RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - Dal processo ai depistaggi, fra dieci giorni tocca all'ex capo De Gennaro
Genova, 14 novembre 2008
Dal processo ai depistaggi, fra dieci giorni tocca all'ex capo De Gennaro
i nuovi filoni d'indagine generati durante le udienze
L'ex numero uno della polizia rischia il giudizio per falsa testimonianza.
Altra inchiesta sulle molotov "sparite"
Fra una decina di giorni il giudice per le indagini preliminari
Silvia Carpanini deciderà se mandare alla sbarra Gianni De Gennaro, l'ex
numero uno della polizia italiana. L'accusa: aver spinto l'ex questore di
Genova Francesco Colucci a mentire nel corso del processo Diaz, per far sì
che «il capo» rimanesse fuori da tutti i guai e non finisse invischiato
nell'inchiesta. «Mi ha detto di fare marcia indietro», ripete nella
primavera del 2007 Colucci al telefono con un collega, l'ex dirigente
della Digos di Genova Spartaco Mortola. E quella frase, quella confidenza
certifica in qualche modo come la notte del 21 luglio 2001 non finisca
mai. Perché dal processo sull'irruzione nella scuola si sono aperti
innumerevoli rivoli, che a loro volta hanno generato nuove indagini, nuovi
avvisi di garanzia, nuovi scandali, travolto personaggi di primissimo
piano nella pubblica sicurezza del nostro Paese perpetuando l'ombra del
G8, sebbene le assoluzioni a raffica di ieri cambieranno parecchio lo
scenario.
Il caso De Gennaro ma non solo, in quanto la procura di Genova cerca di
far luce pure sulla sparizione delle false molotov, che già erano
considerate la prova regina dei depistaggi. Non erano nell'istituto, come
invece scrissero i funzionari firmando il verbale di perquisizione e,
colpo di teatro, la questura del capoluogo ligure le ha perse pur avendole
in custodia, con il rischio che il processo si bloccasse. Ancora, e a
sorpresa, due settimane fa i pubblici ministeri del caso Diaz hanno
identificato l'agente "coda di cavallo", uno dei picchiatori della scuola,
solo perché si era presentato più volte alle udienze in veste di
spettatore. Il poliziotto - in servizio alla Digos del capoluogo ligure -
potrebbe finire sul registro degli indagati (in uno stranissimo
procedimento "postumo", mentre i colleghi di quella notte sono già stati
giudicati) e i magistrati vogliono ora capire se non ci siano state
omissioni da parte dei superiori: sapevano che lo stavano cercando, ma non
l'hanno mai segnalato.
Bombe che scompaiono, retromarce ai processi, un mare di telefonate
imbarazzanti. Ecco, il telefono ha giocato un ruolo importante per
smascherare i depistaggi, specie nel caso De Gennaro. E per capirci
qualcosa bisogna ripercorrere qualche tappa fondamentale. Il 3 maggio 2007
(il G8 è finito da sei anni) l'ex questore Colucci viene ascoltato in aula
al processo Diaz. Tentenna spesso e a precisa domanda, risponde: «Non fu
De Gennaro a dirmi di contattare l'addetto stampa della polizia dopo
l'irruzione nella scuola», dettaglio che escluderebbe definitivamente il
capo da ogni coinvolgimento nella sciagurata operazione. Il problema
numero uno è che Colucci, nel 2001, aveva sostenuto l'esatto contrario:
«Fu De Gennaro a darmi l'ordine». Il problema numero due è che una
settimana prima, al telefono con Spartaco Mortola, ribadiva: «Il 3 devo
venire a Genova; il capo m'ha dato le sue dichiarazioni, m'ha fatto
leggere (riferendosi in questo modo alla deposizione che De Gennaro aveva
già reso) e dice "bisogna che tu aggiusti un po' il tiro sulla stampa"».
LA TESI è semplice: De Gennaro mostra i suoi verbali a Colucci (erano
finiti entrambi ai servizi segreti) e gli chiede di cambiare le carte in
tavola per rimanere fuori dal buco nero della Diaz. Colucci lo racconta a
Mortola (che ieri nel frattempo è stato assolto d) e adesso rischiano
seriamente di finire tutti e tre a giudizio per falsa testimonianza. Nel
frattempo è andato in scena un altro giallo. Il 17 gennaio 2007 - solito
processo, solita aula - i pm s'apprestano ad ascoltare Valerio Donnini,
uno dei funzionari (non imputato) che ha partecipato alla "trasmissione"
delle molotov dalle strade di Genova alla scuola per spacciarle come prova
dell'aggressività dei noglobal. È mezzogiorno e i difensori dei poliziotti
chiedono di vedere «il corpo del reato», cioè le bottiglie incendiarie. Ma
gli ordigni non ci sono e nell'imbarazzo generale il tribunale chiede
conto alla questura, delegata alla custodia, e s'innesca un vorticoso giro
di telefonate "interne". Il punto è che uno dei "referenti" più volte
contattati dai dirigenti della polizia genovese, che a loro volta cercano
di capire dove sono finiti gli ordigni, è un artificiere che aveva già il
cellulare sotto controllo perché sospettato di affari non proprio limpidi
con un imprenditore (anche lì, altra inchiesta in corso sulle strane "collaborazioni" d'un gruppo di poliziotti con il faccendiere). Parlando
con un collega spiega che fine hanno fatto le bombe: «Sono venuti quelli
della Digos (mentre era proprio il nucleo artificieri che doveva
conservarle) e hanno detto "queste le portiamo via noi"». Davanti ai
magistrati che gliene chiedono conto ufficialmente, ribalta tutto: «È
probabile siano state distrutte in modo accidentale». Infine, conversando
con il fratello sussurra: «Mi hanno messo in bocca i cavalli», frase in
dialetto sardo che significa «mi hanno fatto dire una bugia». Inevitabile
l'avviso di garanzia per falsa testimonianza. Saltiamo di nuovo in avanti,
30 ottobre scorso. Enrico Zucca prende la parola per l'ultima volta nel
processo Diaz. E spiega che solo da pochi giorni è stato possibile dare un
nome a quell'agente con i capelli raccolti, che i filmati della notte fra
il 21 e il 22 luglio 2001 mostrano mentre infierisce sui manifestanti nei
corridoi dell'istituto.
I FRAMMENTI della sequenza hanno girato per questure e commissariati, ma
nessun funzionario ha fornito indicazioni utili. Chi è coda di cavallo? Ci
pensa lui a svelarsi, presenziando fra il pubblico e attirando
l'attenzione dei pm. Sorpresa nelle sorprese, lavora a Genova, e finirà
per rispondere delle stesse accuse contestati ai colleghi giudicati ieri.
Ma perché i vari superiori che ha incrociato in questi anni non l'avevano
mai segnalato? Ci sarebbero altre omissioni su cui indagare. Ma da ieri
sera è tutto diverso.
G. CET - M. IND.