COMMISSIONE D'INDAGINE
Seduta 08 - 05 Settembre 2001
Audizione del dottor Francesco Gratteri, direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del dottor Francesco Gratteri, direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol, il quale ha chiesto di essere accompagnato dal dottor Andrea Grassi, funzionario del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato.
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Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte dei componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, confermo l'attivazione dell'impianto visivo a circuito chiuso.
Ringrazio il dottor Gratteri e lo invito a riferire al Comitato.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Onorevole Presidente, onorevoli membri del Comitato, sono qui per fornire il mio contributo informativo in ordine ai fatti accaduti in occasione del vertice G8 di Genova. Vorrei, quindi, dare lettura della relazione da me predisposta in merito e consegnata al Comitato. Sono a vostra disposizione per gli eventuali approfondimenti sull'attività svolta a Genova dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dalla mia persona in qualità di direttore dell'ufficio, carica che ricopro dal giugno 2000.
Mi corre l'obbligo di ricordare che, al riguardo, ho già reso testimonianza all'autorità giudiziaria di Genova: sono stato infatti audito nella qualità di persona informata sui fatti ed ho reso dichiarazioni ai dirigenti incaricati dell'ispezione ministeriale.
Il Servizio centrale operativo, costituito nel 1991, opera all'interno del dipartimento di pubblica sicurezza ed è uno dei
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servizi della direzione centrale della polizia criminale. I profili funzionali e strutturali del servizio, mutati nel corso del tempo a fronte di mirati interventi normativi, ne delineano una struttura centrale di analisi, di raccordo informativo, di supporto tecnico logistico in ordine alle attività investigative svolte dai servizi interprovinciali di polizia giudiziaria. Si tratta, quindi, di una struttura analoga a quella dell'Arma dei carabinieri - Raggruppamento operativo speciale (ROS) - e della Guardia di finanza - Servizio centrale investigativo criminalità organizzata (GICO).
Al servizio è quindi attribuita la funzione di organo centrale di riferimento per tutte le strutture investigative operanti sul territorio, nonché di investigazione specialistica a supporto delle stesse in tema di attività sotto copertura, nel settore del traffico di armi, stupefacenti e riciclaggio, e dei delitti indicati dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, per le operazioni particolarmente complesse e che impongono di accertare il possibile collegamento tra criminalità di tipo diverso, comune, organizzata, transnazionale, operanti sul territorio. Si avvale pertanto di personale della struttura centrale e del personale delle squadre mobili e delle sezioni appositamente istituite presso le squadre mobili di ogni distretto di corte di appello.
Reputo quindi che la flessibilità, l'agilità e specialità della struttura hanno costituito in questa occasione, e non soltanto, il motivo determinante che ha indotto il dipartimento ad avvalersi del Servizio centrale operativo per le attività di cui parlerò.
Quanto ai tempi e alle modalità di impiego, il ricorso alla struttura del Servizio centrale operativo non è stato emergenziale, bensì calibrato ed elaborato ai fini della pianificazione, predisposizione ed attuazione di un adeguato sistema di
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controlli ed investigazione preventiva, così come da direttive del Capo della Polizia e del direttore centrale della polizia criminale.
Al servizio centrale operativo della Polizia di Stato sono stati infatti affidati compiti ed incarichi formali e precisi, quali quelli di procedere alla attività di preventiva bonifica della zona rossa e dei carrugi. Si tratta di un'azione intesa come capillare controllo degli immobili e dei residenti nell'area interessata, da attuarsi attraverso perquisizioni domiciliari e personali, ricognizioni ed ispezioni dei luoghi, servizi di controllo e di identificazione delle persone, servizi di osservazione. Tale compito è stato svolto prima e durante il vertice in una zona estesa per 8 chilometri e con una densità di 30 mila residenti, per individuare e rimuovere ogni possibile forma di insidia, di rischio, di allarme, nonché possibili e indebite intrusioni idonee in qualunque modo a compromettere l'inviolabilità della zona, a scapito del regolare svolgimento del summit.
Nelle direttive del direttore centrale della polizia criminale, pertanto, è evidenziata la necessità di svolgere una capillare ed ininterrotta azione di controllo del territorio, al fine di prevenire o neutralizzare - e comunque segnalare a chi era preposto ai servizi di ordine pubblico - l'insorgere di situazioni che potessero in qualunque modo costituire fonte di pericolo o turbativa per il vertice. Il direttore centrale dispose quindi che, nella mia qualità, pianificassi gli interventi e mi avvalessi, oltre che di funzionari e personale del Servizio centrale operativo, anche di funzionari e personale delle squadre mobili e dei reparti di prevenzione crimine.
Per dare attuazione ai compiti impartitimi, non sostenibili per qualità e quantità soltanto con le risorse della questura di Genova, il cui contributo è stato comunque imprescindibile,
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attesa anche la loro competenza e conoscenza territoriale, il 30 giugno 2001 feci pervenire al direttore centrale un appunto relativo alle modalità di attuazione dell'incarico affidatomi, sottolineando, in particolare, che mi sarei avvalso, secondo quanto consentitomi dalla normativa, oltre che dalle direttive, e con la gradualità ritenuta opportuna, di personale particolarmente qualificato delle squadre mobili e dei reparti di prevenzione crimine per un complessivo numero di 400 unità, di cui 13 funzionari, così suddivise: 57 della squadra mobile, 12 della Digos di Genova, 300 di altre squadre mobili, 100 prelevati dai reparti di prevenzione crimine, 13 del Servizio centrale operativo.
Le operazioni svolte nella zona rossa sono state quindi condotte avendo cura di impiegare il personale nell'arco delle ventiquattro ore, diviso in squadre, distribuito in settori operativi prestabiliti, specie in prossimità di obiettivi sensibili, secondo un'attività di controllo comprendente: 1) una prima fase in cui è stata svolta un'attività generale di tipo conoscitivo del territorio e della popolazione censita, con specifica attenzione per determinate categorie di soggetti; 2) una seconda fase durante la quale si è svolta un'attività mirata di bonifica e di intervento.
L'intera attività, per la quale mi ha costantemente affiancato il vice direttore del Servizio centrale operativo, dottor Caldarozzi, fino alla vigilia della data del vertice, si è concretizzata in 22 persone arrestate, 92 perquisizioni domiciliari, 27 sequestri fra armi e sostanze stupefacenti, 38 denunce di persone in stato di libertà, 4073 persone identificate, 694 controlli di autoveicoli, 273 ispezioni locali.
Fra questi risultati, a titolo esemplificativo, segnalo la denuncia per fabbricazione di materiale esplodente ed incendiario di una persona con precedenti per banda armata, nota
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per il suo legame ad aree dell'estremismo di sinistra, che dava ospitalità ad un giovane precedentemente sorpreso nell'atto di fotografare le aree della zona rossa. Segnalo ancora l'arresto per detenzione di armi da guerra e armi comuni, nonché di oggetti contundenti, di un soggetto residente nelle vicinanze del palazzo Ducale, sede dei lavori del vertice.
È forse non superfluo ricordare che, anche grazie a questa capillare attività, nessuna turbativa al vertice si è registrata all'interno della zona rossa, fatto per il quale risultano - mi permetto di ricordarlo - essere stati esternati apprezzamenti anche da parte di autorità internazionali.
Nella primissima mattinata del 20 luglio, giornata di avvio del vertice, svolsi personalmente, come prassi dei giorni precedenti, un sopralluogo lungo tutta l'area perimetrale della zona rossa e, effettuato qualche ulteriore correttivo, sempre a tutela dell'inviolabilità della zona, decisi di raggiungere la questura di Genova e di stabilirmi in quegli uffici. Ritenni infatti che dalla questura si potessero meglio garantire forme di costante comunicazione fra me ed il vice direttore del servizio, disponendo che egli restasse all'interno della zona rossa con gli uomini lì impiegati, mentre io avrei seguito dalla questura lo svolgersi di tutti quegli eventi che potevano avere riflessi sulla sicurezza ed inviolabilità della zona di nostra competenza.
Per la specifica esperienza mia e degli uomini da me diretti nell'attività di polizia giudiziaria, ho ritenuto, anche in considerazione dell'evolversi della situazione ed in accordo con gli altri funzionari di polizia territorialmente competenti, di mettermi a disposizione del procuratore della Repubblica di Genova, così come ho fatto, assistendolo negli atti urgenti connessi all'accesso ai luoghi ove era deceduto il giovane Carlo Giuliani.
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Nessun compito di ordine pubblico è stato svolto dal Servizio centrale operativo, né tantomeno dal personale delle squadre mobili alle mie dipendenze. L'attività svolta a Genova si è sempre realizzata nel rispetto delle specifiche competenze connesse alle investigazioni di carattere preventivo e giudiziario, nonché nel rispetto dell'ordinanza di servizio emanata dal questore in materia di ordine e sicurezza pubblica per il vertice dei Capi di Stato e di Governo dei paesi del G8. Laddove le attività, specie investigative, lo hanno richiesto, gli stessi compiti di indagine preventiva e giudiziaria sono sempre stati attivati e svolti con l'ausilio degli organismi territoriali competenti. Ciò è accaduto anche con riferimento agli specifici episodi delle perquisizioni e degli arresti effettuati nelle scuole Paul Klee e Diaz-Pascoli.
Per quanto riguarda il primo episodio, nella tarda mattinata di sabato 21 luglio disposi che venisse perquisito il furgone segnalato e notato nel corso delle manifestazioni e dal quale erano stati distribuiti bastoni ed altri oggetti contundenti. Il furgone, seguito attraverso le immagini riprese da un elicottero della Polizia di Stato, trovò ricovero in un'area attigua alla scuola Paul Klee. Detti incarico allora al vice dirigente della squadra mobile di Genova, che faceva parte del gruppo di lavoro a mia disposizione, di provvedere a svolgere attività mirate di polizia giudiziaria. Si pervenne così alla individuazione del mezzo, alla identificazione di persone, al successivo sequestro di vario materiale illegale (tra cui ricordo 75 sbarre di ferro lunghe un metro e mezzo ciascuna), di altro materiale da guerriglia urbana, nonché di un manganello tipo tonfa in dotazione ai reparti dell'Arma dei carabinieri, che risulta essere stato sottratto ad un carabiniere durante gli scontri avvenuti nella giornata, di un lacrimogeno dei reparti mobili della Polizia di Stato. L'operazione ha portato quindi
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all'arresto di 23 soggetti per il delitto di associazione per delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio, nonché per il reato di ricettazione e possesso di strumenti atti ad offendere.
Sui fatti occorsi, invece, presso la scuola Diaz-Pascoli, rammento di essere stato sentito, come ho detto all'inizio, dall'autorità giudiziaria di Genova nella qualità di persona informata sui fatti. Pertanto, sui possibili chiarimenti che mi venissero richiesti, sarà mia cura di evitare che le risposte possano interferire con le indagini in corso o violare il segreto di atti. Posso comunque riferire che nella giornata di sabato, quindi all'indomani della morte di Carlo Giuliani, episodio che fece mutare ulteriormente la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica, quando ormai si erano concluse le manifestazioni di piazza, con i lavori del summit che sarebbero proseguiti il giorno successivo, si convenne di predisporre 6 pattuglioni a formazione mista con personale DIGOS, squadre mobili, Servizio centrale operativo, reparti prevenzioni e crimine, reparti mobili, per meglio seguire il deflusso dei manifestanti, prevenire o reprimere eventuali ed ulteriori reati, individuare la presenza di quei gruppi ritenuti più violenti e pericolosi.
Nella serata, pattuglie impegnate in tali servizi si stavano recando in ausilio di altre che stavano svolgendo controlli di persone presso una birreria di via Trento, verosimilmente le persone resesi protagoniste di violenze negli scontri del pomeriggio. In via Battisti, mentre transitavano le pattuglie andate in ausilio all'altezza della scuola Diaz-Pascoli, occupata da rappresentanti del Genoa social forum, vennero colpite dal lancio di oggetti. Le pattuglie, dirette dal dottor Di Bernardini
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della squadra mobile di Roma, dovettero far uso di segnali di emergenza per sottrarsi a tentativi di aggressione con possibili gravi conseguenze.
Nell'occasione, il personale notò la presenza di numerose persone verosimilmente riconducibili ai cosiddetti black bloc. Rientrato in questura - ed è stato fatto rientrare da me -, il funzionario mi riferì l'episodio che in quel momento poteva connotarsi anche per aspetti di ordine pubblico e, nel rispetto delle competenze che ho già precisato, provvidi ad accompagnare il dottor Di Bernardini perché riferisse l'episodio al questore di Genova. Nella stanza del questore di Genova si trovavano anche altri dirigenti, tra i quali il prefetto Andreassi, il prefetto La Barbera, il collega Luperi, il dottor Murgolo ed altri funzionari. Il questore, sentito il racconto del dottor Di Bernardini, attivò il dirigente della DIGOS, dottor Mortola, che, a seguito di un suo personale sopralluogo, appena rientrato in ufficio riferì di avere constatato la presenza in via Battisti di persone verosimilmente riconducibili ai cosiddetti black bloc. Lo stesso dottor Mortola in merito riferì di aver avuto un contatto telefonico con un rappresentante del Genoa social forum, che permise di acquisire ulteriore contezza che presso la scuola era possibile una infiltrazione di elementi non conosciuti al Genoa social forum, anche per la confusione conseguente alla partenza di migliaia di manifestanti, dopo la conclusione del corteo del pomeriggio.
Nella circostanza si decise, con il questore e con gli altri dirigenti citati, di procedere ad una perquisizione a norma dell'articolo 41 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, per la ricerca di armi che, com'è noto, furono poi rinvenute: mazze di ferro, coltelli, bottiglie molotov. Si stabilirono pertanto le modalità di intervento perché all'operazione prendessero parte il reparto mobile di Roma, il personale della
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DIGOS e della squadra mobile di Genova, nonché del reparto prevenzione e crimine dei carabinieri. Hanno concorso all'atto di polizia giudiziaria anche 60 dei 482 uomini a mia disposizione, dei quali soltanto sette appartenenti al Servizio centrale operativo, guidati da sei funzionari. Con il dottor Caldarozzi e una aliquota del personale del Servizio centrale operativo che ho già detto, sono giunto in via Battisti quando già i reparti avevano fatto ingresso nella scuola e non ho pertanto cognizione diretta delle fasi della irruzione. Il personale del Servizio centrale operativo e delle squadre mobili ha cooperato all'attività di perquisizione e di individuazione delle persone presenti. Il verbale di perquisizione e di arresto è stato quindi trasmesso, con la sottoscrizione degli operanti, all'autorità giudiziaria di Genova dalla squadra mobile e dalla DIGOS di quella questura. Resto a loro disposizione per eventuali domande o chiarimenti.
PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Gratteri.
GRAZIELLA MASCIA. Dottor Gratteri, la ringrazio per averci esposto un resoconto dettagliato delle funzioni che svolgevate a Genova in particolare riguardo alla vicenda della scuola Diaz, a seguito della quale abbiamo ritenuto opportuno chiedere l'audizione, allo scopo di comprendere e chiarire una serie di questioni non ancora chiare.
Naturalmente, abbiamo ricostruito ormai il grosso di questa vicenda, per quanto siano emerse versioni un po' diverse le une dalle altre. Rimangono ancora alcuni punti su cui vorrei capire se lei sia in grado di aiutarci, ferma restando la premessa che ha svolto all'inizio e la sua posizione di testimone della vicenda rispetto all'autorità giudiziaria. In particolare, visto che lei ha detto di non essere presente sul posto ma di essere arrivato dopo, credo che, nella fase
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preliminare, nelle due riunioni svolte, si siano distribuiti i compiti e allora vorrei chiederle quali fossero i reparti che sarebbero dovuti entrare prima, con quali compiti, chi fosse il responsabile di questa perquisizione, perché finora non l'abbiamo compreso.
Inoltre, le chiedo come fossero le divise delle diverse squadre. Al riguardo, ci sono state testimonianze diverse, molte delle quali fanno riferimento ad agenti in borghese con le scritte sui fratini, che sarebbero stati i responsabili primi di una serie di violenze perpetrate all'interno della scuola. In particolare, vorrei anche capire, come fossero le divise, perché riguardo alla divisa atlantica non ho ancora compreso se, come ci è stato detto ieri, si tratta di quella con le maniche corte: ne avevo viste ben poche quella notte.
Riguardo agli agenti che si trovavano nella scuola Diaz, dove era collocato il Genoa social forum con il centro stampa, da cui poi sono stati sottratti dei dischetti ed è stato distrutto del materiale, che non c'entrava con la perquisizione che avevate deciso, le chiedo chi fossero questi uomini che erano entrati, perché lì mi è stato negato che ci fosse un responsabile: comunque c'erano 20 persone distribuite nei corridoi. Vorrei, quindi, capire con lei quali fossero i reparti e le diverse responsabilità.
Infine, ho letto nei verbali e, non solo sui giornali, che un infiltrato ossia una persona in borghese, avrebbe aperto il portoncino di sinistra descritto anche ieri; infatti, al momento dell'ingresso, dopo il cancello, sono stati sfondati o comunque aperti due portoni: quello di sinistra sarebbe stato aperto da un poliziotto in borghese infiltrato che aveva contribuito anche a segnalare in tempo l'ora più opportuna per compiere la perquisizione. Naturalmente, ciò si presta ad ulteriori letture, anche perché - come lei avrà forse sentito nell'audizione di
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ieri - di questa ipotetica perquisizione si sentiva parlare già nel pomeriggio. Vorrei che lei ci aiutasse a comprendere meglio quali siano state le dinamiche per arrivare alle ultime decisioni.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Rispetterò l'ordine delle domande prospettate dall'onorevole Mascia. Una volta assunta, nell'ufficio del questore, la decisione di procedere a perquisizione domiciliare dello stabile ai sensi dell'articolo 41, si svolse una brevissima riunione presso la sala riunioni della questura di Genova alla quale, escluso il prefetto Andreassi, parteciparono tutti i dirigenti ed i funzionari che ho citato prima e, in aggiunta, il collega Canterini ed altri funzionari che posso indicare e che, comunque, erano stati interessati allo svolgimento della perquisizione. La riunione aveva il compito di stabilire le modalità di intervento, come giungere sull'obiettivo e, soprattutto, come predisporsi per arrivare all'istituto. Le modalità furono stabilite secondo il seguente criterio.
MARCO BOATO. Lei ha detto che Andreassi non era presente, ma era escluso anche il questore?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il prefetto Andreassi era escluso, mentre il questore era presente.
PRESIDENTE. Il dottor Gratteri ha affermato che durante la riunione Andreassi non era presente.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Durante l'incontro presso la sala riunioni, quindi nella seconda fase della riunione stessa.
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FILIPPO MANCUSO. Quando fu presente Andreassi?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Nella seconda fase della riunione, quando si dovettero stabilire le modalità operative - che vennero decise presso la sala riunioni della questura -, il prefetto Andreassi era assente.
Si stabilì come procedere, anche grazie alle indicazioni fornite dal collega Mortola, acquisite nel corso del sopralluogo. Si decise di procedere con due schieramenti e, in pratica, di raggiungere l'istituto da due diverse strade. Ricordo che, al riguardo, il collega Mortola fece uno schizzo per indicare, ovviamente a chi non ne avesse conoscenza, il sito ove l'istituto si trovava e le strade che il personale avrebbe dovuto seguire per raggiungerlo. Si stabilì anche che a guidare i due gruppi che dovevano giungere sul posto dovessero essere il dottor Mortola - che ritengo dovesse arrivarvi con un mezzo del reparto mobile - ed un funzionario della DIGOS di Genova, un funzionario del dottor Mortola, che doveva svolgere la funzione di guida dell'altro gruppo.
In quell'occasione non si esplicitò il nominativo del funzionario che avrebbe dovuto dirigere l'operazione per un fatto semplicissimo, e cioè perché a ciascun gruppo era preposto un funzionario; soltanto per le squadre mobili e per il Servizio centrale operativo - come ho detto prima - erano presenti sei funzionari, così come erano presenti funzionari degli altri uffici. S'intende che per chi svolge attività di polizia giudiziaria, nel corso di una perquisizione, la responsabilità del gruppo fa capo al funzionario, che ovviamente ha il compito di impartire direttive e di controllare che le stesse vengano svolte correttamente.
Purtroppo, non ho cognizione diretta di ciò che avvenne quando il personale che doveva svolgere la perquisizione
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giunse alla scuola. Io vi sono giunto una volta che l'irruzione era già stata effettuata e l'immobile era stato «occupato» dalla Polizia e cioè una volta che la Polizia di Stato era presente all'interno dell'immobile. Ovviamente mi adoperai per quelle che dovevano essere, in quel momento, le esigenze da affrontare.
Per quanto riguarda la seconda domanda, escludo che fosse presente o avesse partecipato alla perquisizione personale che indossava la divisa atlantica e che dovrebbe appartenere al reparto prevenzione crimine. Si era, infatti, stabilito - lo ripeto - che il reparto mobile rappresentasse la prima cinturazione, cioè il primo stadio, che il personale delle squadre mobili e della DIGOS venisse subito dopo, essendo personale qualificato a svolgere operazioni di polizia giudiziaria e, nella fattispecie, la perquisizione, e che il reparto prevenzione crimine, ossia quello che indossa la divisa atlantica, costituisse una sorta di cinturazione del perimetro esterno del sito.
LUCIANO VIOLANTE. I carabinieri?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. I carabinieri dovevano stare ancora dietro, a presidio del territorio, nell'eventualità in cui vi fosse la necessità di fronteggiare emergenze dall'esterno. Quindi, lo ripeto, le modalità stabilite nell'occasione furono le seguenti: reparto mobile, DIGOS e squadre mobili avevano il compito di svolgere materialmente la perquisizione e, quindi, l'operazione di polizia giudiziaria, il reparto prevenzione crimine doveva stare all'esterno e quindi svolgere attività di cinturazione dell'immobile - attività che, d'altro canto, questo reparto svolge abitualmente - ed i carabinieri dovevano occupare l'ultima posizione sempre all'esterno della scuola.
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FILIPPO MANCUSO. Il reparto mobile di Roma?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il reparto mobile doveva occupare il primo livello.
PRESIDENTE. Scusatemi, ognuno di noi può rivolgere domande per chiedere, chiarimenti, ma se si procede in questo modo diventa difficile verbalizzare gli interventi. Sarebbe più corretto consentire al dottor Gratteri di rispondere e passare poi agli interventi degli altri colleghi (Commenti del deputato Mancuso).
Onorevole Mancuso, se non attiva il microfono non si sente nulla e dal resoconto stenografico non sarà possibile comprendere a cosa lei abbia fatto riferimento.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Vorrei ribadire che queste erano le intese raggiunte nel corso della brevissima riunione. Non so se poi tale criterio sia stato attuato, non ne ho conoscenza.
Per quanto attiene la perquisizione all'istituto in cui si trovava il centro stampa, so anche, in ragione di ciò, che personale della Polizia di Stato, che faceva parte di uno dei due gruppi, si recò al centro stampa per mero errore; infatti, colui che faceva da guida condusse per errore il personale che aveva al seguito al centro stampa. Quando giunsi sul posto, ad irruzione già effettuata, mi venne incontro un funzionario che mi disse che personale di Polizia si trovava all'interno del centro stampa; io gli chiesi di raggiungere il centro stampa ed invitare il personale a ritornare in strada.
Non mi risulta alcuna indicazione, informazione o notizia circa l'esistenza di un infiltrato che avrebbe consentito alla Polizia di entrare all'interno della scuola. Posso esternare
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alcune mie considerazioni, ma non so se sia opportuno. Dico soltanto che, per quanto mi consta personalmente, la perquisizione all'istituto fu determinata soltanto dalla circostanza che ho indicato, cioè dal fatto che la pattuglia comandata dal dottor Di Bernardini transitò per caso, intorno alle ore 21,30 di sabato sera, nell'intento di raggiungere un collega e prestare ausilio da quella strada.
La ragione che determinò la perquisizione all'istituto, per quanto mi consta - ed io mi sono assunto la responsabilità dell'effettuazione della perquisizione - è solo questa.
FRANCO BASSANINI. Vi sono molti aspetti che, non riesco a capire e vorrei che il dottor Gratteri, di cui sono note l'efficienza e la competenza, ci aiutasse a comprenderli.
Innanzitutto, nella stanza accanto abbiamo alcuni rapporti scritti di funzionari di pubblica sicurezza che hanno partecipato all'operazione, che ci sono stati trasmessi dal dottor Canterini; da essi risulta che tra quelli entrati vi erano operatori di pubblica sicurezza con divisa atlantica e che un infiltrato avrebbe dato il segnale per il momento dell'ingresso. Tale circostanza, dunque, non ci è stata riferita a voce, ma risulta da un rapporto redatto da un funzionario e verificato dal dirigente che ce lo ha trasmesso. Da diversi di quei rapporti risulta anche che già alle 21,30 erano stati tutti allertati per un'operazione da compiere intorno alle 22,45-23. Lei dice che intorno alle 21,30, casualmente, si è verificato questo fatto che poi ha dato luogo, al ritorno del dottor Di Bernardini in questura, ad una serie di riunioni, e così via. Vi è incongruenza tra questi tempi, perché se il fatto è avvenuto alle 21,30, non è possibile che alla stessa ora già fosse stato previsto. Addirittura, i giornalisti affermano di essere stati preavvisati alcune ore prima che sarebbe successo qualcosa del genere.
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Inoltre, se è vero che le modalità operative erano quelle descritte - e di queste ci può parlare perché rientrano nella gestione dell'ordine pubblico - vi sono alcune circostanze che non si riescono a capire. Essendo state previste addirittura due cinture di protezione all'esterno (quella del reparto prevenzione crimini e quella dei carabinieri), come mai si dice e si scrive che vi sarebbero stati dei black blockers o, comunque, dei presenti nella scuola che sono riusciti ad eclissarsi? Lei ha partecipato alla definizione delle modalità operative: almeno di queste ci potrebbe parlare. Trattandosi di una perquisizione, nelle modalità operative si è precisato che occorreva acquisire reperti e possibili corpi di reato accertando in quali stanze venissero prelevati, come avviene in una perquisizione? Questa infatti era la motivazione formale dell'irruzione. Come mai al centro stampa, invece di lasciare tutto com'era (o, eventualmente, di sigillare) vi sono stati episodi, a quanto pare abbastanza sistematici, di distruzione di computer, apparati di trasmissione, e così via? Nelle direttive era stato stabilito che non si sarebbe dovuto toccare niente, ma solo acquisire referti perché si trattava di una perquisizione? Sono state effettivamente impartite direttive di questo genere? E, in caso contrario, quali direttive sono state date? Si trattava di una perquisizione oppure no? Se si fosse trattato di una perquisizione, la prima direttiva da impartire a tutti gli uomini sarebbe stata quella di classificare immediatamente tutto il materiale rinvenuto e suddividerlo a seconda del luogo di ritrovamento, senza distruggere niente. Infatti, è proprio l'opposto dell'obiettivo di una perquisizione distruggere potenziali corpi di reato che, poi, verranno valutati dall'autorità giudiziaria.
Inoltre, è normale che, in casi di questo genere, fra le modalità operative non sia stabilito a chi attribuire la responsabilità
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della direzione dell'operazione? Lei è, per ora, l'unico che ci ha detto che ciò è normale. Tutti gli altri (ieri anche il dottor Canterini), di fronte a questa domanda, hanno risposto di non sapere chi fosse ma non ci hanno detto che si trattava di una domanda senza senso, perché in questi casi è normale che ciascuna unità sia diretta dai suoi dirigenti e non si usa nominare un responsabile dell'operazione. Le chiedo se ciò sia normale perché non ho competenza al riguardo, però penso che in operazioni di questo genere, a cui partecipano diversi corpi, un responsabile del coordinamento sia necessario. In caso contrario, c'è il rischio che si verifichi esattamente quello che pare sia successo: si fa a gomitate e pugni per entrare per primi, non si capisce chi è responsabile di chi, non si capisce chi ha fatto una cosa e chi ne ha fatta un'altra, chi ha cercato di agire correttamente - probabilmente la maggior parte di quelli che sono entrati - e chi, invece, si è lasciato andare a violenze o distruzioni che non sono ammesse nei casi di perquisizione. Forse, questo deriva anche dalla mancata designazione di un responsabile, per cui ciascuno faceva quel che voleva e cercava di pestare i piedi agli altri. Vi erano unità diverse che facevano la stessa cosa, mentre altri compiti non venivano svolti da alcuno: ciò non è la conseguenza del fatto che non si sia individuato un responsabile dell'operazione?
Infine, le rivolgo una domanda che non riguarda la questione Diaz-Pascoli. Lei, a quanto abbiamo capito, era responsabile soprattutto di ciò che avveniva nella zona rossa ed ai suoi confini. Tuttavia, che idea si è fatto di quanto è successo nei giorni del G8 al di fuori della zona rossa? Mi riferisco, in particolare, ad una circostanza che a molti di noi risulta incomprensibile: come hanno potuto le squadre appartenenti alle organizzazioni violente, innanzitutto ai black
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bloc, devastare, incendiare, distruggere in maniera quasi indisturbata? Noi, finora, abbiamo avuto un'unica spiegazione (anche se discutibile) dal dottor Andreassi, il quale ha affermato che si è scelta la strada di una linea flessibile sulle devastazioni alle cose perché quello che veramente importa era evitare violenze sulle persone. Si tratta di una linea, a mio avviso, discutibile, perché penso che tutti i reati e tutte le violenze vadano fermamente prevenuti e repressi. Infatti, spesso una violenza ne tira un'altra ed il confine fra la violenza sulle cose e quella sulle persone è difficile da stabilire nel fuoco di queste vicende. Lei, per quello che ha potuto vedere o per gli episodi a cui ha partecipato, quale idea ha maturato su quanto è successo in quei giorni sotto questo aspetto, che è uno dei più delicati?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Spero di riuscire a rispettare l'ordine delle sue domande, senatore. Tornando alla questione dell'infiltrato, a me assolutamente non risulta la sua presenza all'interno della scuola. Devo ribadire che preferisco limitarmi agli argomenti conosciuti per scienza diretta.
FRANCO BASSANINI. Non vi sarebbe nulla di male.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. A me non risulta. Mi è capitato di fronteggiare simili evenienze ma, nel caso in discussione, non mi risulta. Anzi, non mi pare - sebbene di ciò non abbia avuto conoscenza diretta, avendo acquisito tale notizia dalla lettura di atti trasmessi all'autorità giudiziaria di Genova, autorità competente sulla questione - che nei documenti che ho letto sia contenuto alcun riferimento a tale vicenda. Non mi pare che la circostanza che ha determinato la perquisizione dell'istituto sia esposta in termini diversi.
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FRANCO BASSANINI. Le posso assicurare che tra le carte trasmesse ufficialmente al Comitato vi sono...
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Io sto riferendo di quanto a me risulta sulla base della lettura di carte trasmesse all'autorità giudiziaria competente.
Per quanto attiene all'orario, potevano essere le 21,30 ovvero le 22; per quanto a me consta, la circostanza che ha fatto propendere per la perquisizione è quella citata e si è verificata all'incirca tra le 21,30 e le 22 di sabato. Non ho guardato l'orologio ma i tempi sono questi. Come ciò risulti ai giornalisti, lo ignoro; credo che, per saperlo, i magistrati o il Comitato debbano rivolgersi a costoro.
Per quanto attiene alle modalità della perquisizione ed anzi, ancor prima, alla fase della irruzione, premetto che esporrò ciò che ho visto con i miei occhi, direttamente, ciò che ho letto sulle carte e ciò che mi è stato raccontato. Posso anche dire di aver letto, credo nell'esposizione del prefetto La Barbera, che il personale della Polizia di Stato, di cui era imminente l'arrivo sul posto, ha notato, quando, ormai, era nei pressi del perimetro esterno dell'istituto, un gruppo di persone, nel cortile esterno dell'istituto, tra il cancello e l'ingresso del medesimo, rifugiarsi, alla vista della Polizia, all'interno dell'edificio, chiudendosi il portone alle spalle. Siccome ritengo che, su tali fatti, siano possibili tutti i dubbi, ma non che non fossero presenti, uomini della Polizia o comunque appartenenti alle forze dell'ordine, evidentemente, nell'atto dell'ingresso si era già preventivamente valutata una possibile resistenza all'interno dell'istituto. Ciò vuole anche significare che, in un contesto del genere, tutto quanto attiene all'acquisizione dei reperti o del materiale - materiale che comunque è connesso ad una fattispecie di reato - non avviene secondo
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quella linearità che immaginiamo. Molto modestamente, (avendo svolto) 20 anni di servizio, per quasi 19 anni ho effettuato perquisizioni domiciliari: non dico giornalmente, ma senz'altro con una certa frequenza. Ebbene, per prassi, quando si svolge una perquisizione in un ambiente particolare, ambiente del quale già si immaginano le condizioni (che poi verranno accertate una volta entrati), anzitutto si provvede a bonificare, occupare il sito, allo scopo di garantire la sicurezza dei presenti, di assicurare che le tracce di reato non vengano alterate o occultate ed allo scopo di garantire, anche, la sicurezza degli operatori. Siffatte operazioni, ovviamente, non vengono compiute, anche in considerazione dello specifico interlocutore, in maniera garbata; piuttosto, si procede in maniera decisa ed energica. Penso che la decisione e la condotta energica, purtroppo, siano state legittimamente adottate (dico purtroppo alla luce degli avvenimenti poi occorsi).
Per quanto attiene al responsabile della perquisizione - e mi correggo se mi sono espresso male - non ho asserito che sia normale l'assenza di un responsabile; nel momento in cui un organismo di polizia giudiziaria presta ausilio ad un altro analogo organismo che ha una connessione con il territorio, l'ufficiale di polizia giudiziaria più alto in grado, il quale sia preposto al servizio di polizia giudiziaria che opera in un determinato territorio, risponde verso l'autorità giudiziaria di quanto viene compiuto, tant'è che firma gli atti che lo svolgimento dell'operazione comporta.
MARCO BOATO. Chi era?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Non sto dicendo che sia responsabile di tutto quanto venga operato dai singoli; gli atti sono stati firmati dal dirigente della squadra mobile di Genova, dal
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dirigente della DIGOS della medesima città, ma ciò non significa che siano responsabili di quanto chi, componente di quella squadra, commetta, nella perquisizione un atto illecito. Se mai, sono responsabili nel momento in cui, avendo visto, non dovessero impedire il fatto. Va anche tenuta in considerazione la circostanza che si trattava di un gruppo non omogeneo ma composito. Certo, l'omogeneità era data dal fatto che ciascuno dei membri del gruppo aveva sicuramente avuto occasione di maturare nel tempo grande esperienza in materia di perquisizione e di operazioni di polizia giudiziaria; però, era un gruppo composito nel quale i singoli provenivano da uffici e realtà territoriali diversi.
Per quanto attiene alle mie personali valutazioni su quanto, purtroppo, tragicamente è accaduto al di fuori della zona in relazione alla quale mi era stato conferito l'incarico da me svolto, se mi consente, vorrei astenermi. Infatti, il tema dell'ordine pubblico è talmente delicato che penso che anche chi abbia maturato negli anni una grandissima esperienza trovi difficoltà a enunciare regole valide per tutti. Se mi si chiede di dare una valutazione su una questione che attiene alla criminalità organizzata, alla criminalità comune o ad un fenomeno criminale che, in un momento storico particolare, colpisce un determinato territorio, ho il dovere - e penso di saperlo adempiere - di esprimere mie valutazioni, che si devono concretizzare in termini di iniziative. Vorrei astenermi dal fare ciò, perché penso che ci si debba anche trovare personalmente e direttamente in quelle situazioni per potere, poi, esprimere un giudizio sereno e misurato.
MARCO BOATO. La ringrazio, dottor Gratteri. Le siamo tutti grati per il lavoro da lei svolto in quei giorni a Genova; la parte principale delle sue incombenze è stata da lei già esposta nella parte introduttiva della sua relazione e riguardava
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la sicurezza all'interno della zona rossa, sia nella fase di prevenzione sia durante lo svolgimento del vertice. Si è trattato di una attività che, forse, ha richiesto maggiore impegno e non è mai stata messa in discussione conseguendo un risultato positivo di cui viene dato atto. Dunque la nostra attenzione si focalizza su altri aspetti, forse minori se confrontati con la complessità dei compiti da lei e dai suoi colleghi affrontati che, tuttavia, sono quelli che hanno dato origine alla nostra indagine conoscitiva. Le dico ciò per esprimerle apprezzamento; non sottovalutiamo la gravità, l'importanza, la mole del lavoro svolto da lei e dai suoi collaboratori in questa circostanza. Molte domande sono state già formulate dai colleghi che mi hanno preceduto, quindi mi limiterò a rivolgerle quesiti più specifici. Ad un certo punto, parlando della giornata del 20 luglio, ha detto di essersi messo a disposizione della procura della Repubblica di Genova - credo dopo la morte di Giuliani, nel pomeriggio del 20 luglio - per l'accesso ai luoghi dove era deceduto Carlo Giuliani. Può specificare meglio, visto anche che sull'episodio dovremo tornare nel corso di altre audizioni oggi stesso, questo aspetto da lei citato solo en passant e che forse potrebbe essere utile conoscere?
Riguardo agli avvenimenti occorsi la sera, credo di essermi fatto un quadro della situazione; lei, invero, ha citato vari istituti, tra i quali la scuola Paul Klee, ma, trattandosi di un episodio legato al furgone vorrei, per il momento, sorvolare. Piuttosto, abbiamo sentito parlare di scuola Diaz, scuola ex Diaz, scuola Pertini; adesso, lei usa, nella sua relazione, la dizione scuola Diaz-Pascoli. Siccome lei si è trovato lì ed io no, la pregherei di fornirmi un chiarimento. Infatti, io ho capito che vi erano due scuole comunali, la Diaz e la Pascoli, ed una scuola un di competenza della provincia, l'istituto Pertini. Mi pare di aver capito che in via Battisti si trovassero, affiancate,
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le scuole Diaz e Pertini (una delle due era in fase di ristrutturazione, con la presenza di un cantiere) e che, di fronte - ma parlo solo per induzione, visto che non sono mai stato sul posto - si trovasse l'istituto Pascoli, anche esso di competenza del comune (credo una scuola media, mentre la Diaz è una scuola elementare ed il Pertini un istituto superiore, circostanze inferite dalla lettura delle carte).
Mi pare di aver capito che i reparti sono entrati in tutti questi istituti, ma in uno non hanno operato alcunché. Ho visto delle immagini televisive di ragazzi seduti per terra, terrorizzati, che dicevano agli operatori: «Restate qui perché finché rimanete voi non ci succede nulla». Questo testimonia il clima che respira chi ha preso visione di tali fatti solo per via mediatica.
L'altro istituto, il Pertini (ma vorrei che me lo specificasse) era l'obiettivo della perquisizione. Ancora, quello a fianco - dove erano collocati il centro stampa, il centro legale e via dicendo - è stato semidistrutto, addirittura lei dice per un errore, tanto che ha comunicato al funzionario responsabile di uscire dai locali e di smettere con quella operazione, operazione che è stata distruttiva per gli strumenti lì presenti.
Questo è quello che ho ricostruito e le chiedo di farci un quadro dei siti specifici in cui sono avvenute le operazioni, perché nella sua relazione lei ha utilizzato sempre la definizione Diaz-Pascoli: a volte sentiamo Diaz, a volte Pertini, a volte ex Diaz e via dicendo.
Le chiedo un'ultima cosa (perché molte domande le hanno già poste i colleghi e credo che sia corretto non essere ripetitivi) su un tema sul quale ha giustamente molto insistito il senatore Bassanini. Lei non ha detto «è normale» - formalmente io ho scritto così, ma sono appunti -, ma «non
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si disse chi doveva dirigere l'operazione» e «ogni gruppo era diretto da un funzionario ed essendo numerosi i gruppi, molti erano i funzionari». Queste le sue parole.
Tuttavia, se qualcuno nelle circostanze operative avesse deciso o volesse proporre di interrompere un'operazione che si prospettava diversa da quella che, invece, era stata discussa nelle riunioni in questura, a chi doveva rivolgersi? Chi doveva assumersi la responsabilità dell'eventuale interruzione dell'operazione ? Questa non è una domanda retorica, lei ha capito che al riguardo vi è una discordanza di versione e le chiedo se lei, che è stato molto corretto nel fornirci le sue prospettazioni, sia in grado di riferirci chi avrebbe eventualmente dovuto o potuto decidere l'interruzione o la modifica delle modalità di operazione.
Devo dire che lei ci ha prospettato con molta linearità la definizione delle intese dicendo: «non so se poi siano state rispettate, ma le abbiamo concordate prima con il reparto mobile, poi con la DIGOS e la squadra mobile, il reparto prevenzione crimine e i carabinieri. Questo lei ha riferito ed è la prima volta che lo sentiamo dire in modo lineare. Tuttavia, i vertici del corpo di Polizia che abbiamo ascoltato - non parlo del capo della Polizia ma degli altri che erano presenti - hanno detto che era stato chiesto l'intervento del reparto mobile perché si temeva che alcune migliaia di manifestanti, presenti nei pressi della stazione di Genova-Brignole e non ancora partiti, nel momento in cui avessero saputo che era in corso una qualche operazione di polizia potessero ritornare nei pressi di via Battisti e creare problemi di ordine pubblico.
Quindi, nella versione che noi abbiamo ripetutamente avuto, la richiesta di intervento del reparto mobile è a tutela
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dell'esterno rispetto ad eventuali arrivi di «alcune migliaia cito testualmente di manifestanti ancora in circolazione nei pressi di Genova-Brignole».
Nella sua prospettazione lei parla delle intese raggiunte: all'esterno sta il reparto prevenzione crimine e i carabinieri ancora più all'esterno, invece l'irruzione viene compiuta - o almeno si decide che venga fatta - dal reparto mobile. Vorrei chiederle se della mia ricostruzione, seppure sintetica, ha avuto notizia, se di questa mia valutazione - riportata dai vertici della Polizia che erano sul luogo, non voglio rifare i nomi perché abbiamo i resoconti - in qualche modo le risulti qualcosa.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Per ciò che attiene al sopralluogo, quel pomeriggio mi offrii di accompagnare il procuratore della Repubblica di Genova sul posto dove era stato ucciso il giovane Giuliani. Per cui mi recai presso la procura della Repubblica ed accompagnai, insieme ad altri funzionari delle strutture locali della Polizia di Stato, il procuratore della Repubblica sul luogo dove giaceva il cadavere del ragazzo.
Aiutai i colleghi a prestare collaborazione al magistrato affinché acquisisse elementi in relazione a ciò che era accaduto. A tale riguardo posso anche dire che in quella circostanza un funzionario della squadra mobile di Genova consegnò un bossolo, evidentemente repertato per terra, al procuratore della Repubblica di Genova. Ce ne andammo subito, anche perché la situazione era estremamente tesa, dopodiché mi occupai con l'aiuto dei miei collaboratori, anche della identificazione del cadavere, operazione che avvenne dopo alcune ore.
Per quanto attiene alla posizione degli istituti, confermo la sua idea e preferirei esprimermi negli stessi suoi termini
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perché non vorrei anch'io fare confusione sulla denominazione degli istituti. Ricordo da una parte un plesso unico, anche perché se c'erano due palazzi, erano attaccati; ricordo appena arrivai - perché su quel punto mi soffermai un attimo - che, guardando il palazzo sulla sinistra dove poi avvenne la perquisizione, sul lato sinistro (non ricordo se anche sul lato frontale) vi erano delle impalcature come se si stessero realizzando dei lavori.
Rammento che mi soffermai sul lato del perimetro sempre esterno ed estremo della scuola, perché si sentivano dei ragazzi che, evidentemente, attraverso le impalcature stavano cercando di guadagnare la fuga. Ordinai, quindi, ad alcuni poliziotti o carabinieri, adesso non ricordo, che si trovavano lì di fermarli ed identificarli. Ricordo che i due istituti erano uno di fronte all'altro: l'istituto dove avvenne la perquisizione era di fronte a quello dove si entrò per errore.
MARCO BOATO. Dall'altra parte della strada.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. No, confluivano tutti e due sulla stessa strada; se poi l'ingresso dell'altro fosse dall'altra parte, non lo so; a me, sul momento, si è presentata la realtà che ho descritto.
MARCO BOATO. Nel senso che si trovavano uno da una parte ed uno dall'altra della strada o erano contigui?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. C'è una strada in mezzo e sulla stessa si affacciano tutti e due gli istituti. Ritengo che l'ingresso dell'istituto dove c'era il centro stampa fosse dall'altro lato, non sulla stessa strada dove c'era l'ingresso dell'istituto perquisito, ma dall'altra parte o lateralmente.
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FRANCO BASSANINI. Gli istituti sono tre: lei parla di due.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Non so se i tre istituti siano su tre fabbricati separati e distinti.
MARCO BOATO. Due sono contigui e uno è di fronte.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Sono due istituti, uno probabilmente che ne comprende due, ma il blocco è unico...
MARCO BOATO. È il Pertini-Diaz, il Pascoli è di fronte.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Esatto, quindi il Pertini-Diaz è quello perquisito ed è composto di due istituti che costituiscono un blocco unico; l'altro è quello di fronte, dove c'è il centro stampa.
Per quanto riguarda la valutazione sull'opportunità dell'impiego del reparto mobile o l'illustrazione delle modalità di schieramento, penso che il suo riferimento possa - almeno per ciò che mi consta - collegarsi ad un'altra circostanza, ma non vorrei dare delle indicazioni errate. Nel momento in cui si stava svolgendo comunque la perquisizione all'interno dell'istituto Diaz-Pascoli, si diffuse la voce tra tutti i presenti (all'esterno del cancello dell'istituto si era costituita una consistente massa di persone) che stessero arrivando - e questa voce era diffusa anche tra gli stessi giornalisti - persone dai centri sociali con l'intenzione di opporre quanto meno resistenza, armati anche di bottiglie molotov. Per questa ragione io stesso ed il collega Luperi, che è direttore di un servizio della direzione centrale della polizia di prevenzione, sollecitammo i funzionari allo scopo di accelerare lo svolgimento
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delle operazioni, al fine di impedire - non so se la notizia fosse vera o falsa: in quel momento poteva essere verosimile - che la situazione degenerasse ulteriormente.
MARCO BOATO. L'operazione durò circa due ore?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Più di due ore, sicuramente.
Io non so se questo fatto possa collegarsi alla circostanza che lei ha esposto; io ricordo questo. Non conosco, comunque - anche se posso immaginare, evidentemente - le valutazioni di chi ha ritenuto di impiegare il reparto mobile per quella circostanza. Deduco, per essere stato presente, quindi per cognizione diretta, che il reparto mobile dovesse occupare la prima posizione perché avevo compreso che il dirigente della DIGOS di Genova, che in quel momento aveva funzioni di guida e che aveva svolto il sopralluogo, per raggiungere il posto dovesse procedere a fianco del gruppo comandato dal collega Canterini. Dunque, per questa sola ragione, ritengo che il reparto mobile dovesse, rispetto all'immobile, occupare la prima posizione.
MARCO BOATO. Le avevo chiesto, nell'ipotesi che ci fosse stata una decisione di sospendere l'operazione, chi avrebbe dovuto assumerla.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Ritengo di aver risposto prima a tale domanda. Se io dirigo una squadra mobile in un capoluogo di provincia...
PRESIDENTE. Quello territorialmente competente.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. ...e un funzionario viene a chiedere di
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svolgere una perquisizione, non avendo evidentemente un mandato di altra autorità giudiziaria, ritengo che si debba in qualche maniera rimettere alle valutazioni, decisioni e responsabilità del funzionario che su quel territorio è preposto al servizio. Ciò non vuol dire - ripeto - che il dirigente della squadra mobile o della DIGOS debba rispondere...
MARCO BOATO. La questione della catena di comando.
PRESIDENTE. Ha già risposto.
SAURO TURRONI. Vorrei soffermarmi un attimo sulla vicenda dell'errore e successivamente le farò altre domande, perché, in questi giorni, abbiamo cercato di comprendere come si sia potuta verificare l'irruzione nel centro stampa.
Lei per primo ci ha descritto come si è svolta la vicenda. Ci ha detto che quando vi siete allontanati, quando stavate decidendo come compiere la perquisizione, avevate addirittura una piantina (disegnata da chi aveva fatto il secondo sopralluogo, immagino il dottor Mortola) che indicava esattamente da dove si doveva arrivare, in modo tale che non ci si potesse confondere e si potesse compiere l'azione nel migliore dei modi. Mi risulta che l'edificio - come lei ha confermato - fosse addirittura prospiciente l'altra parte della strada; mi risulta anche che i venti agenti di polizia fossero entrati non dalla porta principale, quella che affaccia sulla strada, ma da una porta posta sul retro.
Non riusciamo a capire come possa succedere che venti persone guidate da un funzionario in un'azione che fino alla porta viene così ben organizzata vadano in un edificio addirittura diverso, mentre tutti gli altri 255 uomini (erano, infatti, in tutto 275) si dirigono da un'altra parte. Vorremmo capire bene come si sarebbe svolta la vicenda.
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Seconda questione: non mi pare che in quel luogo siano state tirate sassate, siano stati chiusi cancelli o portoni. Quindi è stato possibile entrare. Abbiamo appreso che, in quella circostanza, oltre ad essere state trattate in modo energico - come lei ha detto - alcune persone, sono stati anche rotti - è stato detto da altri colleghi - ma, soprattutto, sottratti hard disk, elenchi, denunce fatte dai legali e così via. Vorremmo sapere che fine ha fatto tutto questo materiale, dov'è andato a finire, se è stato restituito, se è da qualche parte. Se si comprende che è stato commesso un errore, si provveda immediatamente a risanarlo. D'altronde, lei ha detto di avere immediatamente inviato un collega, un suo sottoposto, al fine di interrompere l'azione che si stava compiendo; l'interruzione vi è stata, ma il materiale è scomparso. Quindi, vorremmo sapere che fine ha fatto, ammesso che si sia agito correttamente.
Un'ulteriore questione riguarda gli orari. Già il collega Bassanini è intervenuto sul punto. Abbiamo diversi orari che si accavallano e lei, per il mestiere che svolge, sa che molto spesso l'ora in cui si è verificato un fatto è importante per stabilirne le modalità. Ebbene, alcuni dicono che le cose sono cominciate - come lei ci ha riferito - alle 21,30; lo stesso ispettore che ha relazionato al ministro dell'interno, invece, parla delle 22,30. Un'ora di differenza dall'inizio della vicenda è assai importante per cercare di capire come sono andate le cose, per farci un'idea.
Sarebbe difficile pensare che in un'ora sola si sia potuto organizzare tutto quel complesso di attività, compreso il disegno della piantina, per poi arrivare a quella perquisizione e a tutto il resto. D'altronde, immagino che le relazioni siano precise a questo proposito.
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Inoltre, ieri ci è stato detto che non c'era alcuna cintura attorno all'edificio. Lei, invece, questa mattina, ha affermato che vi era una cintura per impedire che la gente scappasse: vuole essere più preciso a questo proposito?
Infine, lei ha parlato di «energia»: le pare energico il trattamento che è stato riservato a tre persone in prognosi riservata? Quanti erano gli agenti che sono entrati lì dentro come perquisitori? Ben 62 sono le persone colpite, anche in modo grave. Ammesso che 20 si fossero persi e che circa 120 o 130 fossero rimasti fuori a costituire le due cinture, poco più di 100 agenti saranno entrati a fare attività di perquisizione, ma anche attività «energica»! Per quanto tempo è durata quell'attività «energica» che ha colpito «energicamente» 62 persone?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Per quanto riguarda l'ingresso della polizia nella scuola ove era stato installato il centro stampa, mi richiamo a ciò che ho detto e cioè che non ho diretta cognizione delle fasi dell'irruzione, sia nell'uno che nell'altro istituto. Sicuramente non era previsto che si perquisisse anche il centro stampa. So - per averlo compreso ed averne avuto conferma successivamente - che chi vi entrò lo fece per errore. Non so se nella circostanza sia scomparso o sia stato danneggiato o sequestrato del materiale - non sono entrato per fare un sopralluogo, ma ho visto immagini televisive e filmati -, ma questo a me non risulta. Se sono stati commessi degli illeciti all'interno dell'istituto, spero vengano accertati. Non penso che sia stato sequestrato indebitamente del materiale perché se fosse stato così, questo sarebbe già stato restituito dall'autorità giudiziaria.
Per quanto attiene all'orario della perquisizione, ho letto gli atti, ho dei ricordi e ritengo che qualcuno nel redigere
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relazioni o rapporti di servizio abbia potuto fare un po' di confusione. Mi pare, anche per logica, che per gli orari possa far fede anche il rapporto di servizio del collega Mortola, che indica nelle 22,30 (più o meno) l'ora in cui svolse il sopralluogo.
Per quanto attiene alla mancata cinturazione (o ad una presunta mancata cinturazione), io so che essa era prevista. Quando sono giunto in prossimità del perimetro della scuola, in effetti - come ho detto poc'anzi - vi era personale dei carabinieri e della polizia che presidiava quel perimetro. Se poi, al momento dell'irruzione la cinturazione non vi è stata, questo non lo so, perché non c'ero. Però era stata prevista.
Per quanto attiene all'intervento «energico», ovviamente non posso condividere eventuali abusi che siano stati commessi nel corso della perquisizione. Ho detto semplicemente che, a fronte delle condizioni che si stavano realizzando - perché era palese che si stesse avvicinando una forza di polizia -, invece di chiudere un portone, evidentemente si sarebbe potuto anche consentire l'accesso, se non vi era nulla di male. Questo non vuol dire che vengano o possano in tal modo essere legittimati degli abusi; vuol dire che un'operazione di polizia va svolta in una certa maniera. Ciò, lo ripeto, non vuol dire assolutamente che un comportamento energico possa legittimare degli abusi da parte dei singoli.
GIANCLAUDIO BRESSA. Ringrazio il dottor Francesco Gratteri per il rigore delle sue risposte. Non tutti quelli che abbiamo ascoltato hanno avuto la serietà che lei sta dimostrando in questo momento. Lascerei perdere per un attimo la questione della scuola Diaz e tornerei sulla questione dei compiti dello SCO a Genova.
Nelle attività che lei ci ha illustrato, ha sottolineato che i compiti che vi erano stati affidati erano di bonificare la zona
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rossa e di renderla sicura. In queste attività, avete avuto contatti o azioni in comune con il ROS oppure si è trattato di due azioni completamente disgiunte? Dalle audizioni precedenti è emersa in maniera precisa la presenza della direzione centrale del ROS (il generale Ganzer ed altri). In questa attività, ci sono stati contatti o azioni comuni, oppure ciascuno ha agito per proprio conto?
La seconda domanda è la seguente: lei affermava che tra i compiti che le erano stati assegnati vi era anche quello di svolgere una capillare ed ininterrotta azione di controllo. Durante i giorni del vertice, questa capillare ed ininterrotta azione di controllo si è svolta esclusivamente nella zona rossa oppure siete stati impiegati anche al di fuori di essa? Lei ci ha testimoniato di aver condotto un'azione nella scuola Paul Klee, dove avete proceduto a degli arresti. Questo è avvenuto perché siete stati mandati là o perché si è trattato di un'azione di controllo che voi esercitavate al di fuori della zona rossa? E, se avete agito al di fuori della zona rossa, ci può illustrare l'attività svolta in quei giorni?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. I compiti di bonifica e di controllo investigativo comportavano un'attività finalizzata alla individuazione di eventuali insidie, all'interno della zona rossa, che potevano essere tante. Forse, l'esempio più semplice per rendere l'idea è quello di alcuni stabili con un doppio ingresso, uno che partiva dalla zona rossa e un altro dalla zona gialla (quindi al di fuori del perimetro). Inoltre, vi erano degli edifici disabitati - nei giorni del vertice o nell'immediatezza della celebrazione del vertice - che potevano essere indebitamente occupati da estranei, che avrebbero potuto compiere attività illecite.
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L'attività del Servizio centrale operativo, cioè l'attività di bonifica, si caratterizzava prevalentemente per questo. Io ho appreso della presenza del ROS e del generale Ganzer in particolare anche ascoltando l'audizione del colonnello Tesseri, se non vado errato. All'interno della zona rossa non mi consta che l'arma o il raggruppamento operativo speciale dei carabinieri abbia svolto delle attività. Se lo ha fatto, io non ne sono a conoscenza. Si era convenuto che questo tipo di operazione fosse svolta soltanto dal Servizio centrale operativo. E il Servizio centrale operativo, al di là dei casi che ho indicato - i quali riguardano personalmente più me che il servizio - ha svolto, in via quasi esclusiva - direi esclusiva - la sua attività all'interno della zona rossa.
La disposizione di svolgere una perquisizione alla scuola Paul Klee è stata una mia iniziativa, perché ho visto e riscontrato direttamente che dal furgone bianco venivano distribuiti mazze e bastoni di ferro, per consentire lo svolgimento di attività illecite. Attraverso l'elicottero ho verificato che il furgone fu parcheggiato in quell'area. Non ho distolto, in quel momento, il personale del Servizio centrale operativo dalle attività che lo vedevano impegnato all'interno della zona rossa, ma ho chiamoto un funzionario della squadra mobile di Genova al quale ho dato l'incarico di svolgere la perquisizione, con altri agenti, di acquisire i materiali necessari e di compiere tutti gli atti del caso.
GIANCLAUDIO BRESSA. Quindi, è stata una sua iniziativa?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. È stata una mia iniziativa.
FABRIZIO CICCHITTO. La prima domanda è forse banale. Alla luce di quanto da lei affermato sulle funzioni svolte,
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concentrate sulla zona rossa - ci ha spiegato anche che lei non ha mai svolto funzioni di ordine pubblico bensì investigative - vorrei capire perché quella sera lei fosse alla Diaz. Aggiungo che evidentemente c'era un'attenzione particolare nei confronti della scuola perché si registra una singolare concentrazione di dirigenti di alto livello all'istituto Diaz.
Mi rendo conto che probabilmente lei non sarà in grado di fornire una risposta, visto ciò che ha detto in premessa, ma devo riproporre il quesito perché, su questa vicenda, rischiamo di vivere una situazione alla Rashômon nel senso che gli interrogativi fondamentali sul caso Diaz, ai quali il Comitato attende risposte sono due e ad essi può rispondere solo chi è entrato in campo.
Primo interrogativo: gli agenti entrati alla Diaz hanno incontrato una resistenza tale da giustificare gli scontri che si sono verificati, oppure sono entrati in una situazione di tensione e hanno picchiato indiscriminatamente persone che stavano nei sacchi a pelo? Queste due ipotesi sono molto diverse l'una dall'altra. Nessuno è stato in grado di fornire una risposta a questo interrogativo di fondo.
Il secondo interrogativo di fondo con il quale dobbiamo misurarci e non ipocritamente - perché lo abbiamo davanti al Comitato ed anche se non è stato esplicitato totalmente ieri tuttavia è negli atti presenti - riguarda il fatto che da relazioni di operatori del settore entrati con il nucleo mobile emerge sostanzialmente che essi sono stati preceduti da agenti in borghese non meglio identificati per ciò che riguarda i corpi di appartenenza, e che questi avrebbero proceduto allo scontro con coloro che stavano all'interno della scuola. È una questione di straordinaria importanza che ripropongo sotto forma di domanda, anche se non so se lei sarà in grado di rispondere.
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Terza domanda. È vero o meno che alla Diaz era stata approntata una sorta di infermeria che accoglieva coloro che non potevano essere ricoverati in ospedale perché incriminati per fatti precedenti?
Ultima questione: per ciò che riguarda il famoso centro stampa - la cui distruzione è stato un fatto negativo - emerge da varie testimonianze che Kovac, interpellato prima che l'azione avesse inizio, aveva dichiarato che il Genoa social forum non controllava più la situazione complessivamente intesa per ciò che riguardava la Diaz e annessi, compreso il centro stampa del Genoa social forum, che non era più quindi qualificabile come tale per l'ingresso di soggetti non controllati. Chiarire questo aspetto non è da poco anche tenendo presenti le discussioni e le polemiche che ci sono state.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Anche qui devo, purtroppo, distinguere, onorevole Cicchitto, ciò che mi consta personalmente per averne avuto cognizione diretta da ciò che mi è stato detto o da ciò che mi è stato possibile acquisire attraverso la lettura degli atti dei quali, ovviamente, per ragioni d'ufficio, potevo essere in possesso. Per ciò che attiene all'accesso alla Diaz - e, ripeto, non penso che le modalità e i tempi dell'irruzione siano lunghissimi in nessuna operazione di polizia, soprattutto in un'operazione di polizia che presenta queste particolari condizioni - ho letto di resistenza attiva opposta dai presenti. Ho letto, come ho detto prima, della presenza di un gruppo di persone nel cortile che, nel vedere la polizia giungere sul posto, si è rifugiato all'interno dell'istituto, chiudendosi dietro il portone. Ho letto - e questo mi è stato anche riferito personalmente dal poliziotto al quale l'incidente è occorso - che un agente del reparto mobile nel fare ingresso all'istituto, nel forzare evidentemente una stanza o qualcos'altro -
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quando già era sicuramente dentro l'istituto - ha subìto un accoltellamento (e il poliziotto ha mostrato a me e ad altri un giubbotto, un corpetto protettivo, tranciato proprio da un coltello). Ho visto - tant'è che mi sono trovato costretto, ed era la prima volta che lo facevo, ad indossare un casco protettivo - che vi è stato anche un lancio di oggetti dall'alto dell'istituto.
SAURO TURRONI. Lei è arrivato dopo?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Sì, sono arrivato dopo, ma sono ugualmente munito di un casco perché temevo che questo lancio potesse continuare. Non ho realizzato subito quale fosse la situazione, ma appena l'ho fatto mi sono regolato di conseguenza.
Non so dire nulla sulla presenza di agenti che si trovassero già all'interno dell'istituto prima dell'arrivo di coloro formalmente legittimati ad entrare. Posso dire che, per logica, mi pare strano, anche perché dentro, tutto sommato, vi erano 98 persone, sicuramente, non tutte animate da intendimenti di resistenza. C'erano, però, molti coltelli, due bottiglie molotov, delle mazze e dei bastoni. Non voglio superare il limite che mi è consentito, ma credo che, quanto meno per solidarietà, quando si vede una persona che sta per essere aggredita e bastonata sia naturale cercare di aiutarla. Tuttavia non intendo pronunciarmi perché non conosco i fatti, non ero presente e c'è un'inchiesta giudiziaria in corso che spero chiarisca questa vicenda.
Non mi consta personalmente - l'ho appreso da colleghi che me lo hanno riferito, per aver assunto delle testimonianze di iniziativa propria o delegata dall'autorità giudiziaria - che, all'interno di quella struttura venissero ricoverate persone che
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erano state ferite nel corso della manifestazione. Penso che questo atto sia stato trasmesso anche all'autorità giudiziaria...
FABRIZIO CICCHITTO. Questo vuol dire che una parte dei refertati non sono vittime degli scontri con gli agenti penetrati nell'istituto bensì di vicende precedenti. Si tratta di un'ipotesi.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Non sto dicendo questo, onorevole Cicchitto; ho premesso che non ho conoscenza diretta di questa vicenda. Mi è stato riferito da qualche collega, in una fase successiva a quella dell'intervento (quindi in una fase in cui vi sono già delle indagini in corso), di testimonianze di persone che avrebbero parlato della presenza di feriti all'intero della struttura, nei giorni precedenti. Altro non voglio e non posso dire, perché nulla mi risulta.
Per quanto riguarda il signor Kovac, penso che sia la persona contattata dal dottor Mortola; nella mia relazione ho riferito del contatto che il dottor Mortola ha avuto con un rappresentante del Genoa social forum, dal quale ha avuto le indicazioni cui lei si riferisce e che io ho riportato nella relazione.
ANTONIO SODA. Dottor Gratteri, leggo alcune risposte che ci ha dato ieri il dottor Canterini per quanto riguarda l'organizzazione. Faccio riferimento al resoconto stenografico della seduta di ieri e precisamente alle pagine 134 e 143, laddove il dottor Canterini sostiene che anche alcuni suoi uomini hanno visto fuggire persone dall'istituto perché mancava una cintura di protezione, mentre lei ha parlato di questi anelli costituiti dai carabinieri e dai reparti di prevenzione, organizzati in modo tale da consentire di svolgere l'operazione all'interno.
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Per quanto riguarda l'ingresso, cioè l'inizio delle operazioni, il dottor Canterini dice: «una volta aperto il cancello» - questo lo afferma in un primo momento, ma poi vedremo che si smentirà - «tutti, cioè il nostro reparto, il personale in borghese che usava la pettorina con la scritta »Polizia« e il personale del nucleo anticrimine, siamo entrati nel cortile della scuola». Per quanto riguarda i funzionari, il dottor Canterini dice: «qualcuno dei funzionari è entrato» - si riferisce a questa sequenza dell'inizio dell'operazione - «lo fece il dottor Luperi, il dottor Gratteri, il dottor Mortara, il dottor Mortola». È chiaro - ribadisce - che entrarono. Mentre lei, dottor Gratteri, dice di non essere entrato!
Successivamente, con riferimento a notizie di stampa e ad indicazioni di relazioni pervenute sulla presenza di altro personale di Polizia all'interno dell'istituto, quando è entrato il suo reparto, quindi già con interventi operati, richiesto di chiarire quale sia la sua ricostruzione di questa operazione, con riferimento, in particolare, al presunto ingresso del suo reparto, successivo ad altre forze, nella scuola, dichiara: «non posso né confermare né smentire».
In sostanza, le domande sono le seguenti: qual è la sua verità sulla dinamica dell'operazione? Quali reparti sono entrati, come sono entrati, con quale sequenza, chi erano i funzionari presenti? In particolare, vorrei sapere se, contrariamente a quanto emerso in un primo momento, ci fosse personale della prevenzione anticrimine, poliziotti in borghese, poliziotti solo con le pettorine - il dottor Canterini parla anche di personale con la divisa atlantica, con le magliette -, perché mettendo insieme relazioni, testimonianze, audizioni e dichiarazioni non si è capito assolutamente nulla.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Premetto, ancora una volta, onorevole
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Soda, che io sono arrivato sul posto in un momento in cui l'irruzione era terminata, nel senso che l'edificio era, per dirlo con parole mie - me lo consenta - presidiato dalla Polizia, sia all'interno che all'esterno. Sono entrato e mi sono fermato al piano terra, che - ricordo - presentava le caratteristiche tipiche di una palestra. Non ho visitato gli altri ambienti della scuola. Nel momento in cui sono entrato, ho incontrato il dottor Luperi, il dottor Mortola e il dottor Canterini. Tutto ciò che è avvenuto prima io, per mia conoscenza diretta, non ho avuto occasione di vederlo direttamente.
ANTONIO SODA. Lei capisce, le sequenze dell'operazione ....
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Questo non l'ho visto, non ero ancora arrivato, le riferisco ciò che era stato concordato preventivamente e cioè le modalità di accesso e l'ordine di accesso all'istituto, cioè quelle che ho indicato e che erano state concordate in sede di riunione tenutasi in questura. Se poi le cose siano andate diversamente, non lo so. Sicuramente non era stato richiesto al reparto prevenzione crimine di entrare nell'istituto; al reparto prevenzione crimine era stato chiesto di presidiare, dall'esterno, l'istituto, così come ai carabinieri era stato chiesto di occupare una zona retrostante rispetto a quella presidiata dal reparto prevenzione crimine.
FILIPPO MANCUSO. Prima di svolgere il mio intervento, vorrei un'informazione, spero definitiva, in ordine alla decisione dell'ufficio di presidenza circa l'eventuale audizione degli ispettori ministeriali, perché da questo dipendono le mie domande.
PRESIDENTE. Presidente Mancuso, l'ufficio di presidenza, riunitosi ieri sera, ha stabilito di non procedere ad ulteriori
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audizioni, ad eccezione di quella del generale Ganzer, convocato oggi alle ore 15, attesa la ristrettezza dei tempi a disposizione. Nel contempo, questa mattina ho firmato tre lettere di richiesta indirizzate ai tre ispettori del Ministero dell'interno affinché, qualora lo ritengano opportuno, ci inviino una relazione, in aggiunta al documento ispettivo che ci hanno fornito. Questa decisione è stata assunta ieri, con il consenso unanime delle varie componenti politiche rappresentate in seno all'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.
FILIPPO MANCUSO. Prendo atto di ciò con dispiacere e mi rivolgo al dottor Gratteri: lei ci ha fornito informazioni, sebbene senza indicare una precisa sequenza (che io e il collega Soda invece auspicavamo) circa lo svolgimento dell'operazione. Mi interessa però la fase antecedente, cioè quella che lei ha contrassegnato con la fase della decisione, dell'assenso all'operazione, pacificamente, di polizia giudiziaria che, secondo la sua relazione, sarebbe stata assunta negli uffici della questura in presenza di personaggi romani e quindi anche della sua persona. Dottor Gratteri, le chiedo puntualmente quanto segue: chi partecipò (se si tratta di ripeterlo, lo ripeta) alla discussione al riguardo? Quali organi di polizia giudiziaria erano presenti quando fu assunta la decisione? Tali organi hanno partecipato volitivamente alla decisione medesima? Quali persone erano incarnate in questi organi? Inoltre, quali furono gli elementi discussi, se lei ne percepì il contenuto, che portarono all'assenso? Chi formalizzò l'atto di polizia giudiziaria della cosiddetta perquisizione? Le chiedo ancora informazioni riguardo a questa decisione, sia prima della sua adozione formale - le ho rivolto la domanda sugli autori formali - sia dopo, come notizia, se e quale organo abbia comunicato tale decisione, e quando, al Comandante
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generale dei carabinieri. Le chiedo anche, in particolare, se il Comandante generale dei carabinieri sia stato interpellato telefonicamente o semplicemente notiziato e quando, da questa sorta di commissione o da altri, perché riguardo questa informazione abbiamo l'ammissione dello stesso Comandante generale. Domando quale possa essere stata la ragione per cui il Comandante generale ha mentito in questa sede, per poi lasciarsi smentire dal suo dipendente Tesser, asserendo che non vi fosse altro ufficiale superiore al colonnello Tesser a Genova in quel contesto, neppure giustificandosi con il pretesto che la domanda, che gli fu posta esattamente da me, si riferiva alla presenza di un ufficiale generale emanazione del comando generale. Questa menzogna è tanto più grave perché non solo era presente il generale Ganzer, ma egli era anche emanazione, essendo il comandante del ROS, proprio del comando generale. Si tratta di una menzogna di doppio livello: prima negazione, poi negazione rafforzata dal pretesto di una formula, secondo il Comandante generale, non felice, tanto è vero che nella sua lettera di smentita non affronta il problema; ma il ROS è emanazione del comando generale e quindi, comunque interpretata la mia domanda, ad essa ha fatto seguito un duplice livello di menzogna ed è grave che questo sia avvenuto da parte del Comandante generale di un'arma. Un'arma, non una persona, a cui va tutta la nostra stima e fiducia storica. Quando lei, dottor Gratteri, risponde al collega Soda dicendo di non poter stabilire la sequenza degli interventi, noi teniamo conto che lei ci ha fornito la sequenza teorica, quella stabilita; nella sequenza teorica in quale fase era previsto il suo personale intervento operativo, giacché esso comunque ebbe luogo?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. I dirigenti e i funzionari presenti presso
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l'ufficio del questore nel momento in cui chiamai il dottor Di Bernardini, che telefonicamente mi aveva anticipato ciò che era accaduto (ed al quale chiesi di venire in questura ad esporre ai presenti quanto si era verificato) erano, in ordine di grado e nel mio ricordo: io stesso, il prefetto Andreassi, il prefetto La Barbera, il questore di Genova, il dirigente superiore dottor Luperi, il dottor Murgolo, vicario della questura di Bologna; non ricordo se il dottor Mortola fosse presente in quel momento o se intervenne a richiesta del questore, ma sicuramente era presente in quella fase. Nel momento in cui entrò il dottor Di Bernardini, Canterini non era presente. Io rappresentavo il Servizio centrale operativo, il dottor Mortola rappresentava la DIGOS di Genova e tutti ci trovammo d'accordo sulla decisione, sull'opportunità di svolgere la perquisizione all'interno della scuola Diaz ...
FILIPPO MANCUSO. Anche La Barbera ?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Anche il prefetto La Barbera: tutti i presenti furono d'accordo sull'opportunità di svolgere la perquisizione all'interno del scuola Diaz (Commenti). Ovviamente, chiunque - chi più, chi meno - poteva esternare delle considerazioni di carattere tecnico: in quella circostanza non avevo ragioni, non essendo organico ad un servizio antiterrorismo o a quel tipo di investigazione, per esprimere considerazioni di carattere tecnico, sui possibili presenti o altro. Tutti ci trovammo d'accordo sull'opportunità di svolgere la perquisizione tanto che, perdonatemi se lo ricordo, l'atto di polizia giudiziaria eseguito, cioè la perquisizione ai sensi dell'articolo 41 del TULPS, non è stato invalidato dall'autorità giudiziaria, che ha pure convalidato il sequestro degli oggetti. In quella sede, venne preventivamente informato un magistrato della
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procura di Genova della decisione assunta; nel caso previsto dall'articolo 41 del TULPS non vi è obbligo giuridico da parte dell'ufficio di polizia giudiziaria di informare l'autorità giudiziaria: però, fu fatto.
Presidente Mancuso, tutto ciò che attiene ai rapporti e alle comunicazioni con il comando generale dell'Arma purtroppo non spetta né alla mia persona né alla mia funzione, e non ne sono neppure a conoscenza; non lo consideri uno sgarbo.
Per quanto riguarda la sequenza dell'intervento, il modo in cui le forze si dovevano predisporre per lo svolgimento dell'irruzione e della perquisizione (Commenti del deputato Mancuso)... L'attività conseguente allo svolgimento della perquisizione fu firmata in questo modo: l'informativa, dal dirigente della DIGOS, dal dirigente della squadra mobile, ed i singoli atti dai singoli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria intervenuti.
Per quanto attiene al personale dello SCO, esso doveva occupare il secondo livello, cioè quello rappresentato da coloro i quali dovevano svolgere le operazioni di polizia giudiziaria.
Quanto alla mia persona, non sono più un ufficiale di polizia giudiziaria. Ho ritenuto di essere presente, a fianco del mio personale, come faccio abitualmente per mia impostazione professionale. Per quella specifica attività penso che, tra personale di squadra mobile e personale dello SCO, fossero presenti circa settanta unità.
MICHELE SAPONARA. Le chiedo, dottor Gratteri, di precisare meglio, se le è possibile, la cronologia degli avvenimenti che hanno preceduto e determinato la decisione di procedere alla perquisizione della scuola Diaz. Vorrei sapere, in particolare, dopo che aveva effettuato l'intervento di sopralluogo richiesto dalla procura della Repubblica di Genova, a che ora lei sia stato informato della situazione, quando ha
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avuto, cioè, le prime notizie, che poi hanno portato a quella decisione.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Nel tardo pomeriggio di quel sabato si dispone lo svolgimento, così come ho precisato nella relazione, di alcuni pattuglioni, con il compito di svolgere una sorta di controllo preventivo o repressivo, di tipo dinamico del territorio e che, per quella circostanza specifica, rispetto alle altre forze sul territorio - essendo peraltro terminate le manifestazioni -, avevano proprio il compito specifico di svolgere sul territorio un controllo dinamico e agile, allo scopo di impedire che altri atti vandalici o di saccheggio potessero ripetersi. Da quel che ricordo, intorno alle 21,30, venni contattato telefonicamente dal dottor Caldarozzi, che era a capo di uno di questi pattuglioni, il quale mi spiega quanto era poc'anzi accaduto e cioè che si stava accingendo a svolgere un controllo presso una birreria dove era stato notato un gruppo di persone, verosimilmente identificabili come black bloc, e aveva chiesto aiuto per tale ragione ad un a pattuglione vicino. Risponde il dottor Di Bernardini, il quale si accinge a raggiungere il dottor Caldarozzi, cerca di raggiungere quella strada e percorre per caso via Cesare Battisti. A quel punto il dottor Caldarozzi e il dottor Di Bernardini mi chiamano ed io li invito a venire in ufficio per esporre quanto era accaduto, non essendo quella una mia materia specifica, giacché se si fosse trattato di delinquenti comuni probabilmente mi sarei assunto, nel rispetto delle competenze del collega del posto, una diversa responsabilità tecnica. Il dottor Mortola, leggendo gli atti, mi pare abbia effettuato il sopralluogo intorno alle 22,30.
MICHELE SAPONARA. Chi è il dottor Caldarozzi?
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FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il dottor Caldarozzi è il vicedirettore del Servizio centrale operativo.
LUCIANO FALCIER. Mi associo anch'io, come mi pare abbiano già fatto altri colleghi, ai ringraziamenti rivolti al dottor Gratteri, non solo per i dati che ci ha fornito, ma anche per la precisione e la sicurezza delle sue risposte, certamente indice di professionalità e di efficienza nello svolgimento del suo lavoro. Ritengo che ciò ci sia di conforto e non solo per i lavori del Comitato.
Detto ciò, come lei sa, noi siamo qui per cercare di conoscere ciò che è veramente avvenuto, prima e durante il vertice del G8: se vi siano stati, in particolare, carenze, ritardi, responsabilità, provocazioni o iniziative volutamente violente e quant'altro. Sotto tale aspetto, mi soffermo su alcuni episodi in merito ai quali lei è, o dovrebbe essere, particolarmente informato. Uno di questi episodi è sempre il solito, cioè quello della perquisizione alla scuola Diaz e se anch'io vi ritorno sopra è perché, nonostante le notizie, nonostante gli approfondimenti, c'è ancora qualcosa di non chiaro, di complesso o, almeno da parte mia - non so se anche da parte del Comitato -, di difficile comprensione nel suo esatto svolgersi, non sotto il profilo teorico od organizzativo-programmatico, bensì sotto il profilo pratico.
Pertanto, la mia domanda è la seguente: c'erano una piantina o un grafico del fabbricato, degli edifici, nei quali siete entrati?
Inoltre, lei ha chiarito che non è arrivato tra i primi, perché non era sua competenza, però ad un certo momento - alla fine, o verso la fine - è entrato, se non ho capito male, al piano terra. In base a quello che lei ha potuto verificare, e fermi restando i vincoli o l'opportunità di rispettare quanto è
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stato detto all'autorità giudiziaria, può dirci cosa ha visto, in termini di materiale, di persone e di feriti in quei locali?
Non so se lei sa che in un commento in diretta al Tg3-RAI su quell'evento, era stato detto che vi potevano essere tre morti dei quali erano stati forse rimossi i corpi - l'ho personalmente sentito - e che vi erano giovani che stavano portandosi sul posto. Le chiedo se abbia mai sentito parlare di tutto ciò e se abbia notizia di quale sia stata la fonte del complesso delle informazioni della RAI.
Inoltre, lei ha chiarito che sotto la sua tutela vi era soprattutto la zona rossa, quindi la sicurezza dei Capi di Stato, delle delegazioni, così come dei genovesi e di Genova. Pertanto, lei ci conferma che la zona rossa non è stata violata? O meglio, non è stata violata perché non c'è stato nessun tentativo di violarla o perché voi lo avete impedito? Se lo avete impedito, a chi, in quali termini e in base a quale situazione di necessità?
Infine, lei ci ha chiarito che, per quanto di sua conoscenza, non risulta che nessun infiltrato, per capirci, collaboratore abbia cooperato ad aprire le porte per far entrare le forze dell'ordine nella scuola Diaz. Inoltre, in base a quanto le risulta, può escludere che nessuno, in altra forma, abbia collaborato all'interno dell'edificio della Diaz al buon esito della perquisizione o affinché avesse il suo corso regolare, legittimo, per i fini che vi eravate dati in questura?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. La ringrazio, prima di tutto, per le parole di apprezzamento. Nel risponderle, seguirò l'ordine di esposizione delle sue domande.
Esisteva, come ho detto per ciò che mi risulta e in base a quanto ho avuto occasione di vedere in occasione dell'incontro presso la sala riunioni della questura, una piantina che era
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stata redatta, mi pare sul momento, dal collega Mortola, la quale aveva il senso di spiegare agli altri le strade e il percorso che occorreva seguire per giungere sul luogo e, altresì, il modo in cui dividere i due gruppi che si stavano predisponendo per giungere sul posto secondo le modalità che ho indicato.
Non ricordo se la piantina prevedesse la collocazione virtuale dei due edifici, però può darsi che una piantina sia stata rimessa agli atti del fascicolo processuale.
Per quanto riguarda ciò che ho visto direttamente al momento in cui sono entrato nell'istituto scolastico, ricordo bene che nel grande salone sulla sinistra vi erano persone bloccate dalla polizia, nel senso che qualche poliziotto le stava controllando, e tra queste qualche persona era visibilmente ferita. Nel frattempo altri individui, alcuni dei quali feriti, venivano accompagnati ai piani superiori: mi adoperai, quindi, con altri affinché venissero subito fatte confluire sul posto delle autoambulanze.
Spero di chiarire una volta per tutte - almeno per ciò che mi riguarda, senza alcuna presunzione - la questione dei morti. Il collega, che ho riconosciuto attraverso i filmati, al quale ho dato incarico di assumersi la responsabilità dell'atto di polizia giudiziaria della perquisizione - in quanto ovviamente vi era un po' di confusione - e che aveva il compito di repertare ciò che era stato reperito all'interno dell'istituto, portava all'interno del sacco soltanto il materiale che era stato sequestrato. Credo di essere, oltre che un poliziotto, un funzionario dello Stato e penso, sia per ciò che mi riguarda sia per ciò che riguarda gli altri colleghi che stavano sul posto, che se vi fosse stata qualche scomparsa - per così dire - o fosse accaduto qualcosa di più grave (si diceva morti o feriti) ognuno di noi, secondo un criterio di coscienza non solo professionale ma anche umana e personale, sarebbe sicuramente
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andato da un magistrato, oltre che dai superiori, a riferire e ad accertare ciò che era successo. Non mi risulta che si possa dare credito a chiacchiere del genere. Ribadisco (e spero che sia chiaro: per ciò che mi riguarda è chiarissimo) che nel sacco, ripreso dalle immagini diffuse dai mezzi televisivi, vi era soltanto materiale repertato e sequestrato in quella occasione.
I compiti che allo SCO erano stati assegnati per il controllo della zona rossa - come spero di aver chiarito nell'ordinanza - non attenevano alla materia dell'ordine pubblico. Lo SCO aveva il compito di svolgere un controllo investigativo della zona rossa, nel senso di individuare - come ho detto prima - possibili insidie e pericoli. Se vi fosse stato un attacco alla zona rossa, lo SCO non avrebbe dovuto respingerlo, ma gli investigatori dello SCO avrebbero dovuto segnalare l'eventuale attacco (in quanto avevano anche tale compito di osservazione) ai responsabili dell'ordine pubblico che erano all'interno della zona rossa, così come era previsto.
Per quanto attiene alla questione dell'infiltrato, purtroppo richiamo quanto già detto: se ragiono per logica, lo escluderei, ma, per quanto attiene alla mia cognizione diretta, non ho assolutamente notizia di appartenenti alla Polizia di Stato o ad altre forze dell'ordine che potessero essersi nascosti, di propria iniziativa o comandati, all'interno dell'istituto.
KATIA ZANOTTI. Dottor Gratteri, vorrei tornare su una questione che è già stata affrontata da altri colleghi, in quanto penso che rivesta una rilevanza assai importante. Dagli atti a nostra disposizione risulta che nel cortile davanti alla scuola vi fosse numeroso personale in borghese con pettorina della polizia, ubbot, sfollagenti, e personale in divisa atlantica. Risulta soprattutto che il personale con pettorine portava, nella quasi totalità, fazzoletti che coprivano parte del volto.
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Risulta inoltre che vi fu una fortissima pressione per entrare nella scuola Diaz e che tale pressione proveniva in modo particolare dalla presenza massiccia degli agenti in borghese. Le chiedo, dottor Gratteri, di farci sapere - glielo hanno già chiesto altri colleghi- di quali corpi facesse parte tale gruppo di agenti in borghese, sempre che sia nelle condizioni di dircelo per quanto è a sua conoscenza e che intenda dircelo.
Le chiedo, inoltre, se può descriverci la divisa atlantica, in quanto ne sentiamo parlare da giorni ma personalmente non ho ancora capito: ho sentito parlare solo di una maglietta con maniche corte. Le chiedo, infine, se ci può dire - glielo ha già chiesto l'onorevole Mascia ma non ha avuto risposta, e sono interessata anch'io - quali erano le divise degli agenti che hanno operato alla Diaz.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Per ciò che attiene, onorevole Zanotti, alla presenza dei vari organismi della Polizia di Stato all'esterno della scuola, all'esterno del perimetro e della cancellata, penso di ricordare bene la scena. Ricordo anch'io che vi erano poliziotti con il corpetto della Polizia di Stato - noi lo chiamiamo fratino identificativo - che al personale del Servizio centrale operativo e al personale delle squadre mobili (che operano abitualmente in borghese) con funzioni di polizia giudiziaria era stato imposto in base ad una mia ordinanza: infatti non era consentito ad alcun poliziotto all'interno della zona rossa di circolare senza un segno visibilmente identificativo. Ho l'ordinanza qui con me: al personale era stato imposto di indossare il giubbotto identificativo con la scritta Polizia...
MARCO BOATO. Cos'è l'ubbot?
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FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. L'ubbot è un casco. Ritengo che il fazzoletto - così ho avuto modo di vedere attraverso qualche filmato televisivo - sia stato utilizzato dal personale della polizia dal momento in cui sul posto sono giunti gli strumenti televisivi. Quest'ultimi sono arrivati non più di 5 o 10 minuti dopo l'inizio delle operazioni.
Per quanto attiene alle divise, quella atlantica è costituita da un pantalone ed una camicia, ed è diversa dalla divisa che indossano i poliziotti inquadrati in reparti di ordine pubblico, che è tutta di un colore (una sorta di tuta). La divisa atlantica è indossata dal personale del servizio controllo del territorio, cioè quei servizi che svolgono attività di controllo preventivo sul territorio.
GRAZIELLA MASCIA. Con le maniche lunghe?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. D'estate sono previste maniche corte.
PIERLUIGI PETRINI. Signor presidente, dottor Gratteri, se non ho frainteso, lei ha detto di aver visto alcune persone nel cortile della scuola che, all'arrivo della polizia, si sono ritirate all'interno della stessa chiudendo il portone.
Ha poi affermato di aver dovuto indossare lei stesso un casco per ripararsi dalla pioggia di oggetti lanciati da coloro che erano all'interno della scuola; di seguito, ha detto di essere sopraggiunto sul luogo della perquisizione in un momento successivo al culmine degli eventi, quando l'edificio era presidiato - lei così lo definisce - dalla Polizia. Non riesco a comprendere la coerenza di queste diverse affermazioni (può darsi che «presidio» voglia dire qualcosa di diverso da ciò che immagino).
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Lei riporta poi una voce secondo la quale all'interno della scuola sarebbero stati portati numerosi feriti: ciò lascerebbe intendere che all'interno della stessa funzionasse una sorta di ospedale clandestino. Questo naturalmente giustificherebbe il fatto che molte delle persone poi arrestate sul luogo presentassero lesioni traumatiche. Tale fatto, che sicuramente è un elemento dirimente rispetto a molte questioni, non dovrebbe essere difficile da acclarare: pertanto vorrei sapere da lei se tra le persone arrestate all'interno della scuola vi fossero soggetti che avevano ricevuto un trattamento medico che andasse al di là del ricorso a pomate o cerotti (e che mostravano quindi suture o altre medicazioni professionali) e se tra gli oggetti sequestrati all'interno dell'edificio vi fosse materiale sanitario, quali trousse chirurgiche o kit di sutura.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Senatore Petrini, vorrei fare una precisazione: ho detto di aver appreso che all'interno del cortile, al momento dell'arrivo della Polizia, erano presenti alcune persone, le quali hanno poi trovato rifugio all'interno dell'istituto chiudendo la porta dietro di loro. Ciò mi è stato riferito: non l'ho constatato personalmente in quanto, lo ripeto, non ero presente in quella fase. Mi pare di averlo letto o di averlo ascoltato anche dal prefetto La Barbera durante la sua audizione.
Ho indossato il casco protettivo nel momento in cui sono arrivato, perché mi era stato detto (- che, tra l'altro, mi fu portato dal mio collaboratore -) che si era verificato un lancio di oggetti al momento della perquisizione: vi era quindi il timore, la possibilità che tale lancio proseguisse. Infatti all'esterno dell'istituto vi erano condizioni che definirei precarie per l'ordine e la sicurezza pubblica a causa di ciò che stava accadendo.
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Per quanto attiene ai feriti all'interno dell'istituto, vorrei ricordare che su tale vicenda è in corso un accertamento da parte dell'autorità giudiziaria. Ribadisco quanto già detto, cioè di aver appreso da qualche funzionario, in una fase ovviamente successiva ai fatti, della presenza di testimoni che riferirebbero della sussistenza di tali circostanze. Non so se tra i feriti di quella sera vi fossero persone eventualmente ferite in momenti precedenti. Non ho detto questo e non voglio assolutamente che sulla base delle mie parole si possa ipotizzare una cosa del genere, perché voglio essere assolutamente «asettico» su questo argomento. Posso solo ribadire di aver appreso da un funzionario che vi sarebbero testimoni (uno o più di uno) che avrebbero riferito circostanze del genere. Questo, se mi consente, non è comunque un fatto sul quale vorrei addentrarmi, in quanto è oggetto di un accertamento giudiziario in corso.
GIANNICOLA SINISI. Saluto e ringrazio il dottor Gratteri. Non siamo qui per formulare complimenti, ma per svolgere un'indagine: ciò nondimeno, credo di avere il dovere, assieme ai colleghi che mi hanno preceduto, di esprimere l'apprezzamento per il rigore, non soltanto formale, con cui lei ha esposto l'andamento dei fatti. Purtroppo anch'io debbo sottolineare che in precedenza altri non sono stati egualmente rigorosi come lo è stato lei.
Innanzitutto vorrei fare una precisazione, che credo sia utile venga conosciuta anche dagli altri componenti del Comitato, circa il ruolo del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, che svolge ormai da qualche anno compiti di mero coordinamento delle squadre mobili e di supporto tecnico-logistico. La responsabilità operativa, se non vado errato, è quindi dei reparti territoriali, cioè delle squadre mobili. Ciò con riferimento agli atti della Polizia giudiziaria e,
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nel caso di specie, della squadra mobile e del responsabile della DIGOS (così come lei ha chiaramente esposto).
Ciò detto, le vorrei porre le seguenti domande: innanzitutto, vorrei sapere se il dottor Canterini era presente nel momento in cui fu presa la decisione relativa alla pianificazione operativa della perquisizione, cioè quando venne specificato chi dovesse fare che cosa, nella fase finale dell'incontro tenuto nella sala riunioni della questura. In secondo luogo - credo che lei lo abbia già detto - le volevo chiedere se lo stesso reparto mobile accompagnò il funzionario della DIGOS alla scuola Diaz quando si doveva effettuare la perquisizione. Mi sembra infatti di aver capito che fosse lo stesso reparto mobile a dover accompagnare il funzionario della DIGOS.
Al Comitato è stato poi riferito della presenza di due ufficiali dei carabinieri durante la pianificazione operativa: volevo sapere - così fornisco un aiuto sull'argomento al presidente Mancuso - se lei si ricorda chi fossero questi due ufficiali. Infine, volevo sapere se tra i sessanta uomini che dipendevano da lei a vario titolo, anche se non direttamente, qualcuno sia rimasto contuso durante la perquisizione.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il dottor Canterini era certamente presente nella fase ultima della riunione, quando già l'atto deliberatorio era intervenuto e quando si stavano determinando le modalità di partecipazione alla perquisizione. Per maggiore chiarezza ricordo che il dottor Canterini, nel momento in cui si stava valutando, come svolgere la perquisizione, propose l'utilizzo dei lacrimogeni, ma fu immediatamente «stoppato» dal prefetto La Barbera.
Ricordo poi che il dottor Mortola - su questo punto lo stesso può essere più preciso; non vorrei dire inesattezze, ma questi sono i miei ricordi - avrebbe dovuto fare da guida al
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reparto mobile per giungere sul posto, così come un altro funzionario della DIGOS avrebbe dovuto guidare l'altro contingente che doveva raggiungere la scuola Diaz. Confermo la presenza, mi sembra, di due sottotenenti o tenenti dell'Arma, che ritengo fossero preposti al contingente dei carabinieri che doveva assumere la posizione che ho detto, cioè l'ultima tra i vari anelli che dovevano costituire il fronte dell'intervento. Tra il personale del comparto squadre mobili - SCO mi risulta vi siano stati un paio di contusi: penso si tratti di appartenenti alle squadre mobili che erano state aggregate al mio ufficio, ma in questo momento non so dire chi siano né a quale ufficio specifico appartengano.
PRESIDENTE. Dottor Gratteri, la ringrazio, anche a nome dell'intero Comitato, per le sue risposte e dichiaro conclusa l'audizione.