COMMISSIONE D'INDAGINE

Seduta 08 - 05 Settembre 2001

Audizione del dottor Adriano Lauro, vicequestore aggiunto presso la questura di Roma, e del dottor Maurizio Fiorillo, vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del dottor Adriano Lauro, vicequestore aggiunto presso la questura di Roma, e del dottor Maurizio Fiorillo, vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria. La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte dei componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Ringrazio entrambi i nostri ospiti e li invito a riferire. Il dottor Fiorillo darà lettura di una relazione che poi metterà a disposizione del Comitato.
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Si tratta di una relazione redatta, a Genova, nell'imminenza dei fatti e sulla base di ciò che ho


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potuto vedere. Sorvolerò sulla parte iniziale, limitandomi a leggervi quanto segue: «Nella mattinata odierna, venivo comandato di servizio, unitamente a 50 agenti del reparto mobile di Milano, in piazza Verdi, a disposizione del dottor Gaggiano. Intorno alle ore 17,45 si avvicinava un agente del reparto mobile di Padova e mi riferiva che il suo contingente, posizionato in via Caffa, era in difficoltà, in quanto stremato dalle continue azioni di contenimento messe in atto per fronteggiare i ripetuti attacchi da parte dei manifestanti. Aveva esaurito lacrimogeni e filtri per le maschere. Decidevo, pertanto, su autorizzazione del dirigente del servizio, dottor Gaggiano, di portare ausilio ai colleghi e, pertanto, mi spostavo, unitamente al contingente, in via Caffa, angolo piazza Tommaseo. Qui, dopo aver respinto vari tentativi di sfondamento da parte dei manifestanti, notavo che, alle nostre spalle, un contingente dei carabinieri, precisamente in piazza Alimonda, veniva travolto da un numero impressionante di manifestanti che tentavano di attaccare alle spalle gli uomini a mia disposizione. Dopo alcuni istanti, la colonna dei carabinieri veniva travolta e precisamente due fuoristrada, tipo Land Rover, rimanevano isolati all'interno del gruppo dei manifestanti e venivano accerchiati. Immediatamente dopo, i due fuoristrada dei carabinieri riuscivano a guadagnare la fuga ma sul posto rimaneva, riversa in terra, esanime, una persona di sesso maschile, con il volto coperto da un passamontagna di colore nero. Accanto a lui vi era un estintore, che successivamente veniva recuperato a qualche metro di distanza e consegnato al personal della squadra mobile».
Questo è quanto io ho redatto.
PRESIDENTE. La ringrazio. D'altra parte, quanto da lei letto fa parte dei documenti a noi già pervenuti, inviati con il vincolo della riservatezza dall'ex questore di Genova.


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LUCIANO VIOLANTE. Siccome gli auditi erano vicini ed in considerazione del fatto che a noi interessa il quadro complessivo, vorrei ascoltare sin d'ora la versione del dottor Lauro.
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Io mi trovavo in via Caffa, angolo piazza Tommaseo; la posizione del collega, invece, era alle mie spalle, proprio in piazza Alimonda (ad una distanza, penso, di 400 o 500 metri).
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Ero responsabile di un centinaio di carabinieri. Quando erano circa le 16,30 stavamo facendo ritorno ai mezzi lasciati in prossimità della Fiera; avevamo riunito il gruppo dei carabinieri: era giunto sul posto un tenente colonnello che, preposto al loro comando, coordinava le varie squadre. Aveva fatto un appello, perché il personale era abbastanza esausto. Credo che in quel momento...
LUCIANO VIOLANTE. Cosa stavano facendo?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Praticamente, essendo militari, dopo aver eseguito delle cariche, i carabinieri hanno approfittato di quel momento per ricompattarsi. Invero, più che di appello si è trattato di una ricomposizione del gruppo; ogni caposquadra, infatti, ha riordinato la sua squadra. In quel frangente hanno anche verificato se vi fossero feriti; credo sia stato quello il momento nel quale uno dei due carabinieri, intossicato dai gas lacrimogeni, è salito sulla famosa camionetta. Successivamente, visto che il gruppo era abbastanza esausto (era dalla mattina che attraversavamo tutta la città), abbiamo deciso di tornare ai mezzi - che erano abbastanza distanti - al fine di


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ricomporci e attendere nuove disposizioni. Mentre stavamo così procedendo, ho appreso dalla radio dell'esistenza di problemi nei pressi della stazione; ho saputo dopo che detti problemi erano legati al famoso corteo delle tute bianche che, cercando di sfondare le barriere nei pressi della stazione, si era scontrato con nostro personale. A quel punto, ho deciso di dare man forte e di dirigermi...
LUCIANO VIOLANTE. Che ore erano?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Circa le 16,30-16,45. Ho pensato, dicevo prima, di dirigere in quella direzione per dare man forte ai colleghi, visto che erano abbastanza allarmati e si trovavano in difficoltà (almeno così sembrava da quanto sentivo via radio). Proprio mentre, in quel momento, stavo attraversando piazza Alimonda, ho visto nella parallela alla mia destra - Fiorillo si trovava sulla sinistra, in un'altra parallela, ma io non avevo ancora notato il suo gruppo - centinaia di persone che correvano. Si trattava, praticamente, dello stesso corteo delle tute bianche che tornava indietro. Ho saputo, in un momento successivo, che erano circa 10 mila persone, forse anche di più. Appena ci hanno avvistato, ci siamo guardati vicendevolmente; quindi, presi alcuni cassonetti, li hanno posizionati tutti davanti, in via Caffa, mentre noi stavamo in piazza Alimonda: eravamo, praticamente, divisi da via Caffa. Hanno cominciato a marciare nella nostra direzione con questi cassonetti.
LUCIANO VIOLANTE. Spingevano i cassonetti?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Sì, sì, spingevano i cassonetti in avanti e procedevano nella nostra direzione. A quel punto, chiesi al capitano che


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comandava il gruppo dei carabinieri se se la sentisse, in considerazione del loro notevole numero, di fronteggiare i manifestanti. Questi rispose affermativamente. Dunque, siamo entrati in via Caffa procedendo verso il corteo; a metà di via Caffa sono iniziati gli scontri. È mancato un contatto diretto perché siamo arrivati all'altezza dei cassonetti. Praticamente, i cassonetti restavano in mezzo; noi ed i manifestanti, ai due opposti lati dei medesimi, quasi dietro una barricata. Loro tiravano sassi mentre noi cercavamo di fronteggiarli come potevamo. Avrei voluto passare dall'altra parte ma, purtroppo, era quasi impossibile, anche perché ciò avrebbe comportato la necessità per noi di scavalcare, uno per volta, i cassonetti: potete bene immaginare cosa poteva succedere. A quel punto, è successo quanto non immaginavamo potesse accadere. Infatti, la mole dei manifestanti aumentava sempre di più perché, probabilmente, il corteo, che tornava indietro, procedeva nella nostra direzione. Stavano scappando ma, quando hanno avvistato il gruppo di carabinieri (il nostro), composto da un centinaio di uomini, che comunque erano niente al cospetto di migliaia di manifestanti, hanno cominciato ad avanzare ed a spingere. Dunque, abbiamo iniziato ad indietreggiare, con gli scudi protesi. Per tornare a piazza Alimonda dovevamo percorrere una cinquantina di metri; siamo arretrati, con i carabinieri in formazione e, arrivati in piazza Alimonda, abbiamo visto giungere, dalle due vie laterali, correndo, altri manifestanti. Quindi, praticamente, eravamo circondati; infatti, la via che avevamo di fronte contava molte strade laterali, imboccando le quali i manifestanti, essendo così numerosi, erano giunti sul punto di accerchiarci.
LUCIANO VIOLANTE. C'eravate solo voi?


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ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. A quel punto, ci siamo girati, ed il nostro regolare indietreggiare si è di necessità trasformato in un arretramento scomposto: ebbene, a quel punto, ho potuto vedere i mezzi del dottor Fiorillo che stavano in fondo alla strada ed alla piazza, in fondo a via Caffa ma dall'altro lato; allora, ho preso quella direzione perché venivano i manifestanti sia da dietro sia da tutti i lati.
Premetto che dalla mattina giravo con il personale a piedi, perché non avevo mezzi a disposizione. Ho saputo dopo, poiché prima lo ignoravo, che quelle due famose camionette erano una del capitano, mio diretto interlocutore nel comando dei carabinieri, e l'altra del famoso tenente colonnello citato prima, che era il coordinatore. Praticamente, quando abbiamo deciso di ritornare ai mezzi, le stesse camionette si erano allontanate, ci avevano salutato ed erano andate via e, quindi, ho ripreso la via dei mezzi marciando a piedi con i miei 100 carabinieri. Le due camionette le ho poi riviste alla fine, dopo che sono successi i noti fatti; dalle immagini televisive ho dedotto che, probabilmente, nel momento in cui noi siamo entrati nel vicolo e abbiamo avuto lo scontro - siccome i carabinieri sono dotati di laringofono, uno strumento che attaccato alla gola consente di parlare tra di loro rapidamente -, il loro tenente colonnello avrà sentito dello scontro in atto, sarà tornato indietro, forse per dare manforte, ed avrà posizionato le due camionette dietro al gruppo. Nel momento in cui noi siamo arretrati in quella maniera scomposta (probabilmente si è determinata anche una sorpresa da parte del gruppo che non si aspettava queste due camionette) e i manifestanti affluivano dalle vie laterali, non c'è stato neanche il tempo di prendere una difesa delle camionette stesse, anche perché forse si pensava che queste riuscissero a svicolare in


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maniera diversa ed invece si sono bloccate. Dopodiché mi sono diretto verso di lui, senza la possibilità di voltarmi perché mi arrivavano pietre da tutte le parti, sono arrivato ai mezzi, perché cercavamo rifugio negli stessi per poter poi ripartire, e lì ho notato la camionetta che veniva a marcia indietro e due carabinieri che facevano segno di andare sul posto. Sono arrivato e, in quel momento, ho visto la persona riversa in terra; ho cominciato a chiamare i soccorsi e non capisco perché i manifestanti erano spariti, dal momento che non avevo sentito il colpo di pistola. Solo dopo ho capito tutto.
PRESIDENTE. Lei, dottor Fiorillo, ha altro da aggiungere relativamente a questo fatto ?
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Da via Caffa, che era in fondo alla strada, non mi sono accorto di questi scontri perché in piazza Tommaseo i manifestanti ci attaccavano e tentavano di sfondare. Quindi, abbiamo mantenuto la posizione, però ho capito che dietro stavano avvenendo altri scontri; mi sono girato e sono riuscito a vedere un battaglione di carabinieri che indietreggiava e spariva in qualche strada adiacente, non in via Caffa. Successivamente, ho visto le due camionette dei carabinieri; una riusciva a farsi strada e ad andare dietro al battaglione che a piedi tentava di rifugiarsi non so dove, l'altra, invece, ha tamponato un contenitore di immondizia e si è bloccata contro un muro o qualcosa del genere: questo è ciò che vedevo da lontano.
Non mi sono accorto del colpo di pistola perché non si sentiva niente: infatti, era in corso proprio una battaglia, con lacrimogeni, fumo e una confusione enorme. Tuttavia, ad un certo punto ho visto che la camionetta riusciva a ripartire, a inserire la retromarcia e ad andare via, mentre i manifestanti


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accerchiavano la camionetta ed uno in particolare che tentava di sfondarla con una trave.
Immediatamente, ho radunato una ventina di uomini e, lasciando via Caffa coperta dal resto del contingente - in quanto, nel frattempo, i manifestanti continuavano a spingere - ho cercato di risalire la strada, anche perché tutti i mezzi del reparto erano schierati in fila indiana e avevo paura che li incendiassero. Non sapevo ancora che c'era un morto in terra. Risalendo ho notato la camionetta che andava via e il morto in terra; intuendo che qualcosa non era andato, ho preso il numero di targa della stessa perché, in effetti, non ho sentito né visto sparare, né ho visto investire, ma solo dopo mi sono accorto della camionetta che faceva retromarcia e andava via tutta sfondata. Poi, il resto l'ho visto in televisione.
LUCIANO VIOLANTE. Lei, dottor Lauro, ad un certo punto ha parlato di tute bianche e poi ha dato una cifra: ma 10 mila: ma 10 mila erano tutte le persone o solo le tute bianche ?
Per quanto concerne la funzione delle camionette, se non ho capito male, dottor Fiorillo, erano a disposizione una del tenente colonnello e l'altra del capitano. Quindi, la loro funzione era di accompagnamento dei due ufficiali o di sostegno logistico al gruppo ?
Terza questione: come era vestita la persona stesa a terra quando ciascuno di voi l'ha vista? Quando si è reso conto che era stato colpito con un'arma? Vicino al corpo vi erano delle pietre o una pietra insanguinata ?
Risulterebbe da qualche relazione di servizio o da alcune dichiarazioni che ad un certo punto un ragazzo è scappato verso la scalinata della chiesa ed è stato inseguito non so bene se da poliziotti o da carabinieri, che ritenevano che avesse colpito il ragazzo morto con un sasso o qualcosa del genere. Risulterebbe che un sacerdote di quella chiesa si era avvicinato


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per benedire la salma, ma ciò gli era stato impedito: capisco la situazione e la confusione, però vorrei sapere se questo fatto sia vero o no. Se fosse vero, sarebbe probabilmente, spiegabile; non è una contestazione, ma si tratta di capire cosa è avvenuto per ricostruire l'andamento dei fatti.
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Su come fosse vestita la persona morta, posso dire soltanto come l'ho vista in terra perché da lontano ho notato solo dei movimenti. Indossava un passamontagna nero che copriva il volto; questo è stato tolto da noi quando sono venuti i medici rianimatori. Abbiamo notato immediatamente che aveva un buco in fronte o qualcosa del genere; al momento sulla fronte non c'era molto sangue e, quindi, poteva sembrare opera anche di una pietra.
Infatti, ricordo che a terra c'erano delle pietre - a parte l'estintore - ma non ricordo se una di esse fosse insanguinata.
LUCIANO VIOLANTE. Lei ha parlato di un passamontagna. E addosso cos'altro aveva?
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Ricordo che aveva sul braccio un rotolo di scotch o qualcosa del genere; il resto non lo ricordo.
LUCIANO VIOLANTE. Aveva degli indumenti chiari o scuri?
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Non lo ricordo.
Per quanto riguarda il sacerdote, sono stato sul posto tutto il tempo e non ho visto avvicinarsi alcun sacerdote, assolutamente; anche se abbiamo fatto scudo con la polizia, non si è avvicinato nessuno.


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ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Per quanto riguarda la prima domanda, in realtà io prima ho detto che ho saputo in seguito che erano tute bianche e che erano circa 10 mila. L'ho saputo in una fase successiva, perché sono stato ascoltato dagli ispettori di Genova, i quali mi chiesero se ero al corrente che il gruppo con il quale mi ero scontrato era il corteo delle tute bianche che passava per via Tolemaide. In quell'occasione risposi che l'ho saputo solo dopo; se poi erano 10 mila, 20 mila o 30 mila, non lo so. So semplicemente che quelli che sono venuti nella nostra direzione erano sicuramente qualche migliaio.
Con riferimento alla funzione delle camionette, noi avevamo lasciato i mezzi in prossimità della fiera, in quanto vi erano diversi luoghi in cui non si poteva passare; quindi avevamo creato una sorta di nucleo mobile ed io mi spostavo a piedi in varie zone. La prima volta che abbiamo avuto il contatto con le due camionette è stato verso le 16, quando hanno portato dei viveri. Infatti, dopo tutta la mattina che giravamo, chiesi al capitano se era possibile avere un po' d'acqua, perché a Genova era tutto chiuso e noi non avevamo né mangiato né bevuto. Dunque, alle 16 sono arrivate le camionette - quella era la prima volta che le vedevamo - e hanno portato dei viveri. Una - ripeto - era del capitano, l'altra del tenente colonnello che, però, si avvicinava ai vari gruppi di carabinieri che coordinava e poi andavano via insieme. Le due camionette sono ricomparse la seconda volta verso le 16,30-17 (non sono molto preciso con gli orari), comunque circa dopo un'ora dalla prima volta, per fare il famoso appello che abbiamo detto, per vedere se c'era qualche ferito. Successivamente a tale appello e dopo che ogni caposquadra ebbe verificato la consistenza del suo gruppo e dei


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suoi uomini, sono andate nuovamente via. Infatti, ricordo che il tenente colonnello mi disse e chi ci saremmo rivisti più tardi ai mezzi, e così noi abbiamo proseguito a piedi.
LUCIANO VIOLANTE. Il tenente colonnello era sulla macchina?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Sì, era sulla macchina quando se ne è andato. Il capitano stava con me, era il responsabile diretto di quel gruppo, mentre il tenente colonnello coordinava, immagino, più gruppi e quindi andava a verificare.
LUCIANO VIOLANTE. Il colonnello, quindi, era sulla macchina che poi si è allontanata, mentre quella rimasta era senza ufficiale?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. No, tutte e due le macchine se ne sono andate; viaggiavano insieme.
PRESIDENTE. Il tenente colonnello è andato via su una delle due?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Sì, su una delle due, nel momento in cui noi abbiamo detto che ci saremmo diretti verso i mezzi. Successivamente, quando abbiamo avvistato il gruppo di manifestanti e c'è stato lo scontro, loro probabilmente sono arretrati. La sera ho visto delle immagini, delle due camionette che arretravano velocemente e si posizionavano dietro di noi. A quel punto, il tenente colonnello Truglio mi ha detto di essere sceso a piedi, lasciando le due camionette, e di essersi avvicinato al gruppo con i carabinieri. Quando c'è stato l'arretramento credo che lui


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non vi fosse più (almeno così il tenente colonnello mi ha riferito). Quindi, la funzione delle camionette è stata quella di supporto logistico e di accompagnamento del tenente colonnello per quanto riguarda gli spostamenti.
Sull'abbigliamento della persona morta, quando l'ho vista per terra ricordo di aver capito subito la situazione, perché usciva moltissimo sangue da una delle tempie, dall'occhio in particolare; aveva un cappuccio in testa, la canottiera bianca e, mi sembra, i pantaloni scuri. Sicuramente alcune immagini sono sovrapposte a quelle televisive, tuttavia ciò che ricordo perfettamente era il cappuccio nero che indossava.
LUCIANO VIOLANTE. Usciva molto sangue?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Tantissimo. Io stavo a dieci metri di distanza e credevo che fosse stata una pietra; infatti, mentre andavo in quella direzione anch'io sono stato colpito da alcune pietre dietro la schiena. Quando ho visto il ragazzo per terra e ho visto un «fuggi fuggi» generale; mi sono avvicinato a quel lago di sangue che usciva e ho visto una pietra, come quella che ha visto il dottor Fiorillo, intrisa di sangue e molto vicina alla tempia; dunque ho pensato che il giovane fosse stato colpito dalla pietra. In parte ero convinto che fosse stata la pietra, in parte credevo che se loro non avessero attaccato, non sarebbe accaduto questo fatto; ecco il senso di quella frase famosa.
LUCIANO VIOLANTE. E il sacerdote?
MARCO BOATO. Il senso della frase famosa quale sarebbe?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Per quanto riguarda il sacerdote, nell'immediatezza,


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resici conto di quanto accaduto, abbiamo fatto un cordone di carabinieri o poliziotti (non ricordo bene: mi sembra che fossero carabinieri). Sul posto c'era molta gente, quindi non posso escludere che magari un sacerdote si sia avvicinato ad uno dei carabinieri del cordone e che questi non l'abbia fatto passare. Comunque, nessuno mi ha detto che c'era una sacerdote che voleva benedire la salma. Tra l'altro, io ero certo che fosse morto - ho una certa esperienza -, mentre due esponenti del Global social forum con la Croce rossa, che sono intervenuti e sono stati i primi a toglierli il cappuccio, pensavano ancora che si potesse salvare, hanno cercato di rianimarlo e mi hanno chiesto di fare intervenire un'unità di rianimazione, che ho chiesto via radio. Quindi, se fosse venuto un sacerdote per dargli la benedizione (Interruzione del deputato Violante)...
Dopo un po' è arrivata l'ambulanza che avevo chiamato; infatti, lì non c'era alcun medico. A questo punto è arrivato il medico con un'altra persona che indossava un casco con disegnata la croce rossa e io li ho fatti passare, in quanto pensavo che fosse personale infermieristico; hanno cominciato ad armeggiare intorno alla persona, a soccorrerla, a cercare di rianimarla, a prestargli le cure del caso. Dopo un po', circa cinque minuti, questa persona che aveva il caschetto con la croce... anzi è venuto un poliziotto a dirmi che c'era una persona che sosteneva di aver trovato un bossolo. Ho detto di indicarmelo, ed era proprio l'uomo con il casco. Questa persona mi ha detto di essere un giornalista de La Repubblica, di scrivere per il giornale di Genova - adesso non ricordo il nome - e di aver trovato un bossolo a circa tre metri di distanza. A quel punto gli ho detto che con il suo comportamento mi aveva preso in giro, in quanto io lo avevo fatto passare perché pensavo fosse un medico. Egli mi ha risposto


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che conosceva il dottore che gli avrebbe chiesto di dargli una mano. Sul momento ho detto «va bene», comunque mi sentivo preso in giro da questa situazione. Questa è stata la giustificazione che mi ha fornito.
Per quanto riguarda il bossolo, non si fidava neanche di darmelo in mano, pensava che io l'avrei fatto sparire. Così gli ho detto che di certo non sarei arrivato a tanto. Dopo di che è intervenuto il magistrato, il capo della mobile e, alla fine, si è convinto e mi ha dato il bossolo. Io gliel'ho ridato in attesa che arrivasse la mobile e il magistrato per consegnarlo a loro e così è stato.
LUCIANO VIOLANTE. E arrivato il magistrato?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Sì, il procuratore capo, credo si chiami Meloni (Commenti).
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. L'ha detto il mio collega, parlavo dell'ambulanza che abbiamo chiamato e dei primi soccorsi quando hanno tentato di rianimarlo. L'ha detto il collega, quindi non ho altro da aggiungere.
SAURO TURRONI. I due nostri ospiti hanno già risposto ai quesiti posti dal presidente Violante, ad alcune domande che io avrei posto, quindi non ripeterò le stesse domande.
Vi sono alcune questioni però, su cui vorrei ci soffermassimo. In particolare, desidero chiedere al dottor Lauro dove fossero stati impiegati i carabinieri che agivano sotto la sua direzione, prima di intervenire in piazza Alimonda. La seconda domanda si riferisce all'«appello»: il tenente colonnello Truglio venne lì intorno alle 16,30 - come diceva poc'anzi - per fare questo appello, cioè per verificare quanti fossero i carabinieri?


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Abbiamo visto foto e filmati - immagino che a questo tendessero le domande del presidente Violante alle quali, per la verità, avete risposto, ma rimane una questione che vorremmo capire - in cui compare questo ragazzo steso a terra, prima con il passamontagna, poi senza, ma comunque nelle prime immagini sempre con la canottiera bianca. Successivamente, abbiamo visto sul suo corpo steso un giubbotto o una maglietta nera. Vorremmo sapere se ne eravate a conoscenza e come si sia potuto verificare questo fatto.
In questi giorni, guardando vari filmati che riprendono la vicenda da diversi punti di vista, ne ho visto uno in particolare che riprende alle spalle l'episodio che lei ha descritto. Posso dunque affermare che i fatti si sono svolti esattamente come lei li ha prospettati. In particolare, le due camionette erano posizionate esattamente alle spalle del gruppo di carabinieri - non so dire se fosse un plotone o un'altra cosa - che lei stava dirigendo. Tuttavia, la questione è diversa a proposito di un particolare e, mentre stavate svolgendo la vostra relazione, ho cercato di esaminare anche le carte. Infatti, la via a cui vi siete riferiti - via Caffa - sia in direzione della ferrovia da dove arrivano i manifestanti, sia dalla parte che da piazza Alimonda va verso l'altra piazza, è composta da due tratti di neppure cento metri l'uno. Inizialmente, il dottor Fiorillo - o comunque uno di voi due - ha parlato di 500 metri circa: mi rendo conto del particolare momento di difficoltà durante l'aggressione, però le distanze erano decisamente inferiori. Avete quindi valutato, anche successivamente, se sarebbe stato possibile avere un soccorso più veloce e, quindi, una maggiore difesa di queste camionette? Infatti, mentre i carabinieri precipitosamente si allontanano dal luogo dello scontro, contemporaneamente le due camionette iniziano la manovra di retromarcia per potersi poi allontanare anch'esse e una delle


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due va a sbattere, restando bloccata sul cassonetto dell'immondizia. La domanda riguarda, quindi, anche il modo in cui i fatti si sono svolti e se in proposito abbiate fatto una valutazione «a futura memoria», per i futuri interventi. Poiché ad un certo punto vediamo un gruppo di carabinieri abbastanza consistente che è a pochi metri dalla camionetta, mentre quelle persone la stavano ancora colpendo, vorremmo capire per quale ragione non si siano immediatamente precipitati a difenderla. Infatti, dal filmato vediamo un gruppo non numerosissimo di persone che si scaglia contro la camionetta, un gruppo di carabinieri tutti schierati ed allineati a pochissima distanza e due carabinieri che si trovano tra la camionetta e questo gruppo.
Un'ultima domanda riguarda la questione del giornalista Eligio Paoni. Non so se il filmato che ho potuto vedere individui l'aggressione che subisce il giornalista Paoni. Vediamo una persona che indossa una divisa e un casco e che si butta addosso a questo giornalista, gli dà una randellata e gli afferra la macchina fotografica. Ne segue una colluttazione ed il poliziotto (o il carabiniere) che ha aggredito il fotografo - il quale ha la pettorina gialla - viene trattenuto da un altro; il giornalista si allontana, ma un altro lo insegue e lo cattura nuovamente; vi è una seconda colluttazione ed infine egli riesce a divincolarsi. Non so se questa persona fosse Eligio Paoni, ma sappiamo che la macchina di Eligio Paoni è stata distrutta, gli è stata sottratta la pellicola fotografica, ha una mano rotta ed è stato picchiato alla testa. Tali episodi si sono verificati al termine della vicenda, quando essa si era conclusa ormai tragicamente: il corpo era a terra e costoro si erano avvicinati per riprendere la scena. Vorremmo sapere qualcosa di più e se abbiate potuto identificare chi si è reso responsabile di questi atti che, credo, debbano essere perseguiti.


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ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Vorrei iniziare dalla questione dell'impiego dei carabinieri. Come ho già detto prima, eravamo in servizio dalla mattina, quindi eravamo stati impiegati in tutta la città, in diversi scontri. In particolare, ve ne era stato uno all'altezza di corso Italia, in una via perpendicolare di cui non ricordo il nome, che tra l'altro è piuttosto strano...
MARCO BOATO. Via Casaregis.
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Sì, via Casaregis.
MARCO BOATO. Non sono mai stato a Genova ma ho imparato quasi tutto!
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Verso le 13 o le 14 mi hanno chiamato dalla sala operativa dicendo di dirigermi verso corso Italia. Poiché non conoscevo benissimo le strade di Genova, essendo di Roma, ho preso questa via perché andava verso il mare e pensavo così di sbucare in corso Italia. Infatti, sono sbucato all'altezza di questo gruppo di manifestanti: erano circa 500 persone - vestite di nero - e quando ci hanno visto sono indietreggiate, hanno attraversato corso Italia (che dà sul mare) e si sono rinchiuse all'interno di uno spazio protetto da cancellate, chiudendole dall'interno e disponendovi a protezione cassonetti di ferro. Da lì hanno cominciato a tirare molotov e pietre. Siamo rimasti davanti al cancello circa mezz'ora, forse tre quarti d'ora, quindi è arrivato in ausilio il battaglione Tuscania - credo fosse tale reparto o comunque erano paracadutisti -, ma nel frattempo questi signori erano scappati quasi tutti dalla parte del mare ed allora, quando sono arrivati i carabinieri,


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che poi hanno sfondato il cancello, ho proseguito lungo corso Italia per raggiungerli. Per circa un chilometro abbiamo liberato alcune strade dai manifestanti che andavano in quella direzione. Ho però l'immagine chiara di queste persone vestite di nero che lanciavano molotov e pietre. Io stesso sono stato raggiunto al collo da una pietra abbastanza grande, ma avevo il giubbotto antiproiettile e mi è andata bene. Quando siamo andati via, per terra ci saranno state almeno duemila pietre.
SAURO TURRONI. A che ora?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Alle 13,30 o 14. Questo è uno dei vari impieghi che abbiamo avuto nella mattinata.
Per quanto riguarda la questione del tenente colonnello Truglio (se sia venuto a «fare l'appello»), io l'ho chiamato «appello», ma in realtà egli è venuto a verificare la condizione dei carabinieri: se vi erano feriti, se tutto era in ordine, se qualcuno aveva bisogno di qualcosa ed era - io credo - un compito importante.
Per quanto riguarda il giubbotto nero, sinceramente - lo ripeto - ho chiara l'immagine di questo ragazzo con il cappuccio nero ed il sangue che gli usciva dalla testa. Riguardo a quello che indossava dopo, ho sovrapposto l'immagine televisiva e fotografica, per cui non posso dire nulla della canottiera e dei pantaloni, perché sarebbe quello che ho visto nelle immagini televisive.
MARCO BOATO. Ad un certo punto, nelle foto, non ha più solo una canottiera, ma ha anche un giubbotto e dei pantaloni. Qualcuno deve averglieli messi.
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Sì, è probabile, però io non lo ricordo. Potrebbe


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essere stata quella ragazza del GSF, perché quando è intervenuta ha tolto il cappuccio, lo ha alzato e, dopo aver cercato di fare un massaggio, ha chiesto l'ambulanza. Quindi, io mi sono allontanato per chiamare via radio e via telefono; può darsi che sia accaduto in quel frangente, perché dopo sono andato incontro all'ambulanza. Poi il dottore gli ha fatto alzare la maglietta, gli ha messo qualcosa (penso per rianimarlo), quindi non ricordo.
Può darsi che sia accaduto in quel momento il fatto relativo alla maglietta nera indossata.
Per quanto riguarda le distanze, confermo ciò che lei ha detto: le distanze erano quelle da lui indicati: tra piazza Alimonda e la ferrovia, c'erano cento metri ed anche dal lato suo. Forse ci siamo espressi male noi. Almeno io non credo di aver indicato queste distanze, però, erano cento metri. Lo scontro è avvenuto a metà della strada, dalla parte della ferrovia; dopodiché siamo entrati in piazza Alimonda e ci siamo diretti dalla parte sua.
Per quanto riguarda il discorso del gruppo di carabinieri che lei sostiene di aver visto in disparte, senza intervenire, ripeto che siamo entrati, arretrando da via Caffa, in piazza Alimonda, mentre ai due lati arrivava una moltitudine di manifestanti. In quel momento l'arretramento composto non era più possibile perché se continuavamo ad arretrare a testuggine ci massacravano. Ci siamo girati; io ho pensato di andare nella direzione dei mezzi suoi; chiaramente, in quel momento, cento persone non sono più facilmente coordinabili. In base alle disposizioni di Genova, ogni gruppo rispondeva direttamente al suo comandante che, in quel caso, era il capitano. Io ero il responsabile dell'ordine pubblico, però dovevo dare gli ordini al capitano che gestiva materialmente gli uomini. Quindi, in quel momento, in quella situazione, era


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impossibile cercare il capitano tra cento carabinieri vestiti allo stesso modo! In più, loro erano collegati con il laringofono, io non ero collegato con loro. Di conseguenza, non potevo più dare ordini al capitano. L'arretramento scomposto non è governabile in quei momenti. Mi sono diretto con un gruppetto di carabinieri - non so adesso quanti fossero, perché in quel momento non era facile stabilirlo - verso di loro, ritenendo che fosse la cosa più giusta da fare perché da tutti i lati giungevano manifestanti e loro potevano darci una mano. Siamo andati da quella parte. Questo gruppo, di cui lei parla, che si è messo in disparte, non lo ricordo proprio. Lei mi ha detto di aver visto attraverso le immagini televisive - probabilmente è così - un gruppo di carabinieri che si era messo in disparte...
MARCO BOATO. Non ho detto che fossero carabinieri!
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Non lo so. Non ricordo. Ricordo di essere entrato con qualche carabiniere. Sono stato l'ultimo a lasciare via Caffa. Tra l'altro, mi ero piantato davanti con un carabiniere, cercando di rimanere. Dopodiché, quando sono andato verso il collega Fiorillo, ricordo di avere avuto con me un gruppetto di carabinieri (ossia inseguivo questo gruppetto di carabinieri). Successivamente, siamo entrati in questa via, ci siamo fermati, ci siamo girati per ripartire con il loro ausilio e in quel momento ho visto il ragazzo steso per terra. Quindi, da quel momento tutto è cambiato, non c'è stata più alcuna strategia, vi era una situazione di shock totale.
A questo punto posso rispondere alla seconda domanda che mi ha rivolto relativa all'aggressione del giornalista. Sinceramente, dal quel momento, la mia preoccupazione è stata il ragazzo in terra; non mi sono più occupato di alcunché. Ho


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visto che la piazza era sgombra perché i manifestanti se ne erano andati, e c'era il ragazzo a terra. Mi sono collegato via radio per chiamare i soccorsi (poi vi è stato l'episodio di quel manifestante che io, un po' sconvolto, pensavo, ripeto, che fosse stato lui). Tra l'altro, c'è stato quel giornalista che, approfittando un po' della situazione, è riuscito ad entrare in quel gruppo. Mi sono occupato del ragazzo personalmente. Probabilmente ricordo di aver dato l'ordine al gruppo di carabinieri e poliziotti di non far avvicinare più nessuno, però dall'ordinare di non far avvicinare nessuno al dire «correte dietro al fotografo» ce ne vuole, anche perché, sinceramente, abbiamo operato per tre giorni - e lo sapevamo da tempo - con le telecamere; quindi, qualsiasi gesto da parte nostra... Se io avessi impedito ad un fotografo di riprendermi sapevo che lo avrebbero fatto altre dieci telecamere: nessuno del mio gruppo credo abbia fatto altrettanto. Ripeto, ho cercato di soccorrere il ragazzo, per quanto fosse possibile.
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Per quanto riguarda la prima domanda, relativamente a come vestiva il manifestante morto, ho risposto in precedenza (considerate che anch'io ho la sovrapposizione di immagini viste in televisione). Ricordo con tranquillità che indossava il passamontagna nero sfilato dai primi soccorritori. Adesso mi sono ricordato che, per quanto riguarda gli arti inferiori, indossava una tuta blu o qualcosa del genere, mi sembra. Questo è ciò che riesco a ricordare l'abbigliamento del manifestante.
Per quanto attiene al riferimento ai 500 metri, tenendo presente che ho abbandonato Genova quel giorno, non ci sono più tornato neanche per fare sopralluoghi, posso ripetere che mi trovavo in via Caffa, angolo piazza Tommaseo, dove alcuni manifestanti tentavano di sfondare; quindi, la mia attenzione


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era rivolta verso questa piazza Tommaseo. Mi sono accorto all'improvviso dei carabinieri dietro di noi, precisamente a piazza Alimonda, angolo via Caffa - dal lato opposto - ed ho iniziato a preoccuparmi quando ho visto i carabinieri che indietreggiavano in altra direzione, non su via Caffa, in quanto vi era una colonna di mezzi dei miei uomini in fila indiana e quindi avevo paura che i carabinieri, abbandonando la posizione, lasciassero spazio e possibilità ai manifestanti di bruciare i mezzi. Quando ho pensato a ciò - e ho avuto paura - ho tentato, con un piccolo nucleo di uomini - una quindicina, in quanto non potevo abbandonare piazza Tommaseo perché vi erano altri manifestanti che ci attaccavano - di risalire la strada; ho parlato di 500 metri; lei mi dice 100, sicuramente saranno 100, non ne ho la minima idea! Comunque, ho tentato di risalire la strada e in quel momento ho visto le due camionette: una riprendeva la strada e l'altra l'ho vista chiaramente accerchiata dai manifestanti. Ho visto un giovane con la trave, con il legno, non so cosa fosse, che sfondava il vetro; poi ho visto chiaramente che faceva retromarcia. Non ho visto investire né ho sentito sparare, perché era un momento di guerriglia, con la nebbia causata dai lacrimogeni; c'erano rumori, non si sentiva niente (anche perché indossavamo maschere, caschi Ubbot e giubbotti). Quindi sono risalito, ho visto il manifestante a terra, mi sono reso conto che, se non era morto, era grave e ho visto la camionetta andare via. In quel momento la nostra attenzione - almeno la mia, ma penso anche quella del collega - si è focalizzata sulla persona a terra in quanto anche i manifestanti si sono resi conto della gravità della situazione. Quindi, quel folto gruppo di manifestanti si è sciolto, sono rimasti, penso, un centinaio, duecento: comparivano, sparivano, andavano avanti e dietro. Quindi, mi sono preoccupato di far


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circondare il manifestante a terra per tutelare eventuali prove o cose del genere da eventuali persone che potessero passare. Il collega ha chiesto con il cellulare l'ausilio di un'ambulanza.
Non ho visto l'aggressione al fotografo però se lei mi parla di due carabinieri, in piazza c'era un capitano dei carabinieri, quindi sarebbe opportuno chiederlo anche a lui. A noi risponde l'ufficiale, l'ufficiale dà ordini ai carabinieri. Diciamo che è abbastanza complicato - in momenti caldi - cercare l'ufficiale (Commenti del deputato Violante). Diciamo che deve essere l'ufficiale a dare ordini ai carabinieri. Noi parliamo con l'ufficiale o con il capogruppo, che può essere un maresciallo quando sono gruppi più piccoli, e l'ufficiale dà il comando. Quindi, non ho visto i carabinieri e non ho visto picchiare assolutamente questo fotografo. Mi sono preoccupato di far circondare i manifestanti da poliziotti per tenere la zona libera da altre persone. Nient'altro.
LUCIANO MAGNALBÒ. Signor presidente, nell'ambito di questo regolare processo intentato alle forze dell'ordine, con tanto di procura e difensori dall'altra parte, cui stiamo assistendo, vorrei fare - anche se avevo quasi perso la voglia per via di ciò che ho ascoltato - una domanda, con riferimento a quanto detto prima dall'onorevole Boato e dal senatore Turroni. Si tratta di una domanda ben precisa: vorrei sapere se quei ragazzi che stavano in piazza nelle condizioni in cui si sono trovati, si siano accorti, per caso, che a Genova vi erano delle compagnie teatrali estere o italiane che, nelle strade, davano spettacolo con attrezzature da guerriglia compresa maschera antigas. Vorrei sapere se siano riusciti a capire il senso di ciò che è accaduto, cioè che si trattava di uno spettacolo teatrale, e se sì, se abbiano trovato di loro gradimento questo spettacolo.


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PRESIDENTE. Senatore Magnalbò, io credo che non sappiano nemmeno a cosa faccia riferimento la sua domanda.
LUCIANO MAGNALBÒ. L'ho spiegato!
PRESIDENTE. Poiché nella precedente audizione si è parlato di alcuni austriaci che fanno parte di una compagnia teatrale, la domanda è se a voi sia noto che a Genova occupavano le piazze per delle manifestazioni.
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Per quanto mi riguarda, l'ho appreso dalla televisione. Dalla mia posizione non li ho visti, tuttavia sapevamo di quanto ha riferito il senatore.
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. No, io non li ho visti.
KATIA ZANOTTI. Poiché sull'argomento hanno già posto delle domande l'onorevole Violante ed altri, ne farò soltanto una. Capisco che su alcune questioni non è possibile avere delle risposte, indipendentemente dalla volontà del dottor Lauro e del dottor Fiorillo; rimane, pertanto, un buco nero circa la presenza di un gruppo di poliziotti, a 15, 20 metri dalla camionetta. Tale presenza è stata confermata da fotografie, immagini televisive e testimonianze. Non si riesce a capire perché queste persone non si siano mosse di un millimetro di fronte all'aggressione alla camionetta che stava avendo luogo. Pertanto non farò la domanda perché non c'è una risposta.
Vorrei invece chiedere al dottor Lauro perché nel rispondere alla domanda del presidente Violante ha segnalato la presenza della pietra sporca di sangue molto vicina alla testa


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di Carlo Giuliani. Dalle immagini televisive che abbiamo visto e che sono depositate presso il Comitato non abbiamo avuto modo di riscontrare la presenza di questa pietra.
Con riferimento alle immagini successive, dove si vede il ragazzo sui gradini della chiesa che urla «assassini» e voi che rispondete: «l'avete ucciso voi!», vorrei chiedere se, per un attimo, avete avuto l'impressione che la dinamica dei fatti fosse stata questa.
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma.Per quanto riguarda la presenza del gruppo vicino alla camionetta, ho già risposto. Quando si arretra in quel modo è necessario girarsi e non mi sono reso conto che c'era un gruppo di carabinieri e poliziotti che sarebbe potuto intervenire. Quando sono entrato nella piazza ricordo soltanto di aver visto questo ragazzo e di essermi diretto verso di lui; di aver chiamato a raccolta gli uomini per andare in quella direzione e, sinceramente, non mi sono accorto che c'era un gruppo di persone vicine che poteva intervenire.
Per quanto riguarda la pietra, l'ho vista. C'erano dei soldi vicino alla pietra; ricordo chiaramente di aver visto una banconota da 10.000 lire ed un mucchietto di soldi. Poi credo sia intervenuta la scientifica per fare i rilievi necessari. Credo che la pietra sia stata refertata. La mia impressione che il ragazzo fosse stato colpito da una pietra nasceva proprio dalla vista di quella pietra per terra. L'ho detto prima.
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. La pietra l'ho vista anch'io, non ricordo se fosse insanguinata, ma era vicina al morto come pure l'estintore. Per quanto riguarda i carabinieri vicino alla camionetta non li ho visti ma ritengo, conoscendo il lavoro, che nei momenti di caos può succedere di tutto, anche che questi


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carabinieri potessero essere impauriti oppure che volgessero lo sguardo altrove. Non credo che si sarebbero allontanati se avessero visto una loro camionetta in difficoltà. Dobbiamo sempre ricordare che non si trattava di una situazione normale, «a freddo» come ora, in quest'aula; ci trovavamo in una situazione di grande tensione nella quale ci si comporta in maniera diversa.
GRAZIA LABATE. Vorrei fare una premessa prima di rivolgere alcune domande ai vicequestori aggiunti Lauro e Fiorillo ed è che la massa di informazioni intorno alla dinamica di piazza Alimonda viene rilevata dalle relazioni di servizio, fornite dal questore Colucci nonché da alcuni materiali a nostra disposizione, tipo video - vi hanno fatto riferimento alcuni colleghi che sono intervenuti - e, in modo particolare, da un articolo pubblicato su la Repubblica-lavoro, pagina genovese, il 21 luglio, a firma Filetto, che riporta, tra virgolette, le dichiarazioni dei vicequestori presenti agli accadimenti. In modo particolare penso si riferisca a lei, vicequestore Lauro, perché parla soltanto di un vicequestore molto giovane con ancora un manganello in mano e un ragazzo morto davanti ai piedi; un ragazzo giovanissimo con un paio di pantaloni blu, il rinforzo alle ginocchia... Penso si tratti di lei, vicequestore Lauro, non saprei dire con esattezza. Questa è la premessa. Io parto da questa massa di informazioni - che peraltro è a disposizione di tutti colleghi -, dal materiale video e dalle relazioni.
Rispetto alle loro introduzioni trovo alcune incongruenze e per questo faccio le domande.
Lei, vicequestore Lauro, ha parlato di diverse migliaia di manifestanti, mentre nella sua dichiarazione parla di circa mille manifestanti che hanno tentato una carica con sassaiole dirette anche alla sua persona. Vorrei quindi capire se si


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trattava, effettivamente, di una massa ingente, cioè mille, duemila, tremila persone o se erano soltanto mille. Si tratta solo di una domanda per amore della verità, perché questo è il nostro fine; noi non abbiamo poteri inquisitori e mi dispiace anche il riferimento che qualche collega può aver fatto, pensando che le nostre domande, ancorché precise, possano, in qualche modo, mettere in discussione o in difficoltà il vostro operato. Peraltro, per quanto riguarda me, essendo genovese, ed essendo stata lì, in quei giorni, comprendo perfettamente ciò che è avvenuto e comprendo anche il clima di ansia e di preoccupazione che era in tutti.
Per quanto riguarda la famosa questione della pietra, mentre trovo nel verbale del dottor Lauro la dichiarazione di aver visto vicino alla testa una pietra insanguinata, nelle dichiarazioni del dottor Fiorillo non si fa menzione della pietra ma si parla solo di un estintore vicino al corpo, a terra. Dunque il dubbio c'è, perché abbiamo ben 13 videocassette, più alcune videocassette delle tv locali ed anche le immagini mandate in onda la sera stessa dai telegiornali mostravano la testa in una pozza di sangue e credo che una pietra - lasciamo perdere il colore - grande o piccola, sarebbe stata visibile. Nelle immagini a nostra disposizione non abbiamo avuto modo di vedere la pietra ma può darsi che ciò sia dovuto soltanto al fatto che ci hanno fornito delle immagini dove non si riesce a vederla. Tuttavia questo elemento rimane non chiaro ma, lo ripeto, non si tratta di un'accusa, stiamo cercando soltanto di fare chiarezza perché vorremmo capire la dinamica degli avvenimenti.
Inoltre, lei ha fatto diversi tentativi di chiamare la centrale operativa della questura per riferire degli accadimenti, ma la centrale non rispose e quindi lei si rivolse, col suo cellulare, ad un vicequestore, per dire di mandare immediatamente i


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soccorsi medici. Intervengono due tipi di soccorso: il primo, di tipo volontario, da parte della Croce rossa ed il secondo, quello da lei chiamato, dell'auto medica del servizio di pronto soccorso del 118. Qui si inserisce - cito sempre dall'articolo che depositerò agli atti perché vi si riportano frasi virgolettate - la questione del giornalista che mostra il bossolo ad un carabiniere, che dichiara trattarsi di un bossolo non di arma da fuoco ma di lancia lacrimogeni e, a questo punto, lei interviene e si fa carico di chiamare un suo superiore e la scientifica, nella persona della dottoressa Bucci, che individua il bossolo e quindi attiva i passaggi verso la magistratura. La magistratura, con il procuratore, arriva alle 19 della sera, quindi non immediatamente.
La domanda che volevo farle è: non le parve strano che chiamando la centrale operativa non ricevesse alcuna risposta in una giornata come quella del 20 luglio, che, effettivamente, fu una giornata di ferro e fuoco in tutta la città? Le centrali operative erano allertate per provvedere a dare risposte in tutte le sedi operative.
L'ultima domanda che vorrei porre - lei comprenderà la mia accoratezza, essendo deputato di quella città - riguarda il fatto che risulta anche a me che il parroco don Timossi, della basilica di nostra Signora di piazza Alimonda, abbia chiesto di benedire la salma e che gli sia stato opposto un rifiuto. Comprendo una motivazione legata all'attesa dell'arrivo della Polizia scientifica: ovviamente, nessuno doveva avvicinarsi. Però, un atto di carità cristiana poteva essere accordato. Chiederei questi chiarimenti.
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Quando lei ha detto Filetto, mi sono ricordato del cognome. La persona con il casco in testa e con la croce, in seguito mi ha detto di essere Filetto, un giornalista locale di


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la Repubblica. Sinceramente non ho letto le mie «dichiarazioni» (uso questo termine tra virgolette) riportate il giorno dopo dai giornali, quindi non so cosa ho detto, o meglio, che cosa abbia riportato di ciò che ho detto: mi sembra - come ha detto lei - che ammisi che era il bossolo. All'inizio il giornalista non si fidava e poi me lo ha dato (gli ho detto anche il mio cognome, che forse lui non ha citato).
Riguardo la domanda se i manifestanti fossero mille o migliaia, prima ho affermato che ho appreso in un momento successivo che fossero migliaia, quando sono stato ascoltato dalla commissione. In quel momento, come ho scritto, per me erano un migliaio. Il fatto che siamo stati costretti ad arretrare era causato dalla pressione che esercitavano dietro di noi i manifestanti: pressione nel senso che avanzavano verso di noi in gran numero. Ho dedotto - e poi ho saputo - che non erano solamente i mille che ho visto, ma un po' di più.
Ho citato la questione della pietra, probabilmente, nella relazione che ho redatto: ho subito avuto quella reazione perché ho visto quella pietra ed anche quelle che erano fischiate dietro la mia testa: avevo il casco, ho visto questo ragazzo con il passamontagna ed ho, forse ingenuamente, pensato che potesse essere stata una pietra. Sinceramente, ho avuto quella reazione. Avanzo un'altra interpretazione: se non ci avesse lanciato le pietre, ciò non sarebbe successo. Quindi fornisco una mia duplice interpretazione.
Per quanto riguarda il problema della centrale che non ha risposto subito, vorrei chiarire che durante quella giornata c'erano scontri ovunque che rendevano molto difficili i collegamenti. Quando ho chiamato, stavano avvenendo tafferugli altrove ed i colleghi chiamavano con urgenza: a quel punto ho capito che si stava verificando un intasamento ed ho chiamato telefonicamente un collega, che mi ha risposto. Non siamo


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abituati a situazioni di ordine pubblico così vaste come quella in cui ci siamo trovati, dove c'erano focolai dappertutto: è difficile in quel momento rispondere alle chiamate. Penso sia stato questo il motivo della mancanza di risposta immediata.
La magistratura non è intervenuta alle ore 19: non ricordo sinceramente gli orari, probabilmente erano le 19, però mi trovavo sul posto ed il dottor Meloni mi rivolse anche qualche domanda: ad esempio, se aveva il cappuccio. Probabilmente erano le 19, ma io ero ancora lì.
Non nego che possa essere avvenuto l'episodio del parroco ma, poiché con il collega abbiamo dato l'ordine di circondare la zona e non fare entrare nessuno, è logico pensare che un carabiniere od un poliziotto lo esegua alla lettera e magari in quel momento non tiene conto di quel senso di carità cristiana citato all'onorevole Labate: può essere accaduto.
LUCIANO VIOLANTE . A che ora ha preso servizio?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Alle 6 della mattina.
PRESIDENTE. Fino alle 16 sono 10 ore.
LUCIANO VIOLANTE. Era lì da 11 ore.
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Ho pranzato intorno alle 16, 15,30: ho bevuto un po' d'acqua alle 15,30.
PRESIDENTE. Dottor Fiorillo, ha altro da aggiungere, oltre a ciò che ha dichiarato il suo collega?
MAURIZIO FIORILLO. Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Volevo precisare che non ho citato la pietra


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nella relazione, ma la pietra c'era, non ricordo se con il sangue. La mia attenzione si è focalizzata su ben altro, visto che abbiamo accertato in loco che la morte del ragazzo era avvenuta non a causa della pietra stessa, ma di altro, essa è diventata un particolare irrilevante che avrò dimenticato, ma che non aveva alcuna consistenza. Posso in ogni momento, se mi viene chiesto, riferire quanto ho visto: c'era una pietra, non ricordo se insanguinata, vicino al cadavere, a terra, vicino alla testa .
Riguardo alla centrale operativa, il mio collega è stato abbastanza esauriente: vorrei semplicemente aggiungere che la città di Genova in quelle ore aveva mille focolai, i canali erano 1 o 2 e c'erano centinaia di chiamate da parte di tanti colleghi che si trovavano tutti in difficoltà. È semplice quindi sovrapporsi, si tratta di spingere la radio con un dito: nel momento in cui un collega la spinge, io sono bloccato. Non era la centrale che non rispondeva, ma si è trattato di un fatto tecnico.
Per quanto riguarda il parroco; la legge indica l'obbligo di preservare le prove. Anche se la carità cristiana esiste, c'è una legge che ci impedisce di applicarla in quel momento; comunque né io né il collega, mi sembra, abbiamo visto questo parroco. Posso dire con certezza di aver ordinato ai poliziotti di mettersi intorno al cadavere della persona e di non far passare nessuno. Però non ho assistito a questo fatto: se ci sono immagini televisive, può darsi che il parroco sia stato ripreso, ma ero presente e non l'ho visto.
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Vorrei aggiungere, rispondendo alla domanda del presidente Violante che mi ha chiesto a che ora avevo cominciato il servizio: eravamo sul luogo alle sei del mattino,


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ma mi sono alzato alle 4 perché eravamo a 40 chilometri di distanza dal posto.
LUCIANO VIOLANTE. È importante che si sappia.
MAURIZIO FIORILLO. Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Questo vale anche per me, era normale per tutti in quelle giornate.
MARCO BOATO. Dove eravate alloggiati?
MAURIZIO FIORILLO. Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Anche io a Rapallo.
PRESIDENTE. Va bene, la ringrazio.
MARCO BOATO. Garbatamente, presidente, mi rivolgo a lei, riguardo un intervento di poco fa. Stiamo svolgendo un'indagine conoscitiva: i funzionari, gli ufficiali dei carabinieri che ascoltiamo sanno che riferiscono di fronte ad un Commitato parlamentare che è istituzionalmente costituito per conoscere. Ognuno con la propria sensibilità rivolge domande a cui vengono fornite risposte con molta correttezza. Poiché è stata pronunciata un'affermazione e non c'è stato nessun intervento che l'abbia censurata, vorrei ribadire che dobbiamo tutti rispettarci reciprocamente poiché stiamo svolgendo una funzione parlamentare. Se qualcuno conoscesse la storia di altri paesi forse saprebbe che ci sono esperienze anche che più approfondite di queste.
Vorrei esprimere la mia solidarietà ai vicequestori Lauro e Fiorillo per il lavoro che hanno svolto e per il modo in cui stanno rispondendo.
Ho incidentalmente rivolto la domanda - mi pare abbia cominciato il presidente Violante - sul modo in cui era vestito


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il ragazzo Carlo Giuliani: tutti abbiamo visto come era vestito, nelle fotografie, in televisione. Il dottor Lauro ed il dottor Fiorillo hanno detto che non sanno rispondere su questa questione: bisogna prendere atto che sono sinceri, ma ad un certo momento, dopo la morte, compare un giubbotto nero sopra il ragazzo. Questo fatto è stato poi interpretato, non da noi ma a livello giornalistico, come una sorta di attribuzione postuma di un'identità black bloc, a persona che stava perpetrando una aggressione - la stava facendo - ma che non apparteneva a quel gruppo (Commenti del deputato Ascierto); questa è la ragione per cui si è sollevato l'interesse - anche se non condiviso da qualche altro collega, come si sente dal rumoreggiare - del tutto legittimo di un Comitato parlamentare.
Per quanto riguarda invece l'episodio del fotogiornalista Eligio Paoni, è un episodio documentato, fotografato, filmato, conosciuto; lo abbiamo chiesto ed il dottor Lauro ed il dottor Fiorillo dicono che non sanno nulla. Prendiamo atto di ciò.
L'unica, residuale, domanda che rivolgo, non riguarda l'episodio specifico: avete avuto, in quanto funzionari di pubblica sicurezza con la responsabilità dei reparti, rapporti di qualche tipo, anche soltanto via radio, con il funzionario che qualche ora prima aveva cominciato a comandare i reparti, sia della Polizia che dei carabinieri (così ci ha detto il dottor Donnini, riferendoci la circostanza), che sono intervenuti all'inizio di quella serie di vicende di cui avete vissuto le estreme conseguenze e cioè intorno all'una in via Tolemaide, quando c'è stato il primo fronteggiamento tra reparti di carabinieri e Polizia ed il corteo che proveniva dallo stadio Carlini? Il funzionario, ci dice il dottor Donnini, che comandava quella operazione di polizia era il dottor Gaggiano. Vi chiedo: avete avuto qualche rapporto con il dottor Gaggiano,


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sapete che aveva svolto e stava ancora svolgendo la funzione di sovrintendere, come autorità di pubblica sicurezza, alle operazioni di polizia più generali rispetto a quelle specifiche che svolgevate anche voi? Vi ringrazio della risposta e vi auguro buon lavoro
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. No, lì vi erano appunto diversi tipi di situazioni. Questa del dottor Gaggiano era un'altra, probabilmente precedente alla vicenda che ne è scaturita dopo, ma posso dire che non avevo contatti con lui.
In merito al discorso del giubbotto nero, personalmente non me ne sono accorto, però secondo me se così è stato (visto che i carabinieri erano intorno e nessuno si sarebbe avvicinato e non credo che qualcuno dei miei uomini glielo avrebbe potuto mettere), può essere stata la stessa ragazza, che era molto compassionevole e cercava di coprirlo, preoccupata per questo ragazzo, come tutti noi d'altronde.
GIANNICOLA SINISI. Ringrazio il dottor Lauro e il dottor Fiorillo. Non voglio manifestare soltanto la mia solidarietà, bensì anche la mia gratitudine, perché attraverso ciò che ci avete detto, al di là delle vicende specifiche, ci avete aiutato nella nostra funzione specifica, che è non soltanto quella di capire i fatti di Genova, ma anche di ragionare su come meglio possa operare il nostro paese nel fronteggiare le situazioni di ordine pubblico. Ci avete fornito uno spaccato molto autentico ed anche molto problematico di come in realtà avvengono questi episodi e di come in concreto operate.
Credo sia stato molto importante per noi sapere delle vostre 14 ore continuative di servizio, con un bicchier d'acqua alle ore 16.


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Credo, altresì, sia stato molto importante per noi sapere - e su questo vi rivolgo in particolare la domanda - che mentre l'Arma dei carabinieri è informata al proprio interno attraverso il laringofono, non c'è invece una comunicazione con il funzionario di pubblica sicurezza che sovraintende alle operazioni di ordine pubblico. Per inciso, vorrei anche sapere se poi questo laringofono è collegato con il comando provinciale dell'Arma dei carabinieri, dove c'è la sala operativa. Ritengo che la risposta sia positiva, ma le formulo espressamente una domanda in tal senso. Inoltre, vorrei sapere se avete a disposizione delle radio ricetrasmittenti dell'Arma dei Carabinieri mentre svolgete il servizio, per essere in contatto con l'ufficiale dell'Arma che comanda il plotone o il reparto messo a vostra disposizione.
Infine mi permetto, presidente, dopo un mese di lavori, di fare una piccola digressione: personalmente ho svolto un servizio di ordine pubblico 20 anni fa con esiti del tutto disastrosi per l'ordine pubblico ma senza alcuna conseguenza, e ancora me lo ricordo.
Sotto questo aspetto, non vi invidio per l'esperienza che avete fatto, ma vi debbo dire con franchezza che sono certo che per voi sarà un'esperienza importante che vi consentirà di affrontare con ancora maggiore competenza i servizi che renderete al nostro paese, attraverso l'attività di ordine pubblico.
Mi permetto di fare una considerazione, che vorrei sottolineare proprio a lei, dottor Lauro. Sono rimasto molto impressionato da un episodio del tutto marginale da lei raccontato: mi riferisco al bossolo da lei restituito al giornalista, nonostante avesse saputo che era un giornalista, per il solo fatto che potesse sospettare o temere di lei. Ecco, dopo 14 ore di servizio, questo è un gesto di assoluta mancanza di


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arroganza e credo che le faccia onore perché davvero esprime l'idea della forza del buon senso e della misura che lei ha saputo esercitare in quell'occasione. Mi permetta - lei è molto giovane - di fargliene personalmente testimonianza e di dargliene atto in questa circostanza, perché so che alle persone giovani che sono impegnate in un mestiere così difficile non accade così frequentemente che qualcuno gli riconosca un bel gesto.
MARCO BOATO. Vorrei aggiungere solo una considerazione.
PRESIDENTE. L'onorevole Sinisi, al di là delle osservazioni e delle considerazioni svolte, ha posto due domande relative alla possibilità di collegamento con il funzionario di pubblica sicurezza e con la sala operativa dei carabinieri.
LUCIANO VIOLANTE. Chi utilizza il laringofono?
PRESIDENTE. L'hanno già detto: i carabinieri.
LUCIANO VIOLANTE. Tutti i carabinieri o solo gli ufficiali?
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. C'era l'ufficiale e i capisquadra. I cento erano divisi in squadre, da cinque mi sembra, o da dieci; ogni caposquadra era collegato con l'ufficiale attraverso il laringofono e gli ufficiali erano collegati tra di loro. Se fossero collegati, o meno, con il comando provinciale, sinceramente non saprei dire. Ma noi non avevamo collegamento con loro.
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Vorrei aggiungere che noi non disponevamo


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del laringofono, perché non è in dotazione. In genere c'è l'ufficiale dei carabinieri o il maresciallo o il caposquadra, che sta vicino a noi, e qui noi diamo disposizioni in merito al movimento della forza. Il loro laringofono era sicuramente collegato con la loro sala operativa, così come noi eravamo collegati con la nostra, mediante radio, con un microfono sul giubbotto. Il problema, che voi conoscete, è che non abbiamo una sala operativa comune. Quindi, di certo loro non ascoltano noi così come noi non ascoltiamo loro: questo lo sapete. Però, normalmente abbiamo vicino a noi il referente che è l'ufficiale o il caposquadra.
GIANNICOLA SINISI. Veniva data una ricetrasmittente dell'Arma dei carabinieri al funzionario preposto al servizio dell'ordine pubblico?
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. No.
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. No, personalmente non l'ho avuta. Comunque, per quanto riguarda il laringofono, forse il reparto mobile di Roma ce l'aveva, forse era l'unico gruppo ad averlo.
PRESIDENTE. Un numero limitato in confronto a tutte le unità.
MARCO BOATO. Avevo chiesto ai due vicequestori se avessero avuto rapporti con il funzionario responsabile, il dottor Gaggiano. Vedendo adesso la relazione di servizio del dottor Fiorillo, questa inizia dicendo: «Ero a disposizione del dottor Gaggiano». Dato che al riguardo il dottor Fiorillo non mi aveva risposto, ma lo aveva fatto il dottor Lauro, mi pare


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invece che egli, questo rapporto con il dottor Gaggiano, lo avesse e lo ha scritto anche nella sua relazione. Le chiedo, quindi, dottor Fiorillo, se può confermarmi ciò.
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Ritengo che ciò che lei ha chiesto riguardi il giorno successivo, non il giorno 20.
MARCO BOATO. No, riguarda proprio il giorno stesso, quelle ore.
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Il giorno 20 ero in piazza Verdi, ove era responsabile il dottore Gaggiano; ero fermo con il reparto, come risulta dalla mia relazione. Credevo che lei si riferisse al giorno dopo, perché il dottor Gaggiano era con me in quella piazza, anzi ero io insieme al dottor Gaggiano. Quando è arrivato l'agente del reparto mobile di Padova per chiedere soccorso, perché era in difficoltà in via Caffa, ho chiesto l'autorizzazione al dottor Gaggiano e sono partito da piazza Verdi. Ecco perché ritenevo che si trattasse del giorno successivo, il 21.
MARCO BOATO. La ringrazio di questi chiarimenti. Abbiamo sempre parlato delle stesse ore (lei ha detto: ho cominciato un paio d'ore prima, tre ore prima, in via Alimonda).
Dal momento che lei ha chiesto l'autorizzazione al dottor Gaggiano, mi conferma che il responsabile, anche a lei sovraordinato, dell'ordine pubblico in quella circostanza fosse il dottor Gaggiano? O gli ha chiesto l'autorizzazione in qualità di pari grado?
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Il dottor Gaggiano era il mio superiore e


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comunque era responsabile in piazza Verdi, e non in un'altra zona, perché ciascuno aveva le proprie zone. In piazza Verdi, dove io ero con parte del reparto, si trovava il dottor Gaggiano, e c'era anche qualche altro funzionario; ho chiesto a lui l'autorizzazione al movimento del reparto. Ciò è avvenuto in piazza Verdi.
LUCIANO VIOLANTE. Ci interessa sapere questo: avevate una ripartizione per competenze territoriali? Cioè lei doveva stare in un posto, un suo collega in un altro, eccetera: era così? E non dovevate muovervi da lì salvo che succedesse qualcosa di straordinario: era così? È chiara la domanda?
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Normalmente è così: ci viene assegnato un luogo di servizio...
LUCIANO VIOLANTE. A Genova era così?
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. A Genova io stavo in piazza Verdi e attendevo disposizioni.
LUCIANO VIOLANTE. Con quale indirizzo?
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Stare fermo e attendere disposizioni.
LUCIANO VIOLANTE. Volta per volta, riceveva disposizioni?
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Sì, o attraverso la radio o tramite il dirigente del servizio di piazza Verdi, che era il dottor Gaggiano.


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LUCIANO VIOLANTE. Grazie.
FILIPPO ASCIERTO. Anch'io - come ha fatto prima l'onorevole Sinisi - devo esprimere la vicinanza, che è ovvia, a chi svolge questa particolare attività. Chi, come me, ha svolto attività di ordine pubblico in piazza più di altri, così come l'onorevole Sinisi a suo tempo, tanti anni fa, ha fatto, meglio può comprendere cosa significhi essere sottoposto a sassaiole e ad una violenza particolare. Mi meraviglia che, al di là delle espressioni di solidarietà che giungono frequentemente, ma non sempre, un po' da tutte le parti nei confronti delle forze dell'ordine, vi sia la morbosa ricerca di alcuni episodi particolari, di alcune immagini tratte dai filmati, come, ad esempio, voler cercare attraverso quella camicia, quel panno, quella giacca nera, una precostituita verità su presunti inquinamenti dei fatti. Ci troviamo di fronte a telecamere, a fotografi, a circostanze ben precise, abbiamo visto tutti che costui aveva una canottiera bianca, ma alla fine vogliamo far apparire le forze dell'ordine come coloro che mistificano la verità e vogliono far diventare costui un black bloc. Sappiamo tutti che non vi erano soltanto i black bloc, sappiamo, anche dalle audizioni precedenti, che quello era il corteo che partiva dal Carlini, che, insieme a quelli di Brignole, aveva ormai devastato mezza città e in quel frangente vi erano le tute bianche. Sul posto vi erano cittadini italiani, in quanto italiano è il ragazzo che, purtroppo, è morto e italiano è quello che è stato arrestato un paio di giorni fa. Penso che tale morbosa attenzione nei confronti di alcuni episodi scemerà nelle prossime ore e che si arriverà poi a una conclusione più ovvia dei lavori che stiamo svolgendo.
Volevo porre ai funzionari due domande. Complessivamente quanti assalti hanno subito in questa lunga giornata? Mi dispiace che sia stata molto lunga per loro, ma di solito le


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giornate degli appartenenti alle forze dell'ordine sono sempre lunghe, non solo in circostanze drammatiche come quelle di Genova ma in senso generale (mi fa piacere che tali aspetti emergano quando poniamo loro le domande). Quanto sono durati complessivamente tali assalti? Ritenete di poter escludere la seguente circostanza (che forse, fino ad oggi, neanche abbiamo citato): alcuni degli stessi dimostranti sono stati feriti dalle pietre che lanciavano? Vi è, infatti, un episodio filmato nel quale un ragazzo con la fronte insanguinata, molto distante dalle forze dell'ordine, dice: «mi hanno preso, mi hanno preso!». Vorrei sapere se i sassi lanciati hanno poi colpito gli stessi dimostranti.
ADRIANO LAURO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Roma. Non ho conoscenza diretta di tale ultimo episodio, ma non posso escludere che sia accaduto in quanto i lanci di oggetti erano moltissimi.
Per quanto riguarda il numero degli assalti che abbiamo ricevuto posso rispondere in questo modo: sono dieci anni che faccio questo lavoro e la sensazione mia e dei miei colleghi era che l'aspetto negativo non fosse ciò che stava succedendo in quel momento, bensì il fatto che il giorno successivo sarebbe ricominciato tutto.
MAURIZIO FIORILLO, Vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli. Per quanto mi riguarda, posso dire che si trattava di momenti interminabili: anche un solo minuto di quegli assalti non costituiva attività di ordine pubblico come siamo abituati o, almeno, sono abituato a svolgere. Secondo me si trattava di guerriglia. Lavoro a Napoli da molti anni, ho svolto attività di ordine pubblico per la polizia, sia in Italia sia all'estero, e non ho mai visto tale violenza: ciò che abbiamo subito a Genova non riguarda l'ordine pubblico, ma ben altro.


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Per quanto riguarda il lancio delle pietre, non ho conoscenza diretta del fatto, ma sicuramente alcune pietre, che venivano lanciate da tutte le parti, come colpivano noi, potevano colpire anche la testa dei manifestanti. Dato che venivano lanciate da dietro, quindi, potevano arrivare a noi ma anche ricadere sugli stessi manifestanti.
PRESIDENTE. Ringrazio a nome personale e dell'intero Comitato i vicequestori per la loro collaborazione e auguro loro buon lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione e ricordo che il Comitato è convocato domani, giovedì 6 settembre 2001, alle 9.
La seduta termina alle 18,25.