COMMISSIONE D'INDAGINE
Seduta 10 - 07 Settembre 2001
Audizione del ministro degli affari esteri, ambasciatore Renato Ruggiero.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del ministro degli affari esteri, ambasciatore Renato Ruggiero il quale chiede di essere accompagnato dal ministro Francesco Caruso, dal ministro Antonio Zanardi Landi e dal consigliere Liborio Stellino.
Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte dei componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
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Ringrazio il ministro degli affari esteri, ambasciatore Renato Ruggiero, a nome mio e dell'lintero Comitato e lo invito a riferire.
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Signor presidente, onorevoli senatori, onorevoli deputati, permettetemi innanzitutto di esprimere il mio più sincero ringraziamento per l'opportunità che, ancora una volta, mi si offre di illustrare al Parlamento il ruolo del Ministero degli affari esteri nella predisposizione del vertice G8 di Genova.
Nella mia relazione mi concentrerò naturalmente sugli eventi a cui ho partecipato nel quadro delle specifiche competenze del Ministero degli affari esteri, comprendenti: i contatti di natura diplomatica con gli altri paesi; la discussione ed il negoziato sui contenuti di politica estera legati sia alla riunione ministeriale di Roma del 18-19 luglio, sia al vertice stesso dei Capi di Stato e di Governo; la definizione del comunicato finale dell'incontro con riferimento ai suoi punti più qualificanti, primi fra tutti l'istituzione del fondo globale per la salute e la conferma degli impegni riguardanti la cancellazione o la riduzione del debito dei paesi più poveri.
Il nostro impegno ha altresì compreso la preparazione - prima del vertice ed in margine ad esso - rispettivamente dell'incontro delle massime autorità dello Stato con alte personalità morali internazionali e con il Segretario generale delle Nazioni Unite, insieme ad una significativa rappresentanza dei leader di paesi in via di sviluppo.
Tralascerei invece gli aspetti organizzativi - ovviamente sempre riferibili alle competenze del Ministero degli affari esteri - sui quali ha riferito il segretario generale ambasciatore Vattani.
Alla base di questa intensa attività preparatoria vi era un grande obiettivo: fare di Genova un vertice «per la vita», in
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particolare, per l'istituzione del fondo anti AIDS, un'occasione privilegiata di dialogo fra il nord e il sud del mondo, in grado di fornire risposte concrete alle istanze sempre più pressanti circa l'esigenza di uno sviluppo globale più equilibrato e sostenibile.
Come vi è noto, ho più volte accolto l'invito rivoltomi dal Parlamento per esporre prima del vertice le scelte, impostate dai precedenti governi e portare a conclusione dall'attuale Governo, che ne guidavano la filosofia innovativa, quanto ai contenuti e all'inedita cornice che ho sopra tratteggiato e per valutarne dopo i risultati sul piano della politica internazionale e del ruolo dell'Italia in tale scenario. Mi riferisco ai miei interventi in Assemblea (3-4 luglio in aula alla Camera; 11 luglio in aula al Senato; 25 luglio in aula alla Camera) e nelle Commissioni Affari esteri (4 luglio alla Camera e 10 luglio al Senato). In tali occasioni, ho potuto sottolineare quali fossero, a mio avviso, le ragioni oggettive che non solo facevano di Genova un passo in avanti nella lotta per un mondo più giusto, ma segnavano anche un avvio di riforma dei vertici che non mancherà di condizionare la struttura, l'agenda e gli obiettivi delle analoghe scadenze internazionali.
Vorrei dunque soffermarmi sulla successione delle varie tappe di costruzione del vertice, cercando di fornire a questa cronologia un denominatore comune: l'esigenza di governabilità della crescente interdipendenza che caratterizza la società internazionale e quindi della conseguente globalizzazione.
In questo sforzo, ero e resto convinto che le istituzioni possano avvalersi degli spunti provenienti da un dialogo autentico con la società civile, riservando lo spazio e l'ascolto al dissenso nelle forme doverosamente accettabili in paesi democratici.
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Ribadisco che la ricerca del dialogo con le componenti della società civile - linea che continuo sempre a ritenere corretta e necessaria - non ha costituito solo una scelta di carattere precauzionale. In altri termini, essa non era volta solo a ridurre il tenore e la dimensione degli scontri temuti, a non esacerbare cioè le forti tensioni che si erano sviluppate ai margini dei precedenti vertici internazionali. Essa intendeva essere anche una vera e propria risorsa aggiuntiva di un vertice che teneva a caratterizzarsi per il suo grado di considerevole apertura sul mondo esterno e per un'agenda che rispondeva alle oggettive sollecitazioni della sua componente più penalizzata.
Tali miei convincimenti di fondo si sono ulteriormente rafforzati già durante i giorni del Consiglio europeo di Göteborg, allorché, dopo gli scontri del 16 giugno, manifestai sia ai colleghi europei, sia agli organi di informazione, la necessità di insistere sul dialogo con chi intendeva manifestare pacificamente per dare voce a quei fermenti, spesso condivisibili, presenti oggi in tutte le società civili del pianeta.
Ciò che mi colpì a Göteborg fu il fatto che quel vertice era dominato da due grandi eventi positivi: la definizione di una strategia europea d'avanguardia in materia di politica ambientale per inserire l'ecologia come dimensione necessaria ad ogni altra politica di sviluppo; l'incontro di 24 paesi europei rappresentati al più alto livello per decidere di iniziare un nuovo capitolo nella storia del vecchio continente: quello di vivere insieme ed organizzare assieme lo sviluppo in una cornice di pace e libertà.
Chiudevamo in quel momento secoli di rivalità, di guerre, di conquiste territoriali, di tentativi di dominazioni egemoniche per estendere quel disegno di pace e di progresso che è stata ed è la costruzione dell'Unione europea.
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Tuttavia, mentre questi due grandi eventi si producevano e si discutevano, al di fuori del centro conferenze di Göteborg i dimostranti lanciavano pietre, scontrandosi duramente con le forze dell'ordine e dando origine ai conseguenti gravi incidenti che tutti conoscete.
Perché mai una simile incomprensione fra quanto accadeva all'interno delle sale del vertice e la violenta protesta all'esterno?
Risalgono a quei giorni, peraltro immediatamente successivi al mio arrivo alla Farnesina, due miei intendimenti: discutere con i colleghi dell'Unione europea e del G8 della necessità del dialogo verso l'esterno; invitare alcune personalità internazionali di riconosciuta autorità morale per fare sentire la loro voce ai partecipanti al vertice di Genova. Inoltre, organizzare alcuni incontri con componenti qualificate della società civile impegnate sui temi della globalizzazione e della solidarietà, proprio per approfondire i concreti contenuti dell'agenda del vertice che andavano incontestabilmente in favore della lotta contro le ingiustizie del mondo.
Certo non portavano ad una loro eliminazione, ma era un primo passo. Ho accompagnato questa azione con una serie di dichiarazioni pubbliche per illustrare la vera agenda del vertice.
Con gli stessi intenti, e con identico spirito di apertura e disponibilità, incontrai, rispettivamente il 20 e 21 giugno al Viminale con il ministro Scajola, gli onorevoli Francescato e Bertinotti, nonché una delegazione di parlamentari liguri che espressero nella circostanza unanime apprezzamento per la linea di dialogo intrapresa. Da parte mia, cercai in queste occasioni di valorizzare i temi e le finalità del vertice. Risultò chiaro fin da quei primi contatti come per il Governo l'espressione di una protesta in forma pacifica costituisse un
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diritto legittimo in qualsiasi ordinamento democratico, mentre il ricorso ad atti di violenza per esprimere il dissenso non sarebbe stato ritenuto accettabile.
Continuava negli stessi giorni, di intesa con il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio, il mio impegno personale per promuovere a Roma, alla vigilia del vertice, una riunione con eminenti personalità mondiali indipendenti di riconosciuta autorità morale.
Obiettivo di tale iniziativa non era certo quello di fornire un avallo ai lavori del vertice, ma piuttosto di acquisire la particolare esperienza delle autorevoli personalità su temi specifici in discussione a Genova (lotta alla povertà, cancellazione del debito, emergenze sanitarie) e lanciare un dialogo su basi più autorevoli. Il loro messaggio è giunto sin nelle stanze del vertice, poiché trasmesso, tramite la presidenza italiana, alla valutazione dei governanti dei paesi maggiormente industrializzati convenuti a Genova. Per questo, ho incontrato il 25 giugno a Lussemburgo l'Alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani, Mary Robinson, richiedendo ed ottenendo un contributo all'organizzazione di tale incontro, anche attraverso la sua autorevole presenza. Ho al contempo avviato contatti telefonici con le altre personalità prescelte, quali l'ex presidente sudafricano Mandela, per invitarle a Roma. Nello stesso periodo, ho provveduto personalmente ad invitare il Segretario generale delle Nazioni unite, Kofi Annan, a Genova per partecipare al lancio del fondo per la salute.
Questa attività preparatoria è proseguita fino alla data della riunione a Roma, il 13 luglio, a cui hanno preso parte personalmente, oltre alla già citata Robinson, il premio Nobel per la medicina, professoressa Rita Levi Montalcini, l'ex l'alto commissario delle Nazioni unite per i rifugiati, signora Ogata, l'arcivescovo brasiliano monsignor Mendes de Almeida, il
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pakistano Sattar Edhi, presidente della omonima fondazione, attivamente impegnato nell'assistenza dei poveri e degli emarginati. Le alte personalità, che hanno purtroppo declinato l'invito per problemi di agenda, hanno comunque fatto pervenire al Capo dello Stato o al Governo italiano messaggi di grande apprezzamento per l'iniziativa. Mi riferisco allo stesso Nelson Mandela, al premio Nobel per l'economia Sen, alla vedova di Martin Luther King, al premio Nobel per la pace Rigoberta Menchù, all'ex presidente finlandese Ahtisaari, al premio Nobel per la letteratura Soyinka.
Questo «filone» di dialogo ed apertura del vertice al mondo esterno si concludeva quindi positivamente con l'arrivo di queste personalità a Roma e i loro incontri con il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e me stesso. L'Italia, insomma, contribuiva a marcare l'avvio di un nuovo approccio di cooperazione con la società civile e di un fruttuoso scambio di opinioni con le più aggiornate riflessioni indipendenti internazionali su temi umanitari, recepite poi nelle conclusioni operative del vertice di Genova e testimoniate dall'adesione a recarsi a Genova da parte del Segretario generale delle Nazioni Unite, di una significativa rappresentanza di Capi di Stato di paesi in via di sviluppo e di vertici di organizzazioni internazionali.
Accanto a questa azione, sui temi del dialogo - che a me appariva fondamentale - non ho mancato peraltro di sensibilizzare i miei colleghi europei nel corso di un fitto giro di visite e di incontri che mi hanno condotto il 26 giugno a Parigi, il 27 a Berlino, il 5 luglio a Londra, il 9 a Madrid, mentre a Roma l'11 luglio incontravo il ministro degli esteri belga Michel, quale presidente di turno del Consiglio dei ministri degli esteri dell'Unione Europea. In tutti questi contatti ho insistito sull'esigenza di dare risposte innovative ai fenomeni
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di contestazione della globalizzazione, poiché essi si basano in molti casi su problemi e valori interamente condivisibili, quali i diritti umani, i diritti dei lavoratori, la tutela dell'ambiente, l'opposizione al lavoro minorile, la tutela della salute, dell'identità culturale, la lotta alla povertà, la riduzione delle ineguaglianze.
La disponibilità al dialogo e la contestuale necessità di isolare le frange violente, che hanno caratterizzato tutte le manifestazioni antiglobalizzazione, a partire da Ginevra nel maggio 1998, sono state ampiamente condivise dai colleghi europei, così come dai ministri degli esteri del G8, nella riunione di Roma che ha preceduto di qualche giorno il vertice genovese.
In queste discussioni è emersa anche l'insufficienza di una appropriata comunicazione da parte degli organi di informazione sui reali temi del vertice e sulla volontà di fare della riunione di Genova un nuovo punto di partenza nella lotta contro la povertà, l'AIDS e le disuguaglianze.
Si doveva altresì cercare di eliminare due rilievi che apparivano centrali nelle posizioni della contestazione. Il primo, della cosiddetta «illegittimità» della riunione, il secondo dell'accusa di costituire un centro decisionale al di fuori e al di sopra dei normali circuiti istituzionali della vita internazionale.
Sul primo punto, come sul secondo, le risposte partecipative e le pubbliche richieste fatte dai paesi di un intero continente, come l'Africa, e dalle principali personalità delle grandi istituzioni mondiali, come l'ONU, smentivano in modo chiaro la validità di quei due rilievi.
Il vero problema della società internazionale è oggi non quello di rifiutare di l'interdipendenza delle nazioni, delle economie, dei popoli, che è un fatto eminentemente positivo.
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Questo rifiuto fermerebbe il progresso e riporterebbe il mondo alle barriere nazionali, con tutte le conseguenze che le vicende della storia ci hanno inequivocabilmente insegnato. Il problema è il miglioramento sostanziale della governabilità del sistema e non il suo rifiuto. Ecco perché il dialogo diventava, ed è, un elemento essenziale, da valorizzare in ogni modo.
Tali posizioni venivano ribadite dall'Italia - e riprese nelle conclusioni dell'incontro - al Consiglio affari generali di Bruxelles del 16 luglio, in cui i 15 ministri degli esteri si sono ulteriormente soffermati sull'importanza di chiari segnali circa la volontà di dialogo con settori della società civile sui temi di fondo della globalizzazione. Anche le notizie che leggiamo tutti sulla stampa in questi giorni, relativamente ai contatti tra francesi, tedeschi ed altri, dimostrano che questo tema è diventato ormai un tema dell'agenda politica dei paesi europei. Naturalmente nel perseguimento dell'opzione del dialogo con la società civile, non poteva mancare - parallelamente ai miei contatti con gli ambienti internazionali - un impegno altrettanto intenso sul fronte interno, esplicitato in una serie di incontri tenuti sul significato del vertice e sull'approfondimento dei temi in agenda con esponenti di associazioni, organizzazioni non governative e sindacati.
Il più noto - per la particolare eco avuta sugli organi di informazione - è stato quello condotto alla Farnesina con il ministro Scajola, il 28 giugno, con una delegazione del Genoa social forum, guidata dal portavoce, dottor Agnoletto. Anche in questo caso, come nelle precedenti circostanze che ci avevano visto fianco a fianco (gli incontri con gli onorevoli Bertinotti, Francescato e con parlamentari liguri), mentre il titolare dell'interno si soffermava sulle varie problematiche relative all'ordine pubblico, il mio compito consisteva nello spiegare i contenuti del vertice ed il suo carattere innovativo.
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Di questo incontro esiste peraltro una mia dichiarazione introduttiva, di cui intendo rimettere copia a questo Comitato, dove emerge chiaramente la volontà del Governo in favore dell'avvio di un dialogo concreto sulle questioni vitali che interessano il pianeta e che sono state portate dall'Italia al centro del dibattito fra i leader delle maggiori potenze industrializzate.
Il Genoa social forum appariva in quel momento un contenitore abbastanza rappresentativo del vasto arcipelago della protesta, parlando a nome di oltre 750 associazioni e organizzazioni non governative. In esso, peraltro, risultava essere confluita buona parte delle sigle precedentemente appartenenti al cosiddetto Patto di lavoro che aveva costituito già un interlocutore per il precedente esecutivo. Ciò nondimeno, la scelta di incontrare i rappresentanti del Genoa social forum non è stata esclusiva, né ha inteso fornire particolari credenziali di rappresentatività a tali interlocutori rispetto ad altri.
Fra gli incontri da me avuti prima del vertice, vorrei ricordare infatti quelli del 13 luglio con il fondatore del Servizio giovani missionari, Ernesto Olivero, con la Comunità di Sant'Egidio, con i segretari nazionali di CGIL, CISL e UIL. Questi ultimi, in particolare, esprimevano la loro soddisfazione per essere stato previsto, tra le iniziative collaterali al vertice di Genova, l'incontro del 19 luglio, aperto ad organizzazioni sindacali e del mondo imprenditoriale internazionale.
Il mio programma proseguiva l'indomani, 14 luglio, sempre a Roma, con un incontro-dibattito con i rappresentanti dell'Associazione ONGitaliane, che riunisce 165 organizzazioni non governative nazionali di area laica e cattolica ed altre 65 del Forum permanente del terzo settore. Rilevo, peraltro, che di tali associazioni e ONG facevano parte anche numerosi
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gruppi aderenti al Genoa social forum. Come si può notare, la coerente linea del dialogo si è rivolta in tutte le direzioni verso chi ha accettato questa impostazione e si è mostrato interessato a comprendere le vere ragioni del vertice ed il ruolo svolto dall'Italia in quest'anno di presidenza di esercizio.
Arriviamo dunque alla cornice vera e propria del vertice, dove vengono raccolte le fila di questa ampia azione diplomatica e di dialogo volta anche a valorizzare il dialogo con l'esterno. Come ho detto all'inizio del mio intervento, vorrei evitare di dilungarmi sull'impegno profuso dai precedenti Governi - non uno solo -, così come dall'attuale, relativamente alla definizione dei temi di sostanza del vertice, alla predisposizione dei relativi documenti, alla costante e talvolta non facile opera di consultazione e convincimento dei partner su un'agenda che ha esteso nella forma e nella sostanza i tradizionali confini concettuali del G8. Il mio intervento alla Camera del 25 luglio scorso contiene un ampio resoconto di questi fatti. Vorrei comunque testimoniare come il complessivo sforzo in favore del dialogo non sia stato fine a se stesso, ma si sia riverberato nei contenuti, nella struttura e nelle conclusioni del vertice. L'ampia azione di dialogo è stata sempre concepita e diretta a fare conoscere meglio e a divulgare i contenuti del vertice, sia perché essi rappresentavano una risposta a talune richieste che la società civile va avanzando, sia per colmare la carenza degli organi di informazione, prevalentemente interessati alle questioni dell'ordine pubblico.
Vorrei dunque limitarmi, in questa sede, a ricordare i tre principali eventi svoltisi dal 18 al 22 luglio. In primo luogo, l'incontro a Roma dei ministri degli affari esteri del G8. Esso ha posto le basi per le successive dichiarazioni dei Capi di Stato e di Governo, in particolare, sulle drammatiche crisi mediorientale e macedone: quest'ultima, speriamo stia diventando
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meno drammatica rispetto al passato. Anche nel corso di questa riunione ho potuto avviare una approfondita discussione sull'esigenza del dialogo con i movimenti e le associazioni che lo accettano e che si dissociano dalla violenza. Su impulso italiano, tale dibattito proseguirà a settembre, nel corso della tradizionale riunione di lavoro dei ministri degli esteri del G8, a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, anche in vista delle iniziative concrete che potranno al riguardo prevedersi nel corso della successiva presidenza canadese del G8.
In secondo luogo, l'evento di «apertura» del vertice nei confronti dei paesi in via di sviluppo (20 luglio), anch'esso frutto dell'iniziativa diplomatica che ho compiutamente esposto in Parlamento e che è culminata, in questo caso, nella presenza a Genova dei Capi di Stato e di Governo di Algeria, Bangladesh, El Salvador, Mali, Nigeria, Senegal, Sudafrica, quali espressione di tutte le istanze, sia a livello delle Nazioni Unite sia in ambito regionale, dei principali problemi del sud del mondo. Erano altresì presenti i vertici di importanti organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite, la FAO, la Banca Mondiale, l'Organizzazione mondiale del commercio e l'Organizzazione mondiale della sanità. Vorrei in proposito sottolineare come la presenza di Kofi Annan ai vertici non debba essere considerata un dato acquisito. Egli, a differenza di altre occasioni, ha tenuto ad essere a Genova proprio a testimonianza del taglio impresso dalla nostra presidenza e dell'interesse per le decisioni prese.
Infine, la riunione dei Capi di Stato e di Governo dal 20 al 22 luglio, i cui esiti sono stati illustrati nel comunicato finale del vertice, anch'esso oggetto di un'approfondita analisi nel corso dei miei precedenti interventi alle Camere sopra richiamati. Elenco in maniera rapidissima la decisione di creare un
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gruppo di lavoro per la partnership Africa-G8 (questa è una novità assoluta nelle relazioni tra il nord ed il sud del mondo), nel nuovo spirito di partenariato che i paesi africani hanno deciso nel recente vertice di Lusaka; il lancio del fondo globale per la lotta all'AIDS, alla malaria e alla tubercolosi, con la disponibilità immediata di 1.300 milioni di dollari da parte degli Otto e di 500 milioni di dollari provenienti dal settore privato; i progressi nel processo di cancellazione del debito che vede l'Italia all'avanguardia rispetto alla comunità dei creditori bilaterali; il sostegno al lancio di un nuovo round di negoziati globali in materia commerciale a Doha, con un'agenda più equilibrata e che vogliamo più attenta ai temi di prevalente interesse per i paesi in via di sviluppo; la valorizzazione della task force sulle opportunità delle tecnologie digitali, quale fattore di accelerazione dello sviluppo delle aree più penalizzate del mondo; la volontà comune di affrontare costruttivamente il problema dei cambiamenti climatici; l'esito positivo dei colloqui Bush-Putin in tema di difesa missilistica.
A Ginevra... a Genova - scusi, questo è un errore freudiano - non abbiamo certamente cambiato il mondo, ma la centralità di alcuni temi trattati per la prima volta in quella sede, insieme alle proposte di raccordo fra il G8 e i paesi in via di sviluppo, hanno certo contribuito a far compiere dei passi verso la giusta direzione.
In questo vertice, la necessità di approfondire alcune questioni capitali aperte dalla crescente interdipendenza degli Stati, delle economie, dei popoli, si è ormai affermata in modo chiaro: è adesso entrata in tutte le discussioni che si hanno a livello internazionale. Le riflessioni sul miglioramento della governabilità del sistema, su come proseguire in modo più efficace il dialogo con la società civile e, infine, sull'organizzazione stessa dei vertici dei Capi di Stato e di Governo -
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quanti e come farli, quale estensione debbano avere -, sono ormai temi iscritti nell'agenda dei dibattiti internazionali. Ripeto: il problema non è quello di rifiutare l'interdipendenza e la globalizzazione, che significano inclusione dei problemi del mondo nell'agenda internazionale. Interdipendenza e globalizzazione esigono l'inclusione dei problemi del mondo nell'agenda internazionale e lo dimostra il fatto stesso che la lotta contro la povertà sia stata inclusa per la prima volta come tema centrale del vertice.
L'alternativa sarebbe quella di ripristinare le tradizionali barriere che hanno sempre diviso gli Stati e i popoli. L'alternativa è, dunque, «l'esclusione degli altri».
L'Italia continuerà ad adoperarsi, come ha fatto finora, nella ricerca di soluzioni che possano dare a questo mondo, sempre più interdipendente e quindi globalizzato, un volto umano.
PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Ruggiero, al quale chiedo di lasciare al Comitato una copia della sua relazione.
FILIPPO MANCUSO. Signor ministro, muovo dalla sua conclusione: interdipendenza e globalizzazione, valori della storia attuale ai quali è data, secondo la sua tesi, una alternativa o delle alternative, comunque contraddittorie, rispetto alle esigenze del mondo; ciò, dunque, oltre che un fatto sociologico e storico è un fatto filosofico. Qual è la ragione per cui, ammessa la legittimità del dissenso da questo ideale, esso debba essere necessariamente manifestato in tutte le sedi in cui il problema si è presentato con modi violenti e assassini? Quale può essere la ragione che coincide con il contenuto della contrapposizione ideale in proposito? C'è qualcosa di più, qualcosa di diverso o qualcosa di avverso al dialogo democratico fra le genti?
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MICHELE SAPONARA. Signor ministro, la ringrazio per la sua relazione chiara, convinta e convincente e per l'importante opera da lei svolta per il successo del vertice, che è consistita, tra l'altro, nell'averlo arricchito di nuovi contenuti (mi riferisco ai rapporti che lei ha instaurato con la società civile sia nazionale sia internazionale). Le rivolgo solo una domanda che può interessare il discorso dell'ordine pubblico e che ha appannato il successo del vertice. Lei il 28 giugno ha partecipato con il ministro Scajola all'incontro con il dottor Agnoletto e con il Genoa social forum, che aveva ereditato gran parte dei contenuti del Patto di lavoro. Lei afferma che il Genoa social forum appariva un contenitore abbastanza rappresentativo (avendovi aderito 750-800 sigle). Orbene, il dottore Agnoletto aveva dato sufficienti garanzie di poter controllare il movimento e il comportamento dei suoi rappresentati? Avevate, comunque, avuto rassicurazioni ed avevate tratto elementi di tranquillità dal dottor Agnoletto, da come agiva, dai discorsi che svolgeva e da tutto ciò che vi aveva fatto ritenere che egli rappresentasse e quindi fosse legittimato a rivestire il ruolo di portavoce o di leader del Genoa social forum?
PRESIDENTE. Poiché il presidente Mancuso si dovrà allontanare per un serio motivo, mi ha rappresentato l'esigenza di ascoltare la risposta alla sua domanda; pregherei, quindi, il ministro Ruggiero di rispondergli.
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Cercherò di rispondere alla domanda molto brevemente. Chiaramente, l'interdipendenza e la globalizzazione hanno dato risalto ai grandi problemi del mondo, poiché in precedenza questi ultimi, in un mondo di Stati nazionali con alte barriere, si vedevano e si sentivano meno. Oggi, con i mezzi di comunicazione
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può accadere che di sera accendiamo la televisione e, mentre mangiamo, magari una bistecca, vediamo scene di fame, di povertà e di ingiustizia nel mondo; ciò crea nella coscienza di tutti un sentimento di ribellione. Quindi, nelle opinioni pubbliche mondiali vi è la nuova esigenza di appartenere ad un mondo più giusto; queste sono le ragioni principali delle manifestazioni.
In verità, in tutte le manifestazioni, da quella di Ginevra del maggio 1998 fino ad oggi, vi è sempre stata una piccola parte di partecipanti numericamente poco rappresentativa, ma certamente rappresentativa sul piano della violenza e dei danni prodotti. Al riguardo, tuttavia, non ho una risposta sociologica da dare, tranne il fatto che, purtroppo, nelle manifestazioni di protesta è facile immaginare che vi sia un gruppo di persone che, per motivi ideologici o molte volte semplicemente per motivi di violenza personale, approfittano di quelle circostanze per fare ciò che vogliono.
Personalmente, ritengo che lo Stato abbia due doveri: il primo è quello di permettere le manifestazioni di protesta; il secondo è quello di proteggere, nelle manifestazioni di protesta, i cittadini e i beni pubblici e privati da chi compie atti di violenza. Credo che con tale equilibrio le cose possano essere organizzate in maniera soddisfacente e accettabile, anche se poi non è facile passare dal dire al fare. Credo, dunque, che questo debba essere il tentativo da compiere. Mi dispiace di non averle dato una risposta più complessa.
GRAZIA LABATE. Signor presidente, ho ascoltato con molta attenzione la relazione del ministro Ruggiero, della quale ho apprezzato anche l'enfasi con cui sono stati sottolineati i piccoli passi compiuti di fronte a problemi che effettivamente sono molto complicati.
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Tra l'altro, conosco il ministro per il contributo fornito nell'ambito del WTO quando, nella passata legislatura, si discuteva in merito alle regole del commercio con l'estero. Già allora ponevamo un problema che non riguarda solo i contenuti, ma i meccanismi regolativi democratici del governo mondiale. Tengo ad evidenziare sottolineare tale aspetto perché è stata sottolineata, anche nelle modalità - e voglio darne atto al ministro - la continuità di agende e contenuti dei Governi precedenti, poiché le cose complicate sono all'attenzione dei Governi del mondo.
Detto ciò, volevo rivolgere due domande. Mi ha particolarmente colpito la sua riflessione su Göteborg, quando ella ha affermato che i temi in discussione presentavano similitudini con ciò che si agita nei movimenti antiglobalizzazione, però fuori le pietre e gli scontri. Le pongo la prima domanda, visto che lei è l'artefice dell'incontro del 28 giugno con il ministro dell'interno - che, peraltro, ascolteremo oggi - e del dialogo con la galassia, che poi si è configurata anche in termini molto ampi, del Genoa social forum.
In quell'occasione, quali furono i punti di contatto sui contenuti (essendo deputata genovese, li conosco perché vi sono stati molti dibattiti nella mia città) che il Genoa social forum poneva come questioni di merito rispetto al G8? Vorrei, quindi, capire se è stato solo un dialogo di comprensione in generale o se, in qualche modo, si era raggiunto un confronto anche sul merito delle questioni. Mi chiedo se la sua grande preoccupazione, successiva all'esperienza di Göteborg, fosse che il movimento avrebbe potuto reagire, fosse legata ai problemi della sicurezza, relativamente ai quali chiedeste delle referenze (tenuto conto che anche lei ammette che vi era una galassia amplissima di associazioni). Mi chiedo se lei abbia discusso in sede di Governo di tale sua preoccupazione e abbia
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trovato anche in quell'ambito l'idea di un governo democratico - uso questo termine sperando che i colleghi non mi fraintendano - delle ragioni contenutistiche e della garanzia dei due principi che con lei condivido: sicurezza e libertà di manifestare democraticamente.
Concludo domandandole se, oltre a questo, faceva parte della sua conoscenza globale anche tutta l'azione di intelligence, di cui abbiamo avuto occasione di leggere, e che - questa è una mia opinione personale - forse poteva costituire un elemento di maggiore prevenzione e non già di repressione.
MARCO BOATO. Non parlerò soltanto di quanto ho già avuto modo di dirle in un dibattito preventivo alla Camera e che le ho detto anche informalmente più volte. Personalmente condivido totalmente l'impostazione che lei ha dato al modo innovativo di affrontare non solo la questione del G8 ma, in generale, i problemi che riguardano l'ambiente, la povertà, la sanità, e così via. Credo che, per quanto il presente Comitato non sia stato istituito per questo motivo (dato che lei ha come referenti il Parlamento e le Commissioni affari esteri di Camera e Senato), sia opportuno che, anche in questa sede, tale aspetto venga rimarcato. Ripeto, ritengo che l'impostazione da lei data nel breve periodo trascorso dal momento in cui ha assunto la responsabilità del Ministero degli affari esteri (come lei ha detto, e le riconosco anche questa correttezza, in continuità con quanto era stato fatto dai Governi precedenti) sia pienamente condivisibile. Le do anche atto della grande mole di lavoro che ha svolto e dello spirito con cui ha lavorato. Ovviamente, la finalità di questo Comitato è, in questo quadro generale, più specifica e per certi aspetti più complessa. Tale complessità deriva dal tipo di problemi che si sono verificati, non solo in Italia ma, come lei giustamente ha ricordato, da circa tre anni in quasi tutte le sedi ed occasioni internazionali.
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Qualcuna di esse si è anche conclusa anticipatamente; qualcuna, come Barcellona, è stata annullata; qualcun'altra è stata spostata nel Qatar e così via.
Vorrei rivolgerle tre domande. Innanzitutto, vorrei sapere cosa è cambiato, per la sua esperienza e la sua conoscenza, nell'affrontare questi problemi (mi riferisco all'intreccio tra gli aspetti istituzionali, il dialogo con la società civile ed il modo di organizzare i vertici), prima e dopo l'esperienza di Göteborg. Mi pare, infatti, sia il primo vertice che lei (così come il Presidente del Consiglio) affronti in qualità di ministro degli affari esteri del Governo italiano. Mi riferisco, dunque, al prima e al dopo Göteborg.
La seconda domanda che le rivolgo è volta a conoscere il modo in cui si è sviluppato il rapporto sia con il Genoa social forum (lei ha citato in modo particolare la riunione del 28 giugno alla Farnesina e credo sia molto utile che consegni il testo che ha letto al Comitato) sia con le altre ONG. Alcune di queste ultime - come lei ha detto giustamente - fanno anche parte del Genoa social forum, altre, invece, hanno una storia più lunga. In particolare, le chiedo se può dirci qualcosa in più sulla riunione che si è svolta alla Farnesina il 14 luglio con le ONG. Più volte, infatti, il collega Sinisi ha chiesto ai vari interlocutori approfondimenti su questa fantomatica riunione e non si è riusciti a capire esattamente che tipo di riunione fosse.
Vorrei rivolgerle un'ultima domanda, connessa alle finalità di questo Comitato. Lei ha ricordato giustamente, e si tratta di finalità sostanzialmente condivisibili, che vi erano tre obiettivi: la piena realizzazione del G8; il dialogo con la società civile e il diritto al dissenso pacifico; il contrasto alle forme di violenza a tutela dei cittadini, degli stessi manifestanti pacifici e dei beni pubblici e privati. Il primo di tali obiettivi è stato
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conseguito, al contrario del secondo e del terzo. Vorrei sapere se, da parte sua, vi sia stata una riflessione a tale proposito anche per il futuro (che non riguarderà, nell'immediato, l'Italia, salvo altri vertici).
Lei ha parlato di un avvio della riforma dei vertici e di una riflessione sulla natura e sull'organizzazione dei vertici per il futuro anche finalizzato ad un miglioramento della governabilità del sistema, e questo è l'aspetto istituzionale. Vi è, però, anche un problema di modalità di organizzazione dei vertici, sia per la loro funzionalità istituzionale sia anche per come si rappresentano all'opinione pubblica. L'interrogativo è: perché tanto divario? Le chiedo di fornirci qualche riflessione al riguardo.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor ministro, desidero ringraziarla per quanto ci ha detto questa mattina ed anche per l'azione che lei ha svolto in preparazione dei lavori del G8. Purtroppo - e si tratta di una riflessione già affrontata in sede di Comitato - i temi veri di quel confronto internazionale sono in qualche modo stati offuscati dalla tragicità degli avvenimenti di quei giorni. Questo, però, nulla toglie al significato importante dell'inizio di un nuovo cammino da parte degli otto paesi più potenti della terra in una direzione da noi tutti auspicata. Non le rivolgerò, pertanto, domande relativamente a tutte queste cose che - ripeto - condivido pienamente. Le porrò due questioni, apparentemente laterali ma che, invece, ci servono per comprendere alcune cose importanti.
Innanzitutto, vorrei sapere quali sono state le sue valutazioni personali e, più in generale, le valutazioni del Governo (se ci sono state) all'indomani del vertice di Göteborg e della situazione che si era verificata per quanto riguarda la questione dell'ordine pubblico. Vorrei sapere, cioè, se vi è stata da parte vostra una preoccupazione aggiuntiva rispetto a precedenti
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vertici in relazione al tipo di escalation verificatasi. Vi è stata una preoccupazione supplementare, da parte sua e del Governo, rispetto alle questioni riguardanti la gestione dell'ordine pubblico all'indomani di Göteborg?
L'altra domanda che intendo rivolgerle è la seguente. Abbiamo ascoltato dal dottor Agnoletto il racconto dell'incontro del 28 giugno tenutosi, alla presenza sua e del ministro Scajola, alla Farnesina. Il dottor Agnoletto ha riferito della circostanza che lei aveva presentato una sorta di documento, invitando in qualche modo il Genoa social forum a farlo proprio. Il dottor Agnoletto ha riferito che il movimento non vi si poteva riconoscere, in quanto alcune questioni, considerate fondamentali - quali, ad esempio, la Tobin tax e la riduzione drastica della durata dei diritti di esclusiva dei brevetti per i medicinali - non erano trattate; pertanto, non potevano riconoscersi in simile documento. Ebbene, la circostanza per cui il Genoa social forum non poteva convenire sui contenuti del documento perché mancavano, in esso, quelli da lei proposti - da me, ad ogni modo, ritenuti molto importanti ed avanzati - ha costituito per voi una preoccupazione? Oppure avete considerato l'evenienza normale, nell'ambito di una logica e naturale dialettica? Specifico meglio la domanda: lei ha avuto la percezione che tale divergenza di opinioni sui contenuti potesse avere conseguenze pratiche, poi, durante i giorni del G8? Se sì, all'interno del Governo se ne è discusso? E in quali termini?
GRAZIELLA MASCIA. Signor ministro, lei ha svolto, nella odierna occasione, considerazioni con le quali ha tracciato la linea politica già più volte illustrata in Parlamento. Io, a ragione dell'esiguo tempo a disposizione, non posso, e spiegare da parte mia, non sarebbe corretto, perché abbiamo contestato la legittimità dei vertici, le ragioni che mi portano a non
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condividere per nulla detta linea. Tuttavia, abbiamo apprezzato il dialogo; dialogo che, quale scelta di fondo, continuo ad apprezzare. Però, vorrei chiederle se, dopo le vicende di Genova, non ritenga opportuno che tale scelta debba essere ponderata anche sulla base di quanto avvenuto. Voglio dire che il dialogo ha un senso se compiuto non solamente allo scopo di intervenire nel merito delle questioni che debbono essere affrontate, ma anche in vista di una sua traduzione vera in diritto a manifestare appieno. Ciò mi sembra evidente dalle testimonianze raccolte in questa sede; certo, le valutazioni, alla fine, saranno anche diverse, ma sostenere che debba essere riconosciuto il diritto a manifestare significa dire che si tratta di un diritto effettivo. A Genova ciò non si è verificato; infatti, al diritto a manifestare non ha corrisposto la difesa dei manifestanti (e si trattava di manifestanti pacifici).
Le vorrei chiedere se quanto avveniva a Genova in quelle ore non abbia influito sul dibattito. Ormai, in questa sede, abbiamo ascoltato diverse relazioni - non so se lei voglia aggiungere altro - rispetto ai rapporti intrattenuti con gli altri paesi; al di là del merito dei vertici di cui lei è responsabile e titolare, vorrei chiederle se quegli avvenimenti non abbiano interferito con il dibattito che voi avevate in corso.
Infine, e devo dire che ciò mi ha molto impressionato la sera del 20 luglio, io mi aspettavo - ma era l'aspettativa di migliaia di ragazzi in quel momento - che voi interrompeste o almeno sospendeste il vertice dopo la morte di Carlo Giuliani. Nessuno di voi, nessuno dei capi di Governo ha evidenziato tale opportunità?
ROBERTO MENIA. Ringrazio il ministro degli affari esteri, anche per la relazione approfondita, densa di contenuti, assolutamente positiva, in particolare per ciò che ha significato o ha voluto significare in ordine all'atteggiamento tenuto sul
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vertice dal nostro ministero, e dal nostro Governo. Ho apprezzato, per esempio, gli aspetti che il ministro ha voluto sottolineare, aspetti che hanno determinato comunque - nonostante il fatto che quanto è accaduto abbia conferito un contorno negativo il vertice - passi in avanti verso un mondo più giusto, come lei, signor ministro, ha detto.
Desidero, soffermarmi tuttavia, anche su altre circostanze, che interessano più da vicino la materia trattata dal Comitato. Il Governo, e lei in particolare, aveva auspicato una politica del dialogo; aveva affermato l'esigenza che si esprimesse il dissenso, purché, evidentemente, in forme accettabili. Abbiamo saputo che il Governo ha previsto, attraverso un decreto-legge, lo stanziamento di una somma non irrilevante, per andare incontro alle esigenze dei manifestanti (almeno di quelli «civili»). Ma, per quanto di competenza del Ministero degli esteri, cosa si è fatto ai fini della prevenzione, attesa la previsione dell'arrivo, da paesi esteri, di persone già note come artefici di episodi di violenza in manifestazioni analoghe? Le chiedo, in particolare, come si siano attivate le nostre ambasciate; le chiedo - tralasciando il lavoro di intelligence e quello svolto dall'Interpol - di riferirci sul lavoro compiuto dalle nostre ambasciate nell'acquisizione preventiva di segnalazioni per quanto riguardava la presumibile presenza di cittadini stranieri pericolosi, che avrebbero potuto turbare lo svolgimento del vertice. Le chiedo ciò anche in considerazione di quanto abbiamo sentito, per esempio, ieri, dal portavoce del Genoa social forum Agnoletto, con dichiarazioni, a mio modo di vedere, assai contraddittorie. Da un lato, infatti, diceva che il Genoa social forum chiedeva libertà assoluta alle frontiere; dall'altro, sosteneva che non fosse stato fatto abbastanza perché non erano stati fermati i violenti alle frontiere. Allora, le chiedo, quale azione preventiva, da parte delle nostre
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ambasciate, sia stata svolta e quali risultati abbia sortito. In particolare, a proposito del nucleo tedesco - che poi più drammaticamente degli altri ha infierito su Genova, le chiedo se risulti, dai rapporti della nostra ambasciata a Berlino, che tutti i manifestanti tedeschi, fermati poi a Genova, erano già stati raggiunti da misure giudiziarie per atti violenti compiuti in manifestazioni svoltesi in Germania o in altri paesi.
KATIA ZANOTTI. Signor ministro, la mia è una domanda molto breve. I colleghi si sono già soffermati nell'apprezzare la sua importante opera, consistita in un'azione di dialogo condotta su diversi piani; penso anche a quella sua valorizzazione dei «fermenti», sui quali ha insistito e dei quali ha detto che erano spesso condivisibili.
Volevo chiederle - alla luce anche di considerazioni di merito svolte da altri colleghi, sulle quali lei si soffermerà al momento della replica - se, dopo le sue riflessioni sull'incomprensione delle istanze dei vertici e dopo le pietre delle piazze, insomma, lei pensi, nella sua riflessione politica e persino nella sua agenda di ministro, di proseguire il dialogo con il Genoa social forum.
LUCIANO FALCIER. Signor ministro, la ringrazio, non solo per i contenuti della sua esposizione, ma anche per la passione che emerge dall'esercizio del suo gravoso impegno di ministro, nell'occasione presente e per l'impegno nel «relazionarci» sugli eventi del G8 e di Genova.
Le rivolgo una domanda analoga - per non dire la stessa - a quella che ho già rivolto al precedente audito di stamattina, il senatore Dini. Alcuni passaggi ed alcuni contenuti della sua relazione me ne danno particolare motivo, visto che ho colto, in essa, sottolineature di aspetti che, almeno a me, erano sfuggiti in passato. Conseguentemente le do atto -
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e sarò subito più chiaro - che l'averli lei posti all'attenzione è servito, almeno a me, per ripristinare e ricercare meglio la verità dei fatti.
Faccio riferimento, in particolare, al fatto che le vicende di Genova e l'informazione fornita sui relativi avvenimenti avevano suscitato in me - ma ritengo anche ad altri - la sensazione che il Genoa social forum ed i suoi rappresentanti avessero la rappresentanza effettiva e quasi esclusiva di un mondo associativo che è interessato ad eventi, a summit, a manifestazioni, come quelle che si sono svolte a Genova e che da molti anni si svolgono in altre parti del mondo, magari con temi diversi.
Invece, mi risulta - il riferimento ai contenuti della sua relazione - che prima di ogni summit da decenni le organizzazioni non governative, le associazioni - soprattutto quelle del mondo cattolico e a quelle che gravitano intorno alla cooperazione internazionale - si incontrano, discutono, avanzano delle proposte che pervengono al tavolo dei Capi di Stato in modo che se ne possa tenere conto, nel limite del possibile, per le decisioni da assumere.
Le chiedo se lei sapesse che, proprio in prossimità della scadenza del G8 di Genova, il 2-3 aprile a Firenze, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, vi era stato un importante forum, nel corso del quale tali associazioni e significativi centri studi che si interessano del problema avevano svolto il loro forum, predisposto delle relazioni e - credo - tentato di farle pervenire ai rappresentanti dei Governi che stavano per assumere le decisioni di loro competenza a Genova.
Le chiedo, quindi, se fosse a conoscenza di tale iniziativa, se siano pervenute al suo tavolo o al suo Dicastero proposte da quel mondo, se sia stato possibile tenerne conto e se, invece,
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da parte del Genoa social forum siano pervenute proposte relative ai temi che il G8 stava per affrontare, oltre a quelli dell'ordine pubblico, delle manifestazioni, delle piazze tematiche od altre questioni collaterali.
Vorrei chiederle se, in preparazione di altri futuri vertici, vista l'esperienza di Genova, gli interlocutori sono o saranno gli stessi, se quel mondo molto attivo - da sempre attento e presente nelle manifestazioni relative alla povertà, alla miseria, all'associazionismo, alla cooperazione internazionale e le cui attività risultano un po' offuscate da ciò che è successo, se non addirittura demonizzate per essersi trovato involontariamente coinvolto in tante violenze, almeno verbali, a Genova - le sia presente e se per i futuri impegni lo riconosca ancora come un interlocutore valido e capace di contribuire agli esiti e dalle proposte dei vari summit.
GIANNICOLA SINISI. Signor ministro, la ringrazio per la sua relazione e per il modo in cui l'ha illustrata in quest'aula. Le pongo molto rapidamente sei questioni.
La prima è più da lettore di giornali che non da uomo politico. Nel periodo che ha preceduto il vertice dalla lettura dei giornali emergeva una sorta di distinzione fra la sua posizione, largamente condivisibile, favorevole al dialogo sulle manifestazioni di dissenso - che poi, in buona sostanza, sono anch'esse un'espressione della globalizzazione - la posizione di altri che, pur appartenendo alla stessa compagine governativa, reputavano questa linea, in qualche misura, imprudente. Le chiedo se la linea del dialogo, che lei ha portato avanti in quel mese - largamente condivisibile, almeno nelle intenzioni, e che certamente condivise il ministro Scajola - fu condivisa e discussa dal Governo nella sua collegialità.
Seconda questione: lei era a Genova con il Presidente Berlusconi a guidare una difficilissima quanto importantissima
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missione; a distanza di poche centinaia di metri da voi si trovavano anche il Vicepresidente del Consiglio dei ministri e il ministro della giustizia: voi foste informati della loro presenza a Genova ? In che modo?
Terza questione, fermo restando che, secondo me, discutere di manifestazioni di dissenso significa discutere di globalizzazione: anche alla luce delle informazioni che via via pervenivano e dei fatti di Göteborg lei reputa che quel dialogo fu condotto e concluso in maniera prudente o se da ciò che poi è accaduto ha tratto qualche insegnamento che vuole consegnare agli atti di questo Comitato e che in futuro, che possa essere utile a noi e al nostro paese?
La quarta questione che vorrei porle, in base alla sua esperienza è la seguente: lei non reputa che, quando ci si occupa di povertà, malattie e disuguaglianze, gli stessi vertici debbano in qualche modo svolgersi con una maggiore sobrietà? Credo che uno degli elementi - è una mia opinione, ma chiedo anche la sua perché è importante ed utile per il futuro -, una delle ragioni della mancanza di credibilità dei contenuti politici che lei ha mirabilmente espresso è che essi confliggono con la manifestazione esteriore: discutere di povertà su una nave lussuosissima, a cinque stelle, crea una certa caduta di credibilità. Non è un'accusa che rivolgo né a questo Governo a lei personalmente (ho apprezzato molto quello che lei ha riferito), ma ritengo possa servire per il futuro, visto che lei ha avuto l'abilità e la capacità di introdurre questi temi nell'agenda del G8.
Quinta questione: noi ci siamo affannati a comprendere una sorta di cronologia degli eventi organizzativi. Abbiamo appreso che le tre questioni che hanno determinato la pianificazione della sicurezza erano l'ubicazione degli eventi, l'allocazione delle delegazioni ufficiali e l'autorizzazione delle
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manifestazioni. Quando le delegazioni ufficiali sciolsero ufficialmente la riserva sulla loro allocazione e, segnatamente, quando decisero l'ubicazione sulla European Vision la delegazione francese del Presidente Chirac e quella degli Stati Uniti?
Sesta questione: come fu il rapporto di collaborazione con il Ministero dell'interno ? Le strutture dello stesso le garantirono, come io credo, tutta la collaborazione necessaria per realizzare nel migliore dei modi l'evento?
FABRIZIO CICCHITTO. Poiché apprezzo i contenuti della sua relazione, per l'impegno e anche per i risultati del Governo sul nodo del G8, in parte offuscati dal fatto che, come lei ha riferito, fuori da quel palazzo succedeva quello che conosciamo, vorrei porle una domanda specifica e di basso profilo che si riallaccia ad un'osservazione già avanzata da un altro collega.
Il Governo tedesco ha criticato il nostro paese con riferimento al trattamento di alcune persone e così via. A parte il fatto che - come è stato già detto dall'onorevole Menia - emerge che il nucleo fondamentale del black bloc era costituito per metà da tedeschi, dalla documentazione che ci è stata fornita dai Servizi e anche da una riflessione del dottor La Barbera si evince che il paese che ha meno collaborato con noi nella fase, diciamo così, pregiudiziale su tali temi è stato proprio la Germania. Tale riflessione, fatta a livello dell'intelligence o della Polizia, è conforme a quanto risulta al Ministero degli esteri?
ANTONIO IOVENE. Signor ministro, questo Comitato ha ovviamente un campo d'azione molto limitato, relativo a
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quanto avvenne attorno al G8 e, dunque, non ha la possibilità di discutere o di entrare nel merito di quanto nel G8 si decise e si fece.
Lei è stato, nei giorni che precedettero il vertice, comunque, il protagonista della ripresa del dialogo tra il Governo e il Genoa social forum, che si era interrotto per la vicenda elettorale. Vorrei, dunque, porle tre brevissime domande. La prima è la seguente: ieri il dottor Agnoletto, nella sua audizione e nel materiale che ci ha consegnato, ha ricordato l'incontro del 28 giugno 2001 presso la Farnesina e, all'interno della sua ricostruzione, ha fatto riferimento ad un passaggio della riunione, in cui - dice Agnoletto - si arrivò a discutere dei problemi dell'ordine pubblico e anche della sicurezza delle manifestazioni e il ministro Scajola, in qualche modo, sconfessò le dichiarazioni che, il giorno prima, aveva fatto il Vicepresidente del Consiglio Fini, relativamente all'uso dell'esercito in piazza per fronteggiare i manifestanti. Vorrei avere da lei una conferma della circostanza: se di questo si discusse, se ci fu questa smentita.
La seconda domanda è direttamente collegata alla precedente. Da quanto da lei affermato in questa sede, da quanto fatto prima di Genova e che ho avuto modo di seguire, non le pare che nei confronti delle manifestazioni e dello stesso GSF ci fosse, da parte dei diversi esponenti del Governo, un atteggiamento diverso? Che, in qualche modo, lei fosse paragonabile ad una sorta di Penelope che tesseva una tela che la notte veniva disfatta? Io ho avuto questa impressione; una serie di interventi, di interviste, alimentavano, in qualche modo, un clima di tensione, mentre lei ed altri si facevano carico di tenere aperto questo dialogo. Questa impressione in me è stata fortissima, vorrei sapere che idea ha lei in proposito.
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Infine, sempre nello stesso ambito: nei giorni del vertice lei e il Presidente Berlusconi eravate lì a Genova, impegnati nei lavori del G8 e credo che foste continuamente informati di quanto avveniva fuori dalla zona rossa; vi rendevate conto che non c'era solo la zona rossa nella sua pacifica - per fortuna - sistemazione, e anche di quanto accadeva fuori, nella zona gialla? Avevate modo di seguire e di intervenire rispetto a quanto stava avvenendo, oppure questa attività era delegata ad altri (ad esempio, al Vicepresidente Fini, che era lì presente a Genova in altro ambito?
SAURO TURRONI. Ringrazio il ministro Ruggiero, il quale con sincerità e impegno ha inteso operare per il dialogo, il confronto, adoperandosi anche affinché l'agenda del G8 contenesse i temi proposti dalla molteplicità delle organizzazioni non governative e dalle associazioni del dissenso.
Ho avuto modo di proporle tali decisioni e di incoraggiarla in questo senso. Ricordo ancora le sue parole per le quali la ringrazio. Credo però sia successo qualcosa, signor ministro e che questo qualcosa - come nei fossi che non hanno una riva sola - non sia addebitabile ad un destino cinico e baro, ma possa derivare da talune scelte, da talune decisioni che credo non l'abbiano riguardata. Non credo che ciò sia dipeso esclusivamente dai violenti, mi sono fatto idee diverse e vorrei conoscere la sua, se è possibile.
La seconda domanda riguarda le espulsioni. Abbiamo potuto vedere come taluni provvedimenti di arresto siano stati annullati dall'autorità giudiziaria, sulla base dell'insussistenza dei motivi che avevano portato all'adozione degli stessi. Contemporaneamente, però, sono state disposte dall'autorità di pubblica sicurezza molte espulsioni di cittadini stranieri. Certo si può ricorrere con un provvedimento di carattere amministrativo entro 30 giorni, al TAR del Lazio oppure, nel caso di
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cittadini europei, questi ultimi possono presentare una semplice domanda.
Tuttavia, signor ministro - visto che in relazione a taluni provvedimenti di espulsione e di arresto, che hanno riguardato alcuni cittadini stranieri, è stata dimostrata l'insussistenza delle motivazioni - non ritiene, alla luce di quanto sta emergendo (cioè delle modalità di questi arresti), di doversi far carico, sulla base delle richieste che provengono da taluni paesi stranieri, delle espulsioni sbagliate che sono state compiute sulla base di erronee valutazioni? Le dico questo, signor ministro, in quanto in un paese democratico spetta all'accusa l'onere della prova.
Terza domanda. Questa mattina ho letto la descrizione delle condizioni fisiche di molti cittadini stranieri arrestati in varie circostanze. La vicenda più significativa e dolorosa credo riguardi quelli colpiti nella cosiddetta perquisizione; ci sono descrizioni che a me impressionano moltissimo (non avrei mai potuto fare il medico).
Vorrei sapere se ci sono state domande di chiarimento, da parte dei paesi stranieri, in merito alle ferite, alla gravità delle stesse e alle circostanze in cui tali soggetti sono stati colpiti. Se vi è stata una risposta da parte sua e se, infine, sia a conoscenza di un'iniziativa, in sede internazionale, volta a condannare l'Italia per quanto è avvenuto nelle circostanze che hanno riguardato la scuola Diaz e il cosiddetto carcere di Bolzaneto.
Inoltre, vorrei chiedere al ministro se il vertice abbia concluso i suoi lavori con un documento e, in caso affermativo, se questo documento possa essere messo a disposizione del Comitato.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Signor ministro, la ringrazio non soltanto per essere qui presente e per la sua relazione,
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ma anche per tutto quello che sta facendo per il nostro paese, non solo per il G8.
Sono state indicate date diverse per quanto riguarda la determinazione dell'allocazione da parte delle delegazioni straniere. L'ex ministro Dini ha detto che, in realtà, alla fine di maggio, anche se non formalmente, tutte le indicazioni in merito alle allocazioni erano state comunicate dai vari paesi. Riallacciandomi anche alla domanda dell'onorevole Sinisi, vorrei sapere se alla fine di maggio, sostanzialmente, anche se non formalmente, questa allocazione fosse definita, se, per caso, vi siano state indicazioni successive e se tutto questo abbia influito sul piano della sicurezza.
Un altro elemento che vorrei conoscere riguarda lo svolgimento dell'iter per la preparazione del G8. Il Governo Berlusconi e il suo Ministero si sono insediati in un periodo molto vicino al vertice e, quindi, necessariamente hanno dovuto riprendere quanto era stato fatto dal precedente Governo. Vorrei sapere se vi sia stato uno stravolgimento della linea del precedente Governo, oltre al fatto che, al fine di prestare volendo dare maggiore attenzione alla povertà, alle malattie e alla necessità di collaborazione, sono stati cancellati tutti quegli impegni mondani già indicati dal precedente Governo della sinistra e, per la prima volta, non sono state invitate le signore.
Inoltre, poiché mi sembra che durante il precedente Governo fosse emersa una scarsa collaborazione - se non un contrasto - fra la Presidenza del Consiglio, il ministro dell'interno e il ministro degli affari esteri - tanto è vero che, a un certo punto, il Presidente Amato è stato costretto ad attribuire ogni competenza al Ministero degli affari esteri -,
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vorremmo sapere se nell'ambito del nuovo Governo siano mai sorti contrasti fra la Presidenza del Consiglio, il ministro dell'interno e il ministro degli affari esteri.
PRESIDENTE. Credo che il ministro abbia bisogno di un po' di tempo per riordinare le domande e procedere, quindi, alle risposte.
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 12,55, è ripresa alle 13,05.
PRESIDENTE. Do la parola al ministro degli affari esteri per la replica ai quesiti formulati dal colleghi.
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Vorrei iniziare dall'onorevole Saponara il quale, in particolare, mi ha chiesto se durante la riunione del 28 giugno con il Genoa social forum avessimo avuto l'impressione che Agnoletto offrisse delle garanzie e se questi elementi ci inducessero ad essere tranquilli. Ho riassunto la domanda. In realtà, non ci fu una discussione - per quanto mi ricordo, perché la stessa fu tra il ministro Scajola e Agnoletto - sulle garanzie o meno. La discussione fu sulla zona gialla e sulla possibilità di disporre di mezzi di trasporto che potessero condurre i dimostranti a Genova, quindi su una serie di questioni organizzative. Fu convenuto - se non erro - che la discussione sarebbe stata approfondita nel corso di un incontro successivo che Agnoletto e il GSF avrebbero avuto con il Capo della Polizia.
MARCO BOATO. E che si tenne due giorni dopo...
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Esattamente. Credo che due giorni dopo si siano incontrati e che, in quella sede, abbiano preso una serie di decisioni. Quindi, con
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tutta onestà, non posso dire che vi fossero elementi di tranquillità né di preoccupazione. Fu un dibattito nei limiti entro i quali possono avvenire dibattiti di questo genere: si svolgono tra due parti che certamente non vogliono scambiarsi dei segni di cordialità ma neppure segni di particolare rottura.
L'onorevole Labate - mi spiace che non sia presente in questo momento - mi ha rivolto una domanda fondamentale: il problema dei meccanismi regolatori mondiali. In realtà, uno dei maggiori problemi che produce la globalizzazione è che cittadini di qualunque Stato sentono che vi sono delle realtà le quali vengono determinate senza un reale controllo. Chi vive in un paese democratico sa che un provvedimento viene adottato dal Governo e discusso in Parlamento; se poi il cittadino non è contento sa che vi sono le elezioni alle quali può votare contro e scegliere chi preferisce. Quando oggi passiamo al fenomeno della globalizzazione, abbiamo una serie di ricadute perché la globalizzazione è interdipendenza e quest'ultima fa sì che ciò che accade in un paese abbia ripercussioni in un altro o che delle decisioni, prese in un settore, si ripercuotano in altri paesi. Tutto questo però non avviene con un meccanismo che sia chiaro. Quindi, uno dei maggiori problemi, quando parlo di miglioramento della governabilità del sistema, è di introdurre nel sistema internazionale dei meccanismi che consentano l'individuazione di responsabilità. Tali meccanismi devono poi riferire ad altri organi. Non possono prendere decisioni senza che vi sia un controllo, così come avviene in tutti i regimi democratici.
Ma ancora di più. Questo non è sufficiente, perché uno dei problemi dell'insicurezza che l'interdipendenza e la globalizzazione hanno provocato è che i centri decisionali si allontanano molto dalla possibilità del cittadino di esercitare il controllo. Quindi, bisognerà sempre fare in modo che tali
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processi possano riferirsi anche agli altri Stati nazionali, ad altri tipi di organizzazioni. Quando parliamo di meccanismi regolatori, parliamo di un problema di grandissima complessità istituzionale e che incide sul rapporto tra il cittadino e le istituzioni. Si tratta di una delle grandi riflessioni che bisogna fare.
Mi è stato chiesto se il dialogo con il Ministero dell'interno fosse per ragioni di politica interna. No. Onestamente all'inizio - anche per ragioni di buonsenso - il ministro dell'interno ed io ci siamo detti: è inutile che faccia io un incontro con il Genoa social forum e lo faccia tu il giorno dopo. Facciamolo insieme: tu ti occupi di discutere sugli aspetti di ordine pubblico, io su quello che maggiormente mi interessa, cioè il dialogo sull'agenda e possibilmente sui modi con i quali risolvere i problemi. Non abbiamo stabilito un legame tra il dialogo e le questioni dell'ordine pubblico, anche perché ciò non era possibile e l'altra parte non lo avrebbe accettato. Ognuno svolgeva la propria azione senza interferire sull'azione degli altri.
Per quanto riguarda l'intelligence, vi posso dire, con assoluta onestà, che non ho letto un solo rapporto; anzi, quando ho visto il comandante dei carabinieri - ero appena stato nominato ministro - ho domandato se avessero delle informazioni. Mi si rispondeva vagamente; mai un elemento di chiarezza, come se si trattasse di una materia ancora molto labile o magmatica (come mi suggerisce l'onorevole Boato). A ciò non attribuisco alcun motivo legato ad una particolare riservatezza nei miei confronti. Probabilmente non c'erano questi elementi di grande importanza.
L'onorevole Boato mi ha rivolto un'altra domanda molto importante su cosa sia cambiato nell'affrontare questi temi prima e dopo Göteborg. Rispondo con una sola parola: la
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consapevolezza. Fino a Göteborg, non so per quale motivo, non vi era la consapevolezza dell'importanza di questa protesta, la consapevolezza che tale protesta conteneva elementi che rappresentavano valori nuovi e vecchi ma che nessuno poteva mettere in discussione, come i diritti umani, i diritti dei lavoratori, la protezione dei bambini, l'ecologia, la protezione dell'ambiente, la lotta alla povertà, eccetera; questi temi non dico che fossero visti burocraticamente, ma non erano entrati nella coscienza e nel dibattito. Direi che dopo Göteborg tali argomenti sono entrati nel dibattito, tanto è vero che Göteborg ha avuto, forse, un'influenza positiva nel convincere tutte le delegazioni che questi dovevano essere i temi del vertice di Genova e che, in effetti, ciò che noi cercavamo di fare - cioè portare i rappresentanti di molti paesi in via di sviluppo al vertice di Genova - era necessario perché non potevamo più pretendere di vivere da soli.
Dunque il problema della riforma del vertice - questione che lei, onorevole Boato, pone nell'ultima domanda, ma alla quale risponderò ora - è un punto attualmente in discussione e lo sarà anche a New York. Non che siamo tutti d'accordo, affatto, però già, ad esempio, il Presidente Chirac ha annunciato che nel 2003, quando sarà la Francia ad organizzare il vertice, tenterà un'apertura ai paesi in via di sviluppo ed alle organizzazioni internazionali che sia più istituzionale di quanto sia stato fatto a Genova.
Appare evidente che il meccanismo si è innescato e si capisce che, al di fuori e al di sopra del G8, è necessario creare qualcosa di diverso. Questo elemento non è sicuramente sufficiente a risolvere i problemi di cui discutevamo prima - cioè il rapporto del cittadino con le realtà della globalizzazione
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o con le decisioni - ma certamente rappresenta un raccordo di coordinamento, al più alto livello internazionale, che segna un progresso nella giusta direzione.
Già da molto tempo sto proponendo la creazione, oltre al G8, di un G25 che secondo certi calcoli potrebbe racchiudere i rappresentanti di tutte le categorie dello sviluppo, dai più poveri del mondo ai più ricchi, ed anche i rappresentanti di tutte le grandi regioni del mondo che potrebbero, con delle constituency interne, a rotazione, partecipare ai vertici, in modo tale che ognuno abbia il diritto di partecipare, ammettendo, però, alla discussione un numero limitato di rappresentanti per volta. Sarebbe infatti impossibile ottenere una discussione proficua riunendo contemporaneamente 178 rappresentanti (poiché tanti sono, attualmente, gli Stati del mondo).
Può darsi che questa idea abbia un seguito; se ne inizia a parlare adesso, mentre in passato era considerata soltanto una stranezza. In ogni caso non so affatto se il prossimo vertice, quello canadese, andrà in questa direzione. Per il momento è stata scelta l'opzione di un vertice molto sobrio, molto ristretto, in una località di montagna isolata, accessibile soltanto da una strada, dunque facilmente difendibile dal punto di vista dell'ordine pubblico. Mi sembra, dunque, che sia stata fatta una scelta più attenta all'ordine pubblico che non all'apertura. Si tratta di problemi che dovranno essere affrontati e discussi.
Per quanto riguarda il rapporto con il Genoa social forum, devo dire onestamente che non è stato uno dei rapporti più proficui. C'era, chiaramente, una certa diffidenza da parte di Agnoletto; ricorderete che ad un certo momento mi aveva definito «il peggior nemico», anche se non capisco per quale motivo avrei potuto essere il peggior nemico!
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Attribuisco una grande importanza alla «Dichiarazione del millennio» sottoscritta da 178 Capi di Stato e di Governo: o siamo seri o non lo siamo! Se una dichiarazione, cui si arriva, non a caso, ma con una negoziazione, è stata sottoscritta da 178 Capi di Stato e fissa determinati obiettivi, credo che sia nostro interesse creare un monitoraggio strettissimo per verificare chi persegue gli obiettivi e chi no. Avevo, pertanto, proposto al Genoa social forum, quale rappresentante delle organizzazioni non governative, di condurre un monitoraggio severo che sottoponesse poi i problemi all'opinione pubblica, verificando se gli impegni sottoscritti dagli Stati siano realizzati o meno o, perlomeno, ci si avvicini alla loro realizzazione, perché molte volte gli impegni sono stati sottoscritti e poi non è successo nulla! Quando ho tentato, non di far sottoscrivere un documento (documento che consegnerò e che leggerete) ma di definire questa funzione, che ritengo importantissima per le organizzazioni non governative, ho avuto una reazione piuttosto...così... Rispetto chi ha opinioni diverse e non voglio assolutamente polemizzare, ma non posso certo dire che ci fossimo ben capiti su ciò che io consideravo non un documento da sottoscrivere ma una proposta, per affidare al Genoa social forum un ruolo che a me sembra importantissimo. Proporrò, infatti, quando mi recherò alle Nazioni Unite, un monitoraggio continuo e severissimo, perché altrimenti le dichiarazioni che sottoscriviamo finiscono per fare più male che bene in quanto i paesi poveri, la gente che ha fame, ne sono a conoscenza; tutti sanno che noi ci impegniamo a ridurre la fame nel mondo del 50 per cento in un certo numero di anni e, dunque, credo che questi impegni non si possano ignorare completamente.
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Per quanto riguarda la riunione del 14 luglio, andò molto bene (così com'era andata bene la riunione con i tre rappresentanti dei sindacati), si trattò di vero dialogo. Io illustrai l'agenda...
MARCO BOATO. Può spiegare chi fossero gli interlocutori?
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Sì, le leggo la lista.
Con i rappresentanti delle 165 ONG italiane erano presenti: Antonio Patriarca (portavoce forum permanente del Terzo settore e Presidente AGESCI); Sergio Marelli (presidente associazione ONG italiane e membro Coordinamento nazionale forum permanente del Terzo settore); Mario Gay (membro esecutivo associazione ONG italiane e presidente COCIS); Giampaolo Gualaccini (membro Coordinamento nazionale associazione ONG italiane e vicepresidente della Compagnia delle Opere); Agostino Mantovani (membro del Consiglio nazionale associazione ONG italiane e presidente dei volontari nel mondo FOCSIV); Fabio Protasoni (segretario del forum permanente del Terzo settore e membro della presidenza ACLI); Luigi Bobba (presidente ACLI) e Mario Giro (responsabile relazioni internazionali della Comunità di S. Egidio).
L'incontro che andò molto bene, fu un vero e proprio scambio di vedute e, naturalmente, la conclusione di questo scambio, che fu ripetuta nella trasmissione televisiva Porta a porta, sfociò in una legittima richiesta di consultazioni continue e non soltanto in occasione di vertici; una consultazione permanente, cosa che, peraltro, già avviene perché - questo è uno dei punti - il dialogo è continuo, non si interrompe soltanto perché non c'è un vertice.
Di recente mi sono recato a Durban, dove ho avuto una riunione con tutte le organizzazioni non governative in cui
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sono stati discussi i problemi dell'immigrazione, riguardo a tanti aspetti e a tante realtà. Il dialogo del mio Ministero, nel campo della cooperazione allo sviluppo, è continuo. Prima dell'incontro di Durban, ho riunito tutte le organizzazioni non governative ed abbiamo avuto una discussione molto intensa sui problemi del colonialismo, della schiavitù, delle riparazioni: non si parla sempre con tutti, il dibattito è più settoriale, ma è continuo e deve essere tale. Credo che queste riunioni dovrebbero, a volte, coinvolgere anche le associazioni sindacali; il dialogo dovrebbe riguardare la società tutta intera piuttosto che soltanto alcune persone o istituzioni.
Mi sembra di avere risposto a tutto. Lei afferma che bisognava affrontare tre questioni, il G8, il dialogo e l'ordine pubblico, di cui due non hanno funzionato. Non so se il dialogo non abbia funzionato: certo, tutto è migliorabile e si può sempre pensare di fare meglio, però credo che il dialogo...
MARCO BOATO. Non dico che non ha funzionato il dialogo. A Genova doveva riuscire il vertice, bisognava contrastare le azioni violente e garantire quelle pacifiche: non il dialogo, ma questo binomio non ha funzionato.
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Onestamente non ho partecipato al vertice, poiché esso riguardava i capi di Stato e di Governo: non sono stato presente per l'intera durata del vertice, a cui partecipavo dall'esterno come tutti gli altri, osservando lo svolgimento degli avvenimenti da un piccolo teleschermo. Non ho interpretazioni particolari da proporre; esprimo solo una grande emozione di fronte a fatti drammatici come quello del carabiniere ferito e del ragazzo che è morto, che rappresentano entrambe due storie drammatiche. Non ho una versione personale.
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Mi sembra di aver risposto a quasi tutte le domande. L'onorevole Bressa mi chiedeva quali fossero le mie valutazioni e la mia maggiore preoccupazione dopo Göteborg. Dopo Göteborg la preoccupazione era certamente maggiore di prima, perché abbiamo capito che un vertice che sembrava procedere in modo normale si era invece trasformato in una manifestazione molto violenta a seguito dell'arrivo di 150 persone dalla Germania - il numero mi è stato riferito e non posso garantirlo -, che intendevano dare luogo ad episodi di violenza.
In qualche occasione è stato sollevato il problema del dialogo con il Genoa social forum; vi posso riferire che le autorità svedesi avevano avuto dei contatti ed un dialogo con le organizzazioni pacifiche prima del vertice di Göteborg, - quali Attac ed altre, discutendo delle stesse questioni di cui di cui ho parlato al ministro Scajola. Ciò deve diventare una prassi e non essere un errore: se fosse tale, si potrebbe arrivare a situazioni molto gravi (Interruzione del deputato Bressa). Onestamente, il Governo non aveva parlato perché nessuno ha mai contestato la linea (Interruzione del deputato Bressa)... non nel Consiglio dei ministri, ma certamente nelle riunioni che si sono tenute al Viminale o con il Presidente del Consiglio.
Quello che vi posso dire, con tutta onestà, è che la grande preoccupazione di tutti i ministri che partecipavano alle riunioni era quella di evitare episodi di violenza, come la morte di un dimostrante o di un carabiniere: tutti noi sentivamo la necessità di un processo che evitasse il più possibile la violenza e che, comunque, non giungesse mai a mettere in pericolo la vita umana. Debbo dire che ogni volta il ministro Scajola affermava che la sua prima preoccupazione era quella di evitare episodi di violenza che potessero mettere
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a rischio la vita umana. I fatti si sono svolti, purtroppo, in una maniera tragicamente diversa; ho partecipato a riunioni in cui era presente questa tendenza ad accettare le manifestazioni di protesta. Non so se lo sapete, ma l'idea originaria di distinguere tra una zona gialla e una zona rossa è stata avanzata perché il ministro Scajola si è reso conto che la flessibilità avrebbe aumentato la probabilità che le manifestazioni fossero meno violente di quelle che ci sarebbero state se si fosse data l'impressione che quasi tutta la città veniva bloccata contro i manifestanti. So, perché ho partecipato a quelle riunioni, che ci si poneva un obiettivo di riduzione e non di aumento del contrasto; di questo si è discusso, con atteggiamento positivo, con l'onorevole Bertinotti, non per coinvolgerlo in un modo o nell'altro, ma per capire come gli appuntamenti si potessero svolgere senza drammatizzazione, senza arrivare a forme di violenza che nessuno voleva. Questa è la mia testimonianza personale.
Ho risposto anche alla questione, posta dall'onorevole Bressa, del rifiuto di riconoscersi nelle mie proposte. Come vedrete, le mie proposte riguardano questioni che tutti condividiamo, perché fanno parte del nostro patrimonio culturale e politico. Onestamente, ho pensato che Vittorio Agnoletto volesse mantenere la propria libertà di critica; più volte mi hanno domandato che cosa ne pensavo ed ho risposto che Agnoletto esercita il proprio mestiere ed io il mio. Vittorio Agnoletto non può dire che sono il suo migliore amico; forse non dovrebbe neppure dire che sono suo nemico: ma accettiamo la vita così come è!
Onorevole Mascia, non è accaduto che a Genova sia stato sospeso il diritto a manifestare. Si può dire che le cose non
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siano andate bene - giudizio sul quale siamo tutti d'accordo - ma non che sia stato negato il diritto a manifestare in quanto si sono avute manifestazioni per tre giorni.
Riguardo al problema se ciò che avveniva a Genova interferisse nel dibattito, mi è stato domandato per quale motivo il vertice non sia stato sospeso. In realtà, le notizie che giungevano - non ero nella sala in cui si svolgeva il vertice e quindi do un'interpretazione dall'esterno - cambiavano di volta in volta: prima si diceva che un ragazzo era stato ferito, poi che non lo era più. Ad un certo momento abbiamo avuto la notizia definitiva. Vi posso dire che da parte del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio venne presa subito la decisione di trasmettere un messaggio agli italiani di grande cordoglio e di grande sensibilità. Credo che gli italiani abbiano capito quel messaggio ed anche il fatto che tutti - non poteva essere diversamente - provavamo una drammatica angoscia per quello che era successo, sia per chi aveva perso la vita sia per chi si era trovato nelle condizioni di uccidere una persona, giovane come lui e probabilmente con le stesse ansie e le stesse speranze. Eravamo partecipi di un dramma che certamente avremmo voluto a tutti i costi evitare.
Onorevole Menia, come lei sa l'attività di prevenzione è stata organizzata dal Ministero dell'interno nel quadro della collaborazione tra i vari Ministeri degli interni per l'attuazione dell'accordo di Schengen: poiché una delle disposizioni di tale accordo riguarda la possibilità di sospendere l'attivazione dello stesso, questo è stato deciso dal Ministero dell'interno; sono poi entrati in funzione i normali meccanismi di collaborazione tra Polizia e Ministero dell'interno. Riconosco che non tutti sono d'accordo sul fatto che il sistema abbia funzionato e non sono in condizione di dirvi quanto abbia funzionato; mi
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ricordo, però, che erano circolate alcune cifre, subito dopo gli avvenimenti di Genova, che erano comunque consistenti.
Ad esempio, ricordo la cifra di 1.800 persone, che sarebbero state respinte alla frontiera. Quindi, probabilmente non si è fatto tutto, però non lo posso affermare con certezza. Sicuramente, oggi si parla ancora di più della collaborazione fra le polizie per impedire l'ingresso di persone violente.
Per quanto riguarda la domanda su eventuali precedenti per i tedeschi, le dico molto sinceramente che questo non è un argomento del quale il Ministero della giustizia e il Ministero dell'interno parlano facilmente, anche perché spesso vi sono indagini in corso quindi, ciò è del tutto legittimo. Recentemente, un deputato tedesco è venuto in Italia per valutare la questione dei cinque tedeschi che sono ancora in Italia, di cui quattro siano credo ancora agli arresti ed uno agli arresti domiciliari. Da ciò che mi risulta gli sono state date informazioni sui reati contestati a tali persone e il deputato è ripartito contento. Naturalmente, noi non partecipiamo a queste riunioni, perché sono riservate, anche per garantire le persone, ma ho l'impressione che in molti altri casi, quando ci sono stati dei precedenti, il nostro Ministero dell'interno o quello della giustizia, abbiano detto: è vero, questi forse non li abbiamo «colti», però dalla Polizia dei paesi di origine avevamo avuto informazioni sulla loro pericolosità.
L'onorevole Zanotti mi ha domandato se sono disposto a proseguire il dialogo con il Genoa social forum. A parte il fatto che credo che esso oggi si sia trasformato nel Roma social forum e che vi sia, quindi, un cambiamento nella dizione e nell'organizzazione, le rispondo che sono disponibile a dialogare con chiunque, perché non ho alcuna prevenzione. Credo, anzi, che più la gente ha opinioni diverse e più è necessario
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il dialogo, perché è molto facile dialogare con chi ha le mie le stesse opinioni: andiamo a un bar, ci prendiamo un caffè e diciamo che siamo d'accordo.
Tuttavia, non ritengo facile un dialogo con un numero così ampio di organizzazioni. Credo piuttosto che nei prossimi mesi ci sarà un dialogo settoriale, cioè collegato ad avvenimenti, come la fame del mondo, i problemi sociali, e così via, quali risultano dal calendario internazionale, oltre ai problemi della politica di cooperazione dell'Italia. Su questi avvenimenti occorre avere dialoghi settoriali, più che grandi dialoghi, perché non credo che questi ultimi lascino poi veramente traccia.
Senatore Falcier, con riferimento alla sua domanda sul Forum di Firenze del 2-3 aprile, le rispondo che lo conosco certamente e ne ho tenuto anche conto. In esso, infatti, sono state avanzate proposte, come quella sulla Tobin tax, ma non solo. Conoscevo quindi benissimo tali proposte e le rispetto, anche perché spesso sono di grande interesse.
Vorrei soffermarmi brevemente sulla Tobin tax, perché è diventato un argomento di attualità. Fra pochi giorni - mi sembra intorno al 20 settembre - ci sarà una riunione dei ministri dell'economia a Bruxelles, che dovrà aprire una discussione sulla Tobin tax e considero questa discussione benvenuta. Vi ricorderete che nel corso del dibattito svolto alla Camera, quasi di mia spontanea iniziativa, avanzai la proposta di mettere questo problema allo studio anche da parte del Governo italiano. Una cosa era decidere di presentare una proposta, un'altra metterla allo studio. Probabilmente, il dibattito in sede comunitaria farà sì che tutti i paesi comincino a discutere di questo problema, proprio per avere posizioni da portare a Bruxelles. Pertanto, può darsi che anche su questo tema si possano fare dei progressi, indipendentemente dal
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fatto che si tratti del meccanismo della Tobin tax o di altro meccanismo analogo, perché, come ricorderete, lo stesso inventore della Tobin tax disse che aveva avanzato questa proposta tanti anni fa, in un clima diverso e con obiettivi diversi.
Ho voluto fare questa digressione perché si tratta di un problema di attualità. I tedeschi e i francesi, peraltro, hanno creato un gruppo che dovrà studiare questo problema. Farò il possibile per fare in modo che possiamo parteciparvi anche noi.
L'onorevole Sinisi mi ha posto sei domande. In una di esse, mi ha chiesto se ero informato della presenza del ministro della giustizia e del Vicepresidente del Consiglio Fini. Posso rispondere che non sapevo nel modo più assoluto che il ministro della giustizia fosse lì, non per ragioni misteriose, ma perché avevo compiti differenti. Sapevo invece della presenza del Vicepresidente Fini perché abbiamo partecipato insieme alla trasmissione «Porta a Porta»; comunque, l'ho incontrato e l'ho saputo in quella sede, perché non c'era una relazione particolare.
Con riferimento agli insegnamenti che si possono trarre dal dialogo, rispondo che il dialogo è necessario. Occorre avere pazienza e dobbiamo renderci conto che il mondo è cambiato. Oggi, in qualunque paese democratico, c'è bisogno del dialogo, perché la società civile è diventata una delle componenti del processo decisionale o, comunque, dell'opinione pubblica di questi paesi: ciò avviene ovunque. Quindi non è immaginabile che non vi sia il dialogo. Credo che debba esserci dialogo anche tra il Parlamento e la società civile, proprio perché quest'ultima è diventata una componente importante. Se i parlamenti non intrattengono un dialogo con la società civile, il rischio è che siano i parlamenti ad essere emarginati, perché,
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ad un certo momento, gli stessi uomini politici preferiranno discutere con determinate organizzazioni non governative che possono portare loro voti, piuttosto che discutere con altri membri del Parlamento. Si tratta, quindi, di un problema di consapevolezza del fatto che il processo decisionale e i meccanismi per ottenere il consenso nelle società stanno cambiando. Avete letto tutti cosa sta succedendo in Francia, dove gente di primissimo ordine si iscrive ad Attac, ed avete avuto quindi contezza della discussione proprio sulla questione del dialogo. Questo sarà uno dei temi principali delle elezioni presidenziali francesi.
Con riferimento alla questione dei vertici più «sobri», rispondo senza dubbio affermativamente, perché è un errore colossale, ed è contro la logica stessa delle decisioni parlare della lotta alla povertà e poi descrivere i menù prelibati dei Capi di Stato. Pertanto, credo che occorra fare ciò, ma ritengo che questa direzione ormai sia stata presa.
Con riferimento alla data esatta nella quale le varie delegazioni hanno sciolto le riserve, sinceramente non mi sono mai occupato di questi aspetti organizzativi. Ho l'impressione che gli americani furono gli ultimi a decidere di partecipare e che ciò avvenne più o meno, verso la fine di giugno. Ma onestamente non so dirle il giorno preciso.
La collaborazione con il Ministero dell'interno è stata ottima: tra me e il ministro Scajola c'è stata una collaborazione, direi, proprio perfetta. Ho sempre apprezzato il suo buon senso, lo spirito aperto con il quale ha affrontato questi problemi e la ricerca continua di rendere quella di Genova una manifestazione democratica e non certamente di violenza. Ho visto che era molto dispiaciuto quando sono accaduti certi fatti.
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All'onorevole Cicchitto, con riferimento alle polemiche tedesche, sul fatto che abbiamo collaborato di meno...
PRESIDENTE. Mi scusi signor ministro, ma l'onorevole Sinisi ritiene che lei non abbia affrontato due domande che le ha posto. Prego, onorevole Sinisi.
GIANNICOLA SINISI. Grazie, presidente. La prima domanda che le avevo formulato, signor ministro, è se vi fu collegialità nella decisione assunta dal Governo sul dialogo da instaurare, o se vi furono posizioni diverse.
Inoltre, la sesta domanda che le avevo posto non riguardava soltanto il rapporto con il ministro Scajola, ma anche quello con le strutture del Ministero dell'interno.
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Alla prima domanda mi sembrava di aver risposto. Subito dopo Göteborg, come lei ricorderà, feci una dichiarazione spontanea, perché ero rimasto impressionato da un fatto che mi sembrava incomprensibile: perché tanto accanimento per una riunione in cui si decideva di voltare pagina rispetto alla violenza nella storia europea, che quindi avrebbe dovuto essere una questione condivisa e il contrario?
Anche riguardo al grande tema dell'ecologia, che rappresenta una delle rivendicazioni più giuste del movimento antiglobalista, noi stavamo decidendo iniziative, non dico perfette, ma le più avanzate, e invece vi era la protesta. Perché? Mi venne spontaneo rispondere - quando i giornalisti mi chiedevano cosa ne pensassi - che occorreva parlare, dialogare, altrimenti saremmo andati verso un mondo caratterizzato dall'incomprensione assoluta, dove non c'è comunicazione. Dopodiché, ho continuato su tale strada ricevendo il plauso del Presidente del Consiglio e di altri miei colleghi. Le
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dico, in buona fede e con assoluta certezza, che non vi è stato nessuno che mi abbia chiesto spiegazioni su quanto stessi facendo: tutti capivano che quella era la strada giusta. Con il ministro Scajola operavamo insieme: sapevamo ciò di cui ognuno di noi parlava. Su questo non vi era il minimo dubbio: rispondo veramente con sincerità. Non so se ho risposto a tutto.
GIANNICOLA SINISI. E per quanto riguarda le strutture del ministero?
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Non mi risulta che vi siano stati problemi per quanto riguarda le strutture del Ministero. Non mi occupavo di tali aspetti e non dovevano esservi tanti rapporti tra noi e le strutture. Coloro che preparavano il vertice a Genova (per quanto riguarda gli alloggiamenti ed altro) avevano certamente molti rapporti, ma noi al centro non ne avevamo in quanto ci occupavamo della parte del dialogo, anche con i paesi stranieri. Ho avuto sempre incontri alla presenza di Scajola, non ho mai avuto rapporti indipendenti in quanto non avevo ragione di averne. Tali rapporti sono stati sempre cordiali.
Con riguardo alle polemiche sulla Germania, non so se i tedeschi abbiano collaborato meno di altri: non sono in grado di dare una valutazione. Certamente i tedeschi sono stati tra coloro che hanno più insistito per avere informazioni sulla sorte dei loro connazionali. Considero ciò giusto e non mi scandalizzo affatto: se sapessi che cittadini italiani sono detenuti per qualsiasi ragione, chiederei informazioni, anche sui motivi e sulla possibilità di liberarli. Ciò fa parte della naturale azione di protezione dei propri cittadini.
Il senatore Iovene mi ha chiesto se il ministro Scajola sconfessò l'onorevole Fini sull'utilizzo dell'esercito. Da quanto
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mi ricordo, ciò non avvenne: il ministro Scajola precisò la dichiarazione dell'onorevole Fini. Non ricordo con precisione l'avvenimento, ma mi sovviene che egli disse che vi erano appartenenti alle Forze armate (non so in quali luoghi), ma che gli obiettivi assegnati erano di carattere militare e non inerenti alla contestazione. Ciò è quanto ricordo: si trattò quindi più di una precisazione che di una sconfessione.
Riguardo al dissenso sulla mia azione per il dialogo, credo di avere già risposto: la verità è che io non ho mai sentito qualcuno che mi rimproverasse di dialogare e credo anche che sarebbe stato difficile farlo.
Per quanto concerne la domanda se io ed il presidente Berlusconi fossimo presenti ai lavori del vertice e avessimo la possibilità di seguire e intervenire, per quanto mi riguarda, io non ero presente al vertice. Seguivo gli avvenimenti, ma sapevo che il problema non rientrava nella mia competenza: vi erano il ministro dell'interno e tutte le strutture che dovevano occuparsi di tali aspetti. Credo che, se necessario, certamente sarebbe stato possibile intervenire, ma non ho nessun indizio per dire se ciò sia o meno avvenuto: semplicemente non lo so.
Senatore Turroni, la sua prima domanda è se la causa di quanto successo sia stata soltanto l'azione dei violenti... ?
SAURO TURRONI. La prima domanda, signor ministro, riguardava le sue valutazioni sul fatto che gli eventi si sono verificati in modo diametralmente opposto rispetto alla sua iniziale disponibilità al dialogo. Ciò è accaduto soltanto a causa dei violenti? Se ricorda, ho portato anche l'esempio delle due sponde del fosso: vi possano essere diversi soggetti che hanno contribuito al verificarsi degli eventi. Comunque, quale è la sua valutazione?
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RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. La mia valutazione era ed è che la grandissima maggioranza dei manifestanti fossero non violenti. Direi che ho constatato ciò attraverso i contatti che ho avuto: non mi sembravano persone violente. Non sono in grado di dire se vi sia stato taluno che fosse più incline a chiudere un occhio. Ciò che posso dire è che la violenza apparteneva certamente ad alcuni gruppi, più o meno organizzati, la cui matrice - per quanto io ne sappia, ma non garantisco - era più di tipo anarchico che di tipo ideologico. Non sono, però, nella condizione di operare un'analisi su chi siano i black bloc o su cosa sia la violenza. Si tratta di un fenomeno nuovo non assimilabile alle contestazioni tradizionali nei nostri paesi. Non vorrei, però, rischiare di subire un giudizio sull'esattezza di tale mia considerazione. Non so se questa sia stata anche la vostra impressione, ma ciò è quanto ho appreso anche in altri paesi, cioè che si tratta di gruppi anarchici e non ideologicamente motivati su altre basi.
Per quanto riguarda le espulsioni susseguenti all'accertamento dell'insussistenza degli indizi a carico, ciò inerisce all'ambito della giustizia. Ho preso atto - come tutti, non potevo fare altro - che era stato deciso di mantenere in detenzione queste persone per un certo periodo al fine di svolgere accertamenti. Dopo avere effettuato tali accertamenti, questi soggetti sono stati rilasciati. Da quello che - solo indirettamente - mi risulta, molti sono stati rimessi in libertà, ma le incriminazioni sono state mantenute. Essi, quindi, dovranno tornare in Italia e subire un processo: non so con precisione come sarà il seguito, ma credo che, dal punto di vista giudiziario, gli episodi non siano chiusi.
Con riguardo alla domanda se io possa farmi carico delle espulsioni sbagliate, si tratta di una funzione che non è di pertinenza del Ministero degli affari esteri: noi dobbiamo fare
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pieno affidamento sulla giustizia italiana ed essere certi che tali episodi non avvengano. Certamente i nostri partner comunitari controlleranno con molta attenzione se i loro cittadini abbiano ricevuto o meno un trattamento corretto.
Con riguardo alla domanda se vi siano state richieste di chiarimento da parte di altri governi, posso rispondere in senso positivo. Vi sono state molte domande di chiarimento che, appena pervenute, abbiamo immediatamente trasmesso sia al Ministero dell'interno sia al Ministero della giustizia. Vorrei dire che, per quanto riguarda le iniziative internazionali per condannare l'Italia, onestamente io non ne sono a conoscenza e mi sembra che non ve ne siano state. Con ciò non voglio rifiutarmi di rispondere, ma non possiedo davvero alcun indizio.
Senatrice Ioannucci, ho già risposto per quanto attiene all'assegnamento degli alloggi . Non sono in grado di fornirle date precise: le posso dire solamente che la delegazione statunitense è stata sicuramente l'ultima a decidere in tal senso, in quanto prima intendeva alloggiare a Rapallo - almeno così mi sembra - e solo dopo ha deciso di sistemarsi a Genova, non sulla nave ,ma in un albergo adiacente al porto.
Non credo che questo abbia influito sulla sicurezza, perché, da ciò che è a mia conoscenza, il problema principale che si poneva era quello di abbandonare la linea gialla altrimenti si sarebbe creata un'estensione troppo vasta. Non mi sembra però che questo aspetto abbia influito sulla sicurezza.
Non credo si sia compiuto uno stravolgimento della linea del precedente Governo; molto francamente non ho conoscenza di alcun fatto per il quale la nostra azione sia risultata in contrasto con quella del precedente Esecutivo. Per quanto mi risulta - l'ho già detto, anche in altre sedi della Camera -,
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abbiamo seguito un filone che era già stato discusso e siamo arrivati alla fine a traguardi che, in fondo, erano già scritti.
Infine, devo dire che non si sono assolutamente verificati contrasti tra Presidenza del Consiglio, Ministero degli affari esteri e Ministero dell'interno. Abbiamo lavorato di comune accordo, ognuno nell'ambito delle proprie responsabilità.
Vi sono molto grato di questo dibattito. Credo che esso debba avere un seguito nei contatti tra il Governo ed il Parlamento, perché il problema del miglioramento della governabilità del sistema mondiale è sicuramente essenziale per la nostra generazione. È una realtà di fatto, indipendentemente dai colori politici. Credo quindi che anche come Governo, tutte le indicazioni che potremo avere da parte vostra, ci saranno estremamente utili. Ringrazio per questo tutti i componenti il Comitato.
PRESIDENTE. Signor ministro, la ringrazio, anche a nome dell'intero Comitato, per la sua collaborazione e per quanto ha inteso riferire.
MARCO BOATO. Vorrei sapere se il ministro ha depositato i documenti...
PRESIDENTE. Certamente. Gran parte della documentazione è già stata depositata, anche a cura dei suoi collaboratori, che ringrazio.
SAURO TURRONI. Signor presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Sta bene, ma congediamo prima il ministro.
Signor ministro, le rinnovo il nostro ringraziamento per la sua collaborazione.