RASSEGNA STAMPA
La Repubblica - Papà e mamma Giuliani: "Non è tutto da buttare"
Genova, 16 luglio 2008
Nell´analisi della ex parlamentare di Rifondazione del marito le luci e le
ombre di un verdetto che però ha punito dei colpevoli
Papà e mamma Giuliani: "Non è tutto da buttare"
I genitori di Carlo inaugurano la mostra a Palazzo Ducale
WANDA VALLI
I volti degli operai morti bruciati alla Thyssen, sono i primi, appena
entrati al Munizioniere di palazzo Ducale, alla mostra "Al lavoro- Genova
chiama". Poi le immagini della fabbrica, del funerale, dei politici, il
presidente della Repubblica, il dolore dei parenti. Sono loro, gli operai
della Thyssen, a aprire il cammino di un evento costruito con 350 foto, 50
video, e un sentiero di cartelli gialli affiancati, con sopra nomi e
cognomi e storia breve, di chi è morto di lavoro dal gennaio del 2008 a
oggi. Giuliano e Haidi Giuliani hanno voluto la mostra per immagini e
racconti del lavoro in fabbrica, in agricoltura, in porto, per ricordare
il G8 del 2001, quello in cui morì Carlo, il loro ragazzo, ucciso in
piazza Alimonda. Ma adesso c´è una sentenza, sui fatti di Bolzaneto, che
ha assolto 29 imputati su 45, che ha stabilito che nessuno dei condannati
andrà in carcere. Che cosa ne pensano loro, i genitori di Carlo? Giuliano
premette che ha idee un po´ diverse dalla moglie, ex senatrice del Prc che
si è battuta in Parlamento, per ottenere una commissione d´inchiesta sui
fatti di Genova. Senza riuscirci. Premette, Giuliano Giuliani, che è
d´accordo con le critiche «un sentenza tiepida, mite, insufficiente»,
aggiunge di capire bene «chi si sente deluso». E, però, un fatto nuovo e
positivo esiste. Anzi sono almeno tre. Li elenca. «E´ la prima volta nella
storia della Repubblica che viene condannato un gruppo non sparuto di
quadri della polizia e per reati, questo è importante, legati all´ordine
pubblico. E poi, viene riconosciuto un reato commesso da chi dovrebbe
tutelare la legge». Ma solo agenti e dirigenti di polizia, sottolinea,
«nessun altro che pure era per strada e ha picchiato e malmenato». Haidi
si avvicina, dopo essere andata a controllare i pannelli, con le loro
cifre amare: 151.000 morti di lavoro dal 1951 al 2005 e, nello stesso periodo, 64 milioni di infortuni «più della popolazione dell´Italia», nota
Giuliano. Lei ascolta il marito, ammette di condividere quelle ragioni, ma
spiega che il sentimento che prevale in lei è un altro. Pensa, Haidi, che
dopo la sentenza nessuno potrà più fermare «chi vuole torturare». E
chiarisce: «a Bolzaneto non si è voluta considerare la violenza di gruppo,
sono state condannate alcune persone per alcuni fatti. Eppure sapevano
tutti quello che stava accadendo lì dentro». Ma la più grave conseguenza
della sentenza, secondo Haidi Giuliani, è appunto, «che lascia mano
libera, perché se dopo un processo, la ricerca di prove accurata, le
testimonianze e tutto il resto, si arriva a una condanna così, uno si
chiede, ma di che cosa devo avere paura?». Una sentenza «che fa pensare
alla non giustizia, all´uso di un metro di giudizio diverso per
manifestanti e agenti di polizia». Impossibile non tornare con la mente a
Carlo, ucciso in piazza Alimonda da un proiettile deviato nella
traiettoria da una pietra, così ha stabilito la perizia che ha convinto il
pm Franz a rinunciare al dibattimento. Giuliano ammette: «comunque meglio
questa sentenza che nessuna, come per mio figlio». Intanto è arrivato Luca
Borzani, presidente della Fondazione Cultura e poi l´assessore Andrea
Ranieri e il sindaco, Marta Vincenzi. Anche lei visitando la mostra,
conferma quello ha già detto a caldo: «la sentenza riconosce una
responsabilità delle istituzioni». Manca la verità politica, però, quella
sì e «la commissione d´inchiesta che avrebbe potuto ristabilirla». In
compenso a Genova, per dimenticare il G8, i ragazzi di Bolzaneto saranno
ricevuti dal sindaco, domenica 20. «Molti non vogliono più tornare nella
nostra città», spiega Marta Vincenzi, «per reazione a quello che qui hanno vissuto e invece noi vogliamo che Genova li accolga in un modo diverso».
Sempre domenica dibattito alla mostra sulla tortura e, nel pomeriggio,
alle 15, un breve corteo fino a piazza Alimonda. Ancora per ricordare
Carlo.