COMMISSIONE D'INDAGINE
Seduta 10 - 07 Settembre 2001
Audizione dell'onorevole Enzo Bianco.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione dell'onorevole Enzo Bianco, il quale chiede di essere accompagnato dal dottor Danilo Moriero e dal dottor Franco Minucci.
Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
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La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte dei componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
SAURO TURRONI. Signor presidente, in relazione all'intervento sull'ordine dei lavori che ho formulato prima della sospensione della seduta, gli Uffici hanno compiuto la verifica da me richiesta. Di ciò li ringrazio e ringrazio anche lei, signor presidente.
In merito all'ordinanza del questore del 19 luglio scorso, relativa ai dinieghi dei cortei nelle piazze ed alla presa d'atto degli stessi, domandai se il questore o il prefetto avessero consegnato tale documento, che è molto importante in relazione all'attività conoscitiva che stiamo svolgendo. Gli uffici mi hanno riferito che non è stato consegnato; peraltro, sembra sia stato il documento principale presentato dal dottor Agnoletto, che dovrebbe essere incluso nella documentazione che il sindaco Pericu ci ha consegnato nei primi giorni. Noi però, sommersi da un eccesso di documentazione, non l'abbiamo visto. Non ho quindi potuto prendere visione di tale atto.
Inoltre, gli Uffici mi hanno sottoposto un'altra ordinanza del questore di Genova, nella quale, a pagina 2, dopo l'indicazione dei soggetti destinatari dell'ordinanza medesima, vengono indicati i servizi predisposti, a modifica dell'ordinanza precedente del 12 luglio, sulla base dei nuovi fatti determinatisi. Orbene, fra i servizi indicati nelle pagine 2 e 3 di tale
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ordinanza (a pagina 4 sono riportati gli ordini di servizio a ciascuna squadra o a ciascun gruppo di forze dell'ordine), si fa cenno alle piazze che sono stata negate.
Quanto invece alle piazze per le quali fu dato il consenso, si fa cenno al corteo del Comitato unitario di base (CUB) ma nulla, ripeto nulla, si dice a proposito della preavvisata manifestazione delle Tute bianche, che doveva terminare a piazza Verdi. Questo è quello che ho potuto accertare; è una questione assai delicata e quindi le chiedo, signor presidente, di verificare quanto gli Uffici ci hanno gentilmente comunicato.
PRESIDENTE. La verifica da lei richiesta sarà fatta, senatore Turroni.
SAURO TURRONI. Inoltre. qualora le nostre autorità non abbiano trasmesso tali documenti, vorrei conoscerne il motivo.
PRESIDENTE. Innanzitutto, ringrazio gli Uffici per quello che hanno potuto fare in questo brevissimo lasso di tempo. Senatore Turroni, bisogna verificare meglio se nella cospicua documentazione inviataci anche in tempi diversi, vi sia traccia dell'atto da lei richiamato. Se così non fosse, chiederemo le motivazioni per le quali non abbiamo ricevuto il documento integrale del 19 luglio scorso.
MARCO BOATO. Che è il documento principe!
PRESIDENTE. Nel dare la parola all'onorevole Enzo Bianco per la sua relazione introduttiva, lo ringrazio per essere intervenuto ai lavori di questo Comitato.
ENZO BIANCO. Signor presidente, sono io che la ringrazio, e con lei ringrazio anche i componenti di questo Comitato che mi dà l'opportunità di riferire su vicende importanti e delicate.
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Voglio preliminarmente affermare che oggi mi soffermerò sulle scelte e sul lavoro svolto nella fase di preparazione del vertice G8, attenendomi ai profili di mia competenza all'epoca in cui rivestivo la carica di ministro dell'interno, quindi di autorità nazionale in materia di pubblica sicurezza, tralasciando ogni considerazione che non riguardi questo specifico aspetto.
Credo si possa serenamente dire che l'attività di preparazione del vertice G8 da parte del Ministero dell'interno e delle forze di polizia sia stata tempestiva ed accurata, come era necessario a fronte di un evento della complessità e del rilievo del vertice che si ospitava a Genova. Dopo una serie di riunioni tecniche preliminari, che hanno avuto inizio nell'autunno del 2000, ho presieduto la prima riunione del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica (il cosiddetto CNOSP) dedicata a questo argomento già in data 16 novembre 2000. Eravamo alla vigilia di un altro importante evento internazionale, che si stava per svolgere a Palermo: l'Italia ospitava una conferenza organizzata dalle Nazioni Unite, con la presenza di Kofi Annan, per la lotta alla criminalità organizzata, ed in particolare al traffico di esseri umani. Ho quindi convocato e presieduto una riunione del CNOSP dedicata alla preparazione della conferenza, ormai imminente, di Palermo e del vertice G8 di Genova. Il CNOSP è normalmente composto dal ministro dell'interno, dal sottosegretario con delega in materia di sicurezza, dal direttore generale del Dipartimento di pubblica sicurezza, dai comandanti generali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza e dal direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (il DAP). In tale occasione ho ritenuto utile e opportuno che a queste riunioni partecipassero, fin dall'inizio, anche i vertici degli organismi preposti all'apparato di sicurezza del paese, l'intelligence,
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e quindi li ho convocati. Hanno partecipato a tutte le riunioni, con una sola eccezione, anche il prefetto Masone (direttore e segretario generale del Cesis), il prefetto Stelo (direttore del SISDE) l'ammiraglio Battelli (direttore del SISMI) e, naturalmente, il prefetto di Genova, in quanto massima autorità rappresentante del Governo a Genova per le responsabilità di sua competenza.
In quella occasione si sono iniziate a delineare le direttive alle quali avrebbero dovuto uniformarsi le forze di polizia, il dipartimento di pubblica sicurezza, la prefettura e la questura di Genova per la predisposizione di quanto necessario per garantire la massima sicurezza durante lo svolgimento del vertice. Venne ad esempio deciso (e ci fu poi comunicato) da parte del prefetto Masone che sarebbe stata all'uopo costituita una struttura di coordinamento fra i servizi, con un supporto organizzativo ed una presenza anche a Genova, per coordinare al meglio l'attività degli apparati di intelligence per quanto riguarda la preparazione e la sicurezza del vertice di Genova.
Analoghe riunioni (a parte quelle interlocutorie) si sono svolte con cadenza periodica; in particolare, altre tre riunioni (per un totale, quindi, di quattro) sono state esclusivamente dedicate alla preparazione del vertice di Genova. Una di tali riunioni si è svolta il 28 marzo, ed anche a questa hanno partecipato i capi dei Servizi di sicurezza ed il prefetto di Genova; per la prima volta è stato invitato anche il prefetto Gianni, che era stato designato come rappresentante del Viminale nella struttura di missione che nel frattempo si era insediata. Il 4 aprile, su mia richiesta, il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuliano Amato, ha convocato a palazzo Chigi una riunione dedicata a questo argomento, con la partecipazione del ministro degli esteri e del ministro dell'interno, naturalmente con le strutture di supporto. Il 16 maggio
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si è tenuta un'altra riunione del Comitato nazionale per l'ordine e a sicurezza pubblica, alla quale per la prima volta è stato invitato anche il segretario generale della Farnesina, ambasciatore Vattani, previe intese, intercorse tra me ed il ministro Dini, circa l'opportunità di un lavoro congiunto tra Farnesina e Viminale su questo specifico argomento. Alla riunione del 16 maggio per la prima volta sono stati invitati, oltre al prefetto di Genova, anche il questore di Genova Colucci ed il ministro plenipotenziario Vinci Giacchi che era il responsabile della missione costituita ad hoc per la preparazione del vertice G8. Infine, l'ultima riunione del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, da me presieduto, dedicato al vertice di Genova, si è tenuto il 24 maggio; a questa riunione, oltre ai rappresentanti che ho sinora menzionato, hanno partecipato anche il ministro della difesa Mattarella, accompagnato dai generali Orofino e D'Alessandro, perché nel frattempo era stato ritenuto opportuno il coinvolgimento delle Forze armate per affidare loro alcune missioni specifiche in materia di difesa di alcuni obiettivi a carattere esclusivamente o prevalentemente militare. Ci riferivamo a possibili attentati terroristici, aerei o dal mare, in ordine ai quali le competenze specifiche appartenevano al Ministero della difesa e per questa ragione, hanno partecipato al CNOSP il ministro Mattarella e i suoi collaboratori, il capo di gabinetto ed il generale Orofino.
Quali sono state le azioni, le direttive, i criteri a cui abbiamo ispirato l'azione di preparazione dell'attività di sicurezza in ordine al vertice? Nel documento presentato al CNOSP dal direttore generale della pubblica sicurezza, prefetto De Gennaro, le direttive sono indicate con i nomi di «azione di Governo»: si tratta esattamente dei criteri ai quali vengono coerentemente improntati l'azione, i piani ed i
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progetti per la sicurezza. Cito testualmente, queste tre azioni, che ho affidato alle forze di polizia - proprio perché credo sia molto opportuno essere precisi su questo punto.
Il primo obiettivo era quello di tutelare i diritti dei cittadini genovesi allo svolgimento delle normali occupazioni, pur con le limitazioni imposte da ragioni di sicurezza. Il secondo era di garantire la piena libertà di manifestazioni pacifiche, individuando spazi che assicurassero la visibilità del dissenso. Il terzo era quello di garantire il diritto-dovere dei Capi di Stato e di Governo di svolgere i lavori in assoluta tranquillità. Queste sono le direttive che il Governo di cui ho fatto parte e il Ministero dell'interno hanno dato alle autorità nazionali di pubblica sicurezza, al direttore generale della pubblica sicurezza e ai capi delle forze di polizia.
Coerentemente con questa impostazione, viene elaborato, presentato e approvato dal comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica un piano per la sicurezza che prevede alcune scelte. Quelle fondamentali sono, innanzitutto, l'individuazione, nel capoluogo ligure, di una zona rossa, in cui era previsto che fossero interdetti l'accesso pedonale e il traffico veicolare. Le strade che conducono alla zona saranno protette da installazioni fisse; inoltre vi sono disposizioni di sicurezza nell'area del porto antico e dei Magazzini del cotone e dispositivi di sicurezza nell'intera zona rossa anche con la scansione temporale. Infine, vi sono i punti di accesso alla zona rossa, il presidio, insomma tutti gli aspetti che sono ampiamente noti a questo Comitato e sui quali non mi dilungo.
Oltre alla individuazione della zona rossa, il comitato da me presieduto approva anche la predisposizione di una zona gialla e di una zona verde, naturalmente ciascuna più ampia dell'altra: quindi, la zona rossa più limitata, la zona gialla più ampia e la zona verde ancora di più. Queste sono caratterizzate
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da alcuni interventi con limitazioni sempre idonee a garantire la sicurezza. Per quanto riguarda la zona verde, la più ampia, in questa sarà vietato lo svolgimento dei cortei, verrà esercitata la vigilanza e il controllo del territorio in forma mobile, già dai primi giorni di luglio. Riguardo alla zona gialla, a ridosso immediatamente della zona rossa, in essa sarà consentita la circolazione pedonale e veicolare, ma interdetta la sosta. Saranno istituiti posti di blocco e di controllo, quindi un presidio permanente delle forze di polizia al suo interno, con servizi di pattugliamento appiedati e automontato e nuclei mobili di pronto intervento. Ritengo che il piano per la sicurezza predisposto fosse pienamente coerente con i tre obiettivi che il Governo e il ministro dell'interno avevano assegnato alle forze di polizia.
Naturalmente, questa fase di preparazione incontra - com'è ovvio e naturale - difficoltà complesse di ogni tipo. Sotto questo profilo, voglio ricordare alcune delle questioni più delicate: mi riferisco, per esempio, alle risorse finanziarie, ingenti per la massa di uomini delle forze di polizia che dovevano essere presenti. La nostra richiesta viene immediatamente esaudita da parte del Presidente del Consiglio e del ministro del tesoro. Quindi, tutte le risorse finanziarie ritenute necessarie da parte delle autorità tecniche di pubblica sicurezza trovano piena ed immediata copertura da parte del Governo. Viene stanziata la somma ulteriore di 60 miliardi e in più vi è un impegno del Tesoro per una copertura di ulteriori 10 miliardi in fase di assestamento del bilancio, necessaria, per esempio, per ospitare in modo adeguato gli uomini a Genova (nel frattempo si era deciso di aumentare il loro numero da 9 a 10 mila). Tutto ciò anche perché in precedenti analoghe vicende ed eventi, in cui avevamo dovuto spostare un numero rilevante di uomini delle forze di polizia,
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in particolare, da parte delle organizzazioni sindacali delle forze di polizia e dei COCER si era lamentata una qualche difficoltà in materia di accasermamento con condizioni non adeguate alla complessità e alla delicatezza di quel lavoro. Il fatto di avere tempestivamente promosso questa attività e di avere avuto le risorse finanziarie ha fatto sì, per esempio, che in fase di vertice, almeno sotto questo profilo, e anche sotto molti altri, le cose siano andate in modo più che dignitoso e non vi siano state, da questo punto di vista, le tradizionali lamentele, ciò che secondo noi era molto importante ai fini - anche e non solo - della efficienza del lavoro richiesto alle forze di polizia.
Un aspetto molto delicato del lavoro di predisposizione delle attività relative alla sicurezza era legato a una obiettiva difficoltà, quella di avere, da parte del Ministero degli affari esteri, tempestive risposte dai Capi di Stato e di Governo che sarebbero stati presenti a Genova sul loro alloggiamento e l'allocazione delle loro residenze e di quella delle delegazioni. Per la verità se ne discusse, in data 28 marzo, in sede di comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, proprio su sollecitazione delle forze di polizia, e in considerazione del fatto che la scelta della sede in cui far alloggiare i Capi di Stato e di Governo, ovviamente, com'è evidente, non è ininfluente ai fini del piano di predisposizione della sicurezza. Immaginate che originariamente il cancelliere tedesco aveva immaginato di essere ospitato a Rapallo, e così anche molti altri Capi di Stato e di Governo, il che, naturalmente, avrebbe comportato problemi di trasporto e di attraversamento continuo dell'intera città, ma anche di un pezzo rilevante della provincia di Genova, con problemi completamente diversi e di taglio diverso.
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Questa è la ragione per la quale noi insistiamo e, dopo la riunione del 28 marzo, nella quale viene stabilito, concordemente, che entro 15 giorni avremmo dovuto avere dalla Farnesina indicazioni sull'effettivo luogo dove sarebbero state sistemate le delegazioni, in data 31 marzo scrivo una lettera, al Presidente del Consiglio dei ministri Giuliano Amato. In questa lettera, innanzitutto lo rendo edotto del fatto che, nel corso della seduta del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica svoltasi il 28 marzo, è emersa la prioritaria esigenza di definire la sistemazione alloggiativa delle delegazioni dei paesi partecipanti al vertice, e lo avviso altresì di un'altra esigenza che viene fatta presente in quella sede, quella di avere un referente unico del Governo per i rapporti con le organizzazioni non governative. Gli chiedo quindi di convocare una riunione con la presenza del ministro degli esteri - a cui naturalmente scrivo identica lettera - perché siano adottate queste decisioni. Questa riunione si tiene effettivamente pochi giorni dopo - cioè il 4 aprile - e in quella data reitero la richiesta al Presidente del Consiglio e al ministro degli affari esteri, vista la delicatezza di questo punto. Conveniamo tutti sulla assoluta opportunità che, nei limiti del possibile, si compia ogni azione perché i Capi di Stato e di Governo siano tutti ospiti di una nave da sistemare all'interno del porto, il che ci sembrava, sotto il profilo della sicurezza, essere la soluzione di gran lunga migliore. Si decide di svolgere ogni utile azione per andare in questa direzione. In quella sede mi viene data assicurazione che, nonostante le difficoltà di mantenere questo impegno, la Farnesina si sarebbe adoperata in questa direzione.
In data 30 aprile mi trovo, però, costretto a scrivere al collega Dini - il quale, peraltro, mi aveva informato per brevi linee della complessità del lavoro che stava svolgendo alla
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Farnesina, tramite il segretario generale, con gli ambasciatori dei paesi ospiti, ma anche tramite i nostri ambasciatori nei paesi che avrebbero partecipato al G8 - dicendogli di essere costretto a rinviare una riunione del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica che avevo programmato di convocare il 2 maggio perché ancora sotto questo profilo - lo ripeto, non per la responsabilità della Farnesina, ma per le difficili condizioni e le resistenze da parte dei Capi di Stato e di Governo nei confronti della «soluzione-nave» - soltanto due paesi avevano comunicato la loro disponibilità ad accettare tale indicazione e, quindi, occorreva un ulteriore sforzo per andare in questa direzione.
Il 16 maggio convoco nuovamente una riunione del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica cui partecipa il segretario generale della Farnesina e in quell'occasione quest'ultimo esprime pubblicamente e in modo esplicito un apprezzamento per il lavoro svolto dal Viminale in tale direzione. Voglio ricordare testualmente ciò che l'ambasciatore Vattani disse in quell'occasione: «L'ambasciatore Vattani rivolge un sentito ringraziamento al signor ministro per la convocazione del comitato, che testimonia l'impegno dell'amministrazione al più alto livello ed esprime il proprio apprezzamento vivo per l'attività svolta dal Ministero dell'interno perché sia garantita la piena riuscita e la sicurezza del G8, evento della più alta visibilità per l'Italia».
Il segretario generale della Farnesina pone alcune domande ed interrogativi che riguardano la necessità di ottenere, in tempi brevi, risposte legate al piano di chiusura delle stazioni e dei porti turistici nel periodo del vertice, al piano alternativo per le esigenze di trasporto, alla programmazione dei flussi turistici. Il Ministero dell'interno, in merito a tali precise e puntuali richieste della Farnesina, si impegna a
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fornire risposte in tempo rapidissimo. Infatti, nella successiva riunione del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, convocata 8 giorni dopo ed esattamente il 24 maggio, viene fornita una puntuale risposta a tutti gli interrogativi e le domande poste dalla Farnesina. Purtroppo, in quella data, il 24 maggio nonostante il lavoro svolto anche dal Capo della Polizia a supporto del segretario generale della Farnesina - voglio ricordare che avevo autorizzato il prefetto De Gennaro ad avere, insieme all'ambasciatore Vattani, una serie di incontri con le ambasciate dei paesi che avrebbero partecipato al G8, proprio per fornire ogni utile delucidazione sul piano di sicurezza -, ancora non si era in grado di sciogliere la riserva in ordine a questi punti. Per la verità, tale riserva resta ancora ulteriormente non sciolta praticamente fino all'ultimo giorno della mia presenza al Viminale. Ho cessato di essere ministro dell'interno il 10 giugno e il 9 giugno il Capo della Polizia, prefetto De Gennaro, scrive al segretario generale della Farnesina ricordandogli testualmente: «Già nel comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 28 marzo, il ministro dell'interno sottolineò la necessità che il problema delle sistemazioni alloggiative delle delegazioni fosse risolto al massimo entro 15 giorni, da allora rimarcando che ulteriori ritardi avrebbero potuto pregiudicare la predisposizione delle misure di sicurezza». Sottolinea come sia evidente che una perdurante incertezza su un punto nodale dell'assetto organizzativo del summit, quale quello relativo alla sistemazione alloggiativa dei Capi di Stato e di Governo, avrebbe causato naturalmente qualche possibile complicazione.
Questa lettera risale all'8 giugno 2001 e cioè a due giorni prima che lasciassi il Viminale. Nonostante questa delicatezza, la responsabilità non è affatto della Farnesina che ha lavorato con grande serietà, ma deriva dal fatto che obiettivamente i
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Capi di Stato e di Governo e le ambasciate avevano difficoltà ad accettare, per la prima volta, l'idea di essere ospitati su una nave, con tutti i problemi logistici e di comunicazione naturalmente connessi.
L'azione, quindi, è stata svolta con intensità, ma naturalmente non ha ottenuto risultati immediati. Nonostante tali difficoltà, il 2 giugno il prefetto di Genova firma ed emana l'ordinanza che riguarda la predisposizione definitiva - naturalmente fino a quel momento - del piano di sicurezza e che era sostanzialmente coerente con le indicazioni che sino a quel momento erano state date dal Governo e dal ministro dell'interno.
Il piano per la sicurezza naturalmente è subordinato, nei fatti, all'effettiva realizzazione dell'evento della allocazione nella nave, ma è un piano assolutamente adeguato.
Infine, signor presidente, voglio riferire in merito ad alcuni aspetti riguardanti altre attività svolte per completare la fase di preparazione. Innanzitutto, abbiamo destinato risorse e impartito direttive perché vi fosse una fase di preparazione, di addestramento e di formazione delle forze di polizia da impiegare nel G8 e ciò è effettivamente avvenuto. Sotto questo profilo, è stata dedicata molta attenzione alla formazione delle forze di polizia per gestire un evento la cui complessità e delicatezza erano evidenti e si erano ulteriormente evidenziate nel corso dei primi mesi del 2001, e anche alla luce dei rapporti predisposti da parte dei Servizi di intelligence e alla luce di ciò che era accaduto in un anno di vertici ed appuntamenti internazionali e che aveva ulteriormente reso evidente ciò che, peraltro, lo era già. Si trattava di evento ad alto rischio e in grado di concentrare l'attenzione non solo di coloro che, appartenendo al movimento no global, avevano intenzione di manifestare pacificamente il loro dissenso rispetto
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al fenomeno della globalizzazione, ma anche naturalmente di frange - che avevamo definito e classificato (tra esse vi era il cosiddetto blocco nero) - molto pericolose ai fini dell'ordine pubblico e della sicurezza.
Sotto questo profilo, oltre all'attività formativa, vorrei ricordare che il 12 febbraio 2001 ho emanato una direttiva ai capi delle forze di polizia, ai prefetti e ai questori in materia di ordine pubblico, riguardante l'esigenza di migliorare ulteriormente il coordinamento tra le forze di polizia per la gestione dell'ordine pubblico.
In particolare, era stata da poco emanata la legge 31 marzo 2000, n. 78, e si trattava di compendiare in un'unica direttiva le procedure, le competenze e le responsabilità in materia di ordine pubblico. L'obiettivo era ricercare tra le forze di polizia una sempre maggiore disponibilità e organizzazione coerente ai principi e al canone ordinatorio del coordinamento tra le forze di polizia.
Tale direttiva - che, signor presidente, le farò avere - è legata anche alle preoccupazioni che nutrivo come ministro dell'interno e che puntualmente nella premessa della direttiva ricordo, relative ad alcune azioni di stampo terroristico e anche a problemi di ordine pubblico. Nella direttiva dico testualmente: «Se da un lato preoccupa il riaffacciarsi di fenomeni di eversione connotati anche dall'utilizzo della violenza come strumento per raggiungere i fini politici perseguiti, dall'altro è essenziale profondere il massimo impegno per consentire, nel rispetto delle regole democratiche...». Tra l'altro, voglio ricordare che eravamo alla vigilia elettorale e, quindi, anche il tema dell'ordine pubblico, in un momento delicato come quello, appare particolarmente importante.
La direttiva ha il compito di chiarire ulteriormente i compiti assegnati alle istituzioni, sia centrali sia locali, che
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operano sul territorio a tutela dell'ordine pubblico e ripercorre la trama normativa disegnata dalla legge sopra citata e dalle precedenti disposizioni. Tale direttiva costituisce un punto di riferimento a mio avviso importante per assicurare sempre più - qualora effettivamente attuata - un migliore coordinamento tra le forze di Polizia in questo specifico ambito.
Infine, desidero accennare ad un aspetto sul quale, se i colleghi riterranno opportuno, ritornerò nel corso delle risposte ai quesiti eventualmente posti. Mi riferisco al confronto ed al dialogo con gli organizzatori delle manifestazioni di dissenso, in particolare con il Genoa social forum. Nella mia lettera al Presidente del Consiglio, con la quale chiedevo di fissare a fine marzo una riunione per affrontare le questioni che sembravano aperte, anche su sollecitazione dell'autorità di pubblica sicurezza, mi sembrò necessario chiedere che vi fosse un interlocutore unico per gli organizzatori delle manifestazioni di dissenso. Nei giorni precedenti, infatti, si era lamentata, sotto questo profilo, una qualche incertezza che avrebbe potuto dare luogo a problemi. Nel corso della riunione a palazzo Chigi si decise di indicare, come interlocutore unico per questa materia il prefetto di Genova, che infatti nei giorni successivi ebbe una serie di incontri.
In particolare gli appartenenti al Genoa social forum cominciavano ad avanzare pressanti richieste per avere risposte in ordine alle questioni che essi sollevavano. Si tenne a Roma una manifestazione proprio davanti al Viminale: in quell'occasione - mi pare che fosse esattamente il 5 aprile - diedi disposizioni affinché una delegazione di appartenenti al Genoa social forum venisse ricevuta al Viminale. Essi incontrarono in quella sede il capo di gabinetto, prefetto Roberto Sorge, il prefetto di Genova, Di Giovine, appositamente convocato per l'evento, ed il capo della segreteria tecnica del
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ministro dell'interno, dottor Angelo Rughetti. Nel corso di quell'incontro venne avanzata da parte dei rappresentanti del Genoa social forum una richiesta: quella di avere un luogo, che essi denominano «la cittadella», in cui poter svolgere le loro attività, organizzare eventi alternativi e fare fronte alle esigenze di carattere alloggiativo per le quali avevano già avuto incontri con le autorità locali (il sindaco ed il presidente della provincia di Genova, non so se anche la regione). Il prefetto Sorge nel corso dell'incontro si impegnò a riferire circa le loro richieste, in particolare su questa, ma, sin da quel momento, chiese il massimo di collaborazione possibile da parte degli organizzatori del Genoa social forum in ordine alla necessità di isolare le frange violente (nel frattempo avevamo piena consapevolezza circa la loro azione).
Per queste ragioni penso di poter serenamente dire che, pur con le difficoltà obiettive che si sono manifestate, l'attività di preparazione da parte del Ministero dell'interno, dei vertici nazionali della pubblica sicurezza, del prefetto De Gennaro, del generale Siracusa, dei generali Mosca Moschini e Zignani, dei responsabili dei reparti di intelligence, del prefetto di Genova sia stata tempestiva, puntuale e rigorosa. Voglio cogliere anche questa occasione per sottolineare che lo sforzo di preparazione è stato pari alla complessità ed alla delicatezza dell'evento.
FABRIZIO CICCHITTO. Le rivolgo le prime domande nella sua qualità di uomo delle istituzioni. Nel periodo in cui lei è stato ministro dell'interno, ha avuto mai la sensazione che nell'ambito delle forze di Polizia potesse essere in atto qualche involuzione in seno ai reparti addetti specificamente alla tenuta dell'ordine pubblico? Mi riferisco, in particolare, agli interventi della Polizia a Napoli nel marzo di quest'anno ed alle conseguenti interrogazioni che, all'epoca, furono presentate
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da Rifondazione comunista e dai Verdi su presunte violenze operate dalle forze dell'ordine. Mi riferisco altresì all'impegno da lei assunto di far luce su questi episodi. A me non risulta che sia stato detto più niente su questi fatti, ma potrei sbagliarmi. Immagino che ispezioni siano state attivate, risultati siano emersi e direttive siano state emanate. Quelle carenze - se vi furono - evidenziate nella gestione dell'ordine pubblico sono state oggetto della stessa attenzione con la quale si guarda oggi ai fatti di Genova? Se vi fossero state, e sottolineo il condizionale, non pensa che, proprio perché coperte, possano aver dato a qualcuno, fortunatamente a pochi operatori di polizia, la possibilità di pensare ad una sorta di accondiscendenza del precedente Governo rispetto ad una linea dura di intervento in piazza? Se, invece, tali tendenze non vi furono, come spero, lei è in condizione di rassicurare la pubblica opinione - visto che è stato ministro fino a poco tempo fa - che è estranea alle forze di Polizia qualsiasi teoria della violenza o dell'uso della forza o dei mezzi coattivi al di fuori delle ipotesi previste dalla legge? Credo che una sua rassicurazione in proposito potrebbe porre fine ad una serie di perplessità maliziosamente insinuate da qualcuno sull'impegno, sullo spirito e sulla democraticità delle forze di Polizia (addirittura qualcuno ha parlato di infami azioni cilene) che, a mio avviso, sono patrimonio di tutto il paese e di tutte le forze politiche.
Vorrei rivolgerle un'altra domanda preceduta da una valutazione. Non so se lei condivida - probabilmente no - l'opinione secondo cui una delle ragioni fondamentali di quanto è avvenuto è ravvisabile nei ritardi del suo Governo. Lei ci ha parlato del mese di aprile e del mese di maggio: se queste date si riferissero all'anno 2000, il discorso funzionerebbe in modo perfetto. Invece, sono dell'anno 2001, ed allora
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il lavoro di cui ci ha parlato il dottor Donnini, dicendo che le nostre forze dell'ordine erano in ritardo per quanto riguarda l'ordine pubblico, si spiega perché l'addestramento è iniziato ad aprile di quest'anno. Lo stesso vale anche per il fatto che l'ordinanza decisiva del prefetto è del 2 giugno: una data molto vicina all'evento. Aggiungo che questo tipo di valutazione è stato compiuto dalle forze più diverse: dal Genoa social forum, dall'architetto Paolini ed anche dal prefetto Gianni. Quest'ultimo è un personaggio importante perché, fino a quando è andato in pensione, ha avuto il ruolo di coordinatore per gli aspetti attinenti all'ordine e alla sicurezza pubblica inerenti al vertice. Egli ha scritto:
«L'organizzazione per la preparazione al vertice ha preso, in pratica, l'avvio nel mese di gennaio 2001. L'assoluta inadeguatezza del tempo a disposizione per la preparazione del vertice è coincisa con il termine della legislatura. L'incertezza del quadro politico ha contribuito a far calare l'interesse per il vertice G8 determinando una specie di vuoto in cui i complessi aspetti organizzativi sono stati condizionati dall'assenza di punti di riferimento decisionali, sia politici che istituzionali».
Conclude dicendo: «La disponibilità dell'attuale Governo» - cioè del Governo Berlusconi - ad instaurare un dialogo con il movimento pacifista ed i tentativi tardivi del capo della Polizia non potevano avere successo dal momento che la tensione ingeneratasi con il Governo precedente aveva creato le condizioni di un irreversibile irrigidimento nello stesso movimento, per giunta gestito da nuovi personaggi (Agnoletto) manifestamente non disposti ad ogni forma di mediazione e di dialogo che non fungessero da vetrina ai leader dell'ultima ora«.
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La mia domanda è appunto la seguente: se tali ritardi - nonché molti altri, di cui si parla nella relazione di una personalità certamente al di sopra delle parti, qual è il prefetto Gianni - non inducono a ritenere che anche ritardi del Governo Amato abbiano contribuito a determinare le difficoltà successivamente emerse.
GRAZIELLA MASCIA. Anch'io vorrei iniziare il mio intervento facendo riferimento allo scritto ricevuto stamattina dal prefetto, Aldo Gianni, che critica i ritardi, del Governo allora in carica, sotto due aspetti in particolare: sul terreno della prevenzione compiuta dalle forze dell'ordine e sul terreno politico. Per quanto riguarda il primo, le è stata già rivolta una articolata domanda e, comunque, lei ha già illustrato le iniziative assunte sin da novembre (peraltro, se ne trova notizia anche nella documentazione); piuttosto, le vorrei rivolgere una domanda specifica sui rapporti politici con il movimento no-global. Fino a quando lei ha governato, riteneva che siffatte manifestazioni potessero svolgersi contemporaneamente al vertice?
Per quanto riguarda Napoli, si è detto che la città è stata difesa e che tutto era andato bene, ed anche in questa sede qualche collega parlamentare ha ritenuto che fosse così. In particolare, da parte di rappresentanti delle forze dell'ordine auditi dal Comitato è stata delineata quasi una continuità tra Napoli a Genova. Si è visto in Napoli un precedente; noi, invece, come lei sa, abbiamo persino presentato un «libro bianco», criticando fortemente la situazione di Napoli. Ho letto in una intervista da lei rilasciata: «Io mi preoccupai molto per quello che era successo a Napoli, per elementi, per situazioni circoscritte». Le chiedo: dopo Napoli, il vostro piano, in previsione di Genova, ha tenuto conto di quanto successo? Lei, oggi, pensa ancora che in quell'occasione si sia
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trattato di fatti e comportamenti circoscritti? O qualcosa, nel piano meritava già un ulteriore approfondimento?
Infine, vorrei sottoporre alla sua attenzione, con qualche domanda articolata, una terza questione. Lei, in una intervista rilasciata il 19 luglio, ha detto: «Sono sereno, condivido quello che sta facendo questo Governo; c'è sostanzialmente una sorta di continuità nella complessità della preparazione del vertice». E ha continuato: «Mi pare che sia stato fatto, si stia facendo quello che è necessario fare». Alla luce della situazione attuale, lei ritiene che tale continuità nei programmi, nei piani, sia stata confermata?
Lei ha parlato di tutto il lavoro di carattere internazionale svolto e ne abbiamo trovato traccia anche nei molteplici documenti. Le chiederei soprattutto del piano strategico, perché, come ho cercato di dire in tutti questi giorni, se, naturalmente, sono interessata ai comportamenti individuali, mi interessa anche capire bene le ragioni, i programmi, i piani strategici. Vorrei comprendere se abbiano funzionato e quali fossero. I piani da voi definiti sono stati discussi, condivisi dai Governi con i quali vi siete confrontati sul terreno della sicurezza?
Inoltre, lei ha detto - come hanno riferito anche i rappresentanti di questo Governo - che gli obiettivi fondamentali erano tre. In questi giorni, abbiamo denunciato che probabilmente è venuto meno il diritto a manifestare: si è impedito, infatti, e in termini non teorici ma concreti, il suo esercizio. Perché ciò è stato possibile? Quali sono le cause, quelle che lei, naturalmente, può suggerirci? Si è trattato di una carenza, di un problema di coordinamento delle forze dell'ordine? Se è stato così - come immagino e come è anche emerso dalle audizioni svolte in questa sede -, ciò è sufficiente a spiegare i fatti? Può almeno costituire la ragione più
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importante del loro accadimento? In una intervista da lei concessa, ha anche sostenuto che, rispetto ai programmi da lei definiti, sostanzialmente questo Governo aveva fatto «saltare» la zona gialla. In realtà, non è vero che la zona gialla sia saltata; piuttosto, se è vero che è stato costituito l'accesso ad una serie di piazze tematiche, lei sa anche, tuttavia, che i due cortei più importanti, quello del 21 e quello del 20 del Carlini, dovevano svolgersi fuori dalla zona gialla. Il prefetto di Genova, qui audito, ha detto che nella zona gialla non è successo nulla. In realtà, è successo tutto dovunque ed io penso che, forse, sulla sua considerazione bisognerebbe riflettere. Mi interessa davvero conoscere quale sia il suo parere.
Infine, lei ha illustrato, ed abbiamo tutti letto, ciò che è stato fatto nel corso dei mesi precedenti dal punto di vista della preparazione dell'ordine pubblico. Cercherò successivamente di dare anche una valutazione complessiva, ma intanto vorrei dire che colgo un salto di qualità nella preparazione delle forze dell'ordine. In particolare, il manganello Tonfa è stato introdotto sulla base di un decreto firmato da lei, quanto meno per quanto riguarda la sperimentazione. Oggi abbiamo visto quali siano stati gli effetti; poiché ritengo che il suo uso si ponga all'interno della costruzione di un nuovo sistema di ordine pubblico o comunque all'interno di un salto di qualità che si è determinato nella preparazione di questo vertice, vorrei chiederle quale sia la sua valutazione di ciò.
Mi permetterò, infine, di ricordare le sue parole quando, in una intervista, riferendosi, a Genova, ha detto che, obiettivamente, pesa molto l'atteggiamento di alcune forze ed esponenti politici che hanno dato la sensazione di condividere questi comportamenti violenti. Le chiedo a chi lei faccia riferimento, quali siano tali esponenti politici e quali gli elementi sulla base dei quali ha costruito siffatta valutazione.
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IDA DENTAMARO. Saluto e ringrazio il presidente Bianco, al quale chiedo, anzitutto, di fornire al Comitato copia del piano per l'ordine e la sicurezza pubblica predisposto sotto il suo ministero; credo fosse il documento che sfogliava nell'esporre la relazione.
Le chiedo anche se nel momento di passaggio delle consegne che immagino sia occorso tra lei ed il ministro Scajola sia stato affrontato il tema del vertice G8, dei connessi problemi di ordine e sicurezza pubblica; in particolare, le domando se quel documento già pronto sia stato consegnato al ministro Scajola e, se possibile, quali siano stati i contenuti di questo colloquio. Infine, vorrei sapere come mai non abbia ritenuto - soprattutto se dovesse averne ricevuto specifica richiesta - di dover dialogare direttamente, in prima persona, come ministro dell'interno, con il Genoa Social Forum.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. La ringrazio, per la sua relazione e per essere venuto a collaborare con il Comitato. Sono, però, perplessa, perché stamattina il senatore Dini - che, comunque, riferiva di circostanze già confermate da altre persone ascoltate - ci ha detto che alla fine di maggio, praticamente erano concluse tutte le allocazioni delle delegazioni; mancava solamente la sistemazione del Presidente americano con una piccola delegazione, che venivano successivamente allocati, sempre all'interno della zona rossa, vicino al porto. Rimango pertanto sconcertata quando lei oggi afferma che l'8 giugno 2001 scriveva una lettera al ministro Dini, il quale ha detto, inoltre, che in realtà l'allocazione delle delegazioni, anche quelle successive, non aveva sconvolto né minimamente mutato il piano di sicurezza: si era infatti sempre all'interno della zona rossa. Lei concorda con questa dichiarazione del ministro Dini?
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Lo stesso ministro le scriveva una lettera il 9 marzo 2001; lei ne ha dato lettura e l'ex ministro ci ha fornito ulteriori indicazioni. Ebbene, in questa lettera, le diceva che praticamente il Ministero dell'interno...
ENZO BIANCO. In quale data?
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. La lettera è del marzo 2001 ed è indirizzata direttamente a lei («Caro Bianco»). Nella lettera si diceva: «La mancanza di risposte tempestive, positive o negative, a tali richieste sta creando un clima di crescente sfiducia nella possibilità di dialogo con l'istituzione anche nelle organizzazioni non governative più moderate che vorrebbero evitare di essere riassorbite dalle fila più oltranziste». Sotto questo profilo lamentava quindi un silenzio del Ministero dell'interno.
L'ultima domanda è relativa al prefetto Aldo Gianni, la cui alta professionalità, considerazione e preparazione l'avevano spinta a designarlo come rappresentante del suo Ministero nella struttura di missione. Il prefetto Gianni ci ha fatto pervenire una sua relazione che così conclude (la leggo per verificare se lei concorda con le sue affermazioni):
«I fatti di Genova denotano una inequivocabile responsabilità tecnica nella gestione dell'ordine pubblico e, pertanto, risulta quanto mai pretestuoso chiamare a rispondere l'attuale ministro dell'interno, subentrato alla responsabilità del vertice G8 solo nell'ultimo mese. Se una responsabilità politica è ravvisabile, questa è da ricondurre al precedente Governo che non ha operato come doveva e poteva».
Volevo sapere se lei si riconosca in queste parole, visto che provengono dal prefetto Gianni, un suo fiduciario che lei aveva nominato.
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Probabilmente, visto che lei è interessato mentre il prefetto Gianni non lo è, mi domando se forse fra i due (Commenti del deputato Boato)..., tanto più che può valutare la cosa con più tranquillità.
MARCO BOATO. Ringrazio l'ex ministro Bianco per il contributo che sta fornendo ai nostri lavori, anche perché egli ha attinenza con le questioni. In riferimento ad una domanda che le è stata precedentemente formulata - da una parte dal collega Cicchitto e, sotto altri punti di vista, dalla collega Mascia - sui fatti di Napoli, che, se non ricordo male, risalgono al 17 marzo 2001, devo dire che il collega Cicchitto ha ricordato lealmente che su quei fatti sono stati presentati strumenti parlamentari da parte di Rifondazione comunista - che apparteneva all'opposizione al Governo Amato - e dei Verdi - che appartenevano alla sua maggioranza - e non ha citato documenti di sindacato ispettivo di altri appartenenti all'opposizione del centrodestra, che non mi risultano esserci. Per quanto mi riguarda il problema non è far parte o meno di una maggioranza, ma cercare semplicemente di appurare la verità: evidentemente, questo non vale per tutti.
Le chiedo se possa, come del resto ha preannunciato e ritengo sia utile, consegnare al Comitato, oltre ad altra eventuale documentazione, il testo della direttiva in materia di ordine pubblico inviata ai capi delle forze di polizia, ai prefetti ed ai questori, datata 12 febbraio 2001. Per quanto lei l'abbia riassunta sinteticamente, le chiedo di fare un approfondimento al riguardo. Lei fa riferimento, da una parte, alla possibilità di fenomeni di eversione, di uso della violenza politica e, dall'altra, altrettanto opportunamente, alla delicatezza della gestione dell'ordine pubblico in un periodo di vigilia elettorale: i fatti di Napoli, se non sbaglio, risalgono al 17 marzo 2001, cioè proprio alla vigilia elettorale.
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Il mancato svolgimento di un dibattito in aula è dovuto semplicemente al fatto che la Camera non si è più riunita, però gli strumenti di sindacato ispettivo sono stati presentati, ma dalle forze politiche citate prima. Le chiedo un approfondimento, per quanto lei abbia potuto appurare all'epoca, rispetto all'osservanza della sua opportuna direttiva, anche in relazione ai fatti di Napoli, poiché questa riguarda (sempre se ho ben compreso, ma poi lei ce la consegnerà) non riguarda soltanto la materia dell'ordine pubblico, ma anche un miglior coordinamento tra le forze di polizia, in particolare in relazione alla legge n. 78 del 31 marzo 2000 (condivisa da alcuni di noi), che completa e innova la legge n. 121 del 1981. Ritengo che il problema di come sia stato affrontato, nella direttiva e poi operativamente, tale coordinamento sia una questione essenziale.
Leggo dai giornali di questi giorni che anche l'attuale Governo, avendo convocato dopo i fatti di Genova, di nuovo a fine agosto, il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica ha posto al centro della riflessione il problema del coordinamento fra le forze di polizia, in particolare in materia di ordine pubblico.
Come i colleghi del Comitato ed il presidente sanno - ne hanno parlato anche i giornali - quello del coordinamento è uno dei problemi decisivi per capire cosa sia avvenuto e quali eventuali anomalie «eventuali» è un eufemismo) si siano verificate nei giorni di Genova, per cui credo sia molto importante sapere quali disposizioni siano state impartite già nel febbraio 2001, a seguito della nuova legge.
In relazione alla manifestazione che si tenne il 5 aprile davanti al Viminale, a varie prefetture e a commissariati di Governo in giro per l'Italia, lei ha ricordato - e debbo dargliene atto anche in questo caso; peraltro al riguardo tra
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i due Governi vi è continuità in un atteggiamento di dialogo - che il giorno stesso avete fatto incontrare una delegazione del GSF con i prefetti Sorge e Di Giovine (fatto venire a Roma per l'occasione ) e con il dottor Angelo Rughetti della sua segreteria.
Per quanto lei ne sappia, non avendo preso parte alla riunione, quali sono state le assicurazioni o le ipotesi che sono state prospettate a fronte delle richieste del GSF sulla Cittadella, sulle esigenze alloggiative e sulle manifestazioni? Mi pare che la persona più alta in grado in quella riunione fosse il prefetto Sorge: quali rassicurazioni sono state fornite, perché di questa riunione si fa cenno positivamente - prendendone atto con soddisfazione - nella lettera del GSF dell'11 aprile indirizzata, se non ricordo male, al prefetto Di Giovine?
Sarebbe importante che lei ci riferisse, per quanto ne abbia una conoscenza indiretta tramite il prefetto Sorge, che cosa sia stato prospettato in risposta alle richieste del Genoa social forum.
Da ultimo, e collegandomi alla domanda riferita alla direttiva del 12 febbraio, lei, ad un certo punto, ha indicato tre grandi obiettivi, che condivido pienamente, anche perché si tratta di un tema ricorrente del Governo di cui all'epoca faceva parte e dell'attuale esecutivo: garantire che il G8 si svolgesse in piena sicurezza, garantire la tutela del dissenso pacifico e la possibilità di manifestare, tutelare i diritti dei cittadini, cioè tutelare la sicurezza e contrastare forme di violenza.
Non c'è ombra di dubbio che questi sono stati tre obiettivi dell'allora Governo Amato, di quelli precedenti e dell'attuale Governo e sono, a mio parere, indiscutibili. Ciò che è avvenuto a Genova è che, mentre l'obiettivo di garantire la sicurezza e la piena realizzazione del G8 è stato raggiunto (e ciò non era scontato, in quanto a Seattle si è concluso anticipatamente, a
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Barcellona non si è neppure svolto, a Göteborg sappiamo come è andata), gli altri due obiettivi non sono stati raggiunti. Non si è garantito il dissenso pacifico, non sono stati tutelati i diritti dei cittadini - dei cittadini manifestanti, ma non solo - ed i beni pubblici e privati di fronte ai fenomeni di violenza.
Che interrogativi si è posto lei, che problemi si è posto lei per emanare quella direttiva - che ritengo opportuna - del 12 febbraio 2001, per le questioni dell'ordine pubblico e per il problema del coordinamento, vista poi la verifica problematica di marzo a Napoli? Qual è la sua opinione su quello che è avvenuto a Genova nel luglio, quando lei, ovviamente, non era più ministro?
GIAN FRANCO ANEDDA. Signor ministro, le chiedo di farmi superare l'impressione che ho avuto ascoltando la sua relazione. Mi pare che essa sia stata una puntuale indicazione di tutte le riunioni, degli incontri che ci sono stati in ordine ai problemi legati al Ministero. Tuttavia, l'impressione, che poi cercherò di dimostrare, è che sia completamente mancata la sua iniziativa. Lei ha delegato tante persone, ha fatto numerose riunioni, ma mi chiedo: il ministro che cosa ha fatto e soprattutto, che cosa pensava? Su quell'argomento aveva delle idee precise? Le pongo la domanda in questi termini, perché tutto inizia - se così si può dire - dalla lettera, già citata, del 9 marzo, scritta a lei dal ministro Dini, che si accompagna a tutte le notizie che questo Comitato ha avuto (l'ultima è quella, già citata, del prefetto Aldo Gianni, da lei nominato quale rappresentante nella struttura di missione) e che sono tutte legate da un comune denominatore: l'assenza di interesse da parte del Governo, quantomeno negli ultimi tre mesi precedenti il G8. Ciò è stato sostenuto da persone nominate da voi, quali l'architetto Paolini, il prefetto Gianni e numerosi soggetti legati, direttamente o indirettamente, al Viminale.
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In questo quadro, ecco la mia impressione, nella lettera il ministro Dini afferma, tra l'altro: «Province e comuni che in passato erano stati prodighi di incoraggiamenti sulla possibilità di manifestazioni pacifiche da parte delle organizzazioni non governative sono stati invitati ad un atteggiamento di massima prudenza e hanno recentemente convenuto di mantenere una comune linea negativa per le manifestazioni in data posteriore al 19 luglio.». Domanda: anche lei era di questa opinione?
Inoltre, il ministro Dini scrive (non le ricordo il clima di crescente sfiducia al quale ha accennato la collega): «Sarebbe a mio avviso auspicabile, a fronte delle incertezze che ancora pervadono il mondo delle organizzazioni non governative...», incertezze che derivano dall'atteggiamento assente del Governo - aggiungo io - «...il Governo, su nostra congiunta iniziativa, sarebbe opportuno valutasse l'opportunità di assumere una posizione definita...» - il che significa che il Governo non l'aveva - «...stabilendo, ove prevalga la decisione favorevole ad un dialogo...» - il che significa che all'interno del Governo vi erano posizioni contrastanti in ordine al dialogo - «...entro quali limiti fisici e temporali potrà essere...» - la prego di rileggersi il termine, perché è indicativo dell'atteggiamento del Governo - «...tollerata la manifestazione del dissenso».
Dunque, la domanda conclusiva è questa: lei, come può oggi dire che uno degli obiettivi era quello di garantire le manifestazioni del dissenso, quando un ministro del Governo di cui lei faceva parte adopera il verbo «tollerare» quando si riferisce al dissenso?
GIANCLAUDIO BRESSA. Intervengo, innanzitutto, per esprimere una brevissima valutazione. Molti dei colleghi che compongono questo Comitato, del tutto legittimamente, compiono un'opera di ricostruzione personale delle vicende che abbiamo ascoltato. È bene, però, sottolineare che si tratta di
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ricostruzioni personali, che non sono ancora, evidentemente, patrimonio comune di del Comitato.
Faccio questa osservazione, in quanto l'onorevole Cicchitto ha ricordato - come se queste fossero state le uniche opinioni espresse in questa sede - che tre delle persone che abbiamo ascoltato hanno espresso perplessità in relazione al ritardo del Governo Amato sulle questioni relative alla preparazione del G8 e ha precisato che queste tre persone sono i rappresentanti del Genoa social forum, l'architetto Paolini e il prefetto Gianni.
Vorrei ricordare, accanto a queste tre posizioni - non le cito perché rinvio ai verbali -, tutte le altre prese di posizione da parte di persone altrettanto autorevoli, se non più, che hanno invece puntualmente descritto gli atti che il Governo Amato ha compiuto in preparazione del G8. Lo faccio affinché l'ex ministro Bianco abbia un quadro preciso e non solo una ricostruzione parziale dei nostri lavori.
Venendo anche incontro all'esigenza di capire dell'onorevole Anedda, le pongo alcune brevissime domande. La prima è la seguente: la riunione del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 24 maggio - e lei è in grado di confermarmi questo - è quella che ha messo in condizione il prefetto di Genova di emanare l'ordinanza del 2 giugno?
Vorrei che lei confermasse anche quest'altra mia tesi: il Comitato nazionale, nonostante non vi fossero ancora elementi di chiarezza circa la presenza delle delegazioni e la loro allocazione, ha ritenuto comunque di dover predisporre un piano, che, evidentemente, teneva conto di tutte le richieste relative ai problemi di sicurezza, che erano state formulate dal prefetto, dal questore, ma - immagino - anche dai servizi di sicurezza.
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Un'altra questione che vorrei porre è la seguente: perché lei, ministro, ha chiesto che fosse il prefetto di Genova ad assumere la responsabilità di tenere i contatti con il Genoa social forum?
Un'ultima domanda. L'onorevole Boato ha già ricordato che il Genoa social forum l'11 aprile, a distanza di pochi giorni dall'incontro del 4 aprile presso il Viminale con il prefetto Sorge e con le persone che lei ha indicato, in qualche modo si era dichiarato ben disposto nei confronti del clima che aveva trovato e delle indicazioni che il prefetto Sorge aveva dato in quell'occasione. Può essere più preciso in merito alle indicazioni che il prefetto Sorge aveva fornito al Genoa social forum e che sono alla base della lettera dell'11 aprile, in cui il Genoa social forum sostiene di apprezzare l'apertura del Governo?
LUIGI BOBBIO. Onorevole Bianco, vorrei farle una sola domanda relativa ai servizi informativi o Servizi segreti.
Vorrei sapere se furono inviate a lei personalmente - e quindi ne ebbe contezza, ebbe modo di tenersi aggiornato e di leggerle - le note informative dei Servizi segreti (SISDE e SISMI) che, fin dai primi mesi del 2000 (se non addirittura già da prima) fornivano, a mio avviso, spunti assai interessanti e notizie di notevole congruità sull'involuzione violenta, a livello mondiale, del movimento anti global e sulle sue tecniche operative. Oggi possiamo peraltro affermare, alla luce di quanto è accaduto, che le note informative dei Servizi segreti in molti punti sembravano veramente descrivere quella che poi, sul campo, è stata la modalità operativa, cioè l'intento operativo e la sostanziale integrazione che si è realizzata fra la cosiddetta ala non violenta e l'ala violenta del movimento antiglobalizzazione. In caso affermativo, se lei cioè ha avuto effettivamente contezza di tali note informative, si curò di informarsi e, poi, di tenersi aggiornato, in ordine ai fatti e al
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seguito che a tali notizie venne dato dagli apparati e dagli organi competenti in materia di pubblica sicurezza?
FRANCESCO NITTO PALMA. Come lei sa, subito dopo i fatti di Genova l'attuale opposizione ha assunto due diverse iniziative: la prima è stata quella di presentare una mozione di sfiducia nei confronti dell'attuale ministro dell'interno (che è stata già respinta al Senato); la seconda è stata quella di richiedere l'avvio di un'indagine conoscitiva. Lei sa anche che questo Comitato concluderà i suoi lavori con la predisposizione di uno schema di documento che verrà sottoposto all'attenzione delle Commissioni.
Cercherò di essere estremamente sintetico. Lei mi consentirà di rappresentarle una veemente accusa che oggi è pervenuta al Comitato da parte del prefetto Gianni, il quale presenta una visione dei lavori preparatori del G8 che, almeno sotto il profilo temporale, coinvolgono la sua amministrazione. Personalmente, ritengo doveroso che lei ne abbia conoscenza, in modo che abbia la possibilità - sempre nei limiti propri di questa indagine conoscitiva - di far conoscere al Comitato il suo pensiero. Qualche stralcio della lettera del prefetto Gianni è già stata letta, ma vorrei sinteticamente riassumerne i punti salienti.
Prima di tutto, il prefetto Gianni lamenta che i lavori preparatorio del vertice G8 abbiano avuto inizio nel gennaio 2001, il che non ha consentito una seria preparazione. Successivamente, egli lamenta il fatto che non vi siano stati più incontri con le organizzazioni non governative, nonostante le reiterate richieste da parte delle stesse. Il prefetto aggiunge che vi fu un solo incontro, quello da lei richiamato, con il prefetto Sorge, ma, in maniera difforme da quanto lei ha testè dichiarato, afferma che il prefetto di Genova era presente al Viminale per altri motivi, ma non certamente ...
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ENZO BIANCO. Ma io lo saprò, se l'ho convocato!
FRANCESCO NITTO PALMA. Non lo metto in dubbio, ma sento semplicemente il dovere di rappresentarle quello che il prefetto Gianni ha riferito a questo Comitato, sia pure per iscritto.
La terza cosa che sostiene il prefetto è che il ministro Bianco «non perdeva occasione per dichiarare che a Genova sarebbe stata concessa ampia libertà al dissenso e, implicitamente, quindi, senza alcuna limitazione alla presenza dei manifestanti, a condizione che tutto si svolgesse pacificamente, quasi si trattasse della Giornata della gioventù organizzata a Tor Vergata in occasione del Giubileo e non già di un movimento dichiaratamente pacifista, ma che comunque annoverava al suo interno, in virtù della sua variegata composizione, frange estremiste che avevano dato ampia prova di gravi violenze in varie parti del mondo». Aggiunge il prefetto Gianni - questa mi sembra un'osservazione apprezzabile, anche se è solo una mia valutazione - che, sostanzialmente, il fatto che il Ministero dell'interno non abbia inteso coltivare i rapporti con le organizzazioni non governative ha impedito che si conoscesse in maniera approfondita il movimento pacifista e, addirittura, che esso venisse coinvolto in taluni settori dell'organizzazione del vertice. Lamenta ancora il prefetto che la formazione del personale di ordine pubblico che sarebbe stato impiegato a Genova fu estremamente tardiva e avvenne in tempi assai ridotti; principalmente oggi lamenta che non si sia provveduto ad una formazione dei funzionari addetti alla gestione dell'ordine pubblico sulla piazza. Queste sono le doglianze del prefetto Gianni, di cui io doverosamente la rendo edotta, ove lei già non ne avesse avuto conoscenza precedentemente, e sulle quali le sarei grato se volesse esprimere il suo pensiero.
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Le voglio fare un'altra domanda, prendendo spunto dalla relazione del prefetto Gianni, ma anche da quello che è emerso in ordine all'inerzia del precedente Governo. Il 16 maggio 2001 vi è stata una riunione del Comitato nazionale per l'ordine pubblico (non so se lei fosse presente, ma immagino di sì), nella quale il capo della Polizia ha testualmente detto che, nel corso di una riunione svoltasi nel nord-est, i partecipanti avevano sostanzialmente affermato che avrebbero dato corso a gravi episodi di violenza se le elezioni politiche fossero state vinte dal centrodestra. Alla luce di questa notizia, che è stata portata in sede di Comitato nazionale dal capo della Polizia, vorrei sapere se lei, che all'epoca era ministro, ritenne di dover impartire qualche direttiva o qualche sollecitazione ai fini di una maggiore attenzione in materia di ordine pubblico (Interruzione dell'onorevole Bianco)... la riunione è precedente. Il capo della Polizia, tre giorni dopo la riunione, ha riportato l'esito di una riunione precedente. È chiaro che, nel momento in cui il capo della Polizia ha riferito la notizia, le elezioni erano state vinte; quindi, se la notizia è attendibile, diventa verosimile la perpetuazione di fatti di violenza.
Vorrei sapere se ella aveva inteso dare qualche direttiva, anche in ragione del fatto che il fenomeno, che prima sembrava riguardare problematiche di politica internazionale, alla luce di questa informativa del capo della Polizia ha assunto anche una valenza di politica interna.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il presidente Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Vorrei sapere, signor presidente, se quest'informativa dell'ex prefetto Gianni sia stata richiesta dal nostro Comitato.
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PRESIDENTE. No, onorevole Violante.
LUCIANO VIOLANTE. Si tratta della copia di un rapporto redatto in precedenza oppure di un rapporto realizzato per l'occasione?
PRESIDENTE. Credo che sia stato realizzato per l'occasione.
LUCIANO VIOLANTE. Quindi si tratta di un rapporto realizzato dopo i fatti, sulla base di una conoscenza del dibattito svoltosi nel Comitato, da una persona che non ha più la carica di prefetto.
PRESIDENTE. È così.
GIANNICOLA SINISI. Ringrazio il presidente Bianco per la sua esposizione, che ha fatto finalmente chiarezza sui tempi attraverso i quali si è sviluppata la fase di organizzazione del vertice del G8, perché nella discussione che si è svolta, molto spesso si sono sovrapposte opinioni a fatti e conoscenze ufficiose all'ufficialità delle riunioni, degli incontri e dei documenti. La ringrazio, quindi, per aver reso la sua esposizione non sulla base di opinioni raccolte e di informazioni ufficiose, ma sulla base di incontri e documenti ufficiali, di cui ci ha dato precisa indicazione.
Prima di porre alcune domande, voglio fare una seconda premessa, e mi rivolgo anche a lei, presidente. Abbiamo letto la lettera dell'ex prefetto Gianni e il presidente Violante mi ha anticipato precisando che si tratta di un contributo non richiesto, a noi pervenuto dopo che era stato reso ampiamente noto lo svolgimento dei nostri lavori e il contenuto del dibattito. Ciò nondimeno, mi sembra di ricordare - e formulo la mia domanda - che il prefetto Gianni sia stato il responsabile,
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nella struttura di missione, fino a maggio e che fosse, quindi, la persona deputata a svolgere, fino al 30 giugno, le funzioni di raccordo con le organizzazioni e le attività di predisposizione dei servizi di ordine pubblico. Quindi, avrebbe dovuto fare le cose che lamenta non siano state fatte (se non ho capito male come funzionava la struttura di missione), in quanto ci è stato detto che il G8, non essendo una struttura formale e convocata ad hoc, di volta in volta ha una sua segreteria, che è appunto la struttura di missione. Credo quindi che fino al 30 giugno lo dico senza animosità nei confronti di una persona che ho avuto modo di apprezzare e di stimare per il suo operato quando ho lavorato presso il Ministero dell'interno - il prefetto Gianni era la persona deputata a svolgere le funzioni richiamate.
Vorrei porre una seconda questione. All'epoca del Governo Amato - e, sostanzialmente, con la riunione del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 24 maggio, che lei ci ha indicato - siamo venuti a conoscenza di una chiara visione della predisposizione dei servizi di ordine e di sicurezza pubblica, anche in relazione ad alcune cautele che dovevano essere esercitate. Sarà anche vero che il 13 maggio ha vinto il centrodestra, ma mi sembra di ricordare che le violenze, in queste occasioni, risalgono all'epoca del vertice di Seattle, quindi al 1999, quando, se non ricordo male, il Presidente degli Stati Uniti era Clinton e in Italia governava il centrosinistra.
Ragioni di cautela suggerirono quindi di predisporre una zona rossa, blindata, una zona gialla, dove erano vietate manifestazioni e volantinaggio - oltre che la sosta dei veicoli - ed una zona verde, dove potevano aver luogo i cortei. Il 2 giugno è la data che consacra la predisposizione dei servizi
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relativi alla sicurezza, secondo l'ultima riunione del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica che lei ha presieduto. Questa è la mia domanda.
Per quanto riguarda la terza questione, vorrei sapere se ricevette informazioni in merito al lavoro investigativo svolto dall'Arma dei carabinieri relativamente a formazioni violente che si stavano, in quel momento, precostituendo all'estero e che avrebbero potuto giungere in Italia in occasione del vertice.
Vengo ora alla quarta questione, sulla quale vorrei che lei facesse chiarezza. Non c'è stato anche un giubileo, quindi una formazione permanente dei reparti mobili, oltre alla formazione specifica costituita nell'occasione, stando all'illustrazione che ha fatto il dottor Donnini?
LUCIANO VIOLANTE. Presidente, vorrei sapere, innanzitutto, se siamo di fronte ad un caso di omonimia o se si tratta dello stesso prefetto Gianni che era questore a Bologna ai tempi della «Uno bianca». Si tratta di lui?
PRESIDENTE. Sì, si tratta di lui.
LUCIANO VIOLANTE. Grazie. In secondo luogo, vorrei sapere quali sono gli indirizzi politici che lei, onorevole Bianco in quanto ministro dell'interno, ha impartito in ordine al rapporto tra tutela della zona rossa e tutela della città.
PRESIDENTE. Se lo ritiene, onorevole Bianco, può rispondere alle domande che le sono state poste.
ENZO BIANCO. Cercherò di rispondere a tutte le domande, anche se sono numerose e complesse.
L'onorevole Cicchitto - la questione è stata poi ripresa, parzialmente, anche da altri - ha chiesto se a mio avviso
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fenomeni di involuzione nell'esercizio di attività di ordine pubblico, in particolare da parte delle forze di polizia, si fossero già manifestati nel nostro paese, in particolare a Napoli. Ci riferiamo, naturalmente, alle vicende accadute a Napoli nel marzo di quest'anno, in occasione della giornata conclusiva dell'importante evento internazionale e-government. Posso confermare che mi trovavo a Napoli perché ero relatore, nella giornata conclusiva, insieme al ministro dell'interno della Repubblica federale di Germania, Otto Schily. Sono stato quindi, in qualche misura diretto testimone di quello che è accaduto. A Napoli, a ridosso del luogo in cui si svolgeva la manifestazione conclusiva, il teatro San Carlo di Napoli (praticamente a cento metri) è arrivato un gruppo di manifestanti che si erano staccati dal corteo principale - che era stato, come altri, pacifico - e stavano cercando di forzare il blocco della polizia allo scopo di fare concludere anticipatamente questo importante consesso internazionale. Vi è stata una reazione ferma da parte delle forze di polizia nei confronti di questo limitato gruppo di alcune centinaia di persone - circa 200 - che stava aggredendo con violenza. Naturalmente, ciò ha determinato vari scontri.
Nello svolgimento della fase successiva all'azione di contenimento, a seguito di immagini televisive che ho avuto modo di vedere direttamente e a seguito di solleciti da parte parlamentare, cui faceva riferimento, ad esempio, il collega Boato, ma anche l'onorevole Mascia - interpellanze e articoli di giornale - ho chiesto al Capo della Polizia, direttore della pubblica sicurezza, di disporre un'indagine per verificare se vi fossero stati eccessi nelle reazioni e in che misura. Tale azione è stata affidata dal prefetto De Gennaro al capo dell'ispettorato del dipartimento della pubblica sicurezza, il dirigente generale Santoro e, naturalmente, ha coinvolto anche il questore di
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Napoli, Izzo. Il Capo della Polizia mi ha informato dell'esito dell'indagine e mi ha dato atto di talune iniziative eccessive da parte di personale in uniforme, peraltro non ancora identificato perché indossante il casco protettivo, così come risulta dall'attività svolta da funzionari responsabili dei contingenti che si sono adoperati per contenere eventuali eccessi e per favorire il rapido deflusso delle persone coinvolte.
MARCO BOATO. Può lasciarci la documentazione relativa a questo punto?
ENZO BIANCO. Sì, posso lasciarla.
Posso dire che si tratta - vi sono anche resoconti giornalistici, oltre che rapporti - di alcuni eccessi, ma nulla di assolutamente paragonabile alle vicende di cui si parla e che riguardano Genova. Vi è stata, tra l'altro - il Capo della Polizia ne dà atto - una ferma azione, da parte di funzionari di Polizia, tendente ad impedire e contenere eventuali eccessi ed a favorire il rapido deflusso delle persone coinvolte.
Quanto alla seconda questione che l'onorevole Cicchitto solleva - ma anche questa è stata già posta -, se cioè io acceda alla teoria della violenza e quale sia la mia valutazione sulla democraticità delle forze di polizia, vorrei cogliere questa occasione per esprimere e ribadire un giudizio di apprezzamento convinto della qualità dell'azione svolta dalle forze di polizia italiane nel nostro paese, nel periodo in cui sono stato ministro dell'interno. Naturalmente esse hanno affrontato complessità di situazioni paragonabili a quelle di altri paesi e, per alcuni aspetti, anche questioni peculiari. Mi riferisco ai meriti indubbi delle nostre forze di polizia in materia di contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso; mi riferisco, presidente Bruno - lei lo ricorderà perché è figlio di quella terra -, alla capacità, all'azione e alla professionalità
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dimostrate dalle forze di polizia, anche con modalità organizzative nuove, ad esempio, nella «operazione Primavera» in Puglia, una terra che veniva martoriata dalla presenza di un contrabbando che si dedicava anche ad attività criminali nuove. Insomma, un'azione tale da meritare, certamente, l'amplissimo consenso ed apprezzamento che l'opinione pubblica ha registrato nei confronti delle forze di polizia. Questo credo sia merito della professionalità di questi uomini, della loro abnegazione, del loro spirito di sacrificio ma, naturalmente, anche della qualità dell'azione di chi li dirige e, mi consenta, della chiarezza e della univocità dell'azione svolta dai governi nella legislatura precedente in questo specifico ambito.
Naturalmente questo giudizio, onorevole Cicchitto, che confermo ancora oggi con piena convinzione, non esclude che all'interno delle forze di polizia possano esservi singole persone con diverse responsabilità che abbiano opinioni e culture diverse e che, come è accaduto anche in passato, possono tenere comportamenti illegittimi o addirittura configuranti ipotesi di reato. Cito un episodio per tutti verificatori a Napoli (forse lei lo ricorderà), quando un ragazzo fu ucciso da un agente che gli sparò per non aver ubbidito all'intimazione di fermarsi perché non portava il casco; in quella occasione, in tempo immediato, prima ancora dell'intervento dell'autorità giudiziaria, per mia direttiva, il Capo della Polizia sospese l'agente dal servizio. Quindi, azioni pronte e determinate tendenti a reprimere comportamenti illegali.
Credo che comportamenti illegali vi siano stati e sarebbe molto interessante per me, esponente di una parte politica, rispondere alle sollecitazioni, alle provocazioni e agli stimoli che sono venuti, nel corso del dibattito, anche da lei, onorevole Cicchitto, dall'onorevole Mascia e da altri deputati, ma non lo
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farò perché credo, signor presidente, di essere audito qui, oggi, in qualità di ministro dell'interno in un periodo precedente; pertanto non interessano e non rilevano in questa sede le mie valutazioni politiche su quanto accaduto in questi ultimi giorni. Tra l'altro, signor presidente, sarebbe assolutamente inelegante. Dare la formazione migliore dopo che la partita è stata giocata è uno sport molto diffuso nel nostro paese . Siamo tutti bravi a dire: quello ha sbagliato! Io non voglio cadere in questo errore. Non darò pagelle al mio successore o ad altri.
MARCO BOATO. Il ministro della giustizia ieri lo ha fatto col suo predecessore.
ENZO BIANCO. Ognuno risponde del proprio stile e del proprio modo di essere. Io non intendo farlo e non darò giudizi di carattere politico su «ciò che sarebbe accaduto se», e quant'altro. Certo, il giudizio sulla democraticità delle Forze di polizia e, aggiungo, sull'altissimo livello professionale di esse, intendo confermarlo anche in questa occasione.
Sono state poi sollevate alcune questioni riguardanti presunti ritardi - anche su questo punto vi sono stati molti interventi - da parte delle autorità preposte del Ministero dell'interno, e non solo, in materia di predisposizione del piano di sicurezza. In alcuni di questi interventi si fa riferimento alla lettera che l'ex prefetto Aldo Gianni ha inviato a questo Comitato. Per quanto riguarda i ritardi, intendo ribadire - ma credo sia stato affermato anche da molti autorevoli esponenti che sono stati ascoltati da questo Comitato - che la preparazione del piano per la sicurezza da parte del Governo di cui ero componente è stata, tempestiva e puntuale. L'azione di preparazione, contrariamente a quanto viene detto da qualcuno, è iniziata già nel secondo semestre del 2000 ed è
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precedente alla riunione del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza. Esistono i verbali - che possono essere, ovviamente, acquisiti - che certificano che già dal 16 novembre vi è stata una riunione del comitato nazionale dedicata a questo argomento con la predisposizione di una serie di elementi che vanno in tale direzione.
L'attività di preparazione di un vertice come questo è un'attività continua, nessuno può immaginare che un piano per la sicurezza possa essere elaborato e liquidato un anno prima, questo può dirlo soltanto chi non ha conoscenza né competenza in materia. Tale attività è, infatti, legata all'atteggiamento, alle strategie e alle tattiche delle organizzazioni antagonistiche e violente ed anche ai cambiamenti dello scenario internazionale. Se, ad esempio, un anno prima poteva non essere prevedibile un interesse da parte del terrorismo e dell'integralismo islamico (legato alla condizione del Medio oriente), tale interesse può, in seguito, diventare prevedibile perché la situazione in Medio oriente è divenuta incandescente. Dunque un'azione volta al mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza si svolge e si completa soltanto all'indomani del verificarsi dell'evento.
L'azione è continuata per tutto il periodo, senza soluzione di continuità; anche durante la campagna elettorale - ci sono gli atti che lo dimostrano chiaramente - l'attività è stata attenta, puntuale e precisa. Non dimentichiamo che, nel frattempo, il nostro paese aveva anche altre questioni di cui occuparsi, sotto il profilo della sicurezza: non lavoravamo solo ed esclusivamente per la preparazione del vertice, ma anche per contrastare l'immigrazione clandestina, sul versante del terrorismo, sulla questione dell'ordine pubblico durante la campagna elettorale (qualcuno di voi ricorderà anche le polemiche riguardo questo aspetto).
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L'ex prefetto Gianni, nell'appunto che è stato ricordato e che è stato qui trasmesso, avanza una serie di critiche, riguardo a questa vicenda, alle azioni svolte dal Governo di cui ho fatto parte, a me personalmente ed al Capo della Polizia. Mi limito ad osservare che nessuna di tali critiche, per queste mancanze o per questa assenza di responsabilità, è stata mai avanzata dal prefetto Gianni durante lo svolgimento del suo incarico. Egli ne aveva la possibilità, innanzitutto nei rapporti diretti che ha tenuto con me: come ho detto all'inizio, egli ha partecipato a tre riunioni del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, aveva la possibilità di interloquire con il capo di gabinetto e, all'occorrenza, direttamente con il ministro dell'interno. Se le osservazioni che egli oggi avanza criticamente fossero state effettuate nel momento in cui ricopriva il suo incarico e se fossero state vere, naturalmente esse avrebbero avuto l'utilità di migliorare la nostra azione. Trovo incredibile che critiche di questo livello non siano mai state formulate, né per iscritto né oralmente, durante lo svolgimento del mandato. È troppo facile, quando non si ha più la responsabilità legata all'appartenenza ad una amministrazione, e quando l'onorevole Bianco non è più ministro dell'interno, ma deputato dell'opposizione, dare sfogo a critiche che non sono state avanzate nel momento in cui dovevano essere esplicitate. Osservo anche che il prefetto Gianni aveva manifestato l'intendimento di mantenere il suo incarico è che questo, naturalmente, poi non avvenne (Commenti del senatore Ioannucci). Nessuna delle osservazioni svolte durante questo incarico, ripeto ancora una volta, è stata presentata nel luogo giusto e, aggiungo, una parte di ciò che viene in quella lettera lamentato riguarda responsabilità che attengono alla figura del rappresentante del Ministero dell'interno, nell'ambito della struttura di missione.
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Per quanto riguarda le altre accuse o critiche o responsabilità su possibili ritardi, in particolare su quanto sosteneva la senatrice Ioannucci in merito alla lettera del collega Dini del 9 marzo, vorrei ricordare ancora una volta il giudizio ed il ringraziamento pieno ed incondizionato che all'attività svolta dal Ministero dell'interno ha reso, in più occasioni, il segretario generale della Farnesina, ambasciatore Vattani, riconoscendo la disponibilità alla collaborazione e la prontezza con la quale abbiamo risolto ogni questione: esso costituisce il migliore riconoscimento per l'azione che abbiamo compiuto. Tutto ciò è avvenuto in un clima - non ho difficoltà a riconoscerlo, come ho già detto durante il mio intervento - talvolta di difficoltà. Vi prego di immaginare cosa significhi predisporre ed approvare definitivamente un piano per la sicurezza quando, ancora sino a giugno inoltrato, non si ha certezza del luogo dove saranno allocate tutte le delegazioni (quindi con problemi di trasferimento e di attraversamento di Genova): tutto questo costituisce la ragione per la quale il ministro dell'interno, in data 16 marzo (successivamente quindi alla lettera del 15 marzo) richiede alla Farnesina di conoscere entro 15 giorni il luogo in cui saranno allocate le delegazioni. Ciò nonostante, abbiamo lavorato, ripeto, predisponendo il piano che poi è stato presentato a fine maggio nel comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica ed approvato definitivamente, per quanto riguarda il periodo di mia permanenza al Viminale, il 2 giugno.
Alcuni hanno sollevato la questione - è stata citata nell'intervento dell'onorevole Mascia e in altri interventi - di quale fosse in quell'occasione la valutazione del Governo e la mia personale riguardo alla possibile contestualità delle manifestazioni di dissenso rispetto allo svolgimento del vertice. Parlo con grande schiettezza e sincerità al Comitato: il
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Governo aveva configurato, com'era normale e comprensibile, l'ipotesi e lo scenario di chiedere che le manifestazioni non avvenissero contestualmente. È fin troppo evidente che per le autorità di pubblica sicurezza è preferibile che le manifestazioni si svolgano prima, in modo da destinare l'attenzione e le risorse di uomini, che comunque sono limitate, a singoli eventi. Debbo dire con altrettanta schiettezza che personalmente non ho mai ritenuto realmente e realisticamente praticabile questa ipotesi, perché conoscendo il movimento coinvolto nelle manifestazioni di dissenso, è fin troppo evidente che l'interesse è quello di svolgere manifestazioni mentre vi sono i Capi di Stato e di Governo nella città e soprattutto, mi si consenta, mentre vi è l'attenzione dell'opinione pubblica e dei mass media. È dunque irrealistico prospettare altro e ciò non riguarda solo l'Italia, ma tutti paesi, poiché non vi è Stato in cui il dissenso non si manifesti o non cerchi di manifestarsi in modo contestuale. Questa è stata la mia opinione ed è la ragione per la quale, nel riconfermare i punti qualificanti esattamente nell'ordine in cui il collega Boato ha ricordato - garantire la sicurezza della città, la manifestazione del dissenso, la sicurezza per i partecipanti al vertice - le indicazioni sono state coerenti rispetto a tali punti, così come il piano predisposto (ivi compresa la delimitazione della zona gialla e della zona verde).
Una delle questioni che hanno costituito oggetto di attenzione in diversi interventi è quella del rapporto e del dialogo con il Genoa social forum: anche riguardo a ciò, sono giunte critiche da alcune parti circa la carenza di dialogo con gli organizzatori del dissenso. Vorrei ricordare, sotto questo profilo, che effettivamente il 5 aprile, su mia precisa direttiva, come è evidente, il capo di gabinetto, il prefetto di Genova, che non si trovava casualmente a Roma...
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MARCO BOATO. Il prefetto Gianni scrive che non è vero che si trovasse a Roma per quello...
PRESIDENTE. Onorevole Boato, la prego!
ENZO BIANCO. Lo ha ricordato anche il collega Palma, ma questo dimostra un certo animus che è contenuto in essa... Il prefetto Sorge e gli altri - il prefetto di Genova - che incontrano (sulla base di quanto mi è stato riferito, ma anche del rapporto della riunione) il Genoa social forum hanno ricevuto sostanzialmente, da parte dei loro rappresentanti, la presentazione di due richieste: poiché erano circolate sulla stampa notizie che il Governo si sarebbe opposto a tenere o a far tenere manifestazioni di alcun tipo nella città di Genova, la prima richiesta era quale fosse la nostra posizione al riguardo. Il secondo punto di domanda si riferiva alla disponibilità del Governo con riguardo alla possibilità di ospitare ed organizzare un luogo - ripeto, la cosiddetta cittadella - in cui tenere una serie di manifestazioni. Queste erano le due richieste che venivano formulate dal Genoa social forum. Ebbene, il prefetto Sorge a tali richieste, su mia direttiva, fornisce risposte precise che voglio ricordare, risposte che peraltro avevo pubblicamente più volte ribadito in quell'occasione: la mia opinione circa lo svolgimento delle manifestazioni (che in Italia è diritto sancito dalla Costituzione, dall'ordinamento vigente) è che vi è piena libertà di tenere ogni tipo di manifestazione, naturalmente nei limiti attinenti ai profili di sicurezza; era intendimento del Governo di consentire pienamente l'esercizio di questo diritto costituzionale, con modalità da concordare, per fare in modo che questo non confliggesse con l'esigenza fondamentale della sicurezza nella città e per quanto riguardava il vertice.
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Questo è ciò che il prefetto Sorge ribadisce in quell'occasione, così come ribadisce l'atteggiamento favorevole da parte del ministro dell'interno circa la possibilità, anche a scopi di sicurezza, di avere una cittadella o un luogo in cui far svolgere una serie di manifestazioni che immaginavamo di poter localizzare in modo compatibile con il resto.
Queste sono le ragioni per cui i partecipanti a quell'incontro esprimono, sia soddisfazione immediatamente, sia l'indomani. Sulla base di ciò prosegue il contatto con l'autorità che il Governo aveva indicato come interlocutore degli organizzatori, cioè il prefetto di Genova. Qualcuno chiede: perché il prefetto di Genova? In proposito, una prima considerazione che posso fare è di carattere tecnico-politico. Una volta ribadito il principio che era stato affermato da parte nostra, sulle manifestazioni non vi era più un livello di confronto «politico»: piuttosto, vi era un confronto di carattere tecnico sulle modalità di svolgimento della manifestazione, cioè se il corteo dovesse passare da una strada piuttosto che da un'altra. Ciò, a mio giudizio, non è responsabilità del ministro dell'interno, bensì degli organi tecnici delle autorità di pubblica sicurezza, cioè del livello che compete alla responsabilità del prefetto e del questore di Genova.
Vi è anche, se volete, una seconda valutazione che ho fatto e che non ho naturalmente trascurato. Poiché il vertice si teneva dopo lo svolgimento di una elezione politica e dopo il 13 maggio sapevamo perfettamente che il Governo che sarebbe andato al vertice e che avrebbe organizzato la parte conclusiva del vertice sarebbe stato quello presieduto dall'onorevole Berlusconi, il Governo del Polo, ho considerato che il prefetto di Genova era un'autorità che avrebbe assicurato una sorta di continuità istituzionale. Sapevamo anche che, mentre l'attività di preparazione in generale era propria anche del precedente
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Governo, alcune di queste scelte non potevano che essere compiute dal nuovo Governo. Quindi, non assumere impegni che poi avrebbero potuto essere modificati da altri, rappresentava anche una forma di rispetto verso il nuovo Governo.
Con riferimento alla domanda postami dall'onorevole Sinisi...
PRESIDENTE. Credo, onorevole Bianco, che lei non abbia risposto interamente ad una domanda della senatrice Ioannucci. Prego, senatrice Ioannucci.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Le avevo chiesto, signor ministro, se questa contraddizione o questi problemi, come lei li ha chiamati, fra il Ministero dell'interno e il Ministero degli affari esteri - che poi lei stesso prima ha ammesso -, erano stati tra le cause per cui il Presidente Amato era stato poi costretto ad affidare al Ministero degli affari esteri tutta la preparazione così il ministro Dini ci ha detto questa mattina.
Vorrei anche dirle che quanto aveva scritto il prefetto Gianni è tutto documentato negli allegati alla lettera, fra i quali la lettera di Dini che poi stamattina il ministro ha confermato. Vorrei solamente avere una precisazione da parte sua in merito (Commenti del deputato Boato).
PRESIDENTE. Abbia pazienza, onorevole Boato. C'è qui il ministro il quale credo che stia rispondendo con molta serenità. Cerchiamo di dargli un contributo.
L'onorevole Mascia voleva un chiarimento; prego, onorevole.
GRAZIELLA MASCIA. Vorrei capire se lei pensa di aver risposto alle mie domande, perché mi sembra ci siano ancora diverse questioni aperte. Lei può ritenere opportuno non
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esprimere valutazioni, ma le ho chiesto di chiarire aspetti specifici da lei scritti sui giornali: sul livello di continuità, sulla valutazione della stessa zona gialla, sui Tonfa ed, infine, sugli esponenti politici che secondo lei avrebbero in qualche modo coperto i violenti.
ENZO BIANCO. Riprendo, dunque, da dove ero rimasto. Stavo rispondendo ad una specifica questione sollevata dall'onorevole Sinisi riguardo alla conoscenza da parte del ministro dell'interno di rapporti investigativi dei Carabinieri su attività che potevano riguardare vicende di ordine pubblico: rapporti, quindi, conseguenti a indagini in corso ma con rilievi di ordine pubblico.
Devo dire, francamente, che non sono stato messo a conoscenza degli stessi. Il ministro dell'interno, il quale è autorità nazionale di pubblica sicurezza, ma anche in materia di ordine pubblico per i profili di propria competenza, non ha conosciuto questi rapporti, che da quello che si è letto potevano avere altre incidenze sulla nostra scelta.
Per quanto riguarda le questioni sollevate dall'onorevole Mascia, si tratta in gran parte di giudizi politici che come esponente di una parte politica sono assolutamente legittimato a dare, ma nelle sedi del dibattito politico. Si tratta di giudizi politici che attengono alla sfera politica, ma poiché, come ho già detto in premessa, sono in questa sede audito in quanto ministro dell'interno fino al 10 giugno, rispondo in questa sede degli atti compiuti fino a quella data. Pertanto, non do giudizi, ad esempio, sulle modifiche, apportate dal mio successore, perché ciò ovviamente non attiene alla mia conoscenza e alla mia attività.
Per quanto riguarda la scelta del tipo di manganello, posso dire che è quello suggerito in modo unanime da parte delle forze di Polizia del dipartimento della pubblica sicurezza,
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trattandosi che si tratta del manganello prevalentemente in uso in gran parte dei paesi più avanzati. Peraltro ritengo e ritenni necessario in quella fase assumere decisioni ed orientamenti che andassero nel senso di una migliore efficienza da parte delle forze di Polizia. Ad esempio, onorevole Mascia, poiché anche lei ha fatto riferimento a Napoli, posso dirle che una delle vicende che mi colpirono fu il fatto che i Carabinieri, durante le manifestazioni di ordine pubblico, usavano ancora il calcio del moschetto, sistema antiquato e superato, che dà luogo ad una difficile manovrabilità dello strumento ed anche a reazioni e a conseguenze non sempre immaginabili. Questa è la ragione per la quale a Genova questo strumento non è stato più utilizzato, e ne è stato utilizzato uno più moderno e più flessibile, come appunto del manganello.
Con riferimento alla domanda che mi è stata posta dalla senatrice Dentamaro circa il passaggio delle consegne (Interruzione del deputato Mascia)... Onorevole Mascia, ho già detto che in questa sede non esprimo giudizi di carattere politico, i quali non attengono alla mia attività di ministro dell'interno. Pertanto la mia opinione è quella riportata nell'articolo richiamato.
Per quanto riguarda la richiesta della senatrice Dentamaro relativamente al passaggio delle consegne, se di questi argomenti ho parlato con il mio successore, l'onorevole Scajola, la mia risposta è ovviamente affermativa, perché come è comprensibile l'attività di collaborazione è stata immediata e leale. Al ministro Scajola è stata trasferita tutta la documentazione, compreso un rapporto sull'attività svolta dal Governo durante il mio incarico, ma anche tutti i documenti conseguenti, che in ogni caso sono gli atti relativi al dipartimento della pubblica
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sicurezza e al gabinetto del ministro. Pertanto, presumo certamente che il collega Scajola fosse esattamente a conoscenza delle decisioni sino a quel momento adottate.
Per quanto riguarda la questione sollevata da ultimo dalla senatrice Ioannunci, cioè se la ragione per la quale venne trasferita la competenza per l'organizzazione da palazzo Chigi alla Farnesina è quella alla quale lei fa riferimento, devo dire che non si tratta affatto di tale motivazione. I tempi lo dimostrano chiaramente: il trasferimento delle competenze venne motivato nell'ambito di una decisione del Consiglio dei ministri, con una comunicazione del Presidente, con il fatto che palazzo Chigi non era una struttura gestionale e non aveva un numero sufficiente di uomini per gestire l'organizzazione di un evento. Era, quindi, necessario affidare una vicenda complessa come il vertice di Genova ad una struttura che avesse una capacità organizzativa propria, che era naturalmente individuata nella Farnesina.
Tengo a ribadire, poiché ella nel porre nuovamente la domanda mi attribuisce una opinione che io non ho espresso in questa sede, che io non ho mai criticato o attribuito responsabilità o incapacità al Ministero degli affari esteri. Mi preme dire che si tratta di difficoltà obiettive. Il fatto che la Farnesina non abbia potuto, con la tempestività che noi avevamo richiesto, farci sapere, per esempio, una decisione importante quale quella relativa alla sede delle delegazioni dipendeva da difficoltà obiettive, e cioè dall'atteggiamento recalcitrante di molte diplomazie, capi di Stato e di Governo, a trasferire per la prima volta la loro residenza in una nave per le ragioni da noi evidenziate.
Da ultimo, vorrei rispondere al giudizio che il collega Anedda ha dato riguardo ad una sua impressione di carattere generale. Egli dice che io ho partecipato a molti incontri e
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riunioni, delle quali ho puntualmente riferito; naturalmente ho scelto gli uomini, ho attribuito responsabilità e ho emanato direttive: questa era la mia competenza. Cos'altro deve fare un ministro dell'interno, se non riunire le autorità competenti, ascoltarle, riflettere sulle loro informazioni, leggere i rapporti? Vorrei rispondere incidentalmente anche al senatore Bobbio: ovviamente tutti i rapporti dei servizi di sicurezza sono stati portati a conoscenza del ministro dell'interno. In tale grandissimo numero di rapporti, che non riguardano tra l'altro soltanto l'argomento in questione ma anche molti altri, ve ne sono alcuni che hanno un margine di utilità assolutamente trascurabile e altri che sono significativi e importanti. I rapporti dei servizi di sicurezza confermano che vi è un crescente pericolo legato alla capacità organizzativa di alcune aree dell'antagonismo, che scelgono la strada dello scontro frontale con le istituzioni, che utilizzano manifestazioni pacifiche (come quelle del dissenso nei confronti del fenomeno della globalizzazione) per scopi che sono completamente diversi rispetto a quelli dei manifestanti pacifici. Tutto ciò è noto al Ministero dell'interno e le azioni sono state naturalmente conseguenti, sia da parte dei servizi di intelligence, sia da parte delle forze di polizia, al fine di contrastare tali rischi. Voglio ricordare che - come qualcuno ha detto in questa sede e come ricordava anche l'onorevole Boato - uno dei tre obiettivi assegnati alle forze di polizia è stato pienamente raggiunto. Si tratta di uno scopo non secondario in quanto, in un primo momento, sembrava che l'obiettivo principale dell'area violenta fosse quello di interrompere lo svolgimento del vertice con qualsiasi forma di violenza. Sotto tale profilo, la capacità e la professionalità delle forze di polizia e degli apparati di intelligence, anche riguardo al contrasto delle
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azioni terroristiche (non dimentichiamo che erano state ipotizzate azioni di questo tipo), è assolutamente adeguata.
Onorevole Palma, lei mi ha domandato ad un certo punto - se non ricordo male - se io non avessi ritenuto, come - lei ha detto - ha fatto il capo della Polizia, di riferire una valutazione in ordine alla crescita della aggressività dei centri sociali del nord-est legata all'esito delle elezioni.
FRANCESCO NITTO PALMA. La mia era una domanda diversa, ma molto più semplice. Poiché il capo della Polizia, in quella riunione del comitato, evidenzia tale acquisizione informativa, volevo sapere se, alla luce di tale informazione riportata dal capo della Polizia, lei avesse inteso fornire delle direttive.
ENZO BIANCO. Nel verbale della riunione del 16 maggio, che è sintetico, non vi è traccia di tale specifica affermazione, che peraltro non ho nessun dubbio di ritenere pienamente avvenuta. La mia valutazione e quella delle forze di polizia, degli apparati di sicurezza del paese, è che il rischio in ordine a possibili azioni di contestazione legate allo svolgimento del G8 fosse presente da tempo, significativamente e indipendentemente dall'esito delle elezioni politiche, che esso si sarebbe manifestato con violenza e intensità in ogni caso e che non riguardava soltanto l'Italia. Tanto ciò è vero che vi sono documenti e dichiarazioni da parte di movimenti violenti, a partire da quelli terroristici, che individuano, ad esempio, nell'area della sinistra moderata uno dei nemici forse più pericolosi rispetto ad altri. Riguardo a ciò sono possibili letteratura e opinioni più diverse; è certo, però, che noi abbiamo presente che il rischio vi fosse e che vi sarebbe stato comunque, anche se il Presidente del Consiglio fosse appartenuto all'area di centrosinistra.
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Da ultimo, ripeto al collega Anedda che ho svolto la mia parte fino in fondo, coerentemente, non sostituendomi ad alcuna altra autorità. Il ministro dell'interno non ha il compito di intavolare trattative tecniche con singole persone in quanto tale sfera di competenza appartiene al prefetto, al questore e, a livello nazionale, al direttore generale della pubblica sicurezza. Io ho agito nel rispetto della professionalità di questi uomini, non disinteressandomi affatto, ma lavorando fino all'ultimo giorno, fino al 9 giugno, correttamente, affinché il mio successore nel nuovo Governo fosse quanto più possibile preparato ad affrontare un evento importante non solo per questo Governo, né per questa maggioranza, ma, onorevole Anedda, per il paese: la buona riuscita dell'evento è una vicenda che riguarda l'interesse di tutto il paese, maggioranza e opposizione.
PRESIDENTE. Nel ringraziarla, presidente Bianco, per la sua collaborazione, le chiedo di volerci cortesemente consegnare i documenti di cui ha parlato.
Sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 17,55, è ripresa alle 18.