demandata la gestione della pubblica sicurezza. Fra l'altro ella parla dell'invio in missione in occasione dei recenti summit di Nizza e Göteborg di funzionari in qualità di osservatori, al fine di acquisire la percezione diretta dell'intensità degli scontri e delle modalità di attacco utilizzate dai dimostranti.


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Il 16 maggio 2001, nell'ambito del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica e a proposito delle informazioni acquisite sul blocco nero si è detto: «Si tratta di gruppi anarchici appartenenti all'area marxista-leninista che hanno manifestato l'intenzione di attuare iniziative antiglobalizzazione diverse da quelle dei circuiti provinciali del controvertice e più incisive di esse. È nelle loro intenzioni l'attuazione di iniziative clamorose, diverse da quelle programmate sia dal blocco giallo sia dal blocco blu e rivolte contro i simboli della globalizzazione. Da fonti di settore si è appreso che nell'ambito del blocco nero si starebbe realizzando una frattura fra gli anarchici vicini alla FAI e quelli legati alle posizioni insurrezionaliste che avrebbero optato per una strategia di assalto indistinto con azioni violente contro vari obiettivi e confondendosi tra la folla dei manifestanti».
Si parla poi di tutte le altre informazioni acquisite ed in conclusione viene detto: «Per altro verso devo ulteriormente ribadire come la prevenzione termini laddove inizia l'ordine pubblico; l'ufficio che ho diretto aveva segnalato in tempo utile sia le modalità di attacco utilizzate dal blocco nero e le potenzialità infiltrative in seno ai gruppi moderati sia infine la pericolosità».
Orbene, a chi erano state segnalate queste circostanze, questa situazione? Chi doveva provvedere - atteso che la situazione era di una certa gravità - ad organizzare, a predisporre i mezzi atti a contrastare questa evenienza, questi attacchi indistinti, questa guerriglia? In fondo in fondo voi avete dato informazioni circa il pericolo di una guerriglia.
Non le sembra contraddittorio quello che lei ha detto prima e cioè che la sua funzione, la funzione del suo ufficio si


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limitava alle informative ed alla sua presenza in un momento in cui, bene o male, lei gestiva assieme ad altri l'ordine pubblico?
Un'altra domanda in riferimento ad un documento della DIGOS del 20 luglio: chi erano i noti esponenti politici che si trovavano alla testa del corteo?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Riguardo all'ultima domanda mi riservo di rispondere. La prevenzione fornisce tutti gli elementi informativi al responsabile dell'ordine pubblico che a Genova era il questore, autorità provinciale di pubblica sicurezza. Tecnicamente l'uso dei reparti e la disposizione dei servizi di piazza rientra nelle sue competenze che sono previste dalla legge. Peraltro chi le parla ha fatto il questore a Palermo, a Napoli e Roma. Quando ricoprivo tale ruolo mi prendevo la croce. Tenga presente che, non tanto Palermo, quanto Napoli - che lei certamente conoscerà - è una città abbastanza effervescente dove vi sono due manifestazioni la mattina e se va bene solamente due il pomeriggio. Per quanto riguarda Roma mi permetto di ricordare la sfilata del gay pride, il giubileo e le giornate della gioventù. Si tratta di altre utenze, altre cifre; parlare di due milioni di individui è una cosa, vederli è terrificante. Fortunatamente l'utenza non era rappresentata certamente da black bloc, altrimenti ci sarebbero voluti i carri armati non la polizia.
LUCIANO VIOLANTE. Mi scusi, dottor La Barbera, devo farle una domanda che riguarda lo scarto tra la buona preparazione del vertice e la criticabile gestione visto che, anche sulla base di quello che lei ha scritto e detto nella relazione, era prevedibile che ci sarebbero state azioni di guerriglia.


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Il non essere stati in grado di contrastare queste azioni di guerriglia è dipeso da un indirizzo politico che riguardava soltanto l'ordine pubblico e basta - perché bisognava solo difendere la zona rossa e non c'erano altri problemi - oppure da altro: da impreparazione, dalla novità del fatto, dalle vicende e così via. Infatti, mettendo insieme Seattle, Nizza, Göteborg e Napoli - come giustamente rilevava prima l'onorevole Cicchitto - risultava chiaro che sarebbe avvenuto più o meno lo stesso.
Quindi la prima questione che desidero porre alla sua attenzione è rappresentata dallo scarto tra preparazione e gestione. Vorrei sapere se lei è in grado di darci una valutazione che ci aiuti a capire anche come in futuro, da domani in poi, andranno gestite tali questioni.
Vorrei anche sapere chi era il collega responsabile del reparto mobile che - se non ho capito male - consigliato da lei decise nella sua autonomia di procedere ugualmente, per ragioni tecnico-operative, all'intervento all'interno della scuola Diaz.
Lei ha partecipato a processi decisionali, a decisioni? Come si svolgeva il processo decisionale a Genova, almeno per la parte che l'ha riguardata direttamente?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Onorevole Violante, come ho già accennato l'unico episodio decisionale al quale ho partecipato è stato quello relativo all'intervento presso la scuola Diaz. Ho chiaramente espresso il mio pensiero sull'opportunità di tale intervento. Al riguardo non vi sono state voci di dissenso, né da parte di miei sottoposti né da parte di miei superiori. È stata una decisione concorde, unanime, tant'è che è stata presa.
FILIPPO MANCUSO. Il suo dissenso a che cosa si riferiva?


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ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Nel momento strettamente operativo non ho mai diretto reparti mobili, ho sempre svolto attività di polizia criminale. Avevo però notato che c'era una tensione che andava un po' oltre il dovuto ed ho fatto presente al collega - e con questo rispondo al presidente - del reparto mobile, dottor Canterini queste mie percezioni. Sono percezioni che un uomo avvezzo a gestire personale è certamente disponibile a recepire; in questi casi giova anche l'esperienza. Ho fatto presente che forse era il caso di soprassedere, anche perché - con questo mi auguro di non dover ritornare sull'argomento relativo alla scuola Diaz - c'era una situazione di fatto leggermente diversa da ciò che era stato rappresentato in sede di riunione.
LUCIANO VIOLANTE. In che senso era diversa la situazione?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Il benedetto cancello della scuola...
LUCIANO VIOLANTE. Era chiuso!
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Era chiuso. Era stato detto invece che il cancello era aperto. Probabilmente era stato chiuso nel lasso di tempo che è intercorso tra l'informazione e l'attuazione dell'operazione. Il cancello che, onestamente, resisteva a 70-80 uomini, quindi un cancello di una certa solidità. Questa sosta necessitata mi aveva anche permesso di rilevare la situazione.
LUCIANO VIOLANTE. Mi scusi, quando lei parla di tensione del reparto mobile, se non capisco male...
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Del personale in genere.


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LUCIANO VIOLANTE. Del personale... in che senso ha sconsigliato?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Sono riuscito a raggiungere il collega...
LUCIANO VIOLANTE. Mi scusi, ho capito cosa ha fatto, io vorrei arrivare ad un'altra questione. Avendo visto questo stato di tensione, ha temuto che ci potesse essere un eccesso di uso della forza?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. No guardi, non ho temuto nulla. Avendo recepito questa sensazione sono riuscito a raggiungere il collega e a dirgli «guarda, passiamo mano - queste sono le testuali parole - perché non è cosa.» Ovviamente, come ho fatto presente nella relazione, il mio era un consiglio, non un ordine, e per chi mi conosce un po', se avessi avuto la titolarità certamente...
LUCIANO VIOLANTE. «Passiamo mano» che cosa voleva dire?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Andiamo via! Andate via!
LUCIANO VIOLANTE. Cioè, non effettuiamo la perquisizione.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Sì.
LUCIANO VIOLANTE. Ho capito.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Il collega mi ha risposto in una certa maniera, il mio consiglio è stato disatteso e me ne sono andato via.


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LUCIANO VIOLANTE. Ho capito. Quindi la tensione non riguardava soltanto il reparto, ma riguardava la situazione complessiva.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. La situazione complessiva, certamente.
LUCIANO VIOLANTE. Ho capito. È chiaro. Vorrei tornare alla prima domanda che le ho fatto, quella sullo scarto tra la buona preparazione e la discutibile esecuzione.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Certamente noi abbiamo dato tutte le informazioni che avevamo, informazioni poi riscontrate rispondenti al vero, sulla piazza, certamente i reparti si sono trovati a fronteggiare una situazione eccezionale: fronteggiare la guerriglia è cosa diversa dal fronteggiare il corteo o una massa più o meno ordinata. L'ordine pubblico in quanto tale è una bruttissima bestia, perché quando non succede niente non succede niente, appena succede qualcosa...
LUIGI BOBBIO. Signor prefetto, innanzitutto grazie per la sua relazione completa, tecnica, esauriente, che, a mio avviso (ma credo non solo a mio avviso) denota l'alta professionalità del lavoro da lei svolto. Avrei alcune domande da rivolgerle molto rapidamente, più che altro per comprendere meglio, la dinamica dei fatti svoltisi a Genova. Le premetto che questo alternarsi, questo intrecciarsi da parte di alcuni - e non mi riferisco a lei perché la conosco bene, se mi permette, quindi conosco la sua trasparenza, la sua sincerità e la sua linearità - di consigli, «sconsigli», raccomandazioni, mi lascia perplesso perché, conoscendo un po' come vanno le cose dell'amministrazione, so che nella prassi esistono consigli e raccomandazioni date da soggetti che, pur non avendo il


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potere di impartire ordini, hanno una loro forza cogente per una serie di altre ragioni interne all'amministrazione della Polizia di Stato.
Allora, per capire bene, vorrei sapere da lei, se è in grado di dirmelo, innanzitutto: il capo della Polizia, il dottor De Gennaro, è stato presente a Genova durante il vertice? In caso affermativo, con che tipo di permanenza? In quali occasioni? Ancora, che attività le risulta, visto che si tratta del massimo vertice del dipartimento della pubblica sicurezza e quindi della Polizia di Stato, abbia svolto in concreto, seppure a livello di raccomandazioni, segnalazioni e consigli, il dottor De Gennaro, in quanto capo della Polizia? Diversamente il suo ruolo, a mio avviso, resterebbe del tutto privo di contenuto e di significato, e ciò non è possibile. Ancora, le vorrei chiedere - sostanzialmente mi ha già risposto, ma glielo chiedo nuovamente per vedere se ha qualcosa da aggiungere - quale sia stato invece il suo ruolo, fermo restando che lei ci ha chiarito di essere giunto a Genova con un incarico ben specifico del tutto attinente alla sua funzione e al suo ruolo. Ha avuto altri ruoli oltre a quello legato alla sala di collegamento internazionale a Genova nei giorni di sabato e domenica? Avendoci parlato della vicenda della scuola Diaz, sulla quale mi permetto di ritornare (proprio perché sono un pignolo, non per altro, non per deficit nella sua esposizione) vorrei chiederle: le è capitato in altre occasioni, in quei due giorni, che il capo della Polizia le abbia chiesto di essere portatore di raccomandazioni o consigli, come è stato nel caso della fase decisionale dell'intervento alla scuola Diaz? Le vorrei chiedere se, in particolare, vista la sua notevolissima esperienza, il capo della Polizia non abbia avuto alcun ruolo pratico e operativo concreto, come da più parti si vorrebbe sostenere. Se il questore era, invece, come più di un intervistato ha dichiarato essere, il responsabile


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unico e apicale della gestione dell'ordine pubblico sul territorio metropolitano di Genova, per quale ragione si determinò, come ci ha detto lui stesso, a chiedere al capo della Polizia un'autorizzazione sostanzialmente inutile, vale a dire utilizzare i carabinieri per effettuare l'intervento alla scuola Diaz? Infatti, in quanto apice della struttura dell'ordine pubblico, titolare unico del potere di intervento, di decisione di intervento, poteva tranquillamente valutare e disporre l'utilizzo dei carabinieri malgrado quella remora legata all'episodio Giuliani accaduto il giorno prima. Ancora, ci può dire (perché sembra di capire che le cose si siano svolte in questi termini) alla riunione presso la questura, nella quale si decise all'intervento presso la scuola Diaz, chi era presente in particolare? Ci può dare i nominativi? Chi partecipò a questa concordanza di visione sulla necessità dell'intervento? Vorrei inoltre sapere se fra i soggetti presenti vi fosse un ufficiale di polizia giudiziaria, visto che l'articolo 41 concerne attività di polizia giudiziaria. Ancora, ci può dire se la comunicazione al capo della Polizia De Gennaro fu fatta solo per avere questa autorizzazione all'utilizzo dei carabinieri o anche per altre ragioni? Se ve ne fossero altre, la pregherei di dirle. Sulla sua presenza sul posto, lei ci ha risposto con grande chiarezza e con grande linearità. Quanto tempo prima dell'intervento lei arrivò alla scuola Diaz? Oltre alla sua decisione personale vi fu un input in questo senso anche da parte del capo della Polizia che la sollecitò eventualmente ad essere presente sul posto? Inoltre, vorrei sapere perché l'addetto stampa del capo della Polizia, dottor Sgalla, andò sul posto! Chi lo mandò e, sostanzialmente, con quali compiti? Le risulta che lo stesso dottor Sgalla abbia avuto un contatto preventivo con la stampa in ordine al blitz presso la scuola Diaz? Ancora, e questa è una domanda particolarmente legata alla sua posizione - glielo dico con la


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sincerità che lei penso riconosca - , vista l'indiscutibile qualità del suo lavoro, informativo, investigativo e preventivo, che non è contestabile sotto nessun profilo, per quali ragioni lei è stato destinato allora ad altro incarico, visto che comunque - e glielo dico con la stima che le porto - lei non ha avuto parte nella gestione di quei fatti sotto contestazione, vale a dire la gestione concreta dell'ordine pubblico?
Ancora, se così stanno le cose - se lei lo sa, perché lei stesso potrebbe non essersene fatta una ragione - a quale pretesa inadempienza o inefficienza sarebbe stato dovuto il suo avvicendamento?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Senatore, lei mi ha rivolto una lunga lista di domande; cercherò di essere più conciso. Il ministro ha deciso la rimozione dal mio incarico non per incapacità, ma ritengo l'abbia fatto per opportunità e in ossequio, anche, a considerazioni di trasparenza. Da questa situazione mi auguro di uscire quanto prima. Tale decisione non mi ha certamente messo di buon umore, ma un ordine del ministro non si discute; mi piaccia o meno, sono abituato ad obbedire e quindi ho preso atto della decisione. Ritengo di potermi riabilitare in futuro.
Per quanto mi risulta (ritengo di poterlo sostenere con certezza), il capo della Polizia, nei giorni in cui si svolgeva il vertice, non è stato a Genova. Dovreste chiedere più a lui che a me quale attività risulta aver svolto il capo della Polizia.
LUIGI BOBBIO. Lo abbiamo chiesto.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Se non ha risposto Gianni De Gennaro, non posso farlo io, Arnaldo La Barbera.
Sul mio ruolo a Genova, vi sono giunto per le motivazioni prima elencate; non ho avuto altri ruoli. Ho svolto un ruolo


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decisionale, insieme ad altri colleghi, nella risoluzione di procedere alla perquisizione della scuola Diaz, dove erano presenti come ufficiali di polizia giudiziaria, il capo della mobile, il capo della DIGOS, un paio di funzionari dello SCO (dei quali, in questo momento, non ricordo il nome): quindi, ufficiali di polizia giudiziaria presenti ve ne erano, forse, anche troppi.
Per quanto riguarda la comunicazione al capo della Polizia, il questore, nella telefonata fatta a De Gennaro, dà per scontata, in quanto susseguente, la decisione presa di svolgere la perquisizione presso la scuola. Non consulto il capo della Polizia sull'opportunità o meno di svolgere una perquisizione. Ho trent'anni di servizio nella polizia ed il prefetto Andreassi anche qualcuno in più: per fare la perquisizione non è necessario chiamare il Presidente della Repubblica. Fra l'altro si trattava di una decisione pienamente condivisa, unanimemente, nonostante nei giornali vi siano articoli su un eventuale dissenso tra me ed Andreassi. Inoltre, se vi fosse stato dissenso, il vicecapo vicario avrebbe avuto un peso specifico maggiore del mio (data l'organizzazione gerarchica della nostra struttura). Comunque, so che il prefetto Andreassi sarà ascoltato dal Comitato immediatamente dopo di me e potrete ottenere da lui una conferma: vi è stata una piena consapevolezza della legittimità e dell'opportunità di compiere un atto dovuto.
Sono arrivato contestualmente o quasi (parliamo di un minuto o due, non di più) al personale. Per quanto riguarda chi ha inviato il dottor Sgalla, va chiesto a lui, non a me. Certo, non l'ho chiamato io; peraltro, i miei rapporti con la stampa - con tutto rispetto per questa - sono noti. Non ho bisogno di curare la mia immagine, forse perché -«scusate la modestia»- ritengo di averne avuta troppa in trent'anni, avendo prestato servizio a Napoli e Palermo, dove spesso si assurge


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agli onori della cronaca: non avevo certo bisogno di farmi pubblicità a Genova. Appena vedo arrivare i giornalisti, vado via.
PRESIDENTE. Se vi sarà una richiesta da parte del senatore Bobbio, allungheremo la lista di coloro che dovranno essere auditi.
ANTONIO SODA. Riprendo un tema, affrontato dal presidente Violante ed anche dall'onorevole Saponara. Risulta dalla sua relazione, signor prefetto, che il centro di prevenzione informò e presentò della documentazione visiva sulle modalità di attacco, la cosiddetta guerriglia urbana. Risulta dall'ordinanza del questore del 12 luglio che si ha piena consapevolezza di tali modalità di attacco e delle tecniche di guerriglia, tanto da prevedere, per lunghe pagine, i cosiddetti reparti mobili di intervento, proprio per fronteggiare queste situazioni di emergenza. Risulta, inoltre (si tratta di una mia valutazione, ma le chiedo una conferma), che l'azione di contrasto di questo tipo di guerriglia urbana (sulla quale lei ha informato ed il questore ha provveduto) non sia stata efficace. Il dato su cui si fonda questa valutazione è l'analisi dettagliata - da me fatta - dei verbali di arresto e di fermo: non vi sono arresti in flagranza di atti di devastazione e di saccheggio. Vi sono arresti per violenza, per resistenza, per oltraggio, per qualche danneggiamento (ripeto qualche danneggiamento), ma non in flagranza. D'altra parte, le scarcerazioni (che si possono discutere o meno, come è accaduto questa mattina quando si è fatto dell'ironia sulle ordinanze) segnalano l'assenza della prova dei fatti riconducibili a coloro che sono stati scarcerati. Condivide quindi questa prima valutazione, cioè che vi è stata


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un'informativa, una conoscenza notevole delle tecniche di guerriglia, una predisposizione di un'azione di contrasto con risultati pressoché nulli?
Il prefetto a questa domanda non ha risposto. Il capo della Polizia ha detto che le tecniche di guerriglia non possono essere fronteggiate con i reparti ordinariamente impiegati; probabilmente bisognerà, come negli anni settanta, svolgere un lungo lavoro di investigazione. Il questore, questa mattina, ha fatto intendere che i reparti mobili non hanno funzionato, perché, in corso d'opera, sono stati modificati nella loro struttura, in relazione ad una segnalazione di pericolo di sequestro. Quindi, i reparti mobili piccoli, veloci, non sono stati dislocati sul territorio, sostituiti da reparti pesanti che non potevano muoversi, per timore di rapimenti. Questa notizia verrebbe dai servizi, o da quelli di informazione o da quelli di prevenzione...
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Proviene dai servizi di informazione. È veicolata dalla prevenzione, ma scaturita dai servizi di sicurezza.
ANTONIO SODA. Comunque, non ha precisato in che modo sono stati scomposti e ricomposti, numericamente, questi reparti. Le chiedo: poiché l'ordinanza, su questo punto specifico, è il frutto dell'operazione di coordinamento tra la sua attività e quella del questore, le disposizioni del questore relative a tali modifiche, che hanno resi inoperativi quei reparti, sono state valutate congiuntamente al suo servizio? Infatti, dalle sue indicazioni le tecniche di guerriglia risultavano siffatte, richiedendo, quindi, la necessità di essere contrastate in tale modo e, quando scompare la forma di contrasto, i risultati sono negativi come quelli che abbiamo visto.


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Le chiedo anche che valutazione dà, signor prefetto, di questa organizzazione complessiva, di questi piani operativi, atteso che il questore ha sempre detto che tutte le sue decisioni sono state affiancate, sostenute, supportate e condivise da tutto il dipartimento centrale, compresa quindi l'area da lei diretta. Chiedo alla presidenza che il Comitato acquisisca tutte le relazioni di servizio dei dirigenti di questi reparti mobili, per capire quanti sono i reparti mobili stessi (qui ne saranno indicati oltre 60 o 70): quanti di essi, preposti a quel tipo di contrasto della guerriglia, sono tornati indietro con un resoconto riguardante l'operazione svolta? Rivolgo questa domanda alla presidenza.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Premetto che ho poc'anzi ribadito che la prevenzione è attività distinta da quella di ordine pubblico. L'ordinanza è firmata dal questore, che è titolare dell'uso e dell'impiego della dislocazione dei reparti stessi. Certamente, il questore non è tenuto ad informare la polizia di prevenzione della dislocazione dei reparti o di cambi nella destinazione dei reparti.
ANTONIO SODA. Il questore ha detto: tutto quello che ho fatto, l'ho fatto insieme a loro. Questo è pacifico!
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Allora rispondo che la domanda che mi è stata rivolta riguarda l'ordine pubblico, su cui non ho competenza. Il problema è che io debbo dare al questore, il questore non deve dare a me, come in realtà non ha fatto, non ha chiesto a me il permesso di impiegare il personale in un modo o in un altro (Commenti del deputato Soda).
Onorevole Soda, sto cercando di spiegarlo forse in una forma un poco più prolissa; il questore non ha condiviso con


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me l'ordinanza poiché non è tenuto a farlo, né modifiche dell'ordinanza, perché non è parimenti tenuto a farlo: ognuno ha i propri onori ed i propri oneri. L'autorità provinciale di pubblica sicurezza risponde dei servizi sulla piazza di Genova, piaccia o non piaccia: si tratta, purtroppo del rischio connesso a questa professione.
PRESIDENTE. Ci sono ancora dieci colleghi che devono intervenire. Mi sembra che, se si cerca di allargare il discorso, il prefetto abbia con chiarezza affermato che per quanto riguarda la vicenda della Diaz, egli si richiama alla relazione: è inutile tenere dei piccoli comizi. Lo dico veramente nell'interesse di tutti, anche perché è arrivato il dottor Andreassi. Se ci sono domande che il Comitato ritiene possano approfondire alcune problematiche, relativamente al ruolo che ha svolto il dottor La Barbera, vi invito a formularle: cerchiamo di non ripetere una discussione sulla questione della Diaz, che mi pare già chiusa, ferme restando alcune specificazioni. Rivolgiamo domande riguardo al tema della prevenzione, motivo per il quale abbiamo invitato il prefetto. Mi auguro che i colleghi intendano avanzare domande in questo senso e che qualcuno possa rinunziare, se ha già trovato soddisfazione nelle risposte che sono state fin qui fornite, comprendendo che lo spazio delle risposte è molto più limitato di quello tracciato dalle precedenti audizioni.
MARCO BOATO. Cercherò di non ripetere argomentazioni già svolte: il prefetto ha accolto il nostro invito nella consapevolezza che stiamo cercando di capire quanto è avvenuto e quindi dovrà scusare anche la nostra insistenza su alcune questioni. Il prefetto gode di ampia stima, al di là della recente disavventura: gli rivolgo i miei migliori auguri per il futuro.


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Avanzo solo un'osservazione linguistica sul testo che ci è stato letto, che non riguarda la materia di cui stiamo discutendo ma solo il linguaggio: sono però attento alle questioni costituzionali. Non userei l'espressione grandi manifestazioni di ordine pubblico: si tratta di grandi manifestazioni che possano comportare problemi di ordine pubblico, ma non esistono grandi manifestazione di ordine pubblico dal punto di vista costituzionale....
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Ad una grande manifestazione possono essere connessi problemi di ordine pubblico...
MARCO BOATO. Ho capito cosa voleva dire, ma è una questione di stile. Citerò tre questioni molto puntuali ed una osservazione più generale. Quando si parla (mi pare corrisponda al vero) di fonti di settore riguardo la questione della frattura tra FAI ed i cosiddetti anarco-insurrezionalisti, non so a cosa ci si riferisca con l'espressione fonti di settore: si tratta di un fatto pubblico, ci sono state interviste televisive ai responsabili della FAI che hanno preso le distanze dai cosiddetti anarco-insurrezionalisti che, per loro stessa struttura, sono difficilmente identificabili. Confermo, per quanto posso dire politicamente, quello che il signor prefetto scrive, però trovo strano questo riferimento alle fonti di settore, quasi che fosse un'informazione riservata o di carattere investigativo: si tratta di una posizione pubblica, dichiarata nelle interviste riportate dai giornali. La FAI ha preso le distanze dai cosiddetti anarco-insurrezionalisti ed in nota, giustamente, si dice che questa organizzazione ha posizioni radicali sul piano politico ma sempre, in genere, di carattere non violento.
Chiedo un chiarimento sulla questione della Grecia, perché anche da materiale «riservato» (ma che riporta esattamente


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le stesse informazioni) del Ministero degli affari esteri emerge ciò che è contenuto nella relazione. Le chiedo, signor prefetto, di capirne il motivo: mi pare che fra tutti gli Stati con cui lei ha avuto rapporti, in quanto capo della Polizia di prevenzione (ma per il Ministero degli affari esteri è stato lo stesso), ci siano state enormi difficoltà di collaborazione solo con lo Stato greco. Poiché il prefetto è andato ad Atene ed ha parlato con loro, ci potrebbe spiegare quali sono stati i termini di tali difficoltà?
Vorrei citare un'altra questione di cui, mi pare, non si sia parlato se non indirettamente: nella sua relazione c'è una parte sui Servizi di informazione che mi pare molto plausibile, molto critica, dove sostanzialmente si dice che tutte le informazioni, salvo rare eccezioni, nei momenti rilevanti sono state complessivamente assai rare, non dettagliate, indistinte tra una moltitudine di informazioni risultate nella maggior parte dei casi prive di qualunque riscontro e quindi non utilizzabili in campo informatico, tema che il prefetto ha citato. Nel dettaglio, mi pare di capire che il giudizio sia fondato: le chiedo dunque, signor prefetto, non di confermarla (visto che ci ha appena letto la relazione), ma di spiegare meglio tale questione. Infatti, ci siamo trovati di fronte ad un questore che parla di ottima collaborazione con i servizi di informazione e il Comitato che (se sbaglio il presidente mi smentisca) ha chiesto ai servizi di informazione di acquisire materiale, anche in forma riservata: mi pare che non sia arrivato nulla, forse perché dovrebbe arrivare documentazione che contiene informazioni che si sono rivelate delle « bufale », che forse hanno anche fatto perdere una quantità enorme di tempo per riscontrarle o falsificarle, come si dice nel linguaggio epistemologico. Non è così? È arrivata documentazione, perché fino a ieri nell'elenco non l'ho trovata...


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PRESIDENTE. Posso aggiornare il Comitato: in base a una nota dell'ex ministro Mattarella, tutti i documenti vengono mandati al CESIS, il quale ha chiesto l'autorizzazione al ministro Frattini, che ha già firmato questa mattina. È un fatto di ordine amministrativo.
MARCO BOATO. Fino a ieri sera non risultava essere arrivato, dopo 20 giorni dalla nostra richiesta, materiale dai Servizi di informazione: comunque nella relazione troviamo un'analisi abbastanza puntuale di una serie di informative. Vorrei un chiarimento; forse lei non risponderà, signor prefetto, ma lo chiedo per un atto di stima, perché conosco il suo percorso, il lavoro che lei ha svolto, al di là di questo incidente di percorso.
Nella sua relazione si legge: «Abbiamo, a livello internazionale, confrontato le varie strategie e calibrate le diverse tipologie di intervento». Quindi, un riferimento c'è.
Anche se è vero che nella fase operativa l'ordine pubblico non è di sua competenza, come prefetto, come dirigente della polizia, come uomo che ha avuto a che fare per decenni con la polizia, credo che lui ci possa aiutare a capire - visto che il nostro è un Comitato di indagine conoscitiva che non deve emettere sentenze né attribuire responsabilità, ma deve capire, anche per il futuro -, perché, avendo voi fatto questo lavoro preventivo di analisi e di informazione, anche comparativa, tutto ciò ha avuto invece un risultato operativo, così problematico (per utilizzare un eufemismo).
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Per quanto riguarda la posizione della FAI e la distinzione con gli anarchici insurrezionalisti, si tratta di notizie che, al di là delle prese di posizione pubbliche, esternazioni e quant'altro, sono state verificate dalla DIGOS.


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Per quanto riguarda la Grecia, ho trovato una chiusura totale. Quale ne sia il motivo non so; ho preso atto di questa chiusura ed ho cercato di by-passarla, incentivando l'ufficiale di collegamento: questi non fa parte della direzione ma è ufficiale dei carabinieri e funge da ufficiale di collegamento in Grecia. Ho cercato di stimolarlo, inviando anche del personale della DIGOS presso i porti di Patrasso e Igoumenitsa, da cui avevamo notizie che eventuali manifestanti greci sarebbero partiti.
Per quanto riguarda i servizi, la mia non è una critica, ma una fotografia. Non esprimo giudizi, perché non spetta a me giudicare, ma ho riferito quello che è; semmai dovrà giudicare il Comitato in questa sede o in altre sedi opportune.
Con riferimento al discorso sull'ordine pubblico, se torniamo alla distinzione tra prevenzione e ordine pubblico...
MARCO BOATO. Le chiedevo un chiarimento in qualità di dirigente di polizia.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Facciamo un passo indietro: tornerò a fare il questore, ammesso che me lo facciano fare, e a quel punto le risponderò! Al di là della battuta, chiaramente la guerriglia, con la tecnica del «mordi e fuggi», si affronta e si vince sulla mobilità: è questa una condizione essenziale per vincere la guerriglia. Non servono 1.000 uomini, ne bastano 50 o 100. Chiaramente, però, bisogna misurare bene e valutare al meglio la situazione, perché poi possono accadere eventi ancora peggiori rispetto a quelli che si sono verificati a Genova.
FILIPPO MANCUSO. Signor prefetto, fossi in lei, non mi affannerei su tale quesito irrisolvibile, in chiave logica, circa la sua incompetenza in materia di ordine pubblico, perché


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scontata la ovvia ripartizione tra prevenzione e ordine pubblico, le suggerirei di individuare la sua posizione in questo contesto come quella nascente da una nomina ad personam.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Componente del Comitato? Troppo onore!
FILIPPO MANCUSO. ... una preposizione di fatto in via fiduciaria, non in relazione ai suoi compiti istituzionali, ma in relazione al contesto che si viveva a Genova. Ciò spiegherebbe, e la toglierebbe anche di imbarazzo, il motivo per il quale la sua attività, insieme a quella commissione interna i cui lavori si svolgevano a Genova, non fu mai veramente formale, consenziente o non consenziente che fosse. Lei era un preposto in virtù di un incarico ad personam, proveniente dal vertice della sua istituzione; non incarico arbitrario, ma legittimo nell'ambito di un rapporto gerarchico che la vedeva subordinato.
Ciò posto, e con questo quindi consigliando al Comitato di non angariare la sua pazienza su tale dettaglio, le pongo due domande. Vorrei sapere quali siano state le modalità e la forma attraverso cui lei è stato sottoposto all'ispezione amministrativa che si è poi conclusa con la sua chiamata ad altro incarico. In secondo luogo vorrei sapere, e ciò attiene proprio al suo incarico fondamentale, cosa ha potuto accertare, e a tutt'oggi che cosa è accertato, in ordine alla organizzazione di questo convegno eversivo da parte di individui provenienti da tutta Europa, in termini di mezzi, responsabilità, strumenti e tempi. Vorrei anche sapere in particolare se risultino fonti di finanziamento e loro entità, percettori e dispensatori dei medesimi e se questi siano potuti venire alla luce nell'ambito del suo compito di prevenzione. Del resto, non trovo traccia di ciò né nel suo scritto né nelle parole degli altri e mi sembra


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impossibile che un sommovimento così ingente di persone, provenienti da tutti i punti cardinali, sia stato gratuito, grazioso e indolore dal punto di vista economico. Quindi, con quella premessa sistematica, le domande sono due: come si è svolto il suo procedimento, diciamo così disciplinare, e quali elementi di accertamento avete potuto acquisire in merito ai due temi su cui ho parlato da ultimo.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Alla prima domanda, posso rispondere che ad un certo punto sono stato convocato dal capo di gabinetto del ministro, sono stato ricevuto ad una certa ora nel corso della serata e sono stato invitato a farmi da parte per motivi di opportunità, visti i fatti di Genova. Ho preso atto, forse a malincuore ma, ripeto, sono abituato ad obbedire, mi sono fatto da parte ed eccomi qua.
FILIPPO MANCUSO. Con l'ispettore non ha avuto nulla a che fare?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. No, con l'ispettore ministeriale, che ben conosco, non ho avuto (Commenti). No, non sono stato sentito. Tenga presente che l'estensore dell'ispezione sulla Diaz può fare l'ispezione disciplinare, o amministrativa che dir si voglia, nei confronti di persone che hanno un grado nella pubblica amministrazione inferiore al proprio. Immodestamente, io ho un grado superiore: quindi, non sono stato contattato, non gli ho parlato, né ho avuto modo di rispondere ad eventuali contestazioni, ammesso che me le abbia fatte (questo non lo so). Le ho detto la verità all'inizio di agosto sono stato convocato dal capo di gabinetto del ministro degli interni, sono stato invitato a presentarmi ad una certa ora, doverosamente mi sono presentato ed ho preso atto di quella che è stata una decisione del ministro. D'altronde,


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non potevo fare diversamente: sono un uomo delle istituzioni. Ne ho preso atto, magari con un po' di dispiacere, ma bisogna anche saper incassare!
Circa la questione da lei sollevata con la seconda domanda, essa è attualmente oggetto di indagini; si tratta di indagini avviate ormai da alcuni mesi e sul cui esito sono sufficientemente ottimista.
GABRIELE BOSCETTO. Nel documento n. 2, che lei ha così cortesemente allegato alla sua relazione, vi è l'elencazione di una serie di riunioni di servizio presso la direzione centrale della polizia di prevenzione svoltesi in diverse date. Nell'ambito di queste riunioni, tenute con differenti partecipanti, vi sono stati anche numerosi incontri, dimostrativi dell'ottimo lavoro svolto, con ufficiali di collegamento stranieri e con rappresentanti di forze di polizia di altri paesi. Lei stesso nel suo memoriale evidenzia come sia andato personalmente a prendere contatto con le forze di polizia estere.
Non vi è però traccia - non so se la legge non lo consenta o non lo preveda - di incontri tra la direzione centrale della polizia di prevenzione ed il SISDE, il SISMI o l'organismo superiore, né traccia di incontri tra i nostri servizi segreti e quelli europei o addirittura internazionali. Il tutto in rapporto ad un evento che più internazionale di così non poteva essere, rappresentando il momento di incontro dei principali uomini politici del mondo, di coloro cioè che elettivamente reggono i paesi industrialmente più avanzati. Ci può spiegare perché tali incontri non si sono tenuti e perché questo non si rileva nella sua relazione, dove le emergenze che si evidenziano appaiono sotto questo profilo misere e poco utili?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. I servizi segreti italiani dialogano con i servizi segreti esteri; vi era peraltro un tavolo


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di riunione al CESIS, sede deputata anche per questi incontri. Al di là della partecipazione a tale tavolo, i nostri servizi, lo ripeto, dialogo comunque con i servizi degli altri paesi. La direzione della polizia di prevenzione è cosa diversa, che agisce su un piano differente rispetto a quanto fanno i servizi per definizione e per legge; ciò non toglie che vi sia stata da parte nostra la massima apertura: ad esempio, ho citato poc'anzi un'operazione contro il terrorismo islamico, sviluppata con l'apporto informativo dei servizi italiani e americani, e che ha visto svolgersi, dato che dovevano essere compiuti anche dei passaggi con l'autorità giudiziaria, riunioni tenute presso la direzione. Vi è stata quindi sempre la massima apertura.
ANTONIO IOVENE. Signor prefetto, nella sua relazione e nel rispondere alla collega Mascia, lei non si è soffermato, definendole semplicemente notizie di stampa su possibili infiltrazioni di forze dell'estrema destra. Sia nell'ordinanza del questore del 12 luglio, sia nella relazione della riunione del Comitato nazionale per la sicurezza e l'ordine pubblico del 16 maggio, vengono invece riportate notizie dettagliate rispetto alla possibile partecipazione del Fronte nazionale, di Forza Nuova o di altre forze di estrema destra alle manifestazioni di Genova, con la specifica finalità di infiltrarsi nei cortei per determinare momenti di scontro e così via. Di ciò siamo stati informati nelle precedenti audizioni.
Volevo capire se lei non ha parlato di tale argomento nella relazione perché queste informazioni si sono rivelate non significative o se si è trattato invece di una dimenticanza. Può confermarci o meno la presenza di queste forze, nelle manifestazioni di Genova?
Un secondo quesito che le volevo porre riguarda il seguente argomento: nella sua relazione, in riferimento all'azione di censimento svolta sul territorio per l'attività di prevenzione,


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sostiene che non si è provveduto ad una sistematica attività di repressione preventiva per una serie di considerazioni, tra le quali il fatto che si stava parallelamente percorrendo la strada del dialogo con le componenti che si erano apparentemente palesate più moderate. In realtà, nei fatti di cui stiamo parlando si sono trovate coinvolte, a Genova, alcune centinaia di migliaia di persone. Le persone che si sono rese in qualche modo responsabili di violenze sono nell'ordine di alcune centinaia o forse migliaia, comunque un'infima minoranza rispetto alla stragrande maggioranza delle persone presenti nel capoluogo ligure. Credo quindi che sia stato giusto, e che sia giusto, dialogare con la parte moderata del movimento, quella cioè che si è sempre dichiarata pacifista e non violenta, e separare, individuare e colpire quella parte che, appunto, non c'entra niente con le ragioni, le motivazioni di chi ha voluto manifestare pacificamente. Sarebbe come identificare gli ultrà della domenica con l'intera tifoseria che pacificamente vuole assistere ad una partita: non per questo si deve criminalizzare l'una per colpire l'altra.
Circa l'attività di infiltrazione, lei ha negato l'esistenza di infiltrati all'interno dei manifestanti. Volevo però chiederle se erano presenti rappresentanti delle forze di polizia in altra veste: per esempio, è stata denunciata dalla Federazione nazionale della stampa la richiesta da parte di operatori della polizia di essere presenti alle manifestazioni nelle vesti di cineoperatori o di rappresentanti del mondo dell'informazione. Tale possibilità era stata negata da parte della Federazione nazionale della stampa. Vorrei sapere se, invece, questo tipo di attività sia stata in qualche modo svolta ugualmente.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Se questa attività c'è stata, certamente non è stata svolta né dalla direzione della polizia di prevenzione né da personale della DIGOS.


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Per quanto riguarda l'estrema destra, in un monitoraggio generale appositamente svolto, abbiamo avuto modo di analizzare i movimenti di rappresentanti di estrema destra, come ho avuto modo di accennare anche nella relazione.
Non ci sono state risultanze di rilievo, nè abbiamo riscontri di presenze di infiltrati della destra nell'ambito del contro vertice.
Per quanto riguarda la componente del dialogo, si tratta di una attività che è stata certamente portata avanti per acquisire informazioni e modulare anche determinati passaggi da parte di alcune DIGOS, ovviamente con quella parte dei manifestanti disponibile al dialogo, meno violenta. Certamente sono state percorse tutte le strade per cercare di far svolgere una manifestazione di quella importanza in un clima di normalità. È giusto manifestare anche il dissenso; purtroppo però le cose sono andate in maniera diversa, grazie alla presenza di questi 2.500, a cui si sono sommati 7 - 8 mila manifestanti.
ANTONIO IOVENE. Le ho posto tale domanda perché lei nella relazione usa l'espressione «apparentemente palesate più moderate». In realtà, le componenti di gran parte del movimento sono effettivamente moderate; non si sono palesate come tali solo apparentemente.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Ho usato il termine «apparentemente» perché certamente una parte del movimento si è rivelata moderata mentre l'altra parte non si è dimostrata tale, pur rientrando in una categoria unica. Questa è la spiegazione dell'uso di tale termine.
FRANCESCO NITTO PALMA. Signor prefetto, prima di rivolgerle alcune domande vorrei da lei una delucidazione che è propedeutica alle domande stesse. Nella relazione del 21


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luglio 2001, allegata alla sua relazione, si parla di un corteo regolato da un servizio d'ordine con casacche gialle, recanti la scritta «no G8». Vorrei sapere di quale corteo si trattava, ove mai lei lo sappia.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. È una questione di ordine pubblico. In questo momento non ne sono a conoscenza. Ovviamente, no G8, dovrebbe essere no global.
FRANCESCO NITTO PALMA. Personalmente sento il dovere di dirle che condivido pienamente la valutazione positiva formulata dal senatore Bobbio circa la completezza e la bontà delle informazioni che il suo dipartimento ha raccolto in previsione del G8, sia pure nel difetto o quanto meno nell'assenza di un eccezionale concorso da parte dei servizi e delle polizie straniere.
Una prima domanda riguarda - ed è sostanzialmente quanto già chiesto da altri colleghi - i nomi dei parlamentari, ove lei li sappia (non ho capito se la sua riserva era una riserva per conoscere e quindi riferire o una riserva dovuta ad altre ragioni), che si trovavano alla testa di un corteo poco prima degli alti scudi in plexiglass e di cui alla relazione del 20 luglio 2001.
La risposta è per me utile perchè in questa relazione di servizio si fa riferimento a presenze di una struttura tecnica per una trasmissione in diretta con Radio Sherwood all'interno di tale corteo. Il riferimento a Radio Sherwood lo trovo anche in una intercettazione telefonica, se riportata correttamente dalla stampa - questo non lo so - in cui sostanzialmente si afferma la necessità, da parte di Radio Sherwood, di organizzare un concerto per l'acquisizione del denaro necessario per l'acquisto di un furgone di munizioni per il G8. Questa è la prima domanda che le formulo.


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Seconda domanda: lei sostanzialmente nella sua relazione fa riferimento ad un blocco rosa e ad un blocco giallo, confluiti poi all'interno del Genoa social forum, e ad un blocco blu che avrebbe alcune caratteristiche più violente, ma meno violente rispetto al blocco nero, anche se non omette di dire che all'interno del blocco giallo vi era anche una forma di componente violenta, sia pure più ridotta rispetto a quella degli altri blocchi. Vorrei sapere se lei è in grado di confermare una dichiarazione che si trova nell'ordinanza del questore di Genova in cui sostanzialmente si afferma che il centro sociale Askatasuna - se non ho letto male - che è intraneo al blocco blu partecipava alle riunioni del Genoa social forum. Ciò si legge espressamente nell'ordinanza del questore; pertanto conseguentemente le chiedo se, sia pure parzialmente, non si debba rettificare quella sua affermazione secondo cui solo il blocco rosa ed il blocco giallo facevano capo al Genoa social forum nel senso che anche componenti del blocco blu facevano riferimento allo stesso Genoa social forum. Terza domanda: l'ordinanza del questore, l'ordinanza prefettizia del 2 giugno, l'intervento del capo della Polizia del 16 maggio al consiglio nazionale per l'ordine pubblico...
PRESIDENTE. Si appresti a concludere.
FRANCESCO NITTO PALMA. Arrivo subito al problema, signor presidente. Vorrei sapere con precisione quando il grosso di questa sua attività informativa si è conclusa. Se non leggo male l'intervento del capo della Polizia, immagino che il grosso delle notizie da lei riportate nella relazione siano state acquisite circa all'inizio e alla metà di maggio di quell'anno. So che vi sono state oltre 100 intercettazioni telefoniche; essendo intercettazioni di tipo giudiziario, lei non ne poteva essere a conoscenza, non essendo ufficiale di polizia giudiziaria.


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Poichè erano finalizzate ad un problema di ordine pubblico, le chiedo se in linea di massima lei ha avuto qualche tipo di informazione e se ha mai saputo di intercettazioni intercorse con esponenti politici.
Un'ultima domanda, signor presidente, sull'intervento del capo della Polizia.
PRESIDENTE. Ho tolto la parola agli altri colleghi. L'ho avvertita poco fa in modo tale da consentirle di concludere la domanda. Mi dispiace, può chiedere ad un collega di rivolgere a La Barbera la stessa domanda? Non posso assolutamente continuare a darle la parola.
FRANCESCO NITTO PALMA. Perché è esaurito il tempo riservato al mio gruppo?
PRESIDENTE. Sì. Può chiedere ad un collega di Alleanza nazionale o ad un altro collega di porre la stessa domanda, se lo riterranno opportuno. Mi dispiace molto.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Per quanto riguarda i nomi dei parlamentari a cui lei faceva riferimento, se il presidente lo chiederà, toglieremo gli omissis, fornendo la documentazione in merito.
Per quanto riguarda la seconda domanda, il blocco rosa, il blocco giallo e blu, il Genoa social forum comprende anche una parte del blocco blu. Il centro sociale a cui lei faceva riferimento, l'Askatasuna di Torino, ha partecipato a diverse riunioni con il Genoa social forum; fa capo, per essere più precisi, al Network che è un movimento di cui una parte rientra appunto anche nel centro sociale. In merito alla domanda su quanto è avvenuto, il grosso delle informazioni, l'attività di informazione ha rappresentato un lavoro in


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progresso, un work in progress; non è vero che noi già a maggio disponevamo di tutte le informazioni. Vi è stato in merito un lavoro continuo ed aggiuntivo, che ha richiesto del tempo.
Quindi le nostre informazioni sono giunte quasi a ridosso del vertice. Anzi, più ne avevamo, meglio era. Come dicevo poc'anzi, 198 servizi di intercettazione hanno dato dei frutti. I contenuti li ignoro: in ogni caso sono stati riferiti all'autorità giudiziaria.
GIANNICOLA SINISI. Ringrazio il prefetto La Barbera per la sua relazione. Debbo tuttavia dirle che apprezzo, come chiunque di noi, il senso dello Stato che lei ci manifesta, nell'accettazione di una disposizione del ministro, senza obiettare alcunché, anche se con l'amarezza che ci ha rassegnato.
Mi permetta però di dirle che il motivo di opportunità, se non legato ad un'inchiesta giudiziaria in corso, e non c'è, o ad un'inchiesta amministrativa, che non c'è, mi sembra una motivazione davvero debole, alla stregua anche del prezioso lavoro che lei ha condotto.
Su questo lei ha spiegato in maniera molto chiara la distinzione che corre tra il lavoro relativo all'ordine pubblico e le responsabilità, e quello relativo alla polizia di prevenzione. Forse avrebbe fatto meglio a descrivere la differenza tra il lavoro della polizia di prevenzione e quello dei servizi di sicurezza, dal momento che, anche se su questo è stato decisamente dettagliato nel rilevare talune questioni, lei afferma che non si tratta di un giudizio; tuttavia certamente i fatti che ci ha rassegnato hanno per noi un valore di tutto rispetto. In ordine a questo punto, le chiedo: le 126 note di interesse, cui fa riferimento, è l'intero novero delle segnalazioni


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effettuate dai servizi di sicurezza, o si intende che ve ne siano delle altre che non erano di interesse e che pertanto dovevano avere minore rilevanza di quelle indicate?
Una seconda questione - alla luce anche di quel pizzico di esperienza che anche io posso al riguardo spendere -: lei ha rappresentato un rapporto di collaborazione con la Grecia molto difficile in questo settore. Se non ricordo male, vi è una tradizionale difficoltà di collaborazione in questo settore con la Grecia. Le chiedo allora se si tratta di una novità, oppure se questa scarsità di collaborazione con la Grecia è una consuetudine, soprattutto per quanto riguarda l'antiterrorismo?
Una terza questione vorrei porre, dal momento che il presidente Mancuso, con una raffinata elaborazione giuridica, ha avanzato l'ipotesi di una sua presenza a Genova quale fiduciario o preposto di fatto. Torno a chiederle se lei invece non era a Genova per svolgere un incarico di istituto, quale quello di dirigere la sala internazionale, oppure se aveva un rapporto fiduciario di carattere generale che le ha consentito di svolgere anche quella funzione di consulenza che ha svolto.
Sulla questione della scuola Diaz, le pongo soltanto una domanda: vorrei sapere da lei chi ha deciso l'impiego del reparto mobile nella perquisizione e se, alla luce della sua esperienza di polizia giudiziaria, le risulta che in altri casi sia stata operata una perquisizione con analoghe modalità di impiego dei reparti operativi.
L'ultimo quesito deriva dall'accanirmi nel cercare una sua responsabilità, che faccio veramente fatica a ritrovare negli eventi; la mia pertanto è un'operazione di accanimento terapeutico nel cercare una ragione per questo suo allontanamento dall'incarico. Molti arresti non convalidati, molte proteste


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straniere: esiste un legame tra questo e la sala internazionale che lei ha diretto, dal quale si possa ricavare un elemento di responsabilità afferente al lavoro che lei ha svolto?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Per quanto riguarda le comunicazioni dei servizi, sono quelle che hanno ad oggetto il vertice del G8. Sono state tutte «girate» a Genova; su tutte le informazioni sono stati effettuati dei riscontri. Per questa ragione, le dicevo che queste informazioni sono state girate alle DIGOS, dal momento che queste, sul territorio, hanno cercato, molte volte inutilmente, di trovare un riscontro. Tenendo presente la delicatezza del tema, per ogni informazione, prima di constatarne la infondatezza, occorre effettuare dei riscontri. In alcuni casi, esse vengono veicolate alle DIGOS del territorio, ma ciò non fa venire meno l'impegno, in termini sia uomini che mezzi, con un costo significativo.
Per quanto attiene alle difficoltà di collaborazione con i greci, posso dire che sostanzialmente vi è stata una chiusura completa. Tuttavia, tale mancanza di collaborazione non è contestuale alla nomina di La Barbera come direttore della direzione di prevenzione, dal momento che anche il mio predecessore ha incontrato le stesse difficoltà. Mi pare di ricordare che si recò in Grecia per cercare di ottenere quello che a tutt'oggi non si è ottenuto, nonostante viaggi, visite e pranzi. La situazione è sempre la stessa.
Sono andato a Genova, come poc'anzi ho ricordato nella breve relazione, per la sala internazionale, diretta emanazione della direzione della polizia di prevenzione: abbiamo avuto dalla sala internazionale presso la questura di Genova una collaborazione soddisfacente.
Tutte le volte che sono stati fermati degli stranieri essa ci ha fornito la massima collaborazione. Lo stesso BKA, così riluttante nel fornire informazioni - tant'è che sono stati


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richiamati personalmente da me con toni anche aspri, in quanto negavano l'esistenza di movimenti antagonisti diretti a Genova, mentre noi eravamo in possesso di informazioni differenti - ha fornito una collaborazione soddisfacente. Se veniva fermato o arrestato un cittadino tedesco, ci fornivano, attraverso una banca dati, i precedenti relativi. Giova ricordare che il BKA è la polizia federale tedesca, la quale ha grossi limiti legati alla presenza delle polizie dei vari Länder. Si tratta di un limite legato alla propria organizzazione. Ciò non toglie che il BKA abbia fornito una collaborazione soddisfacente.
L'impiego del reparto mobile non è stato deciso da me: non ne avevo titolo e comunque non l'ho disposto io. Lei mi ha chiesto se vi sono state altre perquisizioni con l'impiego del reparto mobile: sì, ci sono state, ma non c'è niente di sacrilego nell'usare un reparto mobile a supporto di un'operazione di perquisizione di polizia giudiziaria. Infatti, qualche volta si parte con la polizia giudiziaria e poi si può sfociare in ordine pubblico: non è la prima volta, né sarà l'ultima. Riguardo alla sala internazionale ho già risposto.
FRANCO BASSANINI. Sulla cosiddetta vicenda della scuola Diaz, lei ha ricostruito i fatti assumendo una veste quasi da osservatore, da consulente, date le sue competenze e le sue responsabilità. L'ex questore di Genova, Colucci, ci ha invece detto che lei ha partecipato ad una riunione nella quale sono state definite le modalità operative, alla quale invece Colucci non avrebbe preso parte, o almeno non nella fase decisiva. Allora, come stanno le cose? Quali modalità operative sono state definite, tenendo conto della delicatezza di un intervento in un edificio nel quale, secondo le vostre informazioni, forse c'erano degli appartenenti ad organizzazioni violente, ma certamente anche appartenenti ad organizzazioni pacifiche?


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Una seconda domanda: lei ci ha parlato di intercettazioni, ed il questore Colucci ci ha detto che una di queste riguardava il capo delle tute bianche Casarini e che dalle stesse risultava che il 19 luglio sarebbe stato giorno pacifico, il 20 ed il 21 no. Risulta anche a lei? In questo caso, perché a un certo punto si è scelto, secondo quanto detto da Colucci, di considerare Casarini come un interlocutore per il dialogo e le trattative, se queste intercettazioni sono vere e se dicono quello che c'è stato detto? Stiamo parlando di intercettazioni, quindi della fase preventiva, non della fase della gestione finale.
Infine, un'ultima domanda: prima lei rispondeva ad un parallelo con Napoli. Come ricorderà, dopo Napoli, io ho difeso, in un'intervista a la Repubblica, il comportamento e le scelte di chi aveva la responsabilità dell'ordine pubblico. A Napoli avevo la responsabilità per il Governo della gestione di quella conferenza internazionale che riuniva i rappresentanti di 122 governi - quindi, non era una cosa da poco -, una cinquantina di ministri. A Napoli, l'intervento repressivo, per così dire, fu reso necessario dal fatto che le manifestazioni erano arrivate esattamente ai confini della piccola zona - Palazzo Reale e teatro San Carlo - dove si tenevano i lavori. Di fronte al tentativo di sfondare, di entrare e di interrompere i lavori, penso che fosse necessario intervenire fermando l'azione. Non so se anche a Napoli ci siano stati eccessi, in ogni caso il movimento era meno imponente, ma anche lo spiegamento delle forze dell'ordine lo era, sicuramente si è avuta l'impressione di una gestione diversa. Condivide questa impressione, oppure no?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Non ho tratto un'impressione diversa nella gestione dell'ordine pubblico a Genova e a Napoli, sulla riunione operativa alla scuola Diaz, nonostante abbia letto queste tre pagine (riservandomi di esprimermi


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sui limiti, essendoci una indagine da parte della autorità giudiziaria, e non volendomi sovrapporre alla stessa) vedo che non sono stato molto chiaro. Per quanto riguarda la riunione operativa, io c'ero; non mi pare di ricordare l'assenza di qualcun altro, caro senatore.
FRANCO BASSANINI. Riguardo alle intercettazioni di Casarini?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Le intercettazioni c'erano. Verosimilmente, anche Casarini era sotto controllo. Non lo so: si vede che il questore è molto ben informato sulla vicenda. Io non sono ufficiale di polizia giudiziaria, quindi mi astengo dal dare questa notizia. Comunque la direzione centrale di polizia di prevenzione non aveva contatti con Casarini.
KATIA ZANOTTI. Signor presidente sarò breve, in considerazione dell'intervento e dei quesiti posti dal collega Bassanini, che mi ha preceduto. Signor prefetto, manifestando un'esigenza che è forse di tanta parte dell'opinione pubblica, le chiedo quanto segue. Lei ha ribadito oggi che conferma l'opportunità dell'intervento alla scuola Diaz ed usa un'unica motivazione, ossia la presenza all'esterno di 150 persone vestite di nero. Le chiederei oggi di svolgere qualche ragionamento per dissipare la mia sensazione che l'intervento alla scuola Diaz non fosse di ritorsione rispetto a un'evidente inefficacia delle iniziative di contrasto alle azioni dei gruppi violenti nelle strade e nelle piazze di Genova. Glielo chiedo riferendomi non agli argomenti sui quali lei dice che è in corso un'indagine dell'autorità giudiziaria (quindi sui quali non vuole spendersi) ma usando qualche ragione in più circa l'intervento: chiarezza sulle ragioni, sul responsabile di quelle operazioni,


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sulla presenza di tanti dirigenti e funzionari di primissimo livello. Mi fermo perché la vicenda della scuola Diaz a Genova è molto importante.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Onorevole Zanotti, non vorrei trincerarmi nuovamente dietro quelle tre paginette...
MARCO BOATO. Ce le lascia?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Per carità, non ci sono misteri. Comunque le garantisco, mi creda sul mio onore: non mi è mai piaciuta la parte del vendicatore. Premesso che sul piano operativo non c'entro nulla, non c'era alcuna azione né di rivalsa, né di vendetta, né di altro genere. Si è trattato di una operazione di polizia giudiziaria da me pienamente condivisa, unitamente ad altri colleghi, perché ricorrevano i presupposti di legge e di fatto; probabilmente, si è partiti da un'azione di polizia giudiziaria ed il tutto è sfociato in ordine pubblico.
FILIPPO ASCIERTO. Signor prefetto, anch'io voglio complimentarmi per l'azione preventiva e di polizia giudiziaria svolta dai suoi uomini, perché vedo che è stata profonda e notevole. Le devo fare però qualche domanda rimasta in sospeso. A chi è stata mandata la richiesta di 50 ordinanze di custodia cautelare? Sono stati poi emessi questi provvedimenti, così come si evince dalla relazione? C dovrebbe spiegare bene, inoltre( e questo a me interessa in modo particolare per il nord-est, anche alla luce dei recenti atti di terrorismo che si sono verificati in quella zona) perché a pagina 5 della relazione al capo della Polizia del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica si dice che il blocco giallo si dichiara pronto alla disobbedienza civile ed alle


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possibili azioni dirette, benché non violente, pur non escludendo lo scontro con le forze dell'ordine. In una recente riunione - ecco il punto che ci interessa - fra esponenti dei centri sociali del nord-est è emersa comunque la primarietà dell'obiettivo di impedire lo svolgimento del vertice; ove le prossime elezioni politiche facessero registrare una vittoria del centrodestra, la protesta potrebbe caratterizzarsi anche nel senso dell'attuazione di azioni violente. Su questo punto vogliamo ulteriori spiegazioni.
Inoltre, personalmente le voglio chiedere (perché già il senatore Bobbio ha ampiamente esposto le sue richieste): lei parla dell'operazione alla Scuola Diaz, ma chi operativamente è stato preposto a questa operazione? Chiedo scusa, ma mi è sembrato di capire ci fosse una sorta di commissione dove ognuno dà i consigli, nessuno c'entra niente. Il questore «Io ti ho dato un consiglio: lascia perdere». Non mi sembra che questa riflessione possa essere condotta in modo superficiale da esponenti che hanno una storia come la sua e quella di tante altre personalità, che hanno comunque dato lustro alla Polizia di Stato.
O si prendono decisioni insieme o si evitano i consigli oppure non si va a Genova, se non è necessario: qualcuno si deve assumere questa responsabilità. Conosco la legge n. 121 (e sicuramente lei la conosce meglio di me) e so quali sono le responsabilità in base a tale normativa. Tuttavia, mi creda, sinceramente in questo consiglio verticistico un po' di confusione vi è stata. Allora, alla luce di ciò, le chiedo prima di tutto chi è stato che ha operato e poi se corrisponde al vero che lei ha più volte apprezzato ed anche rivolto elogi per iscritto a Canterini quando, come questore di Roma, svolgeva attività di ordine pubblico. Questa volta mi è sembrato che lei abbia detto: io non c'entro niente, gli altri uomini non c'entrano


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niente, oppure, i tuoi uomini sono un po' nervosi: lascia la mano. Sinceramente mi è sembrato di cogliere la volontà di scaricare ulteriori responsabilità su Canterini e sinceramente non mi sembra che egli se lo meriti.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Per quanto riguarda le 50 ordinanze di custodia cautelare, lei, onorevole Ascierto, comprenderà che in questa sede non posso essere più preciso. Le posso solo dire che per una di queste attendiamo fiduciosi (o meglio, attendono fiduciosi, non facendo io più parte della direzione centrale anche se ho fatto la mia parte). Uno dei colpiti da custodia cautelare è stato arrestato nei giorni di Genova; era stata registrata una intercettazione ambientale in cui si ipotizzava, tra l'altro, l'uso di bombe molotov. Quindi, si sta svolgendo un'indagine seria che certamente avrà i suoi frutti per quanto riguarda queste 49 o forse anche 50 persone, perché nel frattempo colui che è stato arrestato a Genova magari sarà uscito.
Per quanto riguarda il blocco giallo e le informazioni che lei chiedeva (con particolare riferimento al seguente passaggio «la primarietà dell'obiettivo di impedire lo svolgimento del vertice; ove poi le prossime elezioni politiche facessero registrare una vittoria del centrodestra la protesta potrebbe caratterizzarsi anche nel senso dell'attuazione di azioni violente»), utili elementi emergono da alcune nostre informazioni fiduciarie scaturite dalle attività delle DIGOS; se non vado errato, su questo argomento vi è anche un'informativa dei Servizi. Non posso essere più preciso, ma ritengo di non sbagliare.
Passiamo al capitolo Diaz. Rifacendomi sempre alle famose tre pagine (vi chiedo se poi cortesemente mi fornite anche una fotocopia con dedica), non è mia abitudine scaricare responsabilità su alcuno. Canterini era dirigente del reparto mobile


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di Roma quando ero questore di Roma ed ho avuto con lui un ottimo rapporto; egli ha svolto servizi di ordine pubblico ottimali, seguendo le indicazioni del questore di Roma di allora. Non ricordo se gli ho rivolto apprezzamenti per iscritto o in forma orale; certamente egli ha sempre tenuto un comportamento pregevole. Le rammento che io non sono il questore di Genova; sono il capo della prevenzione e la mia funzione a Genova era di carattere diverso. Il consiglio non l'ho accettato ed è un fatto suo, non mio: su questo punto risponderò all'autorità giudiziaria. Non voglio «scaricare» nessuno perché non è mia abitudine ed il mio passato parla e attesta la veridicità di ciò che sto dicendo.
FILIPPO ASCIERTO. Lo conosciamo il suo passato.
Volevo solo dire che anche Canterini aveva a sua volta dato un consiglio dicendo di lanciare solo alcuni candelotti fumogeni o lacrimogeni in modo da fare uscire le persone, senza dover entrare all'interno. Ciò corrisponde al vero?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Certamente. Questa modalità di intervento, che definisco pazzesca, fu appalesata dal dottor Canterini in sede di riunione, alla quale eravamo tutti presenti. Da parte mia e del questore, cui avevo rappresentato, qualora ve ne fosse stato bisogno (ma non ce ne era), le raccomandazioni del capo della polizia che impartivano la direttiva di agire con la massima prudenza e cautela, egli è stato subito ripreso e fortunatamente ha ascoltato le indicazioni.
Peraltro, al di là delle raccomandazioni del capo della polizia, nella situazione che vi era, se fossero stati esplosi candelotti fumogeni o quant'altro oggi probabilmente io non sarei qui; o meglio, io forse sì, ma Canterini no.


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IDA DENTAMARO. Signor presidente, non intendo rivolgere una domanda al prefetto La Barbera, perché ritengo che abbia ampiamente chiarito la propria posizione ed il proprio operato sia in riferimento allo svolgimento dei suoi compiti di istituto, che sono quelli rispetto ai quali si misura la responsabilità, sia in relazione al contributo fornito su altri fronti per i quali la legge stabilisce diversi centri di imputazione delle responsabilità, naturalmente sul piano giuridico. Qualche volta dovremmo ricordare che quando si parla di funzionari, le responsabilità sono imputate per legge; altro discorso è quello delle responsabilità politiche, ma anche rispetto a ciò non è all'operato dei funzionari che dobbiamo guardare se non ai fini della ricostruzione dei fatti.
Rivolgo, invece, una richiesta a futura e immediata memoria dell'ufficio di presidenza affinché siano acquisiti i provvedimenti e le motivazioni formali che hanno portato all'allontanamento dall'incarico dei tre funzionari e degli eventuali atti presupposti ed istruttori (se ve ne fossero di diversi dalle tre relazioni degli ispettori ministeriali che abbiamo già acquisito) e chiedo che naturalmente tale acquisizione documentale avvenga prima della eventuale audizione dei ministri e, in particolare, del ministro dell'interno.
SAURO TURRONI. Signor presidente, intendo riferirmi, come ho fatto in circostanze precedenti, solamente alle cose dette in questa sede. Ebbene, il prefetto, che ringrazio, ha fatto cenno ad un'attività svolta in altri luoghi in cui si erano manifestati in precedenza scontri molto violenti. Ha fatto riferimento a manifestazioni svoltesi in altri paesi, ricordando che poi furono mostrati i filmati di quanto accaduto ai funzionari di polizia. Immagino che siano anche state descritte le azioni violente che colà venivano messe in atto e che ciò avvenisse perché si doveva capire in quale modo intervenire al


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fine di evitare che azioni del genere si potessero ripetere.
Signor prefetto, le vorrei chiedere quali siano state le sue indicazioni per contrastare concretamente quei tipi di azione e se le azioni svolte in quei paesi avevano una somiglianza con quelle che si sono svolte da noi.
Seconda domanda, signor prefetto: nella relazione lei fa giustamente riferimento ad alcune iniziative messe in atto dalla DIGOS. Come si legge a pagina 5, non si è proceduto ad una sistematica attività di pressione preventiva per non aumentare il clima di tensione: devo, dunque, dare atto che si è tentato tutte le volte di mantenere le manifestazioni in un ambito di svolgimento più tranquillo possibile. Leggo nell'ultima pagina della sua relazione, signor prefetto, che la DIGOS aveva il compito di monitorare i soggetti più pericolosi per segnalare anche gli spostamenti e le presenze a rischio. Ho letto le relazioni da lei allegate alla documentazione dalle quali emerge che, in realtà, i funzionari diventano operativi intorno alle 10 del mattino. Abbiamo acquisito altre relazioni secondo le quali i primi scontri si erano già manifestati in ore precedenti. Comunque, non è questa la questione. Le chiedo: i funzionari avevano il compito anche di individuare, di seguire, di segnalare e di allertare i reparti? Mi riferisco alla presenza di piccoli gruppi che si spostavano, secondo quei filmati, a destra e a manca nella città, proprio per colpire quegli obiettivi che erano stati anche precisamente individuati.
Un'ultima cosa signor questore... signor prefetto, mi scusi (anche se, come giustamente ha detto lei, non è certamente offensivo). C'è una questione: noi ambientalisti siamo stati un tempo accusati dai cacciatori di essere quelli che gettavano dagli elicotteri le vipere e quant'altro. Trovo una analoga indicazione del SISDE riguardo all'utilizzo di palloncini, buttati dagli elicotteri, contenenti sangue almeno in parte umano.


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Lei non spende una parola a questo proposito: mi sembra una cosa talmente inverosimile... Intendevo sottolinearlo perché ho visto durante manifestazioni dei Cobas gettare escrementi, pomodori, sassi, ma queste cose mi sembrano...
FILIPPO ASCIERTO. Però qualcuno le ha dette!
SAURO TURRONI. Un'ultima cosa a proposto della Grecia. Sarò velocissimo dato che diversi colleghi sono intervenuti sul punto. Lei dice: sono andato personalmente, poi abbiamo mandato i nostri funzionari, abbiamo visto che c'erano tre pullman che sono partiti, abbiamo cacciato indietro 147 persone. Non dice nulla a proposito dei motivi per cui sono stati respinti dal porto di Ancona. In un altro punto della relazione dice: abbiamo fatto bene perché abbiamo trovato solamente due arrestati, sui 168-169 arrestati di paesi stranieri. È un calcolo solamente statistico, questo, o vi erano elementi concreti a proposito dei 147?
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Per quanto riguarda i termini di collaborazione con la Grecia, ritengo che siano stati già esplicitati in precedenza. In Grecia vi è una componente molto forte di anarco-insurrezionalisti: nonostante la mia visita, la chiusura da parte della polizia greca è rimasta tale e quale. Abbiamo implementato e stimolato maggiormente l'ufficiale di collegamento, come lei ricordava; abbiamo inviato personale della DIGOS e comunque, nonostante la grossa presenza di anarchico-insurrezionalisti, abbiamo fermato quei tre pullman, portando ad un respingimento di 147 persone, proprio muovendoci per quel minimo di attività informativa ed investigativa fatta dal nostro ufficiale di collegamento unitamente al personale italiano andato sul posto.
Abbiamo mandato alcuni colleghi a Göteborg e a Nizza, in questi summit, per avere una percezione diretta di ciò che


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poteva avvenire sulla piazza. Abbiamo avuto dei filmati per quanto riguarda Quebec City e Davos, come poc'anzi ho detto. Inoltre, sono state tenute conferenze ai colleghi, sia funzionari di polizia sia comandanti dei reparti, che hanno curato l'ordine pubblico su Genova: in quella sede sono state studiate varie tipologie di intervento. Tenga presente, però, che ogni fatto è un fatto a sé. La topografia della città certamente incide. La tecnica della guerriglia, che già in questi filmati si appalesava, chiaramente è ben collegata col problema della mobilità e della topografia della città stessa. Come dicevo poc'anzi, abbiamo aggregato ben 98 tra funzionari e personale della DIGOS proprio per seguire anche questi gruppi particolarmente violenti. In realtà, ci si è trovati a fronteggiare numeri di gran lunga superiori a quelli previsti: da 2.500 si è passati ad atti di devastazione e saccheggio compiuti da 11-12 mila persone. Ciò ha fatto in modo che i colleghi che dovevano seguire le frange di manifestanti particolarmente violenti fossero assorbiti in compiti di ordine pubblico. Da segnalatori, attività che hanno svolto finché è stato possibile, quando c'è stata l'emergenza sono stati richiamati dai dirigenti della piazza a svolgere un'opera di contenimento. Questo concetto è tranquillamente evidenziato nella relazione che ho allegato.
MICHELE SAPONARA. Il prefetto si era riservato di fornire i nominativi dei politici. Volevo sapere quando intende sciogliere la riserva.
PRESIDENTE. Lo ha già detto: provvederà ad accertare innanzitutto quali sono e poi, eventualmente, ce ne darà comunicazione.


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Nel ringraziarla, signor prefetto, le chiedo se lei ritenga di integrare la relazione sulla base di quello che è emerso oggi allegando ulteriori documenti ed eventualmente producendo i documenti senza gli omissis.
ARNALDO LA BARBERA, Prefetto. Presidente, se me lo chiede...
PRESIDENTE. La ringrazio. Inoltre vi era una richiesta da parte della senatrice Dentamaro relativamente ad un provvedimento che la riguarda: se dovesse ritenere che tale provvedimento può essere acquisito agli atti, procederemo; altrimenti, se l'ufficio di presidenza lo dovesse decidere, credo che lo chiederemo per via gerarchica al ministro competente. Glielo volevo comunicare per correttezza. La ringraziamo nuovamente.