PROCESSO DIAZ - La sentenza

12. Esami e dichiarazioni spontanee degli imputati

Esami e dichiarazioni spontanee degli imputati

Gli imputati Canterini e Fournier, si costituivano in giudizio rispettivamente il 6 ed il 13/6/2007 ed acconsentivano a sottoporsi all’esame richiesto dal P.M. e dalle parti civili; venivano altresì acquisite ex art. 513 c.p.p. le dichiarazioni rese in precedenza dagli altri imputati rimasti contumaci o che, costituiti in giudizio, non prestavano il loro consenso a sottoporsi all’esame.
Successivamente comparivano e rendevano dichiarazioni spontanee gli imputati Ledoti, Stranieri, Zaccaria, Cenni (udienza del 26/3/2008), Luperi (udienza del 27/3/2008), Dominici (udienza del 2/4/2008), Basili, Lucaroni, Compagnone e Tucci (udienza del 3/4/2008).
Per completezza si riporta di seguito un breve riassunto delle dichiarazioni rese dai suddetti imputati.

Canterini Vincenzo
(ud. 6/6/07 verbale - trascrizione; ud. 7/6/07 verbale - trascrizione)
All’epoca dei fatti comandavo il I Reparto Mobile di Roma; al suo interno era stato creato il VII nucleo sperimentale antisommosa mediante un’accurata selezione del personale, sia sotto il profilo fisico sia, ed in particolare, sotto quello psichico. Lo psicologo del ministero aveva il compito di accertare l’equilibrio psichico, la capacità di autocontrollo  e la resistenza allo stress. 
Prima di venire a Genova avevamo avuto occasione di verificare le capacità fisio-psichiche del personale nel perquisire e identificare un gruppo di giovani tifosi napoletani su un treno diretto a Roma; nonostante si trattasse di un gruppo di persone assai pericolose, vennero tutte identificate e quindi fatte scendere dal treno senza alcun incidente.
L’addestramento del personale era rivolto a vincere le resistenze che si incontravano, ma ad arrestarsi una volta vinta tale resistenza. Era dotato di attrezzature sperimentali; corpetti più imbottiti ed ignifughi; caschi più pesanti, opachi e dotati di apparati radio che consentivano a tutti di interloquire con i colleghi; il relativamente nuovo sfollagente tonfa, destinato a tecniche principalmente difensive (tenendolo con la parte più lunga a contatto con l’avambraccio per parare i colpi).
A Genova eravamo intervenuti in piazza Tommaseo dove eravamo stati oggetto di lanci di pietre e di bottiglie molotov ed in tale occasione avevamo potuto constatare la preparazione del reparto.
Riconosco in quello che mi viene mostrato il programma di addestramento del reparto.
Fournier era uno degli addestratori e il responsabile operativo del VII Nucleo.
Chi non apparteneva al Nucleo speciale aveva il cinturone bianco e i caschi lucidi.
Riconosco la relazione, datata 21/7/2001 a mia firma, che mi viene mostrata, indirizzata al Questore circa la perquisizione alla scuola Diaz.
Tale relazione mi venne chiesta subito dopo il servizio; è molto sintetica ed in pratica è quella che si chiama “due righe al Questore”. Riferisce quanto avevo visto: il cancello chiuso con una catena; gli ingressi sbarrati e gli oggetti che durante l’ingresso ci sono piovuti addosso. Vi sono descritte anche le mie sensazioni, che non sono invenzioni, ma dipendenti da elementi concreti.
Nella relazione ho attestato che vi era un forte contrasto tra gli agenti e gli occupanti; pur non avendo avuto visione di azioni dirette, sono cose che ho potuto constatare; è frutto di una logica deduzione, non di visione diretta. Sono giunto a questa deduzione perché abbiamo incontrato resistenza, avendo dovuto superare cancelli chiusi e accessi sbarrati. Quando sono entrato dopo i miei uomini, dopo aver visto e sentito cadere roba dall’alto, ho visto da una parte spranghe e oggetti contundenti tra cui una mazza, ho visto persone ferite addossate al muro e  alcuni  dei miei contusi; ho dedotto quindi logicamente che vi fosse stato contatto fisico.  Ero sul posto e quello che vedevo mi convinceva di quanto ho scritto nella relazione. Oltre all’agente Nucera, che mi aveva detto di aver subito una coltellata, non ho parlato specificamente con funzionari, ma ho raccolto quanto dicevano gli operatori nel cortile.
Ho redatto poi un’altra relazione perché sapevo di dovermi presentare ad una commissione di inchiesta. Le relazioni dei capi squadra erano state fatte proprio per pormi a conoscenza di tutti gli elementi necessari.
In molte relazioni i capisquadra mi riferivano di scontri fisici avuti con i presenti.
Le mie preoccupazioni erano piuttosto quelle di occuparmi dei feriti e di vedere che cosa si dovesse fare piuttosto che di informarmi di ciò che era avvenuto dai capisquadra.
Nel cortile il dr. Fournier mi disse che non voleva più lavorare “con questa gente”; era stravolto, ma non so se per quello che aveva visto o per la stanchezza della giornata.
Nella mia prima relazione mi sono limitato a dire al Questore quello che avevo visto o che avevo ritenuto fosse accaduto; non dovevo riferire tutti i particolari né dovevo informarmi di tutto.
Ricevetti una telefonata dopo circa due ore dal termine del servizio dal dr. Gratteri che mi chiese di passare in Questura, prima di partire per Roma, per scrivere due righe al Questore su quanto accaduto.
Eravamo rientrati alla Fiera di Genova, dove eravamo sistemati, circa alle nove meno un quarto. Ero un po’ preoccupato perché gli uomini discutevano tra di loro e ciò era evidentemente un sintomo di stanchezza. Verso le 21,30 il dr. Donnini, che cenava in un tavolo vicino al nostro, mi disse di prepararmi perché probabilmente vi era da fare un’irruzione in un edificio. Ci radunammo davanti alla Fiera; poi ricevetti una telefonata da Donnini o Calesini, non ricordo bene, che mi dissero di recarci in Questura. In un ufficio c’era il Questore, La Barbera, Luperi, Gratteri, Caldarozzi, Murgolo. Mi venne detto che vi era stata l’aggressione di una pattuglia da un edificio scolastico in cui si riteneva che vi fossero black block. Da parte mia ritenevo che la cosa non fosse particolarmente semplice perché si sarebbe dovuto fare un cordone intorno alla scuola, avere una planimetria ecc. Dissi quindi che a mio parere poteva essere più idoneo utilizzare alcune bombe lacrimogene per far uscire tutti dall’edificio senza che nessuno si facesse male; il Pref. La Barbera escluse subito tale possibilità.
Scesi e davanti alla Questura vidi con un certo stupore un apparato immenso formato da diversi corpi, una macedonia di reparti mobili: vi era un contingente dell’anticrimine in divisa atlantica, poi vi erano diversi personaggi con casco sfollagente e pettorina con la scritta Polizia. Il mio contingente venne diviso in due colonne perché si doveva fare una manovra a tenaglia,  anche se ciò non doveva avvenire dato che gli uomini erano addestrati ad agire in un gruppo compatto. Alle mie contestazioni mi venne assicurato che arrivati sul posto il gruppo sarebbe stato riunito. Le due colonne  erano dirette per quanto ricordo rispettivamente da Mortola, a cui avevo anche dato la mia radio trasmittente  e un altro funzionario della Digos di Genova.  Chi dispensava ordini e diceva chi doveva partire era Murgolo.
Seguivo la massa di mezzi che si dirigeva verso l’obiettivo; ero sulla mia macchina con il mio autista; i due tronconi di cui ho detto erano già partiti. Giunto sul posto vidi che si stava provvedendo a forzare il cancello con un mezzo. Vi erano i miei ma anche gli altri. La mia presenza sul posto era comunque soltanto tecnica e neppure di supervisione.
Nulla so dell’aggressione avvenuta vicino al cancello.
Entrai dietro a tutti gli altri; mi diressi verso il portone di sinistra; venne sfondato e poi vidi che gli uomini alzavano gli scudi e nel timore di essere a mia volta colpito mi posi sotto uno scudo; mi pare che fossi sulla sinistra;  ricordo un paio di tonfi uno sullo scudo che mi riparava ed un altro sullo scudo vicino, una bottiglia che cadeva e forte rumore di vetri infranti.  Vi era un lancio di oggetti non fittissimo ma comunque di diversi oggetti. Sentii il rumore di un tonfo vigoroso come di un oggetto a mio parere del peso di almeno tre chili.   
Entrato nell’edificio vidi dopo l’ingresso, a sinistra in terra, oggetti atti ad offendere, panche, probabilmente utilizzate per bloccare il portone. Se ben ricordo erano vicino all’ingresso di sinistra. Sulla destra vi era una sala grande, una palestra, e a sinistra le scale. In fondo alla palestra vi erano anche alcuni ragazzi feriti. Gli oggetti  di cui ho detto erano tra il portone di sinistra e quello centrale e tra tali oggetti vi era anche un maglio. Nella foto (raid 56) che mi viene mostrata se ne vedono due in primo piano; io ne ricordo uno solo.
Salgo le scale e sento il dr. Fournier gridare “fuori, fuori”; giunto al primo piano vidi Fournier accanto ad una persona in terra con una ferita alla testa e che cercava di soccorrerla. Si trattava di una ragazza ed anch’io cercai di far arrivare quanto prima i soccorsi che, come mi disse, erano già stati chiamati. Ricordo la mancanza di luce al piano, ma se ben ricordo si vedeva comunque abbastanza perché la luce arrivava dalle scale. Nella foto 52 riconosco il corridoio, è probabile che la ragazza fosse distesa dove è il numero 1 però se le scale sono dietro di me non mi pare che potesse trovarsi in tale posizione.
I commenti di Fournier di cui ho detto furono espressi successivamente nel cortile.
Abbiamo aspettato l’ambulanza e quando abbiamo visto un operatore con una veste arancione che si prendeva cura  della ragazza, mi sono allontanato e poco dopo penso si sia allontanato anche Fournier che vidi poi in cortile. Scesi al piano terra. Notai la presenza dei colleghi di cui ho già detto; oltre a quelli che conoscevo vi erano funzionari e personale a me sconosciuto. Non vidi La Barbera.
I miei uomini si stavano inquadrando sulla parte destra del cortile; vi era un gran via vai di colleghi di personale paramedico e di feriti. Non so dire se vi era in corso una perquisizione; ho il ricordo di persone che guardavano in terra, in giro, nei sacchi a pelo.
Non ho avuto notizia di arresti; evidentemente trattandosi di un’operazione di polizia giudiziaria, pensavo che i funzionari competenti ritenessero di doverli portare in Questura e che quindi fossero stati fermati per qualche motivo.
Ricordo che uno dei miei uomini mi disse che era stato accoltellato il “Flanella”, soprannome dell’agente Nucera; mi portai vicino a lui che mi fece vedere il taglio sulla giubba e sul corpetto in plastica. Mi disse che al quarto piano era stato affrontato da una persona e che poi si era accorto di essere stato colpito con un coltello. Rividi il Nucera qualche minuto dopo; era con la maglietta azzurra; si era tolto quindi la giubba ed il corpetto di plastica, che non so dove siano stati posti. So che poi tornò in Questura.  
Non ricordo il dr. Troiani nel teatro dell’operazione; secondo me non era presente.  Se a suo tempo dissi che era presente può darsi che fosse così, ma non ero molto interessato a lui, anche perché vi erano trecento persone.
Nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 199 min 15,98 – estratto) riconosco in effetti  il dr. Troiani tra uomini non del mio reparto con cinture bianche e caschi lucidi. Il dr. Troiani per quanto ne so era alle dipendenze del dr. Donnini e non alle mie dipendenze. Il dr. Donnini non era presente alla Diaz.
Sono venuto a conoscenza delle bottiglie molotov soltanto da un articolo del Corriere della Sera di circa un anno dopo se ben ricordo.
Mi riconosco nel filmato Rep. 199 min. 15,40  (estratto):  sono rimasto vicino al Dr. Luperi soltanto pochi secondi; sono passato, mi sono fermato un attimo e sono subito andato via. Nei fotogrammi del RIS riconosco il dr. Luperi, me stesso ed il dr. Troiani sull’estrema destra.  Non ho fatto caso a che cosa avesse in mano il dr. Luperi; ripeto che sono venuto a conoscenza delle bottiglie molotov soltanto dall’articolo del Corriere della Sera. Nel brevissimo tempo che sono stato con il dr. Luperi non ho sentito spezzoni di conversazioni.
Nella scena visibile nel filmato Rep. 199 (min. 23,42,00 del contatore - estratto) il dr. Mortola mi stava dicendo: “Ma hanno accoltellato qualcuno dei tuoi ?”; io risposi: “Ci hanno provato”, ed il dr. Mortola ripetè: “Ci hanno provato”.
La responsabilità del nucleo era del dr. Fournier; io mi recai sul posto solo come osservatore tecnico e come comandante di reparto.
La situazione sul posto è stata confusa; non ho individuato il responsabile del servizio; per quanto ho potuto vedere potrei dire che chi dava ordini era il dr. Murgolo.
Quando siamo tornati in Questura, il dr. Murgolo ci fece i complimenti per il servizio svolto.
Riconosco nel soggetto n. 15 della foto 6 del RIS il dr. Troiani, che conosco bene. 
Quando tornai in Questura salii al primo piano, parlai con il vice capo della polizia Andreassi e con il dr. Calesini; non ho incontrato nessuno dei miei uomini. Sono rimasto circa un’ora. Poi andai a casa e poco dopo ricevetti la telefonata di rientrare in Questura per redigere la relazione; quindi partii per Roma. La relazione mi pare di averla scritta dopo aver incontrato Murgolo alla Caravelle.
Non ho più visto il giubbetto né l’agente Nucera dopo la Diaz; non ho avuto alcun incontro alla Questura con Andreassi, Colucci e Nucera.
Il manganello visibile sulla sinistra della foto Rep. 95 A8Z è in effetti impugnato al contrario  ma non è utilizzato, così come nella foto Rep. 88D, ma soltanto tenuto in mano.
Nella scena visibile nel filmato Rep. 218 (min. 00.53.57 del contatore - estratto): non mi pare che i manganelli siano utilizzati irregolarmente.
All’interno della Diaz entrarono circa una sessantina di miei uomini, tutti dotati di casco con radio; il sistema era sperimentale ed in luoghi molto rumorosi spesso vi erano problemi tecnici.
Rimasi all’interno della Diaz circa cinque minuti.
Il dr. Troiani rimase alle mie dipendenze fino a circa sei sette mesi prima del G8.
L’Ass. Burgio era per quanto mi consta del mio reparto; avevo alle mie dipendenze circa 1.500 uomini. Il distintivo e la tuta indossata dal dr. Troiani nella foto del RIS è in effetti del reparto mobile; non indossa però il cinturone nero anche perché erano contati per il nucleo; probabilmente utilizzava tale tuta perché era rimasta in suo possesso da quando prestava servizio nel I reparto mobile.
Il dr. Troiani era dipendente del dr. Donnini e non aveva nulla a che fare con noi. Non so quale compiti Donnini avesse dato a Troiani.
Quando tornai in Questura parlai con il vice capo della polizia Andreassi; eravamo seduti nell’ufficio del Questore. Dopo la richiesta della relazione, il dr. Gratteri mi accompagnò con altre persone a cercare un dattilografo.
Nella relazione del caposquadra Basile si diceva che era stato colpito con un oggetto pesante e che aveva visto una sagoma che si avventava nuovamente contro di lui; l’Ag. Zaccaria nella sua relazione riferiva che salendo le scale erano venuti in colluttazione con alcuni facinorosi che “ci buttavano contro sedie, tubi di ferro, vari pezzi di legname, colpendo e ferendo al volto l’agente scelto Salvatore Gianluca”, che aveva infatti riportato la frattura del setto nasale; in tutte le relazioni si parla di lancio di oggetti;  Ledoti  riferisce a sua volta una breve colluttazione con una persona travisata che lo aveva bersagliato con oggetti di vario tipo.
Nel filmato Rep. 198 elab. 1 RIS min. 01 (estratto) si vede che il primo ad entrare è del mio reparto; tutti coloro che portano caschi opachi sono del mio reparto, gli altri no, si vedono anche operatori con cinturoni bianchi e quindi non del mio reparto; gli scudi quadrati mi sembrano del mio reparto, vi sono anche alcuni però non del mio reparto con cinturoni bianchi. Si vedono anche alcuni operatori con scudi alzati che si dirigono verso l’ingresso di sinistra.
Nel filmato Rep. 234 p. 4 min. 37 RIS (estratto) si vede l’uscita del settimo nucleo con il dr. Fournier con una bottiglietta d’acqua in mano, poi escono gli altri operatori e si vede anche il dr. Troiani.
Nel Rep. 239  (min. 22.14.56 del contatore - estratto) non si vede bene, ma ricordo che tra i primi entrati nel cortile vi erano persone con la pettorina e la scritta Polizia.
Sul posto non ho avuto la percezione che vi fosse il Pref. La Barbera e non ho certamente parlato con lui.  Il dr. Fournier non partecipò alla riunione in Questura; rimase con gli uomini.
Nessuno mi portò ufficialmente a conoscenza che nella commissione disciplinare vennero chieste sanzioni nei miei confronti; ne sono al corrente soltanto per notizie di stampa.

Fournier Michelangelo
(verbaletrascrizione)
Eravamo a cena quando il nostro comandante Canterini venne chiamato telefonicamente dal dr. Donnini per un’operazione. Si doveva fare irruzione in un immobile abusivamente occupato.  Riunimmo gli uomini dapprima in piazzale Kennedy, almeno così mi pare. L’urgenza era di reperire il personale.  Ci portammo quindi all’esterno della Questura. Il nostro reparto venne diviso in due colonne; un funzionario della Digos venne a dirigere la colonna in cui mi trovavo. Il funzionario era con  me sul veicolo ed era collegato con noi con un apparato ricetrasmittente particolare in dotazione al nostro reparto.
Non so perché fummo divisi in due colonne; noi arrivammo dalla destra guardando l’ingresso della Diaz. L’altra squadra arrivò dalla parte opposta.
Quando arrivammo stavano forzando il cancello del cortile della Diaz con un automezzo. Vi era un gran  numero di poliziotti; la situazione fu per me una sorpresa anche perché io ritenevo si trattasse di irrompere in un magazzino o simile e non in una scuola. La catena di comando si interruppe proprio per la confusione ed il numero delle forze di polizia. Venne dato un ordine collettivo di procedere all’apertura dei portoni. Venne quindi forzata un’anta del portone e i poliziotti dei diversi reparti si accalcarono per entrare.
Vi erano numerosi dirigenti della Digos e di altri reparti. Quale comandante della forza ritenni di entrare per verificare che tutto procedesse regolarmente anche se formalmente la forza dipendeva dal funzionario. Fu piuttosto difficile entrare per il numero delle persone che si accalcavano all’ingresso. Penso che trascorse qualche minuto. Comunque entrai tra i primi, ma probabilmente non come dissi settimo od ottavo. Mi pare che venne aperto prima il portone centrale.  Non so dire chi avesse il comando delle operazioni: vi erano diversi funzionari che dirigevano: il pref. La Barbera, il dr. Luperi, il dr. Gratteri, il dr. Murgolo.
Il nostro compito era praticamente di conquistare l’edificio ed in particolare i piani alti, come avviene di regola in ogni irruzione in immobili; non dovevamo partecipare all’operazione di cui non conoscevamo gli scopi. Vi era molto caos; appena entrato mi diressi verso le scale a sinistra e mi portai al primo piano. Quando arrivai vidi che erano in corso colluttazioni; vi era buio, e guardando meglio vidi che non si trattava di vere colluttazioni, ma vi erano quattro o cinque poliziotti che stavano infierendo sui feriti; avevo visto inizialmente solo alcune sagome; intervenni gridando: “Basta, basta !”. Non riferii subito quanto avevo visto per il mio senso di appartenenza al corpo della polizia. Non avevo idea delle conseguenze dell’azione dei poliziotti, che erano per me irriconoscibili: due avevano il cinturone bianco e due  indossavano le pettorine. Li mandai subito via. Non erano agenti del mio nucleo; se fossero stati i miei non avrei avuto bisogno di gridare
Prima mi soffermai all’altezza dei bagni; poi avanzando vidi una ragazza che giaceva in una pozza di sangue; vi erano anche grumi che io inizialmente scambiai per materia cerebrale; rimasi molto impressionato e subito ordinai ai miei uomini con il laringofono di uscire immediatamente dalla scuola e chiamai le ambulanze. Vi era un’altra ragazza che l’assisteva e che aveva una piccola cassetta di pronto soccorso; le dissi di non muoverla; io ero convinto che stesse morendo. Mi scusai per quanto avvenuto con la ragazza che l’assisteva. Sul posto non mi venne riferito di altre persone ferite gravemente. Dopo l’arrivo dei soccorsi scesi all’ingresso.
Disegnai lo schizzo (faldone 14 produzione  364) che mi viene mostrato.
Lo schizzo disegnato dal teste Gieser (faldone 6 la produzione 141), mi sembra un po’ impreciso.
Venne poi disposto di utilizzare i nostri mezzi per trasportare gli arrestati a Bolzaneto
Il comandante Canterini mi raggiunse al primo piano, così come l‘Isp. Tucci, e rimase anche lui molto impressionato.
Ci recammo infine a Bolzaneto. Successivamente redassi una relazione di servizio.  
Quando arrivai su posto non vidi alcuna persona a terra vicino al cancello, come raffigurato nel filmato che mi viene mostrato (Rep. 239 p. 3 min. 22:14:50 del contatore - estratto); ho saputo di questo fatto soltanto in tempi recenti. Il personale con gli scudi alzati vicino all’ingresso doveva essere del mio nucleo.
Il nostro nucleo era sperimentale e gli uomini avevano ricevuto un addestramento particolare sia fisico sia psichico; erano anche dotati di materiali nuovi, come il casco u-boat opaco, oggi peraltro superato, il manganello tonfa, che è più rigido dell’ordinario e può provocare gravi ferite; un colpo in testa con il tonfa può uccidere una persona; l’uniforme si distingueva per una cintura blu scura.
Dopo essere sceso nel cortile appresi dell’aggressione all’Ag. Nucera.
Passando vidi che i colleghi stavano raccogliendo materiali, tra cui notai un giubbotto, che probabilmente era quello di Nucera, ma non mi soffermai molto.
Mi riconosco nella persona con il basco e con il telefonino visibile nel filmato (Rep 199, min. 0:14:07 del contatore - estratto); al min. 0:14:14 riconosco Troiani, che era con il dr. Donnini e si occupava della logistica.
Luperi, Gratteri e Murgolo li vidi certamente, probabilmente anche al termine dell’operazione; giunse anche Sgalla; La Barbera lo vidi all’inizio ma non al termine.
Rimasi con la ragazza ferita e la accompagnai con la barella; non mi curai quindi con particolare attenzione di quanto accadeva intorno.
La ragazza mi pare fosse più  meno in corrispondenza della lettera B visibile nella foto 52; gli altri ragazzi mi sembravano più indietro, più vicini a me. Quando arrivai dissi di mettersi contro il muro e lo ripetei in inglese; poi mi accorsi come ho già detto che venivano picchiati.
Dopo aver detto “basta, basta” dovetti insistere per fare cessare le violenze; ricordo anche un forte contrasto con un personaggio che aveva mimato un gesto scurrile. A suo tempo riferii di non aver visto tale gesto sempre per il rispetto verso la polizia, trattandosi certamente di un gesto non consono a chi porta una divisa.
Diedi ai miei uomini l’ordine di riporre il tonfa e di uscire dalla scuola tramite il laringofono che era separato dal casco.
Mi venne riferito che vi era un infiltrato nella struttura occupata abusivamente e che ci avrebbe dato il via libera per iniziare l’intervento; evidentemente era una notizia inattendibile.
Ho visto anche una persona anziana che era stata picchiata.
Non ho visto lancio di oggetti prima di entrare, ma non avevo percepito neanche un elicottero sopra la scuola; ero sveglio da 48 ore e potevo anche non accorgermi di un lancio di bottiglie; la mia percezione era offuscata.
Escludo che le persone che ho visto picchiare fossero del mio reparto, perchè non indossavano la divisa del VII nucleo; due indossavano una divisa con cinturone bianco, due avevano la pettorina. Nei filmati che riproducono la fase di ingresso si vedono entrare  persone con casco lucido, non si vede se hanno la divisa. L’accesso al piano superiore lo feci a passo lesto, mentre salivo le scale non potrei escludere di essere stato sopravanzato da personale in borghese o con cinturone bianco. Io ero vice questore aggiunto; feci cessare immediatamente le violenze.
Nelle situazioni di ordine pubblico molto  spesso si devono calmare gli uomini, ma non necessariamente dopo li si denuncia. Io in quel contesto non avevo la percezione dei danni creatisi, non potevo arrestarli lì. Non escludo in assoluto che anche qualcuno del mio reparto abbia ecceduto, ma non davanti a me. Dissi a Canterini “con questi non ci lavoro più”; la frase era riferita agli autori delle azioni di cui ho parlato, glielo dissi quando ci ritrovammo nel  cortile, ero disgustato e preoccupato.
Nel filmato Rep. 239 parte 3 min 2.04 (estratto) sopra il casco della prima persona che entra vedo un tonfa, fatto a T, impugnato non per colpire, la persona sta scavalcando per entrare. L’uso difforme è scorretto, ma qui non sta percuotendo nessuno. Il tonfa anche usato correttamente può avere conseguenze mortali; è decisamente pericoloso.
Mi riconosco nella foto rep. 120, il distintivo sotto la scritta polizia indica i gradi, La sera della Diaz indossavo altra divisa con gradi sulle spalline.
Eravamo una sessantina, inclusi i capisquadra, che erano 7. La colonna di Canterini era di 4 squadre, la mia di 3, non so perché avvenne questa ripartizione .
Quando arrivammo sul posto l’altra colonna era già presente; Canterini era già arrivato, lo rividi lì. Anche lui sapeva poco dell’operazione. Lo sfondamento lo stavano terminando, avvenne con un mezzo del reparto mobile. L’altra colonna era arrivata dall’altra parte della strada.
Non ebbi la percezione di chi si stesse accanendo sulla ragazza. Vidi calci, pugni e manganellate, erano tutti ammucchiati contro il muro, non so ricostruire la dinamica dei fatti. Io mi scagliai contro più persone, ricordo uno che si accaniva più duramente in un punto davanti ai bagni; urlai “basta basta”, non so se mentre mi scagliavo contro  gli uomini o prima. I 4 lì per lì non hanno gradito il mio intervento, mi insultarono, poi vedendo che ero un funzionario hanno desistito; non era possibile identificarli in quel momento e denunciarli. Dalla cintura bianca ho pensato fossero di reparti mobili, altri avevano la pettorina. Oggi dopo 6 anni ritengo doveroso precisare quello che ho visto. A Canterini quando vidi la ragazza dissi che l’avevo trovata lì, non gli dissi che avevo avuto  una colluttazione con colleghi, non intendevo propagare questa cosa, è la prima volta oggi che la racconto, mi sono portato questa croce per 6 anni, ne ho parlato solo con il mio avvocato.

Ledoti Fabrizio
(verbaletrascrizione)
Facevo parte del VII Nucleo; arrivammo a Genova il lunedì; il giovedì facemmo servizio per una manifestazione pacifica; il venerdì vi fu una manifestazione con incidenti; il sabato sera venni chiamato dall’Isp. Tucci e avvertito di riunire la squadra per effettuare un servizio straordinario; ci riunimmo all’esterno della Questura, ove ci dissero che all’interno di un edificio vi erano persone pericolose e che bisognava quindi intervenire. Arrivati sul posto, fermammo i mezzi ad una certa distanza dalla scuola; vi era un cancello, chiuso con una catena, che sfondammo con un mezzo; con Stranieri e Zaccaria entrai dal portone sulla sinistra che era chiuso e mentre cercavamo di aprirlo venimmo fatti oggetto di lanci di oggetti dall’alto, tanto che diedi l’ordine di alzare gli scudi; salii insieme ad altro personale in divisa atlantica o con pettorine con la scritta Polizia; un manifestante mi tirò contro degli oggetti ed io lo fermai  e lo consegnai a colleghi; salendo incontrai un'altra persona che fece resistenza; continuai a salire e nel tragitto incontrai personale in borghese o in atlantica che effettuava normali servizi in quei frangenti; vidi anche un collega che colpiva un manifestante con il manganello, ma data la concitazione del momento non vi feci molto caso; salendo incontrai una ragazza che era molto spaventata e così la accompagnai al piano terra; in quel momento ricevetti nell’auricolare l’ordine dal dr. Fournier di riporre il manganello e di scendere; mentre scendevo venni anch’io colpito, mi pare con un manganello dietro il casco, ma non sono riuscito a vedere chi mi colpì; anche la ragazza venne colpita. La portai fino al piano terra ove la consegnai ad un collega.
Durante l’operazione quando nel piazzale alzammo gli scudi, un collega della mia squadra si ferì ad una mano; alla fine tre persone della mia squadra  vennero ferite, me compreso; io venni ferito durante la seconda  colluttazione; riportai una distorsione al ginocchio; la ragazza vene colpita alla nuca,  io venni colpito dietro al casco, ma ero ben protetto.

Stranieri Pietro
(verbaletrascrizione)
Ho assistito e partecipato a diverse operazioni in occasione di manifestazioni violente.
La sera del 21 mentre eravamo a cena vidi il nostro comandante Dr. Canterini che parlava con il dr. Donnini. Il dr. Canterini ci disse di radunarci alla Fiera del Mare e quindi di portarci davanti alla Questura; ivi giunti il dr. Fournier ci fece dividere in due tronconi e mi disse che dovevamo svolgere un’operazione di sgombero presso la scuola Diaz e di salire subito al terzo piano ove si trovavano pericolosi anarchici insurrezionalisti. Non vennero indicate né predisposte particolari modalità dell’operazione.
Arrivammo in via Nizza e ci fermammo a circa 600 metri dalla scuola. Sentii nell’auricolare il dr. Canterini che diceva di intervenire. Ci dirigemmo così verso la scuola; all’incrocio con via Cocito, vedemmo scappare in lontananza dieci, venti persone in fila indiana. Quando facciamo una carica le persone non scappano in fila indiana; erano  travisate e vestite di nero, una salì su di una Volskwagen straniera. Ci fermammo, ma il funzionario voleva andare dritto per raggiungere la scuola e non curarsi di loro.
Arrivati davanti alla scuola vi era il nostro mezzo che aveva appena sfondato il cancello; entrammo nel cortile; ci dirigemmo ad un portone sulla sinistra che era chiuso con una catena; prendemmo un bancone che era vicino e cercammo di sfondarlo; in quel momento vidi cadere una piccola trave, un pezzo di palanca, e dissi ai colleghi di alzare gli scudi; entrati vidi che alcuni del nostro nucleo avevano piccole colluttazioni con manifestanti; mi diressi verso i bagni ove non trovai nessuno.
Salii al primo piano ed anche qui andai nei bagni ove trovai una ragazza molto impaurita e la consegnai ad un uomo delle mia squadra e la feci portare al piano terreno; vidi poi un ragazzo con i capelli rasta, che era stato colpito alla testa e che continuava ad essere colpito da colleghi e mi misi a sua protezione. Sentii poi il dr. Canterini che diceva di ricompattarci all’esterno.
In un bagno vidi un crocefisso che veniva usato come scopino; lo rividi poi alla televisione in un'immagine del TG5 vicino a una pozza di sangue.

Zaccaria Emiliano
(verbaletrascrizione)
All’epoca facevo parte del VII nucleo. Arrivammo a Genova il lunedì. Partecipammo alla manifestazione del venerdì durane la quale avvennero diversi incidenti.
Il sabato sera ci venne detto che dovevamo effettuare un servizio di supporto per una perquisizione in un edifico abusivamente occupato da anarchici insurrezionalisti molto pericolosi per cui dovevamo stare molto attenti. Non si parlò di GSF.
Mettere un edificio in sicurezza per noi significa dirigersi subito al piano più alto per  individuare le persone che lo occupano e renderle inoffensive, in modo tale che non si possano svolgere azioni che compromettano o blocchino l'operazione di Polizia Giudiziaria.
Venimmo divisi in due colonne. Arrivammo alla scuola Diaz parcheggiando i mezzi ad una cinquantina di metri; davanti al cancello vi erano già numerose persone che poi vidi essere colleghi.
Con un Ducato venne aperto il cancello, che era chiuso con una catena. Entrammo nel cortile; vi erano colleghi in borghese con caschi e fratine, con cinturone nero, autisti di funzionari vestiti con giacche e cravatte.
Ero di fronte al portone centrale, ma vista la presenza di numerosi colleghi mi diressi con Ledoti e Stranieri verso il portone di sinistra; mentre cercavamo di aprirlo, venimmo fatto oggetti di una sassaiola. Vidi che all’interno vi era già un collega che ci aiutò infatti ad aprire il portone.
Ricordo che davanti alla porta c'era un armadio messo per traverso; lo sgombrammo e mi diressi subito a destra dove vi era un corridoio; vedevo persone che venivano verso il portone da cui eravamo passati; mi venne incontro una persona di mezza età, con le mani alzate; allora girai e andai su per le scale per fare la bonifica. Mentre salivo mi cadde addosso qualcosa una lavagnetta piccola, dei pezzi di intonaco.
Al piano superiore vi erano numerosi colleghi che erano in colluttazione con alcuni occupanti.
Cercai quindi di proseguire, ma in quel momento sentii il dr. Fournier che ordinava di riporre i manganelli e di uscire subito.
Ad eccezione di Salvatori, che mi disse di essere stato colpito sul naso mentre saliva le scale, nessuno della mia squadra venne ferito, né ebbe colluttazioni con gli occupanti.
Ci radunammo fuori.
Mi resi conto della gravità dei feriti solo quando vidi arrivare le ambulanze e passare le barelle piene di ragazzi; rimasi meravigliato.

Cenni Angelo
(verbaletrascrizione)
Mi arruolai nel 1978. Feci servizi di scorta tra gli altri a Berlinguer e Arafat.
In tutti questi anni non ho mai avuto una denuncia, né un procedimento disciplinare.
Il nostro compito a Genova era quello di entrare nei cortei e di isolare i black block. Il nostro addestramento iniziò sotto il governo di centro sinistra che ci fornì tutto il materiale necessario.
Il venerdì iniziarono le devastazioni in città; due ragazzi della mia squadra furono colpiti da bottiglie incendiarie; erano diventati torce umana, ma nessuno dei miei uomini pensò mai di usare le armi; spensero le fiamme ed i colleghi ripresero il servizio.
La sera del sabato eravamo a cena; ero accanto al dr. Fournier; si avvicinò il dr. Canterini che ci disse che dovevamo effettuare un servizio presso una scuola. Feci presente a Fournier che eravamo stanchi e non tutti presenti; ma Canterini ci disse che era un ordine. Ci venne detto che dovevamo cercare dei terroristi all’interno della scuola.
Ci dividemmo in due colonne; percorremmo via Nizza e quindi via Trieste e via Cocito. L’ultimo tratto venne percorso di corsa. Quando arrivai, il cancello era già aperto; chiamai i colleghi che erano rimasti sui mezzi; mentre tornavo verso di loro, vidi uscire dal retro della scuola una trentina di persone, tutte incappucciate, vestite di nero, con dei caschi. Uscivano in maniera organizzata; erano in fila per due: il primo aveva un bel passo e certamente sapeva dove andare.
Quando entrai notai che alcuni della mia squadra erano contusi e quindi non li feci entrare. Incontrai poi un altro componente della mia squadra che era contuso e zoppicava; presi due colleghi e lo feci accompagnare fuori. Eravamo rimasti io ed Albonetti; mentre salivamo sentii l’ordine del dr. Fournier di uscire; per scrupolo arrivai al secondo piano; l’azione era praticamente ferma,  vi erano persone a terra e altre in piedi, personale in borghese con fratino con scritta polizia e altri con “kefia” per travisarsi. Con Albonetti scesi le scale, per scrupolo decisi di verificare il sottoscala: c’erano dei caschi a terra, degli zaini, vidi delle porte in ferro, mi accertai se vi fosse qualcuno nascosto, ma le porte erano chiuse, allora  uscii dal sottoscala.
Uscito dalla scuola incontrai il comandante Canterini che mi ordinò di portare via i primi fermati.
Avevo con me alcuni ragazzi a cui dissi di abbassare le braccia e a cui diedi da bere.
Chiesi di essere scortato in Questura, ove feci scendere i ragazzi che consegnai ad una collega.
Rimasi poi in Questura in attesa del ritorno del contingente e dei miei ragazzi contusi che vennero medicati mi pare sulla nave.   

Luperi Giovanni
(verbaletrascrizione)
Io venni nominato alla Direzione della Prevenzione come Consigliere ministeriale aggiunto con compiti specifici di studio e ricerca, che venivano assegnati direttamente dal Direttore Centrale.
Vi trovai il Pref. La Barbera, uomo brusco, piuttosto schivo, non particolarmente facile da avvicinare, non particolarmente incline alla confidenza, sia pure la confidenza d’ufficio.
Mi vengono di volta in volta assegnati incarichi: il primo fu di portare a completamento un progetto di riforma delle DIGOS; poi fui mandato Trieste e quindi a Salisburgo in occasione di manifestazioni in ambito G8, con compiti di osservatore.
L’incarico specifico per il G8 di Genova lo ricevetti nel maggio 2001 direttamente dal Capo della Polizia durante una riunione che si svolse al Dipartimento della Pubblica Sicurezza, presieduta dal Capo, in cui era presente il Vice Capo Andreassi, il Questore di Genova, lo stesso La Barbera e altri Direttori Centrali interessati all’evento. Le direttive circa i miei compiti furono tradotte in un appunto che venne siglato da La Barbera.
Nel dettaglio l’Unità Operativa da me diretta aveva esclusivamente compiti informativi.
Non partecipai mai ad operazioni di polizia giudiziaria; la mia preoccupazione era solo quella di acquisire informazioni circa gli eventi e di riferirli. Da tempo avevo abbandonato l’attività di P.G.; la mia attività prevalente era diversa: era quella di analisi di tutti i documenti, di intelligence ecc., cercando di capire i possibili sviluppi delle diverse situazioni, terrorismo, Brigate Rosse;  avevo ad esempio indicato Lioce Nadia Desdemone come appartenente alla BR Figc e sospetta nel coinvolgimento dell’omicidio D’Antona, ben prima che fosse colpita da un mandato di cattura.
La stessa attività la svolsi a Genova.
Il 21 il vertice  era ormai concluso; nel pomeriggio arrivò il Pref. La Barbera, come del resto già previsto. Era infatti previsto per quel giorno l’arrivo del Vice Direttore dell’UCICOS, il Questore Berrettoni, per il quale avevo prenotato la stanza d’albergo, che non poté peraltro venire a Genova in quanto era stato di fretta dirottato verso Ancona dove c’erano problemi di manifestanti per il G8 che stavano sbarcando da un traghetto. Io con l’arrivo del Pref, La Barbera mi sentii sollevato dai miei compiti.
Con questo spirito la sera del 21 salii nell’ufficio del Questore proprio perché vi era La Barbera.
Vi era tanta gente; pensavo di dover accompagnare La Barbera al ristorante.
Giunse invece la notizia dell’aggressione alla pattuglia, ma io non ne venni coinvolto perché come ho detto non mi ritenevo più coinvolto nella situazione.
Successivamente, dopo che era stata disposta l’operazione, capii che La Barbera invece di andare al ristorante voleva recarsi sul posto. Ciò mi stupì, ma non avevo alcun ruolo specifico in proposito e nulla potevo quindi dire.
Mi sentii obbligato ad accompagnarlo e così feci. Arrivammo nei pressi della scuola; vedemmo un giovane trattenuto a terra da agenti di polizia; certamente non avendo visto il precedente ritenni che si trattasse di un legittimo intervento. Ricordo lo sfondamento del cancello; il reparto che entra nel cortile, leva gli scudi e trova difficoltà ad aprire il portone. Ebbi la sensazione che dall’alto volassero oggetti e poi il collega Fiorentino mi fece notare la presenza in terra di calcinacci.
Entrato, notai circa una quarantina di persone sedute a terra; la situazione non appariva allarmante.
Salii al primo piano ove vidi una persona in una chiazza di sangue e mi preoccupai; così scesi e mi informai se fossero stati chiamati i soccorsi. Non ricordo di aver visto nella sala al piano terra le macchie di sangue poi viste nelle riprese televisive; potevano essere coperte dalle persone sedute a terra, oppure è possibile che si siano determinate in seguito alla discesa dai piani superiori di altri giovani.
La situazione cambia progressivamente perché dai piani alti cominciano a scendere feriti sempre più numerosi; chiesi spiegazioni senza peraltro ottenere concrete risposte. Peraltro nello stesso tempo arrivò anche un agente che lamentava di essere stato colpito con un coltello, che mostrò, e di essersi salvato soltanto perché indossava un giubbotto protettivo.
Il fatto che durante una perquisizione si realizzasse un tentato omicidio di un agente, mi faceva quasi pensare che tale episodio fosse come la punta di un iceberg, facesse cioè parte di una resistenza complessiva.
A terra vengono poi man mano radunati oggetti vari, coltelli, un maglio, bastoni,  e infine arrivarono le bottiglie molotov. 
Vidi per la prima volta il filmato sulle bottiglie molotov durante l’interrogatorio del luglio 2003: i P.M. mi mostrano una figura di un uomo che non è perfettamente inquadrato ed indossa un casco e mi dicono: “Vede. Qui accanto c’è il Prefetto La Barbera. Lei riceve una telefonata dal Prefetto La Barbera. Perché se è accanto a lei?”. Che io riceva un telefonata del Prefetto La Barbera è, veramente, incomprensibile: “Ma è veramente il Prefetto La Barbera?” Poi si rivede nell’immagine successiva, quando esce. Ma io questo proprio non lo ricordavo. Io non ricordavo. Avevo dei ricordi frammentari. Poi è venuto fuori da una ricostruzione più attenta che quello non era il Prefetto La Barbera. Ma se io avessi avuto la contezza, il ricordo preciso di quella sera avrei detto: “Macché. Mi telefona il Prefetto La Barbera lo ricordo perfettamente, per favore. Ma chissà chi è quello lì.  Non è possibile che lui abbia passato il telefono ad altri. Ricordo perfettamente quella telefonata”. Invece non la ricordavo. Così come non ricordavo nemmeno la fase precedente. M’ha aiutato il filmato.
Non partecipai a nessuna redazione degli atti.  Io avevo avuto da Mortola la notizia che le bottiglie erano state trovate poco prima nella scuola da due agenti del reparto mobile.
Le mie dichiarazioni innanzi al P.M. non furono immediatamente precise e dettagliate perché non avevo ricordi sicuri, ma piuttosto frammentari. L’operazione infatti non mi riguardava, dato che io non avevo alcuna funzione in proposito.
Mi ricordai che allontanandomi dal gruppo vidi la dr.ssa Mengoni che avevo conosciuto a Firenze; la chiamai e le consegnai le bottiglie che ritenevo pericolose.
Per me le bottiglie erano riferibili a coloro che si trovavano nella scuola. Ricordo che fui soddisfatto del rinvenimento delle bottiglie.
Pensai che vi sarebbero stati degli arresti, ma io non avevo compiti in proposito e ricordo che vedendo scendere i giovani con le mani sulla testa, pensai che alcuni fossero arrestati ed altri che venissero portati in Questura per l’identificazione.
Fiorentino e Guglielmino andarono via così come il dirigente della Digos con tutto il suo personale.
Non mi occupai dell’operazione di P.G. perché non era nelle mie competenze.
Mi preoccupai soltanto di aiutare, chiedendo mezzi per il trasporto delle persone; chiesi una macchina per me senza ottenerla.
Alla fine riuscii a tornare in Questura con un mezzo con altre cinque persone che non conoscevo.
Ritrovai il Pref. La Barbera: c’erano tutti ed iniziarono ad arrivare le notizie dei feriti, che peraltro non sembravano soltanto di una parte, dato che si diceva vi fossero anche agenti.
Seppi soltanto alle cinque del mattino, quando il Pref. La Barbera finalmente decise di andare via, incontrando il dr. Mortola, che erano stati arrestati tutti.

Dominici Nando
(verbaletrascrizione)
Prima del vertice venne pianificata un’attività di controllo, dividendo la città in zone; alla squadra mobile vene affidato il controllo della zona rossa insieme al personale aggregato proveniente da altre città.
Dopo la chiusura dei varchi della zona rossa si sono intensificati i servizi all’interno di tale zona.
Il 21 luglio rimasi nella zona rossa fino a sera tardi, anche perché intorno alle 20 ricevetti una telefonata dal dr. Caldarozzi in cui diceva che stava uscendo dalla zona rossa per effettuare controlli nella zona gialla, diretti ad individuare persone che avevano commesso reati nei giorni precedenti.
Tornato assai tardi in Questura incontrai il dr. Caldarozzi che mi disse di recarmi nella sala riunioni; vi era il Pref. La Barbera, il Questore, ufficiali dell’arma, funzionari della Digos, Sco ecc.  Si parlava dell’aggressione avvenuta ad una pattuglia in prossimità della scuola Diaz e dell’opportunità di effettuare una perquisizione; si stava aspettando il dr. Mortola che si era recato sul posto. Quando tornò, il dr. Mortola ci disse che di fronte alla Diaz vi era un gruppo d circa 150 giovani che potevano essere black block. Si decise così l’intervento; vennero organizzati due gruppi diretti rispettivamente dal Dr. Mortola e dal dr. Di Sarro. Poi si attese sul posto l’arrivo di Canterini, comandante del reparto mobile, che era a cena con i suoi uomini e dopo il suo arrivo, tutto il personale partì in due gruppi verso la Diaz. Io andai da Colucci nel suo ufficio a raccontargli l’operazione diretta da Scrofani, il mio vice, al Paul Klee,  dove vennero fermati 20 ragazzi e un furgone con mazze, che era stato filmato.
Il Questore mi disse che il Pref. la Barbera si era recato alla Diaz e così decisi di recarmici anch’io.
Quando arrivai vidi che un edificio era al buio e che dall’altro, di fronte, con le finestre illuminate, diverse persone lanciavano piccoli oggetti contro le forze dell’ordine.
Mi recai quindi vicino all’ingresso della scuola Diaz ove incontrai Luperi; entrato in un salone vidi a terra sparso moltissimo materiale di diverso genere, con persone in borghese, con casco, che lo controllavano; in un angolo ho notato un gruppetto di persone, tra cui delle ragazze.
Mi recai quindi verso le scale ove incontrai il dr. Canterini che mi disse di chiamare urgentemente un’ambulanza perchè vi era un ragazzo ferito; salii al primo piano ove vidi un ragazzo in una pozza di sangue; chiesi al dr. Canterini: “Che cosa avete fatto ?” ed egli mi disse che i suoi uomini erano stati aggrediti e che uno era stato anche accoltellato.
Uscito vidi un parlamentare che voleva entrare nell’istituto, che stava discutendo con Luperi.
Nel frattempo giunse la notizia che dal Carlini stava arrivando un gruppo di giovani. Mi riportai in via Trento e con l’auto andammo in via Trieste e poi presso il comando della G.di F. di via Nizza, ove si trovava un certo numero di militari probabilmente a suo presidio; li avvertii del possibile arrivo dei giovani manifestanti.
Verso mezzanotte e mezzo ricevetti una telefonata dal dr. Caldarozzi che mi chiedeva di fare arrivare il personale della scientifica per identificare sul posto i giovani fermati, senza portarli a Bolzaneto. Il dr. Cavalera, all’epoca dirigente del Gabinetto regionale di Polizia scientifica, però manifestò perplessità in proposito; così avvisai Caldarozzi. Questi mi disse che i ragazzi dovevano essere tutti arrestati perché vi era stato un accoltellamento ed erano state rinvenute due bottiglie molotov e che il magistrato era stato avvisato dal dr. Mortola.
Io quindi ero convinto del fatto che i giovani dovevano essere arrestati; non potevo certamente dubitare dell’attendibilità di quanto riferitomi dal dr. Caldarozzi.
Appresi quindi via radio che era arrivato Calesini con personale di rinforzo che si era attestato fuori dalla Diaz; lo informai che avevo venti uomini a disposizione davanti al comando GDF, poi una volta allontanatosi Calesini con tutto il personale, percorsi via Battisti e tornai in questura.
Era molto tardi certamente dopo le  2 - 2,30. Il dr. Mortola mi confermò quanto già avevo saputo.
Ci dedicammo così all’identificazione delle persone condotte negli ospedali. Con l’assistente Romano andammo al Galliera e al San Martino, ma già vi erano colleghi che stavano provvedendo in proposito.
Mortola mi riferì che il dr. Caldarozzi per redigere il verbale di arresto aveva mandato a Bolzaneto Ciccimarra, Gava e Ferri, i quali avevano bisogno di notizie sulle persone portate agli ospedali.
Gli agenti della Digos e dello SCO nel frattempo stavano redigendo i verbali di perquisizione negli uffici della Digos e vi era anche il problema di redigere la notizia di reato da trasmettere al magistrato; telefonai quindi al dr. Schettini dicendogli di preparare insieme al dr. Gallo la notizia di reato, rivolgendosi per redigerla alle persone che materialmente avevano partecipato all’operazione.
Il mattino successivo ripresi la mia attività nella zona rossa fino alla partenza dei capi di stato; poi mi recai alla Questura, ove stavano ancora preparando la notizia di reato ed ove appresi che vi era stata una conferenza stampa. Dissi a Schettini di ricontrollare il materiale sequestrato tra cui vi erano anche le due bottiglie molotov.
Al momento ero a conoscenza che i feriti erano in numero inferiore ai cinquanta, come confermato dal funzionario del 118; dopo una settimana seppi che il numero dei feriti era aumentato a circa una sessantina e poi nel 2004 mi venne notificato il rinvio a giudizio in cui si indica in 87 il numero dei feriti.
Firmai il verbale di arresto per l’attività da me svolta e perché era redatto da miei collaboratori sulla base di notizie provenienti da operatori verso i quali nutrivo la massima fiducia.
Non potevo porre in dubbio la veridicità del rinvenimento delle molotov, comunicatomi da altri funzionari.

Basili Fabrizio
(verbaletrascrizione)
Presto servizio nella Polizia di Stato dal 1987. Fino alla data di oggi non ho mai avuto nessuna sanzione disciplinare e ho sempre avuto un comportamento corretto in servizio.
Nel 1990, a mia domanda, sono stato assegnato al primo reparto mobile di Roma, dove attualmente presto servizio. Ho seguito dei corsi professionali, tant’è che proprio in vista di Genova sono stato impiegato come istruttore per la formazione del famigerato VII nucleo, del quale ho curato la parte tecnica operativa, anche quale istruttore del famoso Baton o cosiddetto Tonfa.
L’addestramento durato quattro mesi era oltre che fisico anche mentale diretto ad evitare la reazione alle aggressioni e mantenere quindi la calma. 
All’epoca non ero capo squadra, anche se Ispettore Capo, essendo stato l’istruttore del VII nucleo; ogni unità operativa è composta da circa dieci uomini diretti da un caposquadra;  faccio presente che il capo squadra è l’unico cui la squadra deve fare riferimento, cosicché anche se un dirigente superiore dovesse impartire disposizioni alla squadra gli uomini dovranno sempre attendere l’ordine del capo squadra.
Per quanto riguarda l’operazione alla scuola Diaz confermo quanto ho scritto nella relazione e quello che ho detto nell’interrogatorio, anche se sono passati sette anni e determinati ricordi si affievoliscono.
Probabilmente nel mio interrogatorio parlai erroneamente del primo piano mentre si trattava del secondo piano anche perché ero frastornato per il colpo ricevuto sul casco.
Non sapevo che si trattasse di una scuola e che vi fosse il GSF. Non mi resi conto neppure del numero elevato di feriti; seppi dell’accoltellamento di Nucera soltanto al mio ritorno in Questura.

Lucaroni Carlo
(verbaletrascrizione)
Sono Sovr. Capo in sevizio presso il I Rep. Mobile di Roma. Ho effettuato scorte anche di capi di stati quali Bush  e Kathani. Durante i servizi ho anche riportato ferite.
Per entrare nel gruppo sperimentale ci siamo sottoposti a visite mediche, psicotecniche e quindi abbiamo iniziato l’addestramento. Il 14 luglio arrivammo a Genova; il 19 pomeriggio vi fu la prima manifestazione del tutto pacifica, che devo dire mi fece molto piacere vedere; al termine eravamo tutti contenti perché nulla era successo.
La mattina del 20 ci dirigemmo nella zona di corso Buenos Aires ove ci era stato comunicato che vi erano due o trecento anarchici insurrezionalisti che si stavano travisando; giunti sul posto vedemmo che i giovani erano molti di più a mio parere circa duemila; venimmo fatti oggetto di lanci di oggetti; uno dei nostri venne colpito con una bottiglia. Avevamo a disposizione materiali nuovi e ben protettivi e così le lesioni e contusioni subite dagli operatori furono limitate.
Il 21 mattina ci posizionammo di fronte alla stazione ferroviaria; poi iniziammo a girare per la città perché era stato segnalato un furgone bianco nel quale si trovava materiale atto ad offendere. Il furgone venne poi individuato nel corteo in corso Italia.  Vennero lanciati contro di noi oggetti vari e così arretrammo di circa duecento metri in accordo con il nostro Com. Canterini per consentire lo svolgimento del corteo.
La sera mentre ormai ci preparavamo per rientrare e stavamo preparando i bagagli, venimmo convocati dal nostro comandante perché era stato richiesto il nostro intervento in ausilio delle forze che dovevano effettuare un’operazione presso un edificio abusivamente occupato da pericolosi terroristi.
Ci radunammo sotto la Questura; vi era molta confusione ed alcuni gruppi stavano anche partendo per effettuare l’operazione; il nostro comandante ci disse che dovevamo dividerci in due colonne; nella nostra vi era l’Isp. Tucci; non vi erano disposizioni precise; giunti sul posto, non sapevamo che si trattava della scuola Diaz, sede del GSF; vi era anche qui una gran confusione; vi era personale che stava cercando di aprire il cancello chiuso con una catena; qualcuno entrò anche nell’edificio di fronte, mentre altri li avvertivano che non era quello l’edificio oggetto dell’operazione. Un funzionario dispose di sfondare il cancello.
Mi avvicinai con la massima cautela al portone centrale;  mi pare che fossi circa a metà del gruppo che stava entrando; sentii anche cadere alcune bottiglie tanto che dissi di alzare gli scudi. Quando entrai il personale all’interno stava già iniziando l’operazione di controllo; io non ebbi alcuna colluttazione; nessuno degli occupanti fece resistenza nei miei confronti ed io non usai in alcun modo il tonfa. Salii al primo ed al secondo piano; vidi alcuni feriti ma non vidi chi li aveva colpiti.
Se avessi visto qualcuno che commetteva violenze sarei sicuramente intervenuto immediatamente. Sentii poi l’ordine del mio comandante di nucleo, dr. Fournier, di scendere ed uscire e così con il mio personale uscimmo. Al primo piano vidi il dr. Fournier che stava soccorrendo un ferito.
Venimmo poi spostati presso la questura perché era giunta la voce che un gruppo di giovani avrebbero tentato di assalire la Questura.

Compagnone Vincenzo  
(verbaletrascrizione)
Il 21 sera verso le 22 giunse l’ordine di ritornare alla nave perché  dovevamo effettuare un servizio. Ci radunammo poi, tutto il nucleo, nel piazzale davanti alla questura, dove vi erano già moltissimi operatori; il nostro Com. Canterini ci disse che dovevamo recarci in un edificio in cui si trovava una quindicina di pericolosi anarchici.
Venimmo divisi in due gruppi: il mio gruppo era comandato da un funzionario dalla voce molto giovane, Enzo. I nostri mezzi vennero lasciati ad una certa distanza dall’edificio.
Mentre ci stavamo recando a piedi verso la scuola vidi passare un gruppo di otto, nove persone vestite di nero, con passamontagna, zaini; non potevo vedere le scarpe se erano nere o bianche perché erano nascoste dalle macchine.
Giunti nel cortile della scuola, c’era già una quantità di uomini, tutti appartenenti alla Polizia, con divise diverse; ci venne dato l’ordine di entrare alla scuola.
Mentre eravamo davanti al portone venimmo fatti oggetto di un lancio di oggetti; sulla mia destra dal fondo della scala si avvicinò una persona anziana, con i capelli bianchi, però sparì dalla mia visuale perché davanti a me giunsero altri colleghi in borghese ed in divisa; non seppi più niente di questo povero signore. Mi portai a sinistra, con tutta la squadra perché l’ordine era di raggiungere il terzo piano.
Tutta l’operazione durò tra i tre ed i cinque minuti; per salire trovammo difficoltà perché le scale erano in parte bloccate.
Arrivato al piano che mi era stato ordinato di raggiungere, vidi un ragazzo a terra in una pozza di sangue, con gli occhi riversi, che sembrava morto. Era steso in un corridoio, più o meno alla metà dello stesso. Dall’altra parte vidi un gruppo di poliziotti, forse 4-5, in borghese, con la pettorina con scritto Polizia, che indossavano tutti il casco. Pensando che stessero percuotendo qualcuno urlai di fermarsi. Alle mie grida si unirono anche altri poliziotti e questi fuggirono. Mi rimase impressa una cosa di uno: aveva una mascherina da sci; gli altri avevano tutto il viso coperto con fazzoletti.
Poi sentii l’ordine del dr. Fournier di uscire. Scendemmo nel cortile e poi ritornammo sulla nave.

Tucci Ciro
(verbaletrascrizione)
Mi sono arruolato nel gennaio 73 ed ho prestato servizio a Bologna. Nel 95 chiesi il trasferimento nel reparto mobile di Roma.
Per entrare nel nucleo sperimentale mi sottoposi a visite mediche fisiche e psichiche; dopo l’addestramento venimmo a Genova per il G8.
Il 21 fu una giornata tranquilla e praticamente abbiamo girato Genova, quasi come turisti.
La sera mentre eravamo a cena ricevemmo l’ordine dal dr. Canterini di prepararci, perché avremmo dovuto effettuare una perquisizione.
Ci recammo davanti alla Questura; arrivarono il dr. Fournier ed il dr. Canterini che ci dissero che dovevamo effettuare la perquisizione di un edificio ove si trovavano black block e anarchici.
Arrivammo in una piazzetta e poi ci avvicinammo alla scuola; quando arrivai vidi che il cancello era aperto e nel cortile vi erano quattro o cinque ragazzi che accortisi della nostra presenza chiusero il cancello con una catena e si rifugiarono all’interno dell’edificio.
Venne disposto lo sfondamento del cancello; chiamai quindi il Ducato più vicino a noi; alla guida c’era l’agente Domenicone; abbiamo appoggiato il Ducato al cancello, l’abbiamo  aperto e siamo entrati all’interno del cortile.
Mentre entravamo nel cortile abbiamo cominciato a sentire lanci di oggetti; l’assistente Manganelli Stefano venne colpito sulla mano da un sasso e l’agente Antè Gianluca ad un piede.
Col mio gruppo ci accostammo al portone di sinistra, in quanto avevo visto un collega in borghese, con la pettorina, che stava cercando di sfondarlo con un banco di scuola e così l’aiutammo.
Entrati, salimmo al secondo piano ove le luci erano spente; poi vennero accese e non vedemmo nessuno, così salimmo al terzo piano, ove vi era un gran fumo, probabilmente polvere di estintori; vi erano alcuni colleghi in colluttazione con dei giovani; li hanno presi e portati giù, al pianoterra.
Nel frangente vidi anche il Sovrintendente Ledoti, che stava accompagnando giù una ragazza molto impaurita.
Salii al piano superiore, in quanto un collega gridava che c’era bisogno di un medico perché c’era un ragazzo a terra, messo male; avvertii il dr. Fournier il quale subito dopo diede l’ordine di uscire. Siamo scesi, però arrivato al secondo piano, non ho proseguito le scale, ma ho percorso il corridoio e sono andato dall’altra parte; sono sceso al primo piano e ho notato il dottor Furnier dal lato opposto del corridoio che era fermo sotto all’arco della porta e a terra c’erano 4-5 persone ferite sul lato destro e 5-6 sul lato sinistro. C’era la ragazza proprio vicino a lui che era già medicata; aveva una benda sulla testa; la vidi mentre se la toglieva e la tirava addosso al dr. Fournier.
Siamo scesi giù e ci siamo inquadrati, guardando la scuola sul lato destro e c’erano anche quelli della Prevenzione, cioè colleghi in camicia a mezza manica, l’atlantica.
Poi ho saputo il fatto del collega Nucera; sono entrato nella palestra e ho parlato sia con Nucera che con gli altri colleghi. Ho saputo che era stato accoltellato ed effettivamente ho visto che c’era un taglio sia sulla giacca che sul corpetto.

**********

All’udienza del 9/4/2008 veniva riunito al presente procedimento quello Nr. Dib. 1079/08  a carico di Troiani Pietro e Gava Salvatore, imputati dei reati di falso meglio specificati in epigrafe, nei cui confronti nel frattempo era stato disposto il rinvio a giudizio innanzi al giudice monocratico, che alla prima udienza ne aveva ordinato la trasmissione a questo Collegio per l’eventuale riunione, trattandosi di fatti evidentemente connessi.
La riunione veniva in effetti disposta in quanto le difese esprimevano il loro pieno assenso all’utilizzazione di tutti gli atti istruttori assunti. 

Le parti producevano numerosi documenti, fotografie, filmati e registrazioni audio e conclusasi la fase istruttoria, concludevano, come più precisamente specificato in epigrafe:

  • - il P.M. chiedendo l’assoluzione di Alfredo Fabbrocini con la formula “per non aver commesso il fatto” e  l’affermazione della responsabilità di tutti gli altri imputati in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti;
  • - le parti civili per la condanna degli imputati alle pene meglio viste e al risarcimento di tutti i danni subiti, da liquidarsi in separato giudizio, con la concessione di adeguate provvisionali, come precisato nelle conclusioni depositate;
  • - il responsabile civile e le difese per l’assoluzione degli imputati con la formula meglio vista.