RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - Colpo di spugna di Bolzaneto, ecco le motivazioni

Genova, 28 novembre 2008

Colpo di spugna di Bolzaneto, ecco le motivazioni
Alessandra Fava

Le violenze alla caserma di Bolzaneto nei giorni del G8 ci sono state ma il reato d'abuso d'ufficio doloso (il più vicino alla tortura del nostro codice penale) è attribuibile solo a uno degli imputati perché per gli altri non si può provare che ci fossero coscienza e volontà di nuocere. Lo scrivono nelle motivazioni depositate ieri pomeriggio i giudici del tribunale che il 14 luglio scorso ha condannato 15 imputati a 23 anni e 9 mesi e ne ha assolti 30, contro i 76 anni e rotti chiesti dai pm Vittorio Ranieri Miniati e Patrizia Petruziello per 44 dei 45 accusati.
Il Tribunale presieduto da Renato Delucchi ammette che ci siano stati insulti e percosse; posizioni vessatorie nel cortile e nelle celle; schiaffi e calci, sputi, percosse in tutte le parti del corpo, compresi i genitali; spruzzi urticanti, urla fasciste, taglio forzato dei capelli in infermeria, marchiature sulla guancia. Insomma, «l'elenco delle condotte criminose poste in essere in danno delle persone arrestate o fermate transitate a Bolzaneto tra il 20 e il 22 luglio 2001 consente di concludere, senza alcun dubbio, come ci si trovi dinanzi a comportamenti che rivestono, a pieno titolo, i caratteri del trattamento inumano e degradante». Ma in un centinaio di pagine su un totale di 450, ricordano anche che la responsabilità penale è personale; che il reato di abuso d'ufficio non può essere messo in correlazione con quello di abuso d'autorità contro arrestati e che per molti imputati manca la certezza che volessero o capissero di procurare un dolo al fermato. Ecco perché cade l'accusa di abuso d'ufficio anche per il massimo responsabile della polizia a Bolzaneto Alessandro Perugini (condannato a 2 anni e 4 mesi). Il Tribunale smonta anche uno degli aspetti che avvicinava di più gli eventi alla tortura, dicendo che la privazione di acqua e cibo non fu voluta. Quanto all'assoluzione del colonnello Oronzo Doria, il più alto in grado presente a Bolzaneto, uno degli aspetti che ha fatto più scalpore della sentenza, il tribunale scrive che gli ufficiali del corpo degli agenti di custodia «non erano (e non sono) superiori gerarchici della polizia penitenziaria ma avevano un semplice rapporto di direzione "funzionale"».
Confermate le pene per i saluti fascisti, le testate contro il muro e altre violenze per l'ispettore della penitenziaria Biagio Gugliotta (5 anni e due mesi), l'unico per il quale fu riconosciuto anche l'abuso d'ufficio; elogiati i carabinieri per il loro «comportamento più umano» del sabato, si spiega che l'assistente capo della polizia Massimo Pigozzi si becca 3 anni e 2 mesi per aver spezzato una mano, ma decadono le aggravanti. Il bello viene sulle motivazioni delle pene per i medici. Il tribunale spiega la condanna di Giacomo Toccafondi a 1 anno e 2 mesi di reclusione e quella di Aldo Amenta a 10 mesi si devono con il fatto che in infermeria «il clima complessivo non fu sempre dei migliori». Anche qui non ci fu un dolo intenzionale e si minimizzano alcuni episodi come quello di una donna fatta girare dieci volte nuda, che fu fatta girare «molto meno».
Ieri poche ore prima del deposito lo stesso pm Miniati ha chiesto l'assoluzione per un manifestante francese accusato senza prove di aver lanciato una molotov. Per lui il processo continua. Era uno dei transitati e picchiati a Bolzaneto dallo stesso Gugliotta.