RASSEGNA STAMPA
LIBERAZIONE - Diaz, il pm: un massacro
Roma, 5 luglio 2008
Diaz, il pm: un massacro
Checchino Antonini
Genova (nostro inviato)
Dettagliata, quasi estenuante nella sua
articolazione, la pubblica accusa sta
smontando «al di là di ogni ragionevole
dubbio» le versioni ufficiali sulla"perquisizione" della scuola Diaz.
Quello che avvenne nella notte tra il 21
e il 22 luglio del 2001 non fu davvero
la «normale perquisizione» di cui parlò
il portavoce dell'allora capo della polizia
De Gennaro sbarrando la strada a
legali e parlamentari accorsi. Non ci fu
resistenza alcuna, lo evince il pm dal
bilancio dei feriti, 79 lesioni gravi (su
persone rannicchiate per difendersi) tra
i 93 arrestati, e 11 operatori contusi su
almeno 150 che presero parte all'irruzione.
Non ci fu nemmeno il fitto lancio
di oggetti di cui parlò il defunto
prefetto La Barbera prima dei filmati
che avrebbero fugato numerosi dubbi.
Canterini nella sua prima relazione,
poi sminuita a «relazioncina al questore
», la «più smentita di tutte», volle dire
di aver visto «violente colluttazioni
avvenute al buio con armi rudimentali,
bastoni, catene, un grosso maglio».
Altri capisquadra riferirono di pioggia
di sedie e di una scrivania di cui non si
ebbe mai traccia. Le relazioni di servizio
cozzano tra loro e con le deposizioni
successive. Manca una «versione
univoca» e ci sono stati «palesi tentativi
di ostruzione» alle indagini come le
foto, piccolissime e "antiche", fornite
dalla polizia per i riconoscimenti, e gli
elenchi incompleti del personale in servizio
quella notte, o la firma indecifrabile
sui verbali di arresto. Insomma,
tanto sono «genuine» (che non si sovrappongono
ma che si incastrano
l'una con l'altra e con i documenti video)
le testimonianze di cittadini e manifestanti,
tanto saranno reticenti e
contraddittorie le deposizioni di imputati
e poliziotti informati dei fatti.
«Sembrava incredibile, purtroppo è
tutto vero», ha ripetuto, senza enfasi alcuna,
il pm.
Dopo le premesse pronunciate dal suo
collega Zucca, sulle similitudini tra i
processi alla polizia e quelli ai boss mafiosi,
ieri è toccato a Francesco Cardona
Albini il compito di circostanziare
le accuse ai 29 alti funzionari di ps in
fondo a 147 (finora) udienze di un caso
su cui pende comunque la spada di
Damocle dell'ammazzaprocessi. Il pm
ha iniziato dalla ricostruzione delle circostanze
degli arresti per devastazione
e saccheggio, 93 in tutto, e tutti illegittimi.
Mentre la polizia ha sempre parlato
di furiose colluttazioni ingaggiate
dagli ospiti della Diaz, l'accusa è certa
che si sia trattato di pestaggi contro persone
che in molti casi, come il gruppo
di spagnoli che si trovava nella palestra,
avevano atteso i tutori dell'ordine coi
passaporti in mano, o in ginocchio,
mani alzate e scandendo la parola
«non violenza», o provando a nascondersi.
In cambio ebbero manganellate,
gli furono scagliati addosso i mobili
della scuola, ricevettero insulti, da uomini
in divisa e in borghese, in tuta antisommossa,
con la pettorina o la divisa
atlantica, con quelli «in giacca e cravatta
» che fingevano di non vedere «come
a chiudere un occhio di fronte a
una marachella». Manganellati anche
dopo la «messa in sicurezza», la «bonifica
», della scuola. Gli stranieri ricorderanno
che la parola più usata era «bastardi
», uguale in molte lingue, gli italiani
saranno più precisi: gli invasati dicevano
spesso che tanto nessuno sapeva
che erano lì, che li avrebbero uccisi
tutti. Sottolineato anche l'uso improprio
di armi proprie, i tonfa (secondo
Fournier - il vice di Canterini, colui che
parlerà di «macelleria messicana»
squarciando «un velo di silenzio durato
sei anni» - se impugnati al contrario
diventano martelli che spezzano le ossa
di un bue) e la presenza, di armi improprie,
come un paio di mazze da baseball
citate in alcune testimonianze e
scovate in un video mentre un agente
le ripone nel baule dell'auto. «Indubitabile
» che entrarono per primi gli uomini
di Canterini, i celerini del VII nucleo,
ma a ruota seguirono uomini di
ogni reparto (squadre mobili, altre celeri,
digos, nucleo prevenzione crimine).
Tutte le azioni lesive sono riportate
nelle relazioni dei capisquadra, solo
che ognuno le attribuisce ad altri reparti.
Il pm non ha dubbi: furono «situazioni
di umiliazione e dominazione
estrema». Come il taglio di capelli su
due ragazzi stranieri al 2° piano, come
l'estintore svuotato sulle ferite di una
ragazza due piani più su. Perderà il
30% delle capacità polmonari, dopo
essere stata trascinata per le scale. Un
poliziotto si tolse la bandana che lo travisava
e le sputò in faccia. E il «corredo
di insulti» è «compatibile», per il pm,
con la volontà aggressiva dei tutori dell'ordine.
La prossima volta saranno ricostruiti i
passaggi del finto accoltellamento dell'agente
Nocera e delle molotov portate
dalla questura per incastrare gli arrestati
da offrire in pasto a un'opinione
pubblica sconvolta dall'omicidio Giuliani
e dalla palese inerzia contro i
black bloc.