RASSEGNA STAMPA
LA REPUBBLICA - L'eterno vizio italico di assolversi dalle vergogne
Genova, 16 novembre 2008
L´ETERNO VIZIO ITALICO DI ASSOLVERSI DALLE VERGOGNE
Ma la peggiore vergogna è il Parlamento che non ha mai avuto coraggio
Dalla Grande Guerra in avanti per noi italiani è sempre difficile fare i
conti
BRUNO PASTORINO
L´ALTRA sera, dopo la sentenza sulla Diaz, ripensavo ai "Racconti di
Ferrara", appena andati in scena alla Corte nella bella riduzione di
Tullio Kezich. E´ la storia della persecuzione e del tentato sterminio
della comunità ebraica estense: un olocausto perpetrato contro propri
concittadini da un´Italia non ancora in guerra né invasa dai tedeschi; una
pagina orribile della nostra storia che, al pari di altre a questa uguale,
ci si è preoccupati di dimenticare in fretta. C´è una vocazione italica ad
assolversi dalle peggiori vergogne, e quell´assoluzione non avviene solo
nei tribunali. Delle azioni meno nobili del nostro esercito, per esempio,
poche sono le riflessioni fatte. Nel cinema italiano non abbiamo una "collina del disonore", o un "orizzonte di gloria". Pure nella "Grande
Guerra" di Monicelli-bellissimo film- l´ignomininia è interamente
consegnata agli ex alleati austriaci e la vena eroica invece concessa ai
nostri. Se si esclude "Bronte" di Florestano Vanligi sulle nefandezze dei
Garibaldini in Sicilia, resta davvero poco e chi ci provò (Aristarco nei
primi anni ´50) si vide costretto a rispondere davanti ad un Tribunale
Militare. Sulla campagna di Grecia - una vergogna di cui faremmo bene a
consegnare memoria - ancora pochi anni fa un cineasta democratico,
Salvatores, vinse un Oscar con un film mediocre che la rappresentava come
una specie di simpatica scampagnata.
Quando questo è il livello di severità con cui l´intellettualità affronta
la nostra storia non c´è da stupirsi se alla prima occasione, magari in
Somalia, alcuni nostri bravi ragazzi possano macchiarsi di condotte non
esattamente eroiche. Pure il razzismo, se è potuto stare tanto tempo
nascosto sotto la cenere, non è per merito del nostro spirito tollerante,
ma piuttosto per difetto delle nostre vecchie classi dirigenti incapaci di
assicurare al Paese un posto al sole all´epoca della spartizione
coloniale. Alla prima occasione, alla prima debole onda proveniente da Sud
e da Est, ci siamo subito ripresi gli interessi e oggi, mentre qualche
uomo di stato (e a volte anche di opposizione) garantisce che da noi il
razzismo non esista, neanche riusciamo più a fare il conto delle
aggressioni subite, nelle nostre civilissime città, da genti di altri
paesi. L´albero dell´autoritarismo è un sempreverde nella botanica
italiana; vocazioni totalitarie e collusioni con le economie criminali
accompagnano l´intera storia del nostro paese. E la si smetta, quindi, per
favore, ad ogni "tintinnar di sciabole", di fingersi stupiti e di non
comprenderne le ragioni. Questo pensavo, dunque, l´altra sera dopo la
sentenza sulla Diaz. Sia chiaro, io non so se quella sentenza la
giudicherei vergognosa. Io non dimentico che Canterini e i suoi sono stati
condannati; è questo, oggi, quando c´è un premier che minaccia di usare la
forza contro gli studenti e gli abitanti della Valsusa, è un ammonimento
per quei poliziotti che potrebbero ricevere comandi poco convenzionali;
ricordino: l´immunità riguarda i loro vertici, non loro. La vergogna, per
me, non è del Tribunale, ma del Parlamento che, pur cambiando tre volte
maggioranza dai quei giorni del G8, sempre si è trovato d´accordo sul non
voler indagare su cosa accadde allora. Comodo, dopo tutto, delegare alla
magistratura.
Un altro modo per poter continuare a non fare i conti con noi stessi.