RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - I pm del G8 smontano il mito bertinottiano del pacifismo non violento
Genova, 1 Novembre 2007
I pm del G8 smontano il mito bertinottiano del pacifismo non violento
Dal 2001 una grande narrazione corre per l'Europa: la storia dei giovani
del mondo che, per reclamare il diritto alla pace di fronte ai G8
convocati a Genova, vengono affrontati con violenza e brutalità dalla
polizia nella caserma di Bolzaneto. Questa immagine è scesa come martirio
sulla memoria di Carlo Giuliani, un giovane ucciso dalla furia di un
carabiniere che obbediva agli ordini ricevuti. Colpa in particolare di
Silvio Berlusconi e di Claudio Scajola, ma in sostanza, simbolo del
carattere drammatico della lotta per la pace e per la giustizia, in cui la
gioventù mondiale testimoniava la sua libertà di fronte a uno Stato di
polizia.
Oggi la posizione dei pubblici ministeri al processo del G8 ci dice verità
contrarie, sfidando il peso della grande narrazione cui tutta la sinistra,
non solo Rifondazione comunista, è rimasta legata. Ci fu un assalto alla
città, ci furono atti violenti, non contro singoli, ma contro l'intera
città, una violenza politica straordinaria. E le grandi pene richieste dai
pubblici ministeri e dall'Avvocatura dello Stato sono costruite su questo
modello che rovescia, con le parole della magistratura, la grande
narrazione del pacifismo disarmato, violato dai manovali della violenza: i
poliziotti e i carabinieri.
La valutazione del reato e le pene prescritte saranno decise dai giudici:
ma ora il quadro è interamente diverso. Esiste una contronarrazione. Che
cosa dirà Fausto Bertinotti, presidente della Camera dei deputati, del
fatto che il suo partito, autore della grande narrazione, ha ritenuto che
a Genova l'unico fatto reale sia stata la violenza dei manovali
dell'anticrimine? O il presidente della Camera, guardiano pubblico delle
istituzioni, critica la posizione dei pubblici ministeri che contrasta il
mito dei Movimenti dei movimenti, su cui Bertinotti ha fondato la
differenza antagonista e il vigore di una sinistra anticapitalista, che
mette in luce le contraddizioni tra la realtà degli uomini e il rigore del
sistema borghese? Ma forse il miglior testimone del vero senso della
narrazione è proprio lui, che, dopo Genova, è divenuto fautore della non
violenza e l'ha introdotta di autorità nella storia postcomunista
contraddicendola tutta. Egli mostra di aver compreso che a Genova la
violenza c'era tutta. Che la grande narrazione del G8 era violenta.
Per la prima volta le posizioni dei giudici non si incrociano con le
posizioni della sinistra in una questione che riguarda il mito fondatore
di Rifondazione comunista.O forse si può sostenere Luigi De Magistris e
Clementina Forleo e condannare come devianti i pubblici ministeri genovesi?
Se i giudici confermassero la tesi dei pubblici ministeri, sarebbe un
problema per Bertinotti. Vorrebbe dire che, nel suo mito fondatore, vi è
la violenza contro una città. Il che non si addice a un presidente della
Camera. Se non sostenendo che tutto ciò che appartiene all'estrema
sinistra è, in sua natura, innocente perchéè di sinistra; e che la
violenza politica appartiene alla storia del fascismo e dei manovali
dell'anticrimine. Quanto lontani sono i tempi in cui Bertinotti si recava
nel Chiapas a incontrare il subcomandante Marcos: e Fidel Castro gli
chiedeva ironicamente, se anche lui, Bertinotti, voleva diventare
guerrigliero.
Come è bello cancellare il passato, diventare Sinistra europea, voce
dell'anticapitalismo nelle istituzioni, ribelle al centro del potere,
privilegiato perché anticapitalista, elogiato perché comunista. Ma i fatti
hanno testa dura, Bertinotti riconoscerà in questo il suo Marx che egli ha
esemplarmente abbandonato. La narrazione continuerà, Giuliani sarà ancora
un martire dei manovali dell'anticrimine, della polizia, volto reale del
capitalismo. La narrazione della non violenza che assorbe una storia
violenta richiede le condizioni del martire. I rifondatori comunisti di
siederanno compunti a Montecitorio nella sala dedicata al martire
qualunque sia l'esito del processo di Genova. La narrazione ha precedenza
sulla realtà.
Gianni Baget Bozzo, sacerdote e teologo, è
consigliere di Forza Italia