RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - Lettere al Secolo
Genova, 14 Novembre 2007
L'intervento di don Gallo / 1
Un sacerdote non parla così
Scrivo da cittadina comune, al di fuori per scelta da qualunque partito,
ma attenta da decenni alle vicende della nostra città e anche, ahimé, alle
leggi del "maniman" e del politicamente corretto che spesso chiudono la
bocca a chi vorrebbe parlare. Sono d'accordo con don Gallo che la faccenda
del G8 a Genova fu gestita malamente e che le responsabilità penali e
personali di chi dalla parte delle forze dell'ordine fu violento vanno
individuate e punite dalla magistratura. Tuttavia non accetto che vengano
dimenticate e circoscritte, come don Gallo sta facendo, le responsabilità
dei molti violenti - e non erano tutti blak bloc o tute bianche, molti
anzi erano genovesi - che fecero dei giorni del G8 un incubo per i
cittadini e un'arma di distruzione per la città. Che si abbia il diritto
di dimostrare civilmente contro certi aspetti non chiari della
globalizzazione non deve significare licenza di distruggere beni pubblici
e privati come avvenne a Genova: e chiamo a testimoni tutti i genovesi che
patirono sulla loro pelle la violenza ingiustificata dei dimostranti. Se
lo scopo era sensibilizzare i grandi della Terra, è completamente fallito.
Anzi, è stato stupidamente esacerbato un conflitto fra ricchi e poveri che
solo con ragionevolezza e trattative serie si può sperar di risolvere. Ma
era proprio questa serietà di intenti che la piazza non voleva e che
culminò con la morte di Giuliani che non stava sventolando un vessillo ma
un estintore e, con l'aiuto dei suoi accoliti che ben si vedono nei
filmati, avrebbe certo posto fine alla vita dei tre carabinieri. Ricordo
che ora se ne vuole fare un martire, a pessimo esempio per le future
generazioni. Stigmatizzo la violenza contenuta nella lettera aperta di don
Gallo a un esponente dell'opposizione: se il suo scopo è gettar fango
addosso al governo Berlusconi, faccia pure, è un diritto di tutti
esprimere la propria opinione, anche se errata. Ma parole quali
«squadrismo di Stato, mentalità totalitaria, giornate tambroniane» e altri
termini anche peggiori dimostrano una malafede che mi stupisce e mi
allarma in un sacerdote che solitamente predica la pace e ne sventola
l'abusata bandiera. Caro don Gallo, le ricordo, come scriveva Guareschi di
beneamata memoria, che «la mano di un prete è fatta per benedire» non per
sventolare vessili di anarchia e violenza né per arrotolare spinelli, e
che sfilare a pugno chiuso (questi miei occhi lo hanno visto) insieme a
una massa in cui vi saranno certo benintenzionati ma anche nullafacenti
figli di papà (vedi il latifondista Caruso) che più che preoccuparsi dei
Paesi poveri si occupano di se stessi, non è un bell'esempio di ciò che un
uomo di chiesa dovrebbe rappresentare. Il colmo della sua sfacciataggine è
stato di invitare un imbarazzatissimo Arcivescovo prossimamente Cardinale
a sfilare con lei. Non sono solo i giovani ribelli a soffrire per le ingiustizie. Ci sono migliaia e migliaia di giovani che pur lavorando per
la giustizia sociale col loro volontariato gratuito, si danno da fare con
onestà e fatica, con mille piccoli lavori mal retribuiti, rifiutando di
vivere alle spalle di uno Stato che dai nullafacenti di cui sopra è
aspramente criticato salvo poi spremerne ogni possibile aiuto. Non credo
che le mie parole le faranno cambiar opinione o atteggiamento, ma sentivo
di doverle dire a ogni costo, perché, e cito Martin Luther King , «non
temo la violenza dei malvagi quanto il silenzio degli onesti».
Fiorella Merello Guarnero e-mail
L'intervento di don Gallo / 2
Lui predica l'odio di classe
Se qualcuno aveva dei dubbi sull'attività di don Gallo, legga quanto ha
scritto sul Secolo XIX in risposta a chi gli rimproverava l'adesione alla
manifestazione per il G8, in quanto prete. Ha ragione quando dice che dopo
sei anni le ferite sono ancora aperte, ma è perché i suoi amici non hanno
ancora pagato per le distruzioni morali e materiali. Chi predica l'odio di
classe, non fa parte della cristianità. Per farlo cambi almeno veste.
Genova ha già sofferto abbastanza, non può diventare un campo di
battaglia. Per gestire la libertà, non si può disconoscere il dovere,
altrimenti il diritto è usurpato.
Pietro Cabona Uscio (Ge)
Il corteo dei no global / 1
Come osano manifestare
Nei giorni del G8 ero a Genova e ho visto su una televisione locale quello
che hanno combinato i manifestanti "non violenti" dei centri sociali:
rottura di bancomat, spaccate di vetrine di banche e negozi, macchine di
privati cittadini incendiate, tra l'altro, cosa molto più grave e
vergognosa, lancio di molotov contro camionette di polizia e carabinieri.
La città fu messa a ferro e fuoco per un giorno e mezzo. Lo stadio "Carlini", vicino al quale abito, fu ridotto a letamaio e ci fu pericolo
di epidemie, per fortuna venne pulito alla svelta dopo che i signori dei
Centri Sociali se ne andarono. Ora si permettono di manifestare di nuovo
perché la pubblica accusa ha chiesto giustamente contro i colpevoli pene
esemplari. Io ho 73 anni e ho partecipato a molti scioperi, ma non sono
mai andato con manganelli, bombe molotov né mi sono mai avvicinato a una
camionetta delle forze dell'ordine con un estintore in mano nel tentativo
di lanciarlo. Ora i poliziotti sono delinquenti e i manifestanti di allora
dei santarellini. È vergognoso questo stato di cose e il comportamento di
questi facinorosi che per due giorni assediarono la città e ora
probabilmente ci riproveranno così come è vergognosa la classe politica
che li difende.
Bruno D'EgidioGenova
Il corteo dei no global / 2
Sarà pacifico? Vedremo
Tengano ben a mente tutti i cittadini quanto affermato dal prefetto e
ribadito dal sindaco. Nessun problema per il corteo per il G8. È stato
detto nel Tg regionale e ribadito in un intervista al Secolo XIX. Ne
riparleremo domenica mattina, quando parte di quegli stessi che erano a
Genova nel luglio 2001, avranno finito il loro "pacifico" corteo. Chiedo a
tutti di ricordarsi queste affermazioni. I commenti li faremo domenica.
Enos Braccie-mail
Dove affondano le radici delle devastazioni di Roma
Da quale fogna sono usciti i ratti mentalmente appestati che hanno messo a
ferro e fuoco Roma, in nome di un tifoso ucciso - per quanto grave e
doloroso possano essere state le circostanze della sua morte? La risposta
non è piacevole. La fogna è la nostra società, o almeno parte di essa. È
quella parte che ogni volta che quel che rimane dello Stato tenta di far
valere la legalità, attacca le forze dell'ordine. Sono topi di fogna che
non abbiamo avuto il coraggio di stroncare sul nascere. Sempre tentando di
trovare giustficazioni, parlando di "colpe" della società. Ormai le forze
dell'ordine sono attaccate ogni giorno nelle zone dove si è instaurata una
sorta di franchigia del crimine. Se questa classe politica, attenta più ai "bisogni" dei delinquenti che a quelli dei cittadini avesse difeso i suoi
uomini, oggi non saremmo a questo punto. Le colpe partono da lontano. Ma
quando un ministro viene a Genova a siglare la pace tra delinquenti "latinos", abbiamo raschiato il fondo del barile. Poi troviamo chi blatera
sul fatto che non ci sono guerre tra bande giovanili sudamericane. Vorrei
sapere dove vivono questi signori. E se sono mai stati di notte nei
quartieri dove la gente ha paura ad uscire di casa non appena fa buio.
Giuseppe Blino Genova