RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - Perde chi voleva cancellare i movimenti

Cosenza, 25 aprile 2008

«Perde chi voleva cancellare i movimenti»
Parla Luca Casarini, assolto con formula piena: «Smontato il teorema Fiordalisi. Ora si apre una nuova fase per gli altermondialisti. Dobbiamo superare i vecchi concetti di destra e sinistra. L’altro mondo possibile è da cercare nel nostro territorio»
Orsola Casagrande

Tutti assolti per tutti i reati. La sentenza del processo di Cosenza per Luca Casarini (per il quale l’accusa chiedeva sei anni di carcere) ha «distrutto il teorema Fiordalisi. E’ un fatto politico importante che dà speranza. Anche se bisogna continuare a lottare perché i movimenti non vengano ridotti a qualcosa da chiudere in carcere. Chi voleva ribaltare la verità di Genova è stato bloccato. La vera eredità di Genova è questa: mantenere lo spirito comprendendo i cambiamenti del mondo».

Anche per ragionare di questo, dell’eredità di Genova, i movimenti si ritroveranno al centro sociale Rivolta, a Marghera, il 4 maggio.
Prima di tutto togliamo di mezzo qualsiasi aria di sconfitta da introiettare dentro di noi perché, nel contingente della sinistra, sono stati sconfitti quelli che volevano cancellare i movimenti. Anzi, mi viene da dire che siamo di fronte al paradosso: la sinistra è sconfitta e in tribunale otteniamo l’assoluzione. Dal 2003 da Firenze in poi la scelta politica che Rifondazione aveva di fronte poneva due alternative: assumere fino in fondo Genova come dato veramente epocale e di stravolgimento, e questo presupponeva aprirsi annullando le spinte al partitismo e avviando un dibattito sul movimento, oppure cercare di far coincidere i movimenti con la sinistra, cioè con se stessa. Questa seconda è la scelta che ha vinto e con il congresso del 2004, attraverso l’escamotage della violenza non violenza, ha tentato di affossare quelle spinte radicali, non per forma di lotta, ma nel pensiero stesso che i movimenti portano.

Quindi il 4 maggio servirà anche a rivedere il percorso fatto fin qui dai movimenti.
Certo, dando subito un elemento di grande diversità, a partire da come si leggono queste elezioni. La sinistra le legge come una sconfitta subita da tutti, noi invece non l’abbiamo subita. Non che sia una consolazione ma se vinceva la sinistra era anche, estremizzando, perché batteva noi in qualche modo. Adesso si cerca di fare il mal comune mezzo gaudio. Cosa già fatta durante Genova. C’è comunque da chiedersi come sia stata possibile una identificazione con la sinistra. Del resto quel ciclo di lotte nasceva quando tutti erano all’opposizione, cioè sconfitti. Non vorrei che adesso ci raccontassero che siamo tutti sconfitti.

Andando oltre, a essere messi in discussione sono gli stessi concetti di destra e sinistra.
Non è una novità che ci chiediamo che cosa significa parlare di destra e sinistra oggi. Se diciamo uscita dal ‘900 diciamo anche che la classica collocazione che viene anche dalla collocazione materiale nel parlamento è assolutamente finita. Obama è di destra o sinistra? E la Merkel? Cosa vuol dire? Perché i concetti di destra e sinistra erano radicati dentro la storia di un movimento operaio che non è più lo stesso. Può rinascere qualcosa dentro un mondo post ‘900 radicato a una identità del ‘900? Noi crediamo di no. Sono stati sconfitti quelli che volevano cancellare i movimenti come esperienza autonoma perché ne andava della loro stessa sopravvivenza. Il fatto che ci liberiamo dal concetto destra e sinistra deve essere la nostra chiave politica e culturale per leggere la società. Molto marxiano, perché le trasformazioni di una società non può raccontarcele una tradizione ma chi la vive, gli operai di adesso che non sono più quelli di allora. Le piccole medie imprese del nordest, le partite iva, i migranti che sono qui da 20 anni disegnano una nuova società e attraverso la lettura materiale di questi fenomeni puoi collocare dei valori.

Dunque a Marghera per ripartire dal territorio.
Non vogliamo ricostruire la sinistra e non vogliamo produrre nessun tipo di rappresentanza. Qualsiasi tipo di spazio pubblico che si genera non può che essere espressione di territorialità.

Questo concetto introduce anche una riflessione sul cambio di marcia del movimento che parlava di un altro mondo possibile.
Allora si intendeva l’esodo come terra promessa da raggiungere, oggi dobbiamo invertire la marcia e dire che è rimanendo, stanzialmente, nel proprio territorio che si possono comprendere le modificazioni della società e quindi capire dove andare. Per usare una suggestione: solo stando fermi si può capire come muoversi. Questo nostro territorio è l’altro mondo possibile.