COMMISSIONE D'INDAGINE
Seduta 03 - 09 Agosto 2001
Audizione del Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Emilio Di Somma.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del vicedirettore del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Emilio Di Somma. Il dottor Di Somma chiede di essere accompagnato dalla dottoressa Metella Romana Pasquini Peruzzi. Non essendovi obiezioni, può rimanere così stabilito.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento
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della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche mediante attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Dottor Di Somma, lei è qui non so se in sostituzione del capo del suo dipartimento oppure perché egli ha ritenuto di inviarla, essendo lei persona che ha curato l'organizzazione del DAP per le vicende che interessano questo Comitato. Se ha portato con sé una relazione, eventualmente sarà sua cura depositarla presso il Comitato; le chiedo comunque di darci contezza di quello che è avvenuto dal punto di vista del vostro dipartimento.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Sono qui in sostituzione del dottor Tinebra, il quale, come credo tutti saprete, ha preso possesso dell'incarico solamente il 2 agosto. Essendo io vicecapo del dipartimento dal dicembre dello scorso anno, sono sicuramente a conoscenza dello svolgimento dei fatti e delle procedure che l'amministrazione ha seguito nell'organizzare la sua partecipazione alla gestione del vertice G8. Non ho con me una relazione in questo momento, posso eventualmente depositare un testo nel corso della giornata di domani; ho comunque una scaletta sulla base della quale cercherò di spiegare quali sono stati i compiti che la polizia penitenziaria - uno dei corpi della Polizia di Stato - è stata chiamata a svolgere all'interno della più vasta organizzazione del servizio di sicurezza legato allo svolgimento del G8.
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In alcuni comitati nazionali per l'ordine e la sicurezza pubblica venne deciso che l'amministrazione penitenziaria facesse sostanzialmente la sua parte, contribuendo all'organizzazione dell'attività delle altre forze di polizia, essenzialmente - come è naturale che sia, considerati i compiti precipui del corpo di polizia penitenziaria - per quanto riguarda la ricezione di soggetti eventualmente arrestati in occasione di disordini che si immaginava si dovessero poter verificare, come poi è accaduto, e la loro successiva traduzione presso i penitenziari destinati ad ospitarli.
Credo sia noto a tutti che il corpo di polizia penitenziaria ha assunto il compito delle traduzioni dei detenuti arrestati a partire dal 1o aprile 1996 con una certa gradualità, conclusasi, se non ricordo male, nel 1999. Si tratta quindi di un'attività limitata alla ricezione degli arrestati e alla traduzione degli stessi, senza nessun compito e nessuna funzione attinente all'ordine pubblico, che istituzionalmente compete ad altre forze di polizia.
Vi era comunque una serie di attività, sia pure sicuramente più limitate rispetto a quelle delle altre forze di polizia, da porre in essere affinché fossero eseguiti nel modo migliore tali compiti, i quali comportavano la necessità di impiantarsi effettivamente nella città di Genova. L'allora capo del dipartimento facente funzioni, che era il dottor Mancuso - essendo andato via il dottor Caselli - affidò, l'incarico di pianificare queste operazioni al direttore dell'ufficio centrale dell'ispettorato del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Alfonso Sabella. Al dottor Sabella è stato quindi affidato il compito di coordinare l'organizzazione, l'operatività ed il controllo sulle attività che l'amministrazione era stata chiamata a svolgere.
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La necessità di inviare un rappresentante dell'amministrazione centrale che svolgesse questa attività di coordinamento nasceva dall'esigenza di coordinare attività di più organismi regionali (vari provveditorati regionali, vari istituti penitenziari) coinvolti nell'organizzazione e soprattutto di garantire una snellezza di interventi direttamente in sede nella città di Genova, realizzando attività di stretta competenza dell'amministrazione centrale attraverso un suo rappresentante in loco.
Quindi, il dottor Sabella ha predisposto un piano programmatico di interventi molto dettagliato e molto articolato, essenzialmente fondato sulla necessità di escludere gli istituti penitenziari di Genova dalla accettazione delle persone che si pensava potessero essere arrestate nei giorni immediatamente precedenti e concomitanti allo svolgimento del vertice.
Per l'occasione, venivano individuati gli istituti di Alessandria, di Pavia, di Vercelli e di Voghera, ritenuti sedi penitenziarie idonee ad ospitare questi detenuti. Tali sedi sono state alleggerite in quel periodo di un certo numero di presenze tale da consentire la migliore ricezione di nuovi soggetti. Secondo le previsioni, si riteneva che il numero degli arrestati nel corso di quei giorni sarebbe stato oscillante tra le 300 e le 1000 persone, a seconda dei momenti, poiché non si era in grado di operare una stima puntuale; si è poi visto che il numero si è avvicinato alla stima di 500 persone.
Svolta questa prima operazione, si decise di istituire due siti penitenziari, uno presso la palazzina logistica della caserma dei carabinieri a Forte San Giuliano, per gli arrestati dai carabinieri, l'altro presso la cosiddetta ex caserma dell'esercito del reparto mobile della Polizia di Stato di Bolzaneto, per gli arrestati dalla Polizia di Stato, individuate come sedi distaccate degli istituti sopra menzionati (Alessandria, Pavia, Vercelli e Voghera). Presso tali sedi, istituite con decreto ministeriale,
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perché per poterle qualificare sedi penitenziarie o sedi distaccate di sedi penitenziarie è necessario un decreto del ministro....
MARCO BOATO. In che data?
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Il decreto è del 12 luglio 2001. Tali sedi sono state poi dismesse alle ore 8 del 23 luglio del 2001. Esse dovevano servire per le operazioni di immatricolazione e di prima visita per le persone arrestate, rispettivamente dai carabinieri e dalla Polizia di Stato.
In quest'articolata disposizione predisposta dal coordinatore, fu anche previsto che i soggetti portatori di patologie, o lesioni, ritenute incompatibili con la detenzione carceraria venissero condotti presso gli ospedali San Martino e Sampierdarena per essere lì ricoverati, essendo però sempre piantonati dal personale di polizia penitenziaria perché, oltre alla traduzione, spetta alla polizia penitenziaria anche il compito del piantonamento. Era stata anche prevista la possibilità di utilizzare un servizio navale nel caso in cui ci fossero da tradurre detenuti di particolarissima pericolosità, in modo da evitare l'attraversamento dei percorsi cittadini, o comunque poco lontani dalla città.
Lo dico solo per notizia ma, prevedendo che tra i manifestanti potessero esservi anche dei soggetti minorenni, presso la casa circondariale di Milano Bollate fu aperta, sempre con un altro decreto del ministro della giustizia, una sezione di prima accoglienza, quindi una porzione di un centro di prima accoglienza, che è una delle denominazioni che caratterizzano gli istituti per minori, destinata ad ospitare arrestati o fermati minorenni. Si trattava, però, di una competenza del dipartimento della giustizia minorile - o direzione generale della
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giustizia minorile, se così la si vuole ancora chiamare - e non nostra, perchè il dipartimento della giustizia minorile ha una sua autonomia e rappresenta una realtà diversa da noi. Credo, comunque, di ricordare che nessun minorenne sia stato ospitato in questa struttura, ma non ne sono sicurissimo.
Per poter far fronte a tutte queste esigenze, così come le ho prospettate, il capo del dipartimento facente funzioni, d'intesa con il coordinatore, hanno deciso di disporre l'impiego di 150 unità di personale di polizia penitenziaria, prelevato da diversi istituti e mandato quindi in servizio di missione, per lo svolgimento di tutte le attività connesse alla ricezione, al trasferimento e alla traduzione delle persone arrestate. A dirigere questo servizio è stato chiamato il generale di brigata, appartenente al disciolto corpo degli agenti di custodia, Claudio Ricci, il quale già ricopre come suo incarico istituzionale quotidiano la responsabilità del servizio centrale traduzioni e piantonamenti dell'amministrazione penitenziaria. Sono stati poi forniti al servizio 67 veicoli, ovviamente prelevati dalle nostre varie sedi regionali, per costituire la dotazione utile perché fossero realizzate le traduzioni. È di tutta evidenza che al personale chiamato a svolgere questo incarico è stato dato tutto il materiale, cioè gli apparati portatili e le dotazioni individuali, necessario per lo svolgimento ordinario del servizio.
Oltre a queste 150 unità di personale destinate solo ed esclusivamente al servizio della ricezione e al trasferimento delle persone arrestate, sono state destinate a Genova 171 unità di polizia penitenziaria impiegate alle dipendenze del gruppo operativo mobile. I compiti affidati a tale gruppo in relazione alle attività che la polizia penitenziaria era chiamata a svolgere a Genova erano, e sono stati, solo e soltanto compiti esclusivi di attività di supporto al servizio delle traduzioni. La
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responsabilità del servizio è stata affidata a chi quotidianamente ricopre l'incarico di responsabile del gruppo operativo mobile, il generale Mattiello, anch'egli generale di brigata del disciolto corpo degli agenti di custodia. Queste 171 unità sono state suddivise in 12 squadre, ognuna composta di nove unità, affidate alla responsabilità di un ispettore. In via preliminare, ancor prima che iniziassero i lavori del vertice, il compito affidato a queste squadre è stato quello di studiare e di percorrere gli itinerari predisposti al fine di poter offrire un adeguato sostegno alle colonne delle traduzioni che avrebbero dovuto raggiungere gli istituti penitenziari veri e propri. Queste unità, durante le ore della giornata, quando non erano impegnate nel servizio di sostegno e di supporto alle traduzioni stesse, quindi di garanzia della sicurezza della traduzione stessa, venivano fatte sostare esclusivamente all'esterno degli edifici utilizzati per le operazioni di ricezione degli arrestati, appunto con compiti di supporto tecnico-logistico per le relative traduzioni. Il GOM ha effettivamente svolto due interventi attivi, ma legati alla difesa di Marassi, che, come sapete, è stato oggetto di un attacco da parte di manifestanti, e di Forte San Giuliano, anch'esso attaccato: su ciò, dirò comunque qualcos'altro nel prosieguo. Anche il GOM è stato, ovviamente, dotato dei mezzi necessari per lo svolgimento dell'incarico, che sono quelli che normalmente ha in dotazione.
Per essere sicuri fino in fondo che si fosse nelle condizioni giuste per far fronte a qualunque evenienza, venne richiesto anche a quattro provveditorati regionali, quelli territorialmente più vicini (Torino, Milano, Bologna, Firenze) di individuare un contingente di 30 unità di personale di polizia penitenziaria per un pronto impiego in caso di necessità. Questi rinforzi non sono serviti, se non con riferimento ai
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provveditorati di Bologna e di Firenze, in momenti particolari (Commenti del deputato Boato)... no, non è successo a Bologna. Avevamo pensato di avere, oltre agli uomini presenti fisicamente a Genova, altri quattro gruppi composti di 30 unità ciascuno, pronti ad intervenire: di questi, sono serviti soltanto il nucleo di Bologna ed il nucleo di Firenze per un'integrazione delle attività che stavano svolgendo gli uomini già in servizio a Genova.
Abbiamo utilizzato anche tre motovedette, perché avevamo immaginato che potesse essere utile disporre anche di un servizio navale, e quattro autoambulanze, due per ciascun sito penitenziario.
Per ciascun sito penitenziario - per siti penitenziari intendo quelli istituiti presso San Giuliano e presso Bolzaneto - è stato previsto un ispettore di polizia penitenziaria responsabile della sicurezza ed essenzialmente dell'organizzazione dei servizi. Ciò è stato puntualmente previsto in una disposizione a firma del dottor Sabella. Presso ciascun sito penitenziario è stato, inoltre, previsto che fosse presente un ufficiale del disciolto corpo degli agenti di custodia con il compito essenzialmente di dirigere le operazioni relative alle traduzioni dei detenuti ed al piantonamento presso gli ospedali cittadini, cosa che si è rivelata poi necessaria. È stato anche nominato un ispettore di polizia penitenziaria responsabile per ciascuna matricola: quindi, presso ciascun sito penitenziario vi era anche un ufficio matricola; così come è stato anche nominato un responsabile di area sanitaria, quindi un dirigente sanitario coordinatore presso ciascuno dei siti penitenziari, con turni di servizio durante i quali erano presenti due medici e tre infermieri, quindi tre appartenenti al personale paramedico per turno.
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Le persone complessivamente immatricolate nei due siti penitenziari sono state 279, di cui 65 donne e 214 uomini. Ad oggi, mi risulta che, di queste 279 persone, 247 siano state scarcerate, ma apprendevo poco fa dalle notizie ANSA che vi sono state ulteriori scarcerazioni. I detenuti stranieri risultavano appartenere a 23 nazionalità diverse, mentre i ricoverati in strutture ospedaliere esterne sono stati soltanto 20 unità. Per Bolzaneto, lo ripeto, c'era un ispettore di polizia penitenziaria responsabile di quel sito, ed era l'ispettore Antonio Gugliotta, mentre i responsabili del servizio traduzioni e piantonamenti di tale sito erano i capitani Bruno Pelliccia ed Ernesto Cimini. Gli immatricolati, quindi coloro che venivano presi in carico dalla polizia penitenziaria, sono stati, a Bolzaneto, 222.
Come si svolgevano le operazioni all'atto dell'arrivo degli arrestati a Bolzaneto e quindi anche a San Giuliano? Le persone in stato di fermo venivano accompagnate dalla forza di polizia che li aveva fermati al sito stesso, quindi si svolgevano le operazioni di identificazione (fotosegnalamento e redazione e notifica del verbale di arresto); per la verità queste procedure, in alcuni casi, si sono protratte, richiedendo un notevole lasso di tempo e pertanto il momento in cui ci venivano consegnati era a volte abbastanza lontano dal momento dell'arrivo nei due siti. Quindi dopo queste operazioni, i fermati venivano consegnati alla polizia penitenziaria che provvedeva alla immatricolazione, alla perquisizione (quindi alle procedure di rito, quelle che normalmente si fanno in qualunque istituto penitenziario all'atto dell'arresto) e alla visita medica. Va detto anche, però, che all'arrivo nei due siti, le persone arrestate venivano sottoposte ad una prima visita molto sommaria (da parte di medici messi a disposizione dall'amministrazione penitenziaria per la circostanza); questo
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già al momento dell'uscita dai mezzi di trasporto delle forze di polizia, per verificare, in modo anche sommario ma immediato, l'eventuale esigenza di cure immediate o addirittura di ricoveri ospedalieri se del caso.
Per Bolzaneto ...Compiute le operazioni di immatricolazione, perquisizione e di visita medica, che sono - e sono state - di competenza della polizia penitenziaria, le persone già identificate, immatricolate, perquisite e sottoposte a visita medica, venivano concentrate in due locali. Per la precisione, ricordo che inizialmente si trattava di un solo locale, poi - a partire dal giorno 20 - ce ne è stato messo a disposizione un altro. Mentre nove degli altri locali... (ho anche una piantina, nel caso dovesse servire la posso lasciare).
MARCO BOATO. Sarebbe opportuno che ce la lasciasse.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Oppure la faccio avere domani insieme agli altri documenti. Dicevo che le altre nove stanze erano destinate alla Polizia di Stato. Queste due stanze erano presidiate: davanti al cancello, o porta che sia (non conosco il posto), vi era un appartenente alla polizia penitenziaria.
Tra il 21 e il 23 luglio sono state effettuate, complessivamente, 15 traduzioni da Bolzaneto verso gli istituti penitenziari veri e propri.
A proposito di San Giuliano, ricordo che, anche qui, vi era un responsabile nella persona dell'ispettore Colazzo; mentre la responsabilità del servizio traduzioni e piantonamenti è stata affidata ai capitani Mario Coletta e Giuseppe Zito. A San Giuliano sono state immatricolate 57 persone; qui la situazione era evidentemente diversa perché, in mancanza di celle, gli arrestati venivano ospitati lungo un corridoio (che doveva evidentemente essere adiacente ai locali destinati all'ufficio
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matricola, al casellario ed al presidio sanitario), in attesa di essere sottoposti alle procedure di rito previste dall'ordinamento penitenziario. Da Forte San Giuliano sono state effettuate, dal 20 al 23 luglio, solo sei traduzioni.
La circostanza cui facevo riferimento prima e per la quale mi riservavo di dire qualcosa è la seguente: proprio il 20 luglio, un gruppo di manifestanti ha cominciato a lanciare sassi oltre la porta carraia di questo forte, danneggiando autovetture, cercando di varcare l'ingresso principale della caserma e distruggendo telecamere e vetri blindati; in questa occasione, il personale di polizia penitenziaria è intervenuto e questa è stata, sostanzialmente, l'unica operazione di ordine pubblico (o di «para» ordine pubblico) che è stata svolta, tutto questo senza mai entrare in contatto con i manifestanti. Per questa operazione, il personale di polizia penitenziaria ha ricevuto anche il plauso del comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri (come è agli atti). Lasciati i siti, gli arrestati raggiungevano gli istituti penitenziari.
Agli istituti penitenziari sono state impartite precise disposizioni dal coordinatore del servizio in Genova, il dottor Sabella, in ordine alle modalità con le quali bisognava accogliere gli arrestati; non perché queste dovessero essere modalità diverse da quelle consuete, ma solo e soltanto per sottolineare come andasse prestata un'attenzione particolare, tenuto conto anche della circostanza e del modo particolari in cui si verificavano questi arresti. Quindi, si tratta di una ripetizione di operazioni che avvengono normalmente, accompagnata da un invito ad essere ancora più attenti di quanto normalmente non lo si sia in queste circostanze.
Tutti i nuovi giunti (in gergo penitenziario gli arrestati si chiamano «nuovi giunti») sono stati visitati all'atto dell'ingresso e dobbiamo dire che dalle certificazioni sanitarie
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acquisite non si è riscontrata una discordanza tra le certificazioni fatte all'atto della ricezione nei due siti penitenziari di San Giuliano e Bolzaneto e quelle fatte di nuovo presso gli istituti penitenziari dove, per la verità, sono poi state sicuramente svolte visite molto più approfondite. Non ci risulta, peraltro, che siano state sporte denunce all'autorità giudiziaria per maltrattamenti operati all'interno degli istituti da parte del personale di polizia penitenziaria.
Il giorno 26 apparve il primo articolo sul quotidiano la Repubblicain cui si parlava di pestaggi sistematici, posti in essere dalla polizia penitenziaria; a seguito della pubblicazione di quell'articolo, nella stessa giornata, l'allora capo del dipartimento facente funzioni chiese una relazione, la quale, peraltro, era già in corso di redazione (per ovvie esigenze di attività burocratica). Ne fu in pratica accelerata la redazione; questa relazione riguardava i fatti e lo svolgimento del servizio, e grosso modo è quanto ho illustrato qui oggi. La relazione fu prodotta dal dottor Sabella e consegnata al ministro della giustizia. Nonostante ciò, nella stessa data, vennero richiesti all'autorità giudiziaria di Genova l'autorizzazione e il nulla osta a poter svolgere l'attività ispettiva, e il dottor Tinebra da poco in carica (insediato il 2 agosto), come primo atto, ha firmato la composizione della commissione d'inchiesta che sta operando e che consegnerà i suoi lavori - mi auguro - al più presto.
MARCO BOATO. Ci può dire com'è composta questa commissione?
PRESIDENTE. Si è stabilito di rinviare le domande al termine dello svolgimento della relazione introduttiva.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Non vi sono problemi, signor
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presidente, ho tutto appuntato qui. Voglio aggiungere che, per l'attività che il personale della polizia penitenziaria ha svolto a Genova, risultano qui allegati, e li consegnerò, gli elogi da parte dell'autorità giudiziaria, alla quale abbiamo fornito un contributo nell'assistenza durante lo svolgimento dell'attività giudiziaria e anche per il trasporto dei fascicoli - e degli stessi magistrati - presso le sedi penitenziarie da parte dell'Arma dei carabinieri.
Penso di poter dire con sufficiente tranquillità e certezza che vi sono stati fatti diffusi di violenze e, soprattutto, che vi sono stati pestaggi sistematici e quant'altro; possono esserci stati sicuramente degli eccessi, d'altra parte se questi eccessi vi sono stati, saranno accertati dall'autorità giudiziaria che sta già svolgendo il suo lavoro e da questa commissione d'inchiesta che è stata insediata all'amministrazione; saranno molto probabilmente posizioni individuali che dovranno essere perseguite ove effettivamente riscontrate, ovviamente in sede sia penale sia disciplinare. Grazie, avrei concluso, signor presidente.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Di Somma per la sua relazione. Hanno chiesto di intervenire, nell'ordine, i colleghi Mascia, Soda, Boato, Falcier, Petrini, Ascierto e Sinisi. Se sarà possibile limitare a questi gli interventi dei colleghi, procederemo con le stesse modalità di questa mattina.
GRAZIELLA MASCIA. Signor presidente, vorrei chiedere al vicedirettore Di Somma: avete partecipato alle riunioni del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza, nelle sue diverse fasi, che avevano all'ordine del giorno la gestione del G8, avevate dei rappresentanti anche nella cosiddetta sala operativa interforze e, in caso di risposta affermativa, quale era il vostro ruolo? Posto che lei ci ha parlato del piano per la
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gestione degli arrestati, menzionato anche nella relazione, e che avete deciso di istituire due succursali per ospitare i fermati in attesa della traduzione in carcere, vorrei chiederle intanto sulla base di quali parametri e di quale documentazione abbiate valutato che sarebbero potute passare 300 o 500 persone. Infatti, le succursali - come lei oggi ci ha confermato - sono state realizzate perché si pensava ad un numero eccessivo di arrestati, che sarebbe stato impossibile tradurre immediatamente in carcere: questa mi sembra la sostanza del ragionamento.
Vorrei sapere sulla base di quali documentazioni abbiate effettuato tali previsioni, in quale luogo siano state reperite e se esse siano state - come immagino - il frutto di una elaborazione comune con altri livelli istituzionali; altrimenti, non comprendo come sia possibile che si organizzino due succursali per ospitare 300 o 500 persone in attesa della traduzione in carcere e poi si costringano le stesse ad attendere delle ore prima di essere consegnate alla polizia penitenziaria. Lei stesso ci ha appena confermato che le persone sono rimaste in attesa anche per alcune ore prima di passare sostanzialmente nelle vostre mani e credo che questo sia un dato che è importante conoscere.
FILIPPO ASCIERTO. Le caserme erano circondate!
GRAZIELLA MASCIA. Onorevole Ascierto, era forse sul posto per constatare che la caserma era circondata?
PRESIDENTE. Mi scusi, evitiamo le interruzioni, anche per rispetto al nostro ospite.
GRAZIELLA MASCIA. Vicedirettore Di Somma, lei ci ha anche detto che avete deciso di utilizzare 171 membri del
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GOM. Siccome mi sembra che si tratti di un reparto utilizzato in casi molto particolari (nei casi previsti dall'articolo 41- bis dell'ordinamento penitenziario o nei casi di rivolta delle carceri), vorrei sapere con quali criteri abbiate operato questa scelta e perché. Siccome vi sono testimonianze e comunque dichiarazioni che affermano che tali soggetti si trovavano all'interno della caserma, mentre lei ci ha detto che vi erano disposizioni per cui dovevano rimanere fuori, in base alle relazioni che le sono state fornite ha verificato o possiede elementi per confermare che siano rimasti fuori?
Inoltre, siccome lei ci dice che è in corso una commissione ispettiva sulla base di ciò che è stato scritto su la Repubblica, le chiedo se i responsabili dei due siti che lei ha nominato, e che risultano agli atti, non dovessero svolgere ogni giorno una relazione su ciò che era avvenuto, posto che avevano la responsabilità complessiva di quei luoghi.
Dalla prima relazione che vi è stata consegnata, redatta in attesa che la commissione ispettiva svolgesse il proprio compito (mi pare di aver letto che i lavori dovrebbero concludersi entro il 15 settembre), risultano notizie rispetto alle violenze che sarebbero state perpetrate in queste caserme dalla polizia penitenziaria?
Inoltre, vorrei chiederle molto velocemente ulteriori particolari. Negli atti che ci avete consegnato si menzionano soltanto cinque casi di persone gravemente ferite che non sono potute passare attraverso Bolzaneto e San Giuliano, ma sono state immediatamente ricoverate nell'ospedale San Martino perché in gravi condizioni. Vorrei sapere se ha notizie di queste persone, dove si trovano ora, se sono state poi tradotte in carcere e qual è stato il loro iter.
Lei ha anche dichiarato che i fermati venivano sottoposti a due visite mediche. Le chiedo una conferma, perché dagli atti
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avevo compreso che la prima visita fosse compiuta dalla Polizia di Stato e la seconda dalla polizia penitenziaria; invece lei ci dice che entrambe le visite erano compiute dalla polizia penitenziaria. Siccome anche rispetto a queste prime visite vi sono alcune dichiarazioni apparse sui giornali, secondo le quali molti fermati sarebbero stati sollecitati a firmare referti o dichiarazioni di stato di buona salute, quando magari le loro condizioni non erano tali, vorrei avere qualche rassicurazione in merito. Vorrei, comunque, sapere se abbiate svolto verifiche al riguardo. Posso comprendere il senso delle due visite: evidentemente, se avete sottoposto le persone fermate a due visite, è perché sapevate che sarebbero rimaste delle ore in quel luogo; altrimenti ciò non si spiega.
Le vorrei rivolgere un'ulteriore domanda. Lei ci ha detto che vi sono stati 20 ricoverati in ospedale: quando lei parla di ricoverati, si riferisce a persone rimaste in ospedale oltre un certo numero di giorni? Infatti, i ricoverati in ospedale sono stati molti di più: io stessa ho visitato quelli provenienti dalla scuola Diaz e quella stessa notte erano 33, quindi un numero superiore a 20. Vorrei capire a cosa si riferisca questo dato: forse a persone che poi sono state condotte in carcere, o che forse non ci sono mai arrivate perché i fermi non sono stati convalidati? Tuttavia 20 persone mi sembrano effettivamente poche, pertanto vorrei comprendere meglio questo dato.
Infine, vorrei chiederle quando abbiate preso in consegna gli austriaci arrestati nel pomeriggio del 22 luglio, mi sembra, sulla strada per Recco.
ANTONIO SODA. Signor presidente, la mia prima domanda riguarda una nota che ci è stata consegnata ieri, concernente una lettera inviata ai provveditori regionali dell'amministrazione penitenziaria di Liguria, Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta a firma del dirigente coordinatore Alfonso Sabella, che
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attiene alla sicurezza dei rapporti fra autorità giudiziaria e istituti penitenziari.
Nell'ultimo inciso dell'ultimo periodo della relazione, si fa riferimento all'intensificazione delle cautele determinatasi dalle necessità insorte a seguito «di un inquietante episodio verificatosi in data odierna». Ci può dire la natura, l'essenza ed il contenuto di questo inquietante episodio?
Accanto a questa domanda specifica, le chiedo, a seguito dell'esperienza complessiva maturata in questa organizzazione, ossia 279 persone fermate di cui 247 già scarcerate (faccio presente che nella relazione dell'ispettore consegnataci dal capo della polizia si fa riferimento a 93 arresti compiuti fra tutte le persone che si trovavano nella scuola Pertini, ex Diaz, 81 dei quali immediatamente non convalidati), se vi siano state soltanto 21 traduzioni, se ho ben capito. Lei, infatti, ha detto poco fa che vi sono state 6 traduzioni per gli immatricolati a Forte San Giuliano e 15 traduzioni da Bolzaneto, tenendo conto che la maggior parte degli immatricolati, cioè dei fermati e degli arrestati, proviene dalla polizia e tenendo conto di quel blocco di 93 persone che, secondo l'autorità giudiziaria, per il 99 per cento non dovevano essere arrestate.
L'amministrazione penitenziaria, in sede tecnica ma anche in sede politica, può e deve fare una riflessione per aver organizzato una struttura che appare mastodontica e che poi ha subìto rischi di pericolo come quelli che si sono verificati per Forte San Giuliano.
Tutta una struttura, sostanzialmente, non ha funzionato poiché, non sembra ci siano stati arresti che abbiano riguardato persone violente; si sono avute 21 traduzioni su oltre 290.
In sostanza, a mio parere, avete creato - su questo, oltre a sottolineare secondo me la responsabilità politica del ministro, chiedo una riflessione da parte dell'amministrazione
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penitenziaria - un meccanismo farraginoso - non lo dico io, ma l'ispettore della Polizia di Stato - che allontana il fermato o l'arrestato dalla polizia giudiziaria, complica il percorso della convalida, consente - come poi è accaduto - che il fermato e l'arrestato restino per 17, 18, 22 ore nelle mani della polizia prima di essere messi a disposizione dell'autorità giudiziaria e di essere consegnati alla polizia penitenziaria, naturalmente usando l'accortezza di rispettare il termine di 24 ore previste dal codice.
Con due decreti ministeriali avete creato una struttura quando, secondo me, la linea da seguire - questa è la riflessione che le chiedo di fare - sarebbe stata quella di verificare quali fossero lo spirito, la lettera ed i principi di civiltà che presiedono ai rapporti fra lo Stato, l'amministrazione penitenziaria ed il cittadino arrestato. Questa linea da seguire è descritta dal codice di procedura penale: il fermato e l'arrestato debbono essere messi immediatamente a disposizione dell'autorità giudiziaria; devono vedersi riconosciuta la possibilità di nominare un difensore e di avvertire i familiari. Voi avete creato una struttura che - come è stato riconosciuto anche dall'amministrazione stessa - non ha funzionato, ha conseguito risultati miserrimi, oltretutto creando innumerevoli problemi.
A chi è venuta l'idea di istituire ex novo due provvisori siti penitenziari? A chi quella di istituire questi siti penitenziari presso un posto di polizia ed una caserma dei carabinieri? Perché la vostra amministrazione non si è preoccupata di assicurare almeno una cella ai fermati ed agli arrestati. Lei stesso è venuto a dirmi che, a volte, in un'intera caserma di carabinieri a Forte San Giuliano, i fermati e gli arrestati debbono sistemarsi nei corridoi, quando il nostro codice di procedura penale - a questo dovrebbero essere sensibili anche
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i miei colleghi del Polo - e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo - relativamente al trattamento dei fermati e alle garanzie degli arrestati - prevedono che tutto deve essere funzionale alla verifica della legittimità dell'arresto.
GIAN FRANCO ANEDDA. È una domanda o una requisitoria?
ANTONIO SODA. Caro Anedda, la mia non è una requisitoria! La mia domanda è precisa. Chi ha avuto questa idea? Chi si è posto questa...
GIAN FRANCO ANEDDA. Ripeto: è una domanda o una requisitoria?
ANTONIO SODA. ...ognuno interviene come meglio ritiene. In seguito sarà lei, Anedda, a fare la sua requisitoria; non deve andarla a fare da un'altra parte.
Mi chiedo se vi sia stata una responsabilità politica del ministro; in seguito chiederemo al ministro Castelli che concezione abbia dei diritti del cittadino. In questa logica, dove trovano fondamento questi due decreti ministeriali?
MARCO BOATO. Ringrazio il dottor Di Somma per la sua relazione. Mi sembra di aver capito che lei, dal dicembre dell'anno scorso, ricopre la funzione di vice direttore del DAP. Lei è stato mandato qui dal dottor Tinebra, quindi ha piena legittimità istituzionale e la ringraziamo della sua disponibilità. In ogni caso, lei ha premesso che non ha avuto conoscenza diretta dei fatti, per cui - non lo dico a lei, ma al presidente - forse sarà il caso di valutare, al fine di arricchire questa audizione, le dichiarazioni di coloro che hanno avuto esperienza diretta.
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Non credo siano in discussione le difficoltà ed i problemi che ci sono stati in quei giorni. È evidente che sono stati giorni di emergenza, che hanno presentato problemi molto seri. Il fatto che, in una situazione di emergenza, un contingente della polizia penitenziaria abbia dovuto partecipare alla difesa della struttura di Marassi e del Forte San Giuliano risulta piuttosto significativo. Da questo punto di vista nulla da dire per ciò che concerne gli elogi espressi dal colonnello Tesser e dall'autorità giudiziaria nei riguardi della polizia penitenziaria, in riferimento all'aiuto che la stessa ha dato ai magistrati per tutto quello che riguardava l'assistenza agli stessi e il trasporto di documenti.
Tutto questo l'ho voluto ripetere per confermare pubblicamente quello che lei ha detto, nella piena consapevolezza della particolare situazione verificatasi. È bene che lei ci abbia illustrato questi aspetti anche se, un'indagine come quella che noi stiamo svolgendo, è chiaro che non accentra la sua attenzione su di essi, pur essendo utile conoscerli, poiché rappresentano il contesto nell'ambito del quale un servizio è stato svolto.
Al di là del tono usato dal collega Soda, che non piaceva all'onorevole Anedda - ma ognuno parla come vuole: lei può capirlo, noi ormai siamo qui da molte ore -, credo che molte delle sue richieste siano da considerarsi pienamente condivisibili ed io le faccio mie. Riferendomi proprio a queste richieste, la prego di darci al più presto una risposta, scelga lei il momento più adatto.
Essendo vicedirigente, in qualche modo può avere titolo a rispondere ad una mia domanda; penso infatti che il dottor Tinebra l'abbia mandata qui proprio per questo. Vorrei dire in modo molto garbato che, dal punto di vista delle procedure, in me solleva qualche dubbio, non il ruolo di coordinatore
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svolto a Genova dal dottor Alfonso Sabella - su questo nulla quaestio -, ma il fatto che nel momento in cui emerge l'ipotesi: sono convinto che non debbano essere mai fatti processi sommari, tantomeno in una Commissione di indagine che, tra l'altro, non ha questi compiti - allo stato è solo un'ipotesi - di comportamenti non corretti (a partire dalla segnalazione del 26 luglio fatta dal quotidiano la Repubblica, anche se credo che in altri quotidiani siano poi emerse altre lettere e segnalazioni), di reati, violazioni di legge o disciplinari, che comunque sono gravi dal punto di vista dell'ordinamento interno del corpo, suscita in me qualche perplessità - lo ripeto - che il compito di redigere le due relazioni su questi fatti venga attribuito allo stesso soggetto che si è visto riconosciuto il mandato di coordinare le attività. Francamente questo mi lascia perplesso. Le due relazioni sono ancora formalmente coperte da un'inspiegabile riservatezza: si tratta di documenti autoelogiativi dell'attività svolta che sarebbe meglio rendere pubblici. A questo proposito vorrei chiederle se può segnalare al dottor Tinebra l'opportunità di togliere questa riservatezza: in Commissione abbiamo a disposizione documenti appartenenti al prefetto e ad altri corpi dello Stato ai quali la riservatezza è stata tolta e che raccontano ben altri aspetti relativi a materie molto più delicate.
Suscita in me perplessità che la stessa persona che, legittimamente e correttamente, ha avuto l'incarico di svolgere l'attività di coordinamento, in un momento così difficile e delicato e nel modo che lei ci ha illustrato, venga dopo incaricata di svolgere la relazione, sia pure nell'immediatezza dei fatti, su dubbi che emergono, su eventuali violazioni di legge o di carattere disciplinare. Prendo atto con soddisfazione, da questo punto di vista, delle sue parole. Lei ha detto, infatti, che il dottor Tinebra - un magistrato che conosco e che stimo
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molto -, appena insediato, ha istituito formalmente una commissione d'inchiesta. Ciò mi pare proceduralmente più corretto. Vorrei chiederle - glielo avevo già chiesto interrompendola, ma il presidente mi ha bacchettato - se può dirci come è composta questa commissione d'inchiesta.
Vorrei fare riferimento ad altri aspetti che già il collega Soda ha esaminato. Ho letto attentamente le relazioni, che vanno nel dettaglio. Manca la piantina: si dice che è allegata, ma io non l'ho vista. La pregherei, se potesse, di farcela avere per capire come era organizzata la situazione. Vorrei capire, per quello che lei sa, dottor Di Somma, come sia stato il rapporto fra l'attività di polizia penitenziaria e l'attività della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri, rispettivamente nell'ex caserma dell'esercito, contenuta all'interno della caserma del reparto mobile di Genova, Bolzaneto, ed all'interno della caserma di Forte San Giuliano. In questi casi, sono emerse ipotesi di scorrettezze che non possono essere sommariamente attribuite a chiunque. Ci sono ipotesi che riguardano eventuali comportamenti da attribuirsi al personale della Polizia di Stato e, rispettivamente, eventualmente - su questo secondo «eventualmente» non ho informazioni: è stata diffusa una notizia, poi smentita - a quello dell'Arma dei carabinieri e al personale della polizia penitenziaria, sia il personale ordinario - chiamiamolo così - sia quello appartenente al gruppo operativo mobile. Le chiederei informazioni su questo rapporto. Forse hanno anche loro la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Gli agenti sono ufficiali di polizia giudiziaria.
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MARCO BOATO. Chiedo quindi, se gli agenti della polizia penitenziaria, che hanno la qualifica giuridica anche di ufficiali di polizia giudiziaria, per quello che lei sa - ma forse la commissione di inchiesta qualcosa potrà far emergere -, abbiano avuto conoscenza di comportamenti illeciti o illegali che siano stati messi in atto a danno degli arrestati, i quali in ipotesi, hanno commesso reati e per quello vengono arrestati.
Lei ci ha ricordato i dati: di 279 arrestati, 247, fino a ieri, ed oggi qualche altro in più, sono già stati scarcerati; ma voi non potete giudicare su quello che è un arresto, è ovvio. Si ipotizza che, se sono arrestati, abbiano compiuto reati. Ma nel momento in cui sono arrestati, devono essere trattati con tutte le garanzie degne di uno Stato di diritto, che si debbono applicare sia ai grandi personaggi del nostro paese sia all'ultimo disgraziato. Le garanzie o valgono per tutti o non valgono per nessuno, in uno Stato di diritto. Questo sembra che in quel caso non sia avvenuto. Prima ancora di parlare di eventuali lesioni, sembra che non sia avvenuto sotto il profilo delle condizioni di arresto, sia pure di provvisoria detenzione.
Io vorrei che lei ci descrivesse come fossero queste stanze: per esempio, se ho letto bene, c'erano stanze totalmente nude. A parte che non capisco perché debbano essere totalmente nude, quando le persone vengono arrestate. Le persone arrestate, donne e uomini, sarebbero - uso il condizionale su tutto -, state tenute per molte ore, all'inizio per due, tre, quattro ore, poi, con la progressione degli avvenimenti, per dodici, tredici, quindici, sedici, diciassette, diciotto ore in piedi, con le mani alzate, con le gambe divaricate, girate verso il muro, bastonate quando osavano o sedersi o girarsi per vedere cosa stesse succedendo. Questo si può capire se dura per dieci minuti, ma non quando dura quindici, sedici ore. Questo è avvenuto in ipotesi con la Polizia di Stato? È avvenuto anche
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con la polizia penitenziaria? Vi sono stati segnalati comportamenti di questo genere? Ne sapete qualcosa? Queste sono le domande che vorrei farle. Sono domande legate alle stanze di detenzione, alle condizioni di detenzione in stato di arresto prima della traduzione ed ai tempi che ho appena citato.
Vorrei, inoltre, che ci desse dettagli sui ricoverati, se è in grado di farlo. Ci ha fornito un numero, ma ha aggiunto un avverbio che avrei evitato; ha detto che solo 20 unità sono finite in ospedale. Questo «solo» io lo avrei evitato. Era un lapsus: 20 persone sono andate in ospedale. Vorrei sapere se lei sia in grado di fornirci dettagli, se non adesso, nelle prossime ore. Non mi riferisco al nome ed al cognome, che a me interessano poco: vorrei sapere in quali condizioni si trovassero le persone che hanno dovuto essere trasportate in ospedale.
Le rivolgo la penultima domanda. Ovviamente, è questione delicata che un vicedirettore del DAP, su domanda, parli del ministro della giustizia; però, lei qui è venuto a riferire su quello che è avvenuto, per incarico del direttore del DAP. Per dichiarazione esplicita, nel corso di una conferenza stampa, il ministro della giustizia, la notte dell'ultimo giorno, alle due di notte o qualcosa del genere, è andato nella caserma di Bolzaneto e - credo - anche nella caserma di San Giuliano.
PRESIDENTE. Il dottor Di Somma è in rappresentanza del DAP.
MARCO BOATO. Signor presidente, il vicedirettore del DAP viene a riferire su ciò che è avvenuto dentro i penitenziari, stabiliti presso le caserme di Bolzaneto e di Forte San Giuliano. Ho anche premesso che si tratta di una domanda delicata, non sono nato ieri. Quindi, io chiedo al vicedirettore del DAP, visto che egli è informato di molte cose, se sia a
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conoscenza delle circostanze in cui è avvenuta tale visita, se la visita sia stata richiesta dal DAP stesso o se sia stata un'autonoma iniziativa del ministro della giustizia. Ho letto alcune dichiarazioni del ministro della giustizia, il quale dice ai giornali testualmente: «È tutto normale, sono entrato nelle celle ed ho visto la gente in piedi, con le gambe divaricate e le mani alzate, guardare verso il muro ed una donna staccata, perché avevano paura che i maschi la aggredissero». Un ministro della giustizia dichiara questo ai giornali, per dire che è tutto normale, dando questa fotografia di ciò che stava succedendo lì dentro. Io non le chiedo di darmi un giudizio sul suo ministro; sarei stupido se lo facessi. Le chiedo di conoscere la dinamica della visita. Le chiedo se tale visita sia stata richiesta o se sia stata un'autonoma iniziativa ed in quali circostanze sia avvenuta. Mi pare che sia il primo caso, a mio conoscenza, di un ministro della giustizia che interviene nel corso di operazioni di arresto. Io non ne ho mai conosciuto altro, in trenta, quarant'anni di vita politica. Come mai questo è avvenuto?
Lei ha detto concludendo: «Escludo fatti sistematici di violenza; possono esserci stati eccessi, sono posizioni individuali che potranno essere perseguite penalmente». La responsabilità penale è sempre individuale; quindi, io convengo con lei che le responsabilità andranno individualmente accertate. Vorrei sapere se voi, a questo riguardo, ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, abbiate già acquisito qualche elemento, avendo lei esposto questa conclusione di carattere - diciamo - metodologico.
LUCIANO FALCIER. Signor presidente, mi associo al ringraziamento nei confronti del dottor Di Somma, che qui rappresenta il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Lo ringrazio per la sua relazione e per le notizie che ci
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ha fornito. Dottor Di Somma, credo vi sia la necessità che quanto lei ha esposto - diceva all'inizio, che si tratta di una scaletta, di appunti - possa essere rappresentato in una relazione che vorrà farci avere tramite la presidenza. Credo che ciò ci sarà maggiormente utile.
Mi pare però di aver già compreso che il personale dell'amministrazione penitenziaria ed i suoi responsabili, più che dell'ordine pubblico - non poteva essere che così -, abbiano avuto la responsabilità e la gestione di locali per eventuali arresti e di locali per esigenze sanitarie, di infermeria o di quant'altro fosse necessario.
Sulla base di quello che credo di aver capito e di aver sentito, vorrei fare alcune considerazioni o, meglio, delle brevissime domande. La prima: da quando è partita l'individuazione (me ne dà motivo anche l'intervento di qualche collega che mi ha preceduto) di quel tipo di organizzazione, di quei locali e di quelle esigenze? Quando è stata individuata? Non voglio conoscere tanto i dettagli e la definizione dei particolari, ma vorrei sapere da quando l'amministrazione penitenziaria, dopo che era venuta a conoscenza - naturalmente come tutti - che si svolgeva il G8 a Genova, abbia pensato, attuato e dato adempimento a quel tipo di organizzazione. Ancora, vorrei sapere se da parte vostra, da parte del personale dell'amministrazione, vi siano state o meno difficoltà a tenersi in contatto con la centrale operativa, che sovrintendeva all'ordine pubblico e all'organizzazione complessiva di supporto al G8 o, meglio, se i contatti con le autorità locali di pubblica sicurezza siano stati fluidi o difficoltosi e se i collegamenti siano stati funzionali.
Vorrei sapere se il personale dell'amministrazione penitenziaria - di questo si tratta - abbia avuto in consegna locali (mi pare di sì) di proprietà di altri enti o di altre amministrazioni,
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se essa sia avvenuta tramite verbali e assunzioni di responsabilità da parte di tale personale. Dico questo per passare alla seconda considerazione. Vorrei sapere se questi locali siano stati danneggiati, e poi riconsegnati all'amministrazione proprietaria, perché risulterebbe che con altri consegnatari ciò non sia avvenuto. Sarebbe interessante, almeno per me, sapere se invece l'amministrazione penitenziaria abbia potuto redigere un inventario degli eventuali danni e riconsegnare alla proprietà gli stessi locali.
L'altra domanda - in quanto la nostra indagine rischierebbe di essere parziale se si concentrasse solo su eventuali aggressioni o ferite da parte dei manifestanti più o meno facinorosi - è volta a sapere se il personale dell'amministrazione penitenziaria abbia riportato ferite e subito aggressioni; in pratica se vi siano state violenze e quindi bisogno di interventi sanitari. Mi chiedo in pratica se tra il personale della polizia penitenziaria - come abbondantemente si sa per i carabinieri e per gli addetti al corpo della Polizia di Stato - qualcuno abbia riportato danni fisici.
Infine, le chiedo se può farci avere - più che notizie - la relazione che peraltro risulta essere già stata richiesta, dopo che lei ci ha comunicato l'articolo apparso su la Repubblicae da cui è subito scaturita l'esigenza di effettuare accertamenti precisi su quanto quell'articolo e gli organi di stampa riferivano. Vorrei sapere se sia possibile disporre dei risultati o della relazione che è stata acquisita dall'amministrazione su tutto questo.
Infine, vorrei sapere se a lei risulti che la magistratura ha avviato nei riguardi del personale della sua amministrazione iniziative, accertamenti o quant'altro nell'ambito di sua competenza.
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PIERLUIGI PETRINI. Le mie domande verteranno sull'aspetto sanitario e sulle relazioni che i dirigenti della pubblica sicurezza hanno svolto su incarico del capo della polizia.
Il dottor Montanaro nella sua relazione, conformemente a quanto lei ha detto, ha specificato che la persona arrestata o fermata veniva sottoposta ad una sommaria visita da parte del medico della polizia penitenziaria e, poi, una volta che la persona veniva consegnata alla polizia penitenziaria, si provvedeva ad eseguire una nuova visita medica - si ritiene - più approfondita. Ritengo logico - e le sue parole lo lasciavano presumere - che di queste visite mediche esista una documentazione costituita da una cartella o da una scheda clinica. Però, il dottor Montanaro nel valutare la situazione relativa a 13 persone che avrebbero rilasciato dichiarazioni relative a presunti maltrattamenti subiti, rileva che nessuna di queste persone, che erano state portate nella caserma Bolzaneto, ha un referto medico. Invero, una delle 13 ha un referto medico, che risulta però redatto alle ore 3,30 del 22 luglio, cioè domenica mattina dall'ospedale San Martino di Genova, dove evidentemente era stata trasferita. Il referto riporta una prognosi peraltro benevola di dieci giorni. Le altre invece non hanno - almeno non risulta nella relazione fornitaci - nessun referto medico, nonostante quattro di queste 12 persone abbiano riportato traumi cranio-facciali rilevabili direttamente dalle foto segnaletiche.
Dalla relazione del dottor Micalizio invece risulta - sembra peraltro in contraddizione con la precedente, anche se sono casi diversi - che delle 93 persone arrestate o fermate - per meglio dire - nell'immobile scolastico Pertini, 62 (pari al 66
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per cento) sono state refertate con prognosi variabili; essa poi riporta le prognosi, e, in particolare, precisa che il 5 per cento delle 62 persone...
PRESIDENTE. Occorre precisare che il dottor Di Somma, vicedirettore dell'amministrazione penitenziaria, non è a conoscenza delle due relazioni che provengono dal Ministero dell'interno.
PIERLUIGI PETRINI. Esatto. Come dicevo, il 5 per cento - ci riferiamo a tre persone - avrebbe avuto una prognosi riservata. Vorrei sapere, intanto, sulla base di quale patologia verosimilmente traumatica si fondi questa prognosi riservata e quali siano stati i tempi di accertamento e di trasferimento di tali persone presso la struttura ospedaliera. Questo chiarimento vale anche per le prognosi più severe; per esempio, ve ne sono alcune anche di 40 giorni che richiederebbero un maggiore approfondimento.
FILIPPO ASCIERTO. Vorrei fare alcune considerazioni riguardanti il contenuto sia del rapporto degli ispettori del Ministero dell'interno sia di una lettera del procuratore generale della Repubblica di Genova.
Gli ispettori hanno analizzato le varie procedure nel momento in cui le persone sono state fermate e poi tradotte all'interno degli istituti penitenziari.
Intanto, prima di analizzare questo aspetto, voglio aderire personalmente alla lettera del procuratore generale della Repubblica di Genova, il quale scrive che: «Esauritasi la fase dell'emergenza degli adempimenti, complessi e numerosi, che si sono resi necessari in conseguenza degli eventi verificatisi in coincidenza delle manifestazioni del G8, sento il dovere di rivolgere a lei...» - ed è indirizzata al pregiatissimo ispettore
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Lorenzo Pattico, ufficio G8, palazzo di giustizia ed al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - «...e a tutto il personale della polizia penitenziaria che ha lavorato con noi in questi giorni, il mio più vivo ringraziamento per la generosa, proficua collaborazione che ci è stata offerta e che ha reso possibile il corretto e puntuale svolgimento di tutte le operazioni che si sono rese necessarie. La mia personale gratitudine per quello che è stato fatto e per il modo ineccepibile con cui lo si è fatto». Quindi, un procuratore generale della Repubblica, riconosce che si è operato in modo preciso.
Molti miei colleghi, forse, non conoscendo le procedure che vengono seguite dal momento in cui viene fermata una persona a quando viene condotta in carcere né degli adempimenti burocratici - ad esempio, quelli dell'ufficio matricola -, pensano che tutto sia come alla reception dell'hotel Hilton dove è assicurata la massima assistenza. Nelle nostre strutture, invece, deve essere rispettata una serie di adempimenti burocratici. Ciò premesso le chiedo due cose: in primo luogo, se è corretta qualora la conosca, la procedura, qui trascritta, degli ispettori del Ministero dell'interno.
EMILIO DI SOMMA, Vice direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. No, non la conosco.
FILIPPO ASCIERTO. Allora gliela leggo, sono soltanto dieci righe: «Il personale operante presentava il fermato all'ufficio mobile più vicino e competente per zona...» - erano stati allestiti complessivamente tre uffici mobili con diversa competenza territoriale - «... e consegnava anche un modulo prestampato sul quale annotava le ragioni dell'arresto, del fermo o dell'accompagnamento. Un equipaggio automontato provvedeva poi a trasferire la persona arrestata o fermata all'ufficio trattazioni della Polizia di Stato, allestito presso la
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sede del IV reparto mobile...» - per i carabinieri era la caserma di San Giuliano, evidentemente - «... dove all'ingresso della palazzina veniva sommariamente visitata dal medico della polizia penitenziaria, sottoposta a perquisizione personale e custodia in una delle celle a disposizione della Polizia di Stato...» - abbiamo detto che per i carabinieri era diverso - «...avviata al fotosegnalamento e quindi nuovamente rinchiusa nella cella di provenienza, in attesa del completamento degli atti di polizia giudiziaria (verbale di arresto, biglietto di carcerazione ed altro), consegnata alla polizia penitenziaria che provvedeva, a sua volta, ad eseguire una nuova visita medica e perquisizione personale, rinchiudere l'arrestato o il fermato in una delle celle riservate alla polizia penitenziaria, trasferire gli arrestati per gruppi alle carceri designate, Alessandria e Voghera.». Questo è ciò che dicono gli ispettori: in questa procedura lei riconosce il procedimento seguito?
Per quanto concerne la seconda questione, vorrei sapere tra il fotosegnalamento, l'identificazione e la perquisizione, mediamente quanto tempo occorra per singole persone fermate. Anche questo dato può servire a dimostrare che non c'è stata una coercizione, una violenza particolare nei confronti del fermato, ma che i tempi, con un numero elevato di persone fermate, sicuramente si sono allungati.
La cosa importantissima è sapere se i medici che effettuavano le visite fossero, ad esempio, agenti di polizia penitenziaria o professionisti che non hanno nulla a che vedere con la polizia penitenziaria, nel senso che non sono inquadrati all'interno della stessa. Inoltre, è vero che sono in corso procedimenti per calunnia a seguito di denunce presentate da
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esponenti della polizia penitenziaria nei confronti di persone che, a loro volta, hanno presentato denunce per aver subito violenza da parte di questi ultimi?
GIANNICOLA SINISI. Anch'io ringrazio il dottor Di Somma per la sua relazione sulla quale ho tre questioni brevi da porre.
La prima. Sappiamo che, ad un certo punto, presso la caserma di Bolzaneto vengono abolite cinque delle sette postazioni che dovevano essere utilizzate per il trattamento dei detenuti. Lo stesso ispettore del Ministero dell'interno ci fa capire che tale soppressione determina un tempo di trattamento che passa da 2 ore fino a 15-17 ore. Avete ricevuto segnalazioni, da parte del personale dell'amministrazione penitenziaria, in ordine a inefficienze, ritardi o decisioni non concordate sul punto, visto che la pianificazione era stata appunto concordata fra le amministrazioni interessate?
La seconda: ha notizia se presso la caserma di Bolzaneto - o anche in un'altra caserma - vi siano stati momenti di promiscuità fra persone fermate o arrestate e personale smontante, immagino stanchissimo e molto provato, a fine turno di servizio?
La terza. Sappiamo che la caserma di Bolzaneto era destinata a ricevere gli arrestati e i fermati dalla Polizia di Stato, dalla Guardia di finanza e dalla Polizia municipale e che, forse, la caserma di San Giuliano era destinata a ricevere gli arrestati e i fermati dall'Arma dei carabinieri. Sappiamo anche che, ad un certo punto, il dispositivo è stato in parte modificato, perché quando vi è stata la tragica vicenda del giovane Giuliani, i servizi di vigilanza esterna alla caserma di Bolzaneto sono stati affidati all'Arma dei carabinieri o, in parte, alla stessa. A un certo punto - denuncia lo stesso ispettore, attraverso le parole di un funzionario - vi è stata una grande confusione alla caserma di Bolzaneto tra personale
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dell'Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato, che si avvicendava al suo interno con funzioni non meglio specificate. La questione è questa: l'Arma dei carabinieri, oltre ai compiti di vigilanza, ha concorso con la polizia penitenziaria nel servizio di traduzione o li avete realizzati esclusivamente voi come polizia penitenziaria?
PRESIDENTE. Do nuovamente la parola all'onorevole Mascia che aveva omesso di porre una domanda. La invito però ad essere veramente breve.
GRAZIELLA MASCIA. Vorrei solo chiedere al dottor Di Somma se tra quello in servizio vi fosse anche personale femminile.
PRESIDENTE. Dottor Di Somma, è in grado di rispondere, in tutto o in parte, alle domande che le sono state rivolte?
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Ad una parte delle domande sì.
L'amministrazione penitenziaria ha preso sicuramente parte ad alcuni comitati nazionali per l'ordine e la sicurezza pubblica e vi partecipava nella persona dell'allora capo del dipartimento facente funzioni, dottor Paolo Mancuso.
Devo ritenere che la valutazione sul numero delle persone che, in ipotesi, potevano essere tratte in arresto nel corso delle manifestazioni o a seguito delle stesse sia frutto di valutazioni congiunte di notizie in possesso della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e dei servizi che sono normalmente componenti del comitato nazionale.
Ovviamente, non sono in grado di dire se siano stati utilizzati dei parametri oggettivi; non lo so perché non ero presente e quindi non sono in grado di dirlo. Probabilmente,
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una stima sarà stata fatta sulla base di conoscenze. Di solito, in queste circostanze, per evitare di trovarsi poi in grosse difficoltà, forse ci si mantiene anche un po' larghi e si adotta qualche cautela in più.
Come ho detto in apertura del mio intervento, nel corso di quei lavori, dei lavori del comitato nazionale, è stato stabilito quale dovesse essere il compito dell'amministrazione penitenziaria; questo lo so per certo e perché risulta dai documenti che ho avuto modo di esaminare e per le cose che ho sentito anche partecipando ad alcune riunioni interne all'amministrazione.
Che le unità del GOM fossero fuori dalle caserme a me risulta da documenti che sono qui allegati e che spero di trovare abbastanza rapidamente; si dovrebbe trattare dell'allegato 11; ecco, per esempio, da questa relazione prodotta dal capitano Migliaccio, consegnata al generale Mattiello, più volte è ripetuto che era stata data come indicazione, come spiegazione al personale, da parte del responsabile del gruppo, che il lavoro che si sarebbe dovuto svolgere da parte del GOM consisteva nel fornire assistenza alle traduzioni (l'indicazione era stata data nel corso delle riunioni preparatorie tenute dai responsabili dei gruppi per spiegare quali fossero, in concreto, i compiti che ciascuno dei gruppi avrebbe dovuto svolgere); inoltre, da altri passaggi emerge con chiarezza che «nell'occasione comunque avevo modo di constatare che il personale appartenente al gruppo era in attesa all'esterno dell'edificio»; quindi, il capitano Migliaccio, responsabile per le traduzioni in uno dei siti, essendo presente sul posto, ha avuto modo, e ne ha fatto oggetto di una sua relazione, di constatare che il personale appartenente al gruppo era in attesa all'esterno dell'edificio; e lo ripete ancora: «le operazioni relative al G8 a Forte San Giuliano terminarono il 22, nella mattinata della
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domenica e quindi, dopo aver disposto circa le operazioni relative al rientro di uomini e mezzi, mi recai su Bolzaneto e presso la casa circondariale di Ponte Decimo. Posso assicurare alla signoria vostra che, da quella data, e così via, le squadre impiegate continuavano a stazionare all'esterno dell'edificio utilizzato per le operazioni in questione».
Questo è quanto risulta dalle relazioni: non solo da quella cui ho appena fatto riferimento, ma anche da quella prodotta dall'ispettore Diglio, sempre indirizzata al dirigente responsabile del gruppo operativo mobile: «in tali giorni il personale tutto impiegato negli orari di turnazione è stato sempre prontamente disponibile in loco per eventuale supporto alle traduzioni sostando nel piazzale antistante la caserma ove, peraltro, erano parcheggiati gli automezzi oppure nei locali adiacenti lo spaccio all'uopo a noi destinato»; lo spaccio è un locale che è stato individuato lontano da questo braccio in cui erano collocate le varie stanze date alla Polizia di Stato ed a noi.
Questi sono i fatti che risultano dalle relazioni che ci sono state consegnate, prodotte da personale che lavorava in loco. Quindi, c'è fondato motivo di ritenere che il personale stesse all'esterno, come peraltro era normale che fosse, anche perché credo che, proprio fisicamente, non ci si potesse stare in quei luoghi più di tanto (per quello che ho potuto capire da quello schizzo, da quella piantina).
Nella relazione di Sabella del 26 (si tratta dell'allegato 22), chiesta nell'immediatezza delle notizie apparse sulla stampa, non si fa assolutamente cenno a pestaggi od a comportamenti men che corretti, non ci sono indicazioni che lascino intuire neanche vagamente che ci siano stati comportamenti non
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regolari; non c'è alcun elemento, desumibile dalla relazione medesima, che ci consenta di fare una valutazione di questo tipo.
Per quello che riguarda le persone in ospedale, ripeto che nel corpo della relazione di Sabella viene dato conto di questa primissima visita, che veniva svolta appena gli arrestati scendevano dagli automezzi con i quali erano tra stati trasportati nei due siti penitenziari: quindi, quando il medico penitenziario - che non è un medico della polizia penitenziaria, ma è personale civile o convenzionato con l'amministrazione penitenziaria; si tratta di personale o di ruolo dell'amministrazione penitenziaria o convenzionato con l'amministrazione penitenziaria, ma il corpo della polizia penitenziaria non ha personale sanitario proprio - riscontrava che le condizioni erano tali da richiedere un ricovero mandava l'arrestato direttamente in ospedale; pertanto, tracce immediate, referti immediati redatti sul posto, da quello che si è potuto capire dagli atti, non ve ne sono. Probabilmente questa è la spiegazione per cui alcuni risultano ed altri no.
Questa prima visita, questo triage - così viene chiamato - serviva proprio per capire se la persona fosse in grado di essere trattenuta in una struttura che, in quel momento, era una struttura penitenziaria - era in parte una struttura penitenziaria, perché c'era anche dell'altro, non soltanto una struttura penitenziaria - oppure avesse un immediato bisogno di ricovero in ospedale. Per gli altri, poi, risultava il certificato medico della visita svolta nel momento in cui l'arrestato, epletate tutte le procedure - e quelle seguite sono procedure corrette, rispondenti a quelle che sono a mia conoscenza e sono, comunque, procedure corrette, perché così si fa -, veniva consegnato al personale di polizia penitenziaria per l'immatricolazione e per la vera e propria visita, che è la stessa visita
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che si fa a qualunque detenuto, a qualunque arrestato, nel momento in cui questi mette piede in un istituto penitenziario.
Per quanto riguarda la questione degli austriaci, ho avuto modo di interessarmene un po' di più perché l'ambasciatore d'Austria ha chiesto un incontro al capo di gabinetto del ministro, al quale ho partecipato. Intanto, allo stato, credo siano in stato d'arresto ancora 16 persone per le quali è prevista un'udienza per il giorno 13 davanti al tribunale del riesame: in quella sede si vedrà. A me risulta - e dispongo anche di dati recenti - che, per quanto riguarda l'ingresso in istituto, vi siano state soltanto attestazioni di apprezzamento per il modo in cui i 16 arrestati - se non ricordo male, 10 donne a Voghera e la rimanente parte ad Alessandria, perché in un primo momento erano di più e solo dopo sono diventati 16 - ci sono state solo parole di apprezzamento, dicevo, da parte dell'ambasciatore ed anche di un rappresentante dell'ambasciata, per come questi sono stati ospitati, trattati ed assistiti...
GRAZIELLA MASCIA. Nel carcere sì, ma io intendevo prima, cioè quando sono stati presi in consegna.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Su quello non ho elementi, ma credo che non li abbia nessuno, salvo ulteriore inchiesta, ulteriore accertamento...
GRAZIELLA MASCIA. Ho fatto la stessa domanda, ieri, al comandante dei carabinieri, semplicemente per capire quali sono i passaggi.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Non so quale sia stata la risposta
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del comandante generale dell'Arma dei carabinieri; io non sono in grado di dare una risposta; credo, comunque, che abbiamo seguito la stessa trafila di tutti quanti gli altri.
GRAZIELLA MASCIA. Le chiedo se sia possibile saperlo in seguito.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Posso provare, posso provare.
Inoltre, mi era stato domandato se c'era del personale femminile. La risposta è sì, c'era del personale femminile, da un giornale impropriamente chiamato kapò, mentre a noi risulta una cosa diversa, che le stesse appartenenti al corpo di polizia penitenziaria femminile si siano private dei loro assorbenti igienici per venire incontro alle esigenze delle arrestate e che siano stati forniti generi di conforto a chi si trovava, oggettivamente, in quel momento in una condizione, per usare un eufemismo, di grossa difficoltà. C'era del personale femminile, come era giusto che ci fosse perché, per l'ordinamento penitenziario, alla detenzione, alla custodia delle persone arrestate di sesso femminile deve provvedere personale femminile. Noi abbiamo ancora, diversamente da quanto accade per la Polizia di Stato, due quantità distinte: un ruolo femminile e un ruolo maschile; hanno le stesse progressioni, la stessa normativa e le stesse procedure ma non è un ruolo unico. C'è un ruolo composto da una certa quantità di donne (quasi quattromila) e tutta la rimanente parte è maschile perché negli istituti penitenziari, all'interno delle sezioni femminili, può prestare servizio soltanto personale femminile e a Bolzaneto si è tenuto conto di questa circostanza. Con questo credo di aver risolto.
GRAZIELLA MASCIA. I cinque casi di persone in ospedale?
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EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Per quanto riguarda i cinque casi di persone in ospedale, credo che la situazione sia quella che ho descritto. Immagino si tratti di persone che sono state portate direttamente all'ospedale nel momento in cui sono state fermate o portate nei siti penitenziari, viste all'impronta, se così possiamo dire, dal personale sanitario, non transitate affatto all'interno dei siti penitenziari e mandate direttamente in ospedale. Non risultano quindi agli atti dei nostri documenti.
GABRIELE BOSCETTO. La riserva istruttoria vorrei ...
PRESIDENTE. Abbiate pazienza, sta rispondendo alle domande.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Per quanto riguarda la previsione di una struttura mastodontica, il ragionamento che è stato fatto è il seguente: poiché la città di Genova deve ospitare un vertice per cui sono state preannunciate manifestazioni di protesta (pacifiche o meno, ma in ogni caso manifestazioni di protesta), non è opportuno che le persone che eventualmente dovessero essere arrestate siano ristrette negli istituti penitenziari di Genova, perché quelle sedi penitenziarie potrebbero divenire oggetto di aggressioni e di attacchi da parte di manifestanti evidentemente non concordi sugli arresti eventualmente effettuati. Pertanto, in sede di comitato nazionale, è stato stabilito che gli arrestati per i fatti connessi al G8 non venissero ospitati in istituti penitenziari della città di Genova ma che, per agevolare le operazioni di arresto e le operazioni conseguenti da parte dell'autorità giudiziaria, si individuasse, comunque, un luogo
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che fosse un carcere ma che fosse soltanto un momento di passaggio per poter poi portare gli arrestati negli istituti penitenziari anche lontani, non lontanissimi, ma sufficientemente lontani dalla città di Genova che era il punto caldo, il punto più delicato per l'ordine pubblico. Quindi, la creazione di due strutture è stata prevista perché, se la previsione era quella di 300, 400 o 500 unità, i tempi di svolgimento, per tutte le procedure, ripeto, corrette, descritte dell'ispettore del ministero dell'interno, si sarebbero ancora più dilatati e allungati e questo avrebbe creato ulteriori problemi. Io non ritengo, ma è ovviamente una mia valutazione, che questo sia stato un modo sbagliato di procedere; ritengo che sia stata una previsione che...
ANTONIO SODA. Ha letto la relazione degli ispettori del Ministero dell'interno?
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. No, non l'ho letta, faccio un ragionamento sulla base dell'esperienza penitenziaria e di tutto quello che accade nel momento in cui si procede all'arresto: c'è bisogno di fare una foto di identificazione, c'è bisogno di procedere alla verbalizzazione dell'arresto, di predisporre un biglietto di arresto e c'è bisogno di consegnare l'arrestato. Praticamente lì c'era un pezzo di questura o un pezzo di commissariato e un pezzo di carcere, tutto qua.
ANTONIO SODA. Per gran parte di essi questa fase è durata di 20 ore.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Questo si è sicuramente verificato, ho avuto modo anch'io di verificarlo. In alcuni casi è accaduto
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e penso che le varie commissioni di inchiesta, quella del Ministero dell'interno, che si è già conclusa, nonché quella nostra, saranno in grado di dare una risposta e, se non saranno in grado, verranno accertate le varie responsabilità. D'altra parte, che ci fossero ragioni di opportunità nel non ospitare negli istituti penitenziari della città di Genova detenuti arrestati è stato dimostrato, purtroppo, dal fatto che l'istituto di Marassi, pur non ospitando ancora neanche uno degli attestati per i fatti conseguenti alle manifestazioni, è stato, tuttavia, oggetto di un attacco, e l'abbiamo visto tutti in televisione.
L'onorevole Boato mi ha rivolto in parte le stesse domande dell'onorevole Soda e le risposte...
ANTONIO SODA. E l'episodio inquietante? Di che si trattava?
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. L'episodio inquietante per la verità ... è la lettera inviata ai direttori. Io non so a cosa ...
ANTONIO SODA. Mi riferisco alla lettera di Sabella.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Sì, sì, la sto cercando.
PRESIDENTE. Credo che il dottor Sabella dovremo sentirlo. Vorrei evitare duplicazioni, ma vorrei anche evitare di soffermarci su circostanze a proposito delle quali credo il dottor Di Somma dovrà dare solo lettura perché, da come fa la ricerca ....
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Le disposizioni di Sabella le conosco bene, ma non conosco l'episodio a cui fa riferimento.
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PRESIDENTE. La lettera a cui fa riferimento la domanda è questa. Possiamo acquisirla agli atti, onorevole Soda.
ANTONIO SODA. Già c'è.
PRESIDENTE. Noi ce l'abbiamo, ma il dottor Di Somma non ne è a conoscenza e non è in condizioni di rispondere.
ANTONIO SODA. Ma ce la manda il suo Ministero!
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Non è tra le nostre carte, non c'è proprio, non la conosco. Mi dispiace ma, si tratta di una domanda a cui non posso dare una risposta perché non è tra gli atti a mia disposizione.
Come mai una commissione ispettiva con la persona di Sabella? Se si riferisce, onorevole Boato, alla prima relazione del 26 luglio, quella non è stata una relazione ispettiva; la relazione era l'esito di una ispezione. Nell'immediatezza dei fatti, nella necessità di riferire oltre che di sapere, come erano andate le cose, perlomeno in un primissimo accertamento e nella necessità di riferire al ministro, si è chiesto al dottor Sabella - che era stato sul posto, ovviamente per come aveva potuto, quindi non sempre presente in tutti i posti - come fossero andate le cose, come fossero state in concreto organizzate e come si fossero concretizzate secondo l'organizzazione che egli aveva dato al servizio. Quindi non si è chiesto a chi poteva, in ipotesi, forse anche essere responsabile di inadempienze...
MARCO BOATO. No, io questo non l'ho detto.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. ...di fare un accertamento su se stesso. Si è chiesto al coordinatore di sapere come erano andate le cose, visto che era appena tornato da fuori.
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MARCO BOATO. Io intendevo solo dire che c'erano dei sospetti. Non intendevo dire che il dottor Sabella fosse responsabile di eventuali violazioni; ho detto che forse non era la persona più adatta, trattandosi del coordinatore.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Lo capisco in prospettiva, però, nell'immediatezza dei fatti, la persona a cui più ragionevolmente si poteva chiedere di fornire notizie era colui che era stato sul posto e che aveva, comunque, coordinato le operazioni.
Su quali fossero i rapporti, per quanto riguarda Bolzaneto e in particolare la Polizia di Stato e la polizia penitenziaria nei due siti, nella documentazione non vi è nessun riferimento se non in un passaggio della relazione in cui si dice che la polizia penitenziaria, in qualche caso, ha tentato di superare le stanze nella quali erano ospitati gli arrestati ma non è riuscita ad andare oltre. Quali fossero in concreto i rapporti in loco non risulta da nessuna relazione.
Per quanto riguarda le stanze...
MARCO BOATO. Risulta anche a lei che erano stanze completamente nude?
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Sì, questo sì, ma le camere di sicurezza, per quello che ne so io, e anche le stanze dove vengono collocati i detenuti nuovi giunti, appena arrestati nei luoghi di transito, nei reparti transito degli istituti penitenziari...
MARCO BOATO. Il ministro ha descritto le persone in piedi, con le gambe divaricate, e così via, affermando che tutto gli appariva normale.
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EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Questo no; lì probabilmente, vi era anche l'esigenza di tener conto di situazioni nelle quali c'era un certo numero di persone, non c'era la vera e propria questura, non c'era il vero e proprio carcere, c'erano spazi ristretti. Bisognava tener conto anche della necessità di evitare che, anche in quella sede, accadessero ulteriori incidenti. Sarà stata, probabilmente, una cautela eccessiva ma, probabilmente, è quella la ragione.
Abbiamo un'illustrazione, uno schizzo, dei locali in cui erano ubicate le stanze: c'erano tre scalini, era un piano leggermente rialzato, verso il fondo c'erano nove celle, stanze destinate alla Polizia di Stato, una stanza inizialmente assegnata a noi (successivamente, di lì a qualche giorno, anche un'altra), un'infermeria, una matricola, i bagni, i locali della Digos e della squadra mobile. Per fare le operazioni di fotosegnalamento e di notifica dei verbali di arresto, bisognava uscire da questo locale e recarsi in altro locale ancora.
Ovviamente, so della visita del ministro a Bolzaneto; non mi risulta che sia stata una visita sollecitata. Ho sentito il ministro raccontare di questa visita ma esattamente nei termini in cui sono apparse le notizie sui giornali. Non sono in grado di dire altro su questo punto.
Non ho elementi per affermare, oggi, se vi siano responsabilità disciplinari. Nel chiudere l'illustrazione iniziale, intendevo soltanto dire che posso pensare, con sufficiente margine di ragionevolezza, che, in momenti particolarmente concitati, qualche eccesso può esservi stato e che, se questo eccesso è stato, e viene accertato, ovviamente sarà perseguito. Allo stato dell'arte e ad oggi, dai nostri atti non risulta ancora che ci sia una possibilità concreta di dire che il singolo poliziotto penitenziario ha tenuto comportamenti censurabili
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sul piano penale o disciplinare. Il piano penale, lo accerterà l'autorità giudiziaria e quello disciplinare lo accerterà la commissione d'inchiesta.
Da quando è stata pensata l'organizzazione? Da quando, senatore Falcier, si è cominciato a parlare in comitato nazionale per l'ordine pubblico; da quando le cose sono diventate più concrete; da quando si è resa concreta la necessità di darsi una organizzazione anche per la nostra parte più piccola, più ridotta, ovviamente, rispetto ai compiti di ben altro spessore quanto meno quantitativo, se non addirittura qualitativo, che sono state chiamate a svolgere le altre forze di polizia. Da alcune relazioni di Sabella, risultano dati della segreteria tipo: da questo momento in poi non vengono più ricevuti detenuti a Genova Marassi; da questo momento in poi il personale arrestato viene portato presso i siti penitenziari di Bolzaneto e di San Giuliano; questi siti penitenziari funzionano fino a questa data. Queste sono le valutazioni e i ragionamenti che sono stati fatti.
L'individuazione dei locali, poi, è avvenuta con lettere, del questore di Genova, che ci ha assegnato due stanze all'interno della struttura di Bolzaneto e lo stesso è avvenuto per ciò che riguarda la caserma di San Giuliano. Si è dato atto della riconsegna di questi locali, all'interno dei quali non mi risulta siano stati prodotti danni o che ci sia stata la necessità di risarcire danneggiamenti prodotti in qualche modo. Non mi risulta neanche che il personale appartenente alla polizia penitenziaria abbia avuto feriti o riportato feriti a seguito di aggressioni. Né mi risulta che l'autorità giudiziaria abbia avviato iniziative nei confronti di appartenenti alla polizia penitenziaria. Sta chiedendo, questo sì, alcuni documenti ed altro materiale che noi stiamo, ovviamente, rapidamente, immediatamente fornendo e abbiamo già in parte fornito.
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Per quanto riguarda l'aspetto sanitario, diceva il senatore Petrini, in qualche modo credo di aver già dato una risposta per alcuni aspetti. La sommaria visita, il triage, non veniva evidentemente refertato perché non risulta da nessun atto che lo fosse. Successivamente, venivano sottoposti a visita, quella regolare - come se si fosse entrati in carcere - e quella risulta regolarmente dalle cartelle cliniche. La stessa visita, fatta da parte del personale sanitario dell'amministrazione penitenziaria, non appartenente alla polizia penitenziaria, veniva svolta una volta che, gli arrestati venivano portati negli istituti penitenziari. Ho detto, nell'introduzione e nella relazione all'inizio, che il raffronto tra gli accertamenti sanitari riportati in cartella clinica per la prima visita svolta presso i due siti penitenziari e per la visita svolta presso gli istituti penitenziari dà gli stessi esiti, il che fa pensare che fossero fatte bene anche le visite fatte direttamente nei presidi penitenziari. I referti dicono le stesse cose: contusioni, ecchimosi, spalla destra, spalla sinistra...
PIERLUIGI PETRINI. Dovremmo dare al dottor Di Somma le relazioni degli ispettori del Ministero dell'interno, affinché verifichi quanto è stato affermato dal dottor Montanaro.
PRESIDENTE. Sì, però è una questione che non interessa. Il dottor Di Somma è qua per fornirci delle notizie, non siamo noi che dobbiamo comunicare a lui le notizie. Lei ha fatto una domanda precisa: il dottor Di Somma deve dirci se sia in condizione di confermare o meno. Se non ha elementi, credo sia importante che ci dica che non ha elementi; se li ha, o se si riserva, eventualmente, sarà nostro compito dargli i documenti che possono essere utili.
EMILIO DI SOMMA, Vicedirettore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Le procedure per l'immatricolazione,
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rispondendo all'onorevole Ascierto, sono esattamente quelle che ha letto nella relazione dell'ispettore del Ministero dell'interno: sono gli atti che si svolgono normalmente presso qualunque commissariato o questura del nostro paese e sono, conseguentemente, quelli descritti dalla relazione dell'ispettore per la parte che riguarda l'istituto penitenziario.
Per quanto riguarda i tempi, bisogna tener conto della quantità delle persone che contemporaneamente si presentava per lo svolgimento di queste procedure. Si tratta di prendere impronte, fare fotografie, chiedere dati anagrafici. In molti casi, credo ci fossero problemi di lingua (23 nazionalità diverse), quindi, probabilmente, in qualche caso, si può anche capire che sia stato necessario impiegare un tempo un po' più lungo; in qualche caso, probabilmente, il tempo è stato effettivamente troppo lungo e questo potrà essere oggetto di accertamenti. I medici non sono della polizia penitenziaria.
Non risulta che vi siano stati procedimenti per calunnia sporti da appartenenti alla polizia penitenziaria nei confronti di... può anche darsi che ciò sia accaduto, ma non risulta a me.
Onorevole Sinisi, non mi risultano, dagli atti, segnalazioni in ordine ad inefficienze. Da questi atti, non risulta che vi siano stati momenti di promiscuità tra arrestati e polizia ed io non sono in grado di darle una risposta. Per quanto riguarda l'avvicendamento tra polizia e carabinieri, so soltanto che, a seguito degli eventi a cui lei ha fatto riferimento, alcune unità di personale dei carabinieri sono state spostate dalla parte di Bolzaneto, ma che ciò sia avvenuto in quantità tale da poter parlare di un vero e proprio avvicendamento, non risulta dai nostri atti. Nessuna relazione da parte dei nostri uomini presenti sul posto, dei nostri responsabili in loco, dà conto di questi avvicendamenti.
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PRESIDENTE. Dottor Di Somma, la ringrazio per il suo contributo: se lei ritiene di dover allegare documenti a chiarimento di quanto detto, può farlo, eventualmente anche con la relazione da lei svolta, che è stata abbastanza esaustiva.
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Il senatore Boscetto ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor presidente, domani mattina, io, al Senato - come, questa mattina, l'onorevole Mondello, di Forza Italia, alla Camera - presenterò un'interrogazione al ministro degli affari esteri ed al ministro dei beni e delle attività culturali del seguente tenore: nell'ambito dei rapporti dell'interscambio turistico e culturale del nostro paese con la vicina Svizzera e, al fine di evitare un ulteriore danno all'immagine della città di Genova e del nostro paese, in relazione agli avvenimenti accaduti in Genova, in occasione del G8, il sottoscritto interroga i suddetti ministri per conoscere, anche attraverso...
PRESIDENTE. Mi scusi, senatore, noi siamo in sede di Comitato per svolgere l'indagine conoscitiva.
GABRIELE BOSCETTO. Vi è una riserva istruttoria...
PRESIDENTE. Allora lei si limiti a dirmi qual è la richiesta. Oggi, sospendiamo i lavori e svolgiamo l'ufficio di presidenza: vorrei sapere: il suo intervento sull'ordine dei lavori a che cosa tende? Quale aiuto può dare al Comitato questa interrogazione, affinché ne prendiamo contezza?
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GABRIELE BOSCETTO. Presidente, se fosse un'interrogazione sui fichi o sulle mele, non darebbe alcun apporto. Lei deve lasciarmi spiegare qual è l'oggetto dell'interrogazione, altrimenti non capirà se può o meno avere una valenza.
PRESIDENTE. Le chiedo, succintamente, su che cosa verta l'interrogazione.
GABRIELE BOSCETTO. Succintamente, trattasi di un'iniziativa improvvisa ed inopinata, per la quale nel festival cinematografico internazionale di Locarno, il giorno della chiusura, il 12 agosto, accanto ai film da tempo programmati ed ai cartoni animati previsti (tutti di produzione d'autore e di case di produzioni note ed operanti da tempo), improvvisamente, viene deciso dalla curatrice del festival di programmare e proiettare, per due ore e mezzo, un insieme di filmati, ripresi da ignoti videoperatori amatoriali, montati ed assemblati secondo scelte politiche soggettive di un regista indipendente, prevedendo che l'intera giornata di chiusura sia dedicata ad essi.
Mi riservo - ritenendo che questo tipo di decisione improvvisa, in una manifestazione di carattere pubblico, vada, in qualche modo, ad interferire con quelle che sono le nostre serene logiche di accertamento dei fatti e le serene logiche istruttorie della magistratura - di chiedere, attraverso richiesta scritta, l'acquisizione di quel filmato, dando, nel contempo, cognizione ai parlamentari membri di questo Comitato, di quanto sta accadendo, cioè di un fatto che l'onorevole Mondello, io ed il nostro partito (Forza Italia) riteniamo grave, perché si crea spettacolo, usando spezzoni di filmati su dolorosi, seri ed importanti fatti, in modo del tutto acritico, proiettandoli, tra l'altro, in un festival all'estero di rinomanza internazionale.
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PRESIDENTE. Grazie, senatore Boscetto. Abbiamo compreso lo spirito del suo intervento. Lei intende assumere un'iniziativa da acquisire, poi, eventualmente, agli atti del Comitato...
GABRIELE BOSCETTO. Se tutto questo si verificherà, mi riservo di chiedere l'acquisizione agli atti del Comitato.
PRESIDENTE. Ce ne farà richiesta, quando avremo elementi certi. Il Comitato verrà convocato nella data e all'ora stabilite dall'ufficio di presidenza, che si riunirà immediatamente a seguire.
La seduta termina alle 17,30.