RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - «Ordini arrivati al telefono, Canterini conosce la verità»
Genova, 17 novembre 2008
«Ordini arrivati al telefono, Canterini conosce la verità»
il contestato epilogo del processo per il blitz alla diaz
Rivelazione dell'ex ispettore Panzieri, uscito assolto da tutte le accuse
«Canterini sa. Sono certo che gli ordini non partivano da lui ma
gli sono arrivati, con una telefonata. Se solo sapessi da chi, sarei io a
dirlo». Maurizio Panzieri, 54 anni, dopo il G8 di Genova ha lasciato la
polizia: «Avevo la nausea, ero stufo di essere additato da tutti come la
pecora nera. Lo stesso è accaduto per i miei due figli, di 25 e 22 anni,
che fanno i ballerini. In questi anni, hanno ammazzato me e distrutto la
mia famiglia».
Panzieri è l'ispettore capo che la notte dell'irruzione nella scuola
Diaz-Pascoli si trovava alle spalle di Massimo Nucera, il poliziotto
accoltellato. E come lui giovedì sera è stato assolto in primo grado da
tutte le accuse: «Sono contento ma resto con l'amaro in bocca. - dice l'ex
istruttore, che è stato difeso dagli avvocati Silvio e Rinaldo Romanelli -
Non si possono condannare quei ragazzi, scelti tra ottomila poliziotti di
tutta l'Italia, e tenuti per tre mesi in un centro di addestramento.
Quegli uomini erano i migliori. Nucera era già stato ferito a una gamba in
piazza, due giorni prima di entrare nella Diaz. Avrebbe potuto
tranquillamente mettersi in malattia, anche essere riformato. Invece si è
fatto medicare solo dopo essere tornato a Roma».
Lei pensa che questa sentenza abbia fatto giustizia?
«Credo che abbia restituito il rispetto nei confronti dei poliziotti
onesti che sono la maggioranza. In questi anni in molti si sono sentiti
scoraggiati. Nei miei 34 anni di ordine pubblico ho preso tante botte e
sassate ma mai come durante il G8 ho pensato di morire. In quei giorni ci
sono stati momenti in cui ero certo che non avrei più rivisto i miei
figli».
Però la condanna di Canterini e dei suoi uomini non la convince.
«In quella scuola ho visto decine e decine di agenti in borghese, con e
senza pettorina, tutti con il foulard sul viso. Non saprei riconoscerne
nemmeno uno. So solo che io stesso, proprio come Fournier, ne ho sollevato
di peso uno prima che sferrasse un calcio contro un ragazzo inerme. Sono
successe cose strane che mi auguro non accadano più, perché fanno male
all'immagine del nostro Paese».
Con quali ordini entraste in azione alla Diaz?
«Non era un'operazione di ordine pubblico, tanto è vero che non fummo
dotati degli scudi. Dovevamo scovare dei facinorosi che si preparavano a
fare altri danni in piazza».
Cosa ricorda dell'irruzione?
«Non ho un ricordo organico. Ho immagini che mi tornano proprio come quei
flash che illuminavano a intermittenza l'interno della scuola, provenienti
dall'esterno da macchine fotografiche e telecamere».
Cosa vide? E cosa sentì?
«Quando entrai c'era un silenzio di tomba. Io soffro da sempre per la
vista del sangue, mi fa quasi svenire, per questo ho scelto di fare
l'istruttore. Ricordo che vidi diversi giovani a terra, con il volto
coperto di sangue. Filai dritto senza fermarmi, per non stare male».
Altri flash?
«C'erano tantissimi agenti. Non capivo da dove venisse tutta quella gente.
Poi mi resi conto che l'edificio aveva altri ingressi sul retro. Per
entrare facemmo una fatica bestia, c'erano cattedre, assi da cantiere,
carri ponte a sbarrare le porte».
È stato aggredito?
«Mi hanno spruzzato l'estintore in faccia».
La coltellata a Nucera?
«Fu lui a mostrarmi i segni sul corpetto, ma ormai stavamo uscendo».
E le molotov?
«Conosco bene Troiani. Facevamo atletica insieme alle "Fiamme oro". Non so
cosa gli sia passato per la testa e non credo che possa aver fatto
deliberatamente una cosa contraria alla legge. Riguardo a Canterini sono
certo che non ha deciso nulla. Gli sono stati impartiti degli ordini. Lui
sa chi ha deciso e cosa».
Graziano Cetara