RASSEGNA STAMPA
LA REPUBBLICA - Diaz, scende in campo la difesa "Non è stata una spedizione punitiva"
Genova, 2 ottobre 2008
Al processo per il sanguinoso blitz, la ricostruzione della polizia
Diaz, scende in campo la difesa "Non è stata una spedizione punitiva"
MARCO PREVE
Con ripetute similitudini sportive, che paragonavano i manganelli
spaccateste tonfa alle placide mazze da golf, e l´esultanza del
funzionario di fronte all´arresto dei black bloc (che però non lo erano) a
quella dell´allenatore di una squadra che ha vinto il campionato, ieri
l´Avvocato dello Stato Domenico Salvemini ha cercato di smontare il
teorema accusatorio della procura al processo Diaz, chiedendo
l´assoluzione dei poliziotti imputati in modo da risparmiare anche «6/7
milioni di euro tra provvisionali per risarcimento danni e spese legali».
«La responsabilità civile sussiste solo se c´è responsabilità penale - ha
proseguito - quindi occorre affermare la piena responsabilità delle
persone individuate dai pm. Io contesto la ricostruzione dei pubblici
ministeri, contesto che l´operazione della Diaz sia stata una spedizione
punitiva. Contesto che si fosse deciso in anticipo di perpetrare una
violenza bestiale e gratuita per terrorizzare persone la cui visione
politica non corrispondeva a quella di una parte della polizia di allora.
La democrazia non fu mai in pericolo». Salvemini si è poi concentrato sui
verbali per i quali sono imputati i funzionari. In sostanza ha spiegato
che i funzionari non potevano essere a conoscenza di tutti i falsi
contenuti nei documenti: dalle circostanze dell´arresto del giornalista
Mark Covell, brutalmente pestato all´esterno della scuola; al ritrovamento
delle due molotov che vennero introdotte dalla stessa polizia; agli
episodi di violenza che si verificano all´interno della scuola. Una
ricostruzione al termine della quale, però, i funzionari - tra cui i
massimi rappresentanti dell´intelligence italiana, impegnati nella lotta
al terrorismo e alla mafia - appaiono come un gruppetto di ingenui la cui
unica colpa è stata quella di credere ciecamente alle frottole dei loro
sottoposti.
Tra gli avvocati di parte civile ha suscitato sgomento la similitudine
golfista di Salvemini. E´ accaduto quando ha contestato che i poliziotti
fin dal loro ingresso impugnassero i manganelli tonfa («armi mortali» li
definì un imputato, il vicequestore Fournier) a rovescio (come
dimostreranno le fotografie degli ematomi. Salvemini però ha dato un´altra
interpretazione «se uno si avvicina al campo da golf può anche impugnare
la mazza dal fondo o a metà, non è detto che poi al userà in quel modo».
Salvemini ha però riconosciuto che: «Le lesioni sono state il vero fatto
eclatante: di questo processo si è parlato tanto perché sono state
fotografate le persone sporche di sangue. Ma io dico che non si è trattato
di un solo reato di lesioni, ma di tanti reati di questo tipo. E noi non
sappiamo chi ha compiuto queste lesioni perché non c´è stata omogeneità di
comportamento». E perché nessun poliziotto lo ha voluto raccontare.