RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - Irruzione alla Diaz, difensori intercettati?
Genova, 7 novembre 2008
Irruzione alla Diaz, difensori intercettati?
L'ipotesi adombrata dall'avvocato Mascia.
Clima teso in aula e il pm Cardona Albini sbotta: «Basta con le minacce»
Aumenta la tensione in aula durante l'ultima udienza del processo
per i fatti avvenuti nella scuola Diaz durante il G8 di Genova.
Una tensionepalpabile, inattesa che il tribunale si riunisca in camera di
consiglio, giovedì 13 novembre, per decidere se condannare o assolvere i 29
imputati, tutti alti dirigenti o agenti della Polizia di Stato. Che culmina
con la rivelazione dell'avvocato Maurizio Mascia, difensore dell'ex capo
della mobile Nando Dominici: «Se per caso o per errore ha
detto con sarcasmo il legale durante il dibattimento sono stati intercettati
avvocati della difesa chiedo che queste vengano depositate e acquisite dal
tribunale che potrà così trarre la convinzione che non sono state le difese
a cercare di vendere la Fontana di Trevi».
Le repliche dei difensori sono durissime, tutte dirette contro il pubblico
ministero, e provocano battibecchi e esclamazioni dal banco del pm, da
quello del tribunale, dal pubblico
dove si trovano alcune parti civili.
È un crescendo, che aumenta quando il pm Zucca se ne va, chiamato dalla sua
segretaria.
È l'avvocato Salvemini che prende per primo la parola e respinge al pubblico
ministero l'accusa di «zelo eccessivo» e quella del non aver chiesto scusa
per quanto avvenuto alla
scuola Diaz. «Sarebbe ipocrita», dice Salvemini che difende il Viminale
chiamato a responsabilità civile. E poi, riferendosi allo zelo, ricorda «la
deontologia professionale del difensore». Per meglio esprimere il proprio
pensiero richiama il famoso "processo di Verona" quando il tribunale
processò i capi della repubblica di Salò: «Il procuratore all'inizio
della discussione invitò gli avvocati a essere all'altezza del compito che
la Patria si aspettava. Gli avvocati capirono e difesero fiaccamente i loro
assistiti che vennero così fucilati».
Ancora una replica, ed è quella di Marco Corini che difende Francesco
Gratteri attuale capo dell'Anticrimine.
«Il pm ha fatto un outing che serviva ai giornali ha detto Corini la sua
replica non conteneva elementi di giuridicità, si è trattato di uno sfogo
utile alle edicole». Ma Corini non si ferma qui e deposita una memoria di
controreplica con «le telefonate decriptate alla centrale operative della
questura che avvennero quella notte», telefonate che non sono state
utilizzate dal pmma solo dalle difese in cui normali cittadini riferiscono
«di gruppi di persone che si nascondono» e di «bottiglie molotov». E, a
difesa di Gratteri, ricorda la richiesta di quest'ultimo al pm di avere un
confronto con chi lo accusava di aver ordinato lo spostamento delle molotov:
«Un confronto che fu negato dal pm».
Prosegue l'avvocato Silvio Romanelli che contrattacca a quanto detto dal pm
Zucca e inizia parlando di un pubblico ministero «che ha perso il controllo
dei nervi» per finire con il
sospetto di «confezionamento della prova».
La tensione si alza: il pm Zucca se ne va, chiamato dalla sua segretaria.
Resta Cardona Albini a un certo punto, esasperato dal tono delle repliche,
dice «ora basta con le minacce». La parola ora passa al giudice, che ha
assistito alle schermaglie
quasi senza intervenire.