RASSEGNA STAMPA
La Repubblica - Per il pestaggio di Bolzaneto solo 15 condannati, 30 assolti
Genova, 15 luglio 2008
Per il pestaggio di Bolzaneto solo 15 condannati, 30 assolti
ETTORE BOFFANO
In quel carcere nascosto, in quella caserma sconosciuta il cui nome, Bolzaneto, fece il giro del mondo assieme alle foto dei volti insanguinati e dei corpi che subivano le violenze e le umiliazioni di ogni repressione che vuole fermare il proprio dissenso, per un giorno e una notte la libertà e il diritto si fermarono.
Sospesi, messi da parte, assieme all´habeas corpus e alla dignità delle vittime, ma anche di chi infieriva su di loro: servitori di uno Stato democratico paralizzato per ventiquattr´ore in quel quartiere della periferia di Genova.
Ma poi lo Stato aveva provato a risvegliarsi e aveva cercato di ritrovare i suoi modi e le sue regole civili all´ombra del codice e delle toghe. Una sfida difficile, segnata persino dalla mancanza di una norma che nel nostro paese consenta di configurare l´accusa di tortura, rimessa assieme attraverso il reato di abuso d´autorità e un corollario di contestazioni che sembrava ispirarsi proprio alle scene di quella caserma: la crudeltà, i motivi futili e abbietti, l´acqua negata a chi aveva sete, le botte e le vessazioni militaresche, le offese e le umiliazioni sessuali.
Poteva lo Stato rimarginare la ferita che Genova, il G8 e i fatti di Bolzaneto avevano inferto alla credibilità profonda delle proprie istituzioni? La prova, la scommessa democratica era tutta nelle mani di quei pm che avevano ricostruito i reati, consolidato le prove e riportato il diritto a denominatore unico di ogni realtà, anche se a inseguire la forza del loro impegno c´era il lavacro finale e inevitabile della prescrizione. Certo, bisognerà leggere la sentenza attentamente, ma la prima impressione è che ieri, i giudici di quella stessa città che ha visto l´ignominia di Bolzaneto e il tentativo del suo riscatto, hanno dato a chi chiedeva giustizia una risposta a metà, una sentenza spezzata. Uno Stato è tale se sa giudicare davvero prima di tutto se stesso, i propri errori e i propri delitti. Se invece non è capace di farlo e non lo vuole, allora lascia aperte le ferite, lascia la sensazione che alcuni siano più uguali degli altri davanti alla legge.