RASSEGNA STAMPA
LA REPUBBLICA - Pericu: "Le zone buie del mio G8"
Genova, 1 novembre 2007
Pericu: "Le zone buie del mio G8"
Tutto quello che la giustizia penale non può chiarire
Perché non hanno controllato i black bloc e chi ha deciso le irruzioni?
Solo la commissione parlamentare chiarirebbe le decisioni politiche
Intervista all´ex sindaco che da quei giorni chiede la verità e la
giustizia
FRANCO MANZITTI
Nel giorno in cui il G8 finiva nella scia di sangue dell´assalto alla
Diaz, dopo la morte di Carlo Giuliani e quando ancora non si sapeva delle
torture a Bolzaneto, ma si erano appena viste le scene dei pestaggi e
delle devastazioni in tutta la città, il sindaco del G8 aveva chiesto
giustizia e chiarezza. Era il più legittimato, non solo per la carica ma
per il ruolo di grande equilibrio dimostrato in quei giorni terribili,
indimenticabili e quando in maniche di camicia, con il megafono in mano,
aveva chiesto ai dimostranti di non sfondare la zona rossa in Piazza
Dante, di evitare uno scontro che avrebbe provocato una tragedia, dopo
quella, per lui e per la sua città incancellabile, della fine del ragazzo
Giuliani.
Genova sanguinava e Beppe Pericu, il sindaco che il G8 lo aveva preparato
e vissuto con tutti i suoi momenti drammatici, era severo e fiero nel
rivendicare verità e giustizia, mentre le gru incominciavano a tirar su le
macerie delle distruzioni e le cancellate della zona rossa. Oggi che la
verità politica sui fatti del luglio 2001 si allontana ancora con le
divisioni del governo che affondano la commissione parlamentare
d´inchiesta, il professor Giuseppe Pericu, non più sindaco da sei mesi, ha
lo stesso tono e la stessa forza nel denunciare i vuoti di democrazia di
fronte al no alla commissione di inchiesta parlamentare. E lo fa in questa
intervista, seduto come un cittadino qualsiasi in un angolo di palazzo
Tursi, dove la sua successora Marta Vincenzi sta tenendo la sua Conferenza
Strategica sul futuro del porto.
Cosa significa il no alla commissione parlamentare per lei che ha vissuto
quei giorni, quelle ore drammatiche, cariche di dubbi e di domande?
«I processi penali non sono in grado di accertare le responsabilità
politiche complessive di quanto accadde. I magistrati penali lavorano
sulle singole responsabilità. Potranno scoprire chi sono i manifestanti
che hanno devastato, i poliziotti che hanno picchiato, attribuendo singole
responsabilità. Ma la commissione d´inchiesta potrebbe rispondere a ben
altre domande che l´accertamento delle singole responsabilità.»
A quali per esempio?
«Perché il Governo aveva costruito in quel modo il piano di presidio della
città, come aveva funzionato la rete di prevenzione per fermare i più
violenti, prima che arrivassero in città. I giudici del Parlamento
potrebbero verificare se veramente l´obiettivo politico era che il vertice
andasse a buon fine, al suo fine o se, invece, sul piano dell´ordine
pubblico si intendeva un´altra conclusione.»
E quali sono le zone buie di quei giorni, quelle nelle quali lei da
sindaco e poi in seguito non ha mai visto accendersi una luce di verità?
«Ce ne sono almeno tre che mi hanno sempre tormentato e sulle quali la
giustizia penale non poteva fare luce. Primo: perché non c´era mai stata
una verifica sulla reale conoscenza dei movimenti eversivi terroristici e
anche di no global estremisti che potevano prendere Genova come pretesto
per le loro azioni criminose? Chi ne è responsabile? Secondo: chi aveva
deciso la tattica di preparazione per contrastare le azioni di sabotaggio?
Perché quei container messi nelle strade di cui neppure io che ero il
sindaco sapevo nulla? Ricordo che sapevamo bene, invece, che nello stadio
Carlini c´erano delle cellule eversivi pronte a colpire duramente la città
e lo avevamo segnalato fino dal martedì senza che fosse fatto nulla.
Terzo: durante tutto il vertice era emersa la non conoscenza investigativa
dei black bloc. Eppure venivamo da Goteborg. Perché non li contrastarono
efficacemente? Infine, e questo è il punto più buio, la Diaz e Bolzaneto
sono stati frutto dell´iniziativa di qualche singolo o rispondevano a una
strategia a una tattica? In questo caso chi l´aveva ordinata?
Domande che riguardano l´azione del governo di allora?
«Certamente. Ora la città ha in qualche modo metabolizzato quei traumi e
anche quei dubbi, ma le ferite restano aperte e anche io mi chiedo se ci
furono allora reali sospensioni delle garanzie costituzionali. La
commissione dovrebbe verificare. Non avevamo la libertà di circolare, per
esempio, ma ciò era per un´emergenza....Insomma le domande senza risposte
sono tante. Per questo io spero ancora che il Parlamento possa vararla
quella commissione d´inchiesta. Ripeto non si può chiedere ai giudici di
risolvere quanto non possono risolvere. Non è in grado di farlo neppure il
più capace Pubblico Ministero che ci sia»
Secondo lei cosa resterà nei libri di Storia del G8 genovese?
«Che è stato un momento di grande maturazione della città, che ha preso
coscienza della globalizzazione, dei suoi problemi, emersi a Seattle e poi
proprio qua maturati con ampi dibattiti, con le tragedie che conosciamo ma
in un percorso nel quale noi siamo stati una tappa. Non si può negare che
grazie a quel G8 Genova è tornata sulla cartina geografica. Con tanti
dubbi, con tante domande, per le quali si aspetta una risposta fin´ora non
pervenuta.»