RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - G8, la sentenza spacca il mondo politico
Roma, 16 luglio 2008
Sentenza G8,ora scoppia la rissatra destra e sinistra
le reazioni dopo bolzaneto
Il Pdl plaude alla sentenza. Il Pd: assurdo gioire perché si condannano le
violenze ma non la tortura. Insorgono Rifondazione e Comunisti italiani. I
Verdi: «Verità dimezzata»
Roma. La sentenza sulle violenze nella caserma di Bolzaneto, durante il G8
di Genova, con 30 assoluzioni su 45, le pene rese più lievi dall'indulto,
l'abuso di autorità riconosciuto e la pronuncia che "non ci fu
tortura"spacca il mondo politico.
«Il teorema del lager è stato smontato», dice Roberto Castelli, all'epoca
ministro della Giustizia. Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato,
torna al «clima di violenza che si respirava a Genova» in quei giorni, ma
osserva: «Le sentenze vanno comunque rispettate». Telegrafico Fabrizio
Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera: «Sentenza obiettiva e equilibrata».
Toni moderati nel Pd, dove il vicepresidente Gianclaudio Bressa dice: «È
paradossale che ci sia chi gioisce per una sentenza che condanna
funzionari dello Stato per violenze, lesioni e falso ma non per tortura».
Dure, invece, le reazioni in Rc, Pdci e Verdi che parlano «di verità
dimezzata»
G8, la sentenza spacca il mondo politico
gli abusi nella caserma della polizia a bolzaneto
Castelli, ex guardasigilli: teorema smontato. Bressa (Pd): assurdo gioire,
comunque le violenze ci sono state
Roma. La politica si spacca ancora sulla giustizia. Stavolta non ci sono
di mezzo Lodi per le immunità alle alte cariche dello Stato o l'arresto di
un Presidente di regione, bensì la sentenza sulle violenze nella
caserma-carcere di Bolzaneto, durante il G8 di Genova, con 30 assoluzioni
su 45, le pene rese più lievi dall'indulto, l'abuso di autorità
riconosciuto e la pronuncia che "non ci fu tortura".
Roberto Castelli, sottosegretario leghista alle Infrastrutture e ai
Trasporti e all'epoca dei fatti ministro della Giustizia, è stato uno dei
primi a commentare il verdetto dei giudici. «Ero lì? spiega - e nessuno
dei presenti mi ha detto niente. Ero sicuro che si sarebbe accertata la
verità dei fatti ma la verità non piace a tenti perché il teorema è stato
smontato. Sostenere che nella caserma di Bolzaneto fosse stato organizzato
un lager era una calunnia nei confronti del ministero della Giustizia e
della polizia penitenziaria. Avevo detto che eventuali episodi commessi
dai singoli sarebbero stati appurati nel processo e questo si è avverato.
Ora vedremo chi, in malafede, continua a sostenere il contrario. Se io
fossi ancora ministro della Giustizia difenderei l'onorabilità del
ministero nelle sedi opportune». Secondo Castelli anche i media hanno la
colpa di aver montato il caso. ce l'hanno pure i media. «Io ero lì? dice -
e se solo una persona avesse denunciato mi sarei mosso per impedire
qualsiasi abuso». Come esempio di malainformazione Castelli se la prende
col Corriere della Sera per l'intervista all'ex ministro di Rifondazione
Paolo Ferrero. «Hanno intervistato un personaggio che non sa neppure dov'è
Bolzaneto. Questo dimostra il pessimo servizio dato all'informazione».
Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato, va oltre e torna al «clima di
violenza che si respirava a Genova» in quei giorni. «Le sentenze vanno
comunque rispettate. Ho sempre difeso l'azione delle forze dell'ordine e
mi pare che in numerosi casi le sentenze siano state più di assoluzione
che di condanna. Certamente - aggiunge - furono giorni molto particolari
di tensione, di scontro, in cui alcuni hanno messo a ferro e fuoco la
città e la reazione in qualche caso può essere stata rapportata alla
drammaticità e alla violenza di quei giorni». Fabrizio Cicchitto,
capogruppo Pdl alla Camera, è telegrafico: «Sentenza obiettiva ed
equilibrata - nota - non ci fu nessuna operazione sistematica di
repressione e di tortura ma ci furono errori da parte di alcuni esponenti
delle forze dell'ordine».
Se dal centrodestra ci spostiamo verso il centrosinistra, in casa del
Partito democratico, vediamo che i chiaroscuri dei commenti politici sulla
sentenza mutano e il muro contro muro politico, su una sentenza che non ha
ancora 48 ore di vita, è già durissimo. «E' paradossale - questa la
posizione di Gianclaudio Bressa, vicepresidente del Pd - che ci sia chi
gioisce per una sentenza che condanna funzionari dello Stato per violenze,
lesioni e falso ma non per tortura. Una reazione che dà, meglio di altri
esempi, il segno del degrado del dibattito politico nel nostro Paese».
Giovanna Melandri, deputata del Pd, invita «ad attendere la lettura delle
motivazioni della sentenza. Allo stesso tempo - aggiunge l'ex ministro -
non si può considerare priva di significato la condanna del ministero
dell'Interno e di quello della Giustizia al pagamento dei danni morali e
materiali delle 209 vittime accertate. Mi auguro, come ha ribadito ancora
oggi il sindaco di Genova Marta Vincenzi che quanto prima possa terminare
il cammino, non solo giudiziario ma anche politico, storico e civile,
verso la verità sui fatti di Genova».
Una moderazione accennata che scema quando ci spostiamo verso sinistra,
nell'area non più rappresentata in Parlamento che va da Rifondazione
comunista al Pdci passando per i Verdi. «Da parte nostra - sottolinea
Italo Di Sabato, responsabile nazionale dell'Osservatorio sulla
repressione di Rc - a partire dagli appuntamenti del prossimo fine
settimana a Genova, continueremo a lavorare per mettere sotto accusa
l'intera catena di comando che ha pianificato e realizzato la repressione
al G8 di Genova. Le 15 flebili condanne andranno anche in prescrizione ma
le responsabilità politiche possono e devono essere accertate, perché i
protagonisti, a partire dall'allora capo della polizia Gianni De Gennaro,
sono tuttora ai vertici delle istituzioni». Rosalba Cesini, della
segreteria del Pdci, sottolinea la probabile impunità dei condannati,
causa indulto, e chiede di introdurre in Italia il reato di tortura. Più o
meno sulla stesso linea Paolo Cento, dei Verdi, che parla «di verità
dimezzata». E l'estate della politica, in tema di giustizia, si fa sempre
più calda.
Massimiliano Lenzi