RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - La Polizia va a scuola di ordine pubblico
Roma, 4 dicembre 2008
«Ci sono stati errori, ma abbiamo la forza di ammetterlo perché non si ripetano», dice il capo Antonio Manganelli
Scuola di ordine pubblico per non sbagliare mai più
formazione per la polizia
Antonio Manganelli: «Abbiamo la forza di ammettere i nostri errori»
dal nostro inviato
Marco Menduni
Quanto pesa il ricordo del G8 sulla polizia italiana?
Pesa, eccome se pesa. Se, come ricorda anche il capo della polizia Antonio
Manganelli, «da mesi ho parlato con il ministro dell'Interno della
possibilità di istituire una scuola di ordine pubblico». Praticamente da
appena insediato, da quando il suo primo pensiero è stato per l'appunto
questo: riparare ai fatti di Genova del 2001. Non c'è un cenno, nel suo
discorso, allo "scampato pericolo" rappresentato dalla recente sentenza
sul blitz alla scuola Diaz, che ha assolto tutte le gerarchie superiori.
C'è, però, un'ammissione evidente: «In questo campo ci sono stati errori.
Ma noi abbiamo la forza di ammetterlo. E lo spirito critico di isolarli
perché non si ripetano».
Così nasce il centro per la formazione alla tutela dell'ordine pubblico.
Inaugurato ieri mattina a Nettuno, nella maxistruttura della polizia di
Stato. Un centro, spiega ora il prefetto Oscar Fioriolli, direttore
centrale per gli istituti di istruzione, che tutti i poliziotti dovranno
d'ora in poi frequentare. Fioriolli sa di cosa parla: è stato il questore
dell'immediato dopo G8, a Genova, incaricato di ricostruire un clima di
serenità svanito dopo gli scontri del luglio 2001. A lui tocca formare gli
uomini che affronteranno il prossimo G8, quello del luglio 2009 alla
Maddalena. E allora, al di là delle enunciazioni etiche e di principio,
ecco il nodo: «È sempre bene ricordare - ammonisce Manganelli - che esiste
la catena di comando: guai a strutturare interventi delicati senza la
compattezza dei reparti e la consapevolezza di chi deve assumersi la
responsabilità di questa o di quella azione. Guai se c'è un equivoco nella
catena di comando». Ancora una volta, è proprio quell'equivoco che, sulle
strade di Genova e poi alla Diaz, ha trascinato nel caos l'ordine pubblico
nelle giornate del summit dei Grandi.
Fioriolli chiosa: «Stamo pensando di rivisitare molti strumenti. Ad
esempio passare dai lacrimogeni fumosi a quelli liquidi, meno pericolosi.
Ma soprattutto bisognerà sempre insistere sulla negoziazione a oltranza. E
sull'organizzazione scrupolosa degli eventi. A volta basta solo sbagliare
nel disporre gli uomini per creare tensioni del tutto evitabili». E
conclude con una battuta: «Certo, bisognerebbe che anche che chi protesta
andasse, a volte, a lezione di manifestazione. Da parte nostra c'è un
principio ormai saldo: non siamo la controparte di chi scende in piazza.
Anzi, a noi tocca tutelare chi vuole esprimere il suo dissenso. Ma anche
consentire a chi non protesta di vivere la sua vita in maniera ordinata e
sicura». Strade e piazze "dedicate" al dissenso? «Alcune città hanno già
così deciso. Mi pare ragionevole: non si vieta nulla, ma si scelgono
location in cui sia possibile garantire al massimo la sicurezza e la
tranquillità di tutti».
Che cosa si insegna, da ieri, nella "scuola di ordine pubblico", affidata
a Riccardo Caccianini, fino a poche settimane fa vice del reparto mobile
di Milano a fianco di Maurizio Auriemma? Nelle slide proiettate nelle aule
(il corso dura cinque giornate ed è tenuto da funzionari esperti della
piazza) il primo obiettivo indicato è"ricostruire ruolo, prerogative e
responsabilità", segno che qualche sfilacciamento nel tempo è avvenuto.
Vengono proiettati i filmati delle situazioni dove si sono commessi degli
errori, non impedendo la violenza, e dove si è agito correttamente. Tiene "lezione" anche lo psichiatra Vittorino Andreoli: spiega le dinamiche
della paura, «che può assalire e far sbagliare anche gli operatori di
polizia».