RASSEGNA STAMPA

LIBERAZIONE - Diaz, quarta udienza: I poliziotti scoprono le "loro" molotov

Genova, 12 luglio 2008

Diaz, quarta udienza: I poliziotti scoprono le "loro" molotov

Checchino Antonini
Genova (nostro inviato)
Doveva essere la madre di tutte le prove contro i 93 arrestati e invece, quella delle molotov, sarà la regina delle prove contro i funzionari imputati per le violenze e gli abusi avvenuti tra il 21 e il 22 luglio 2001 alla scuola Diaz. Perché, è bene rammentarlo, quegli arresti non vennero mai convalidati e nella scuola non ci fu alcuno scontro ma un massacro, tessera di un mosaico che Amnesty International definirà la più grande sospensione dei diritti umani in Occidente dalla fine della seconda guerra mondiale.
Dilatandosi all'inverosimile, la richiesta delle pene non avverrà, pare, prima di giovedì prossimo, la requisitoria dei pm Zucca e Cardona Albini è giunta ieri all'«avvenimento che rappresenta l'esito della perquisizione», come ha detto Enrico Zucca dopo aver concluso l'esame del capitolo relativo al verbale di arresto, a sua volta bollato come «una storiella da trasmettere all'autorità giudiziaria» visto che risulterà redatto da funzionari che sminuiranno il proprio ruolo o risulteranno estranei alla «normale perquisizione» (espressione coniata dal portavoce di De Gennaro) di cui però firmeranno gli esiti, che non procederanno all'attribuzione del bottino di coltellini, magliette, zaini e attrezzi trafugati in un cantiere e ammassati nella palestra della Diaz, che negheranno l'evidenza dei pattuglioni misti a caccia di presunti cappucci neri. Quel cumulo di cose «sequestrate in contesti non esplicitati» non valeva nulla, o quasi, ha ripetuto il pm mostrando di credere che, in alcuni casi s'è provato a creare delle prove (ad esempio estraendo il metallo dai telai degli zaini). Per questo è ancora più singolare che, alla vista delle molotov, nessuno gridi «Eureka!», nessuno si sbracci per il trofeo e si attribuisca il merito della scoperta. Anzi, facciano tutti i "vaghi" (licenza del cronista per sintetizzare il ragionamento della pubblica accusa).
E solo il giorno dopo, nella conferenza stampa convocata dal portavoce di De Gennaro, le due ex bottiglie di vino rosso siano messe sotto il muso di giornalisti delusi dalla mancanza di risposte. Eppure solo quegli ordigni potevano giustificare la maxi retata in flagranza. Le molotov risultano essere state «maneggiate senza cautela e la loro localizzazione è strumentale all'attribuzione a tutti i 93» così da appiccicargli l'associazione a delinquere. «Chi poteva sospettare l'insospettabile?», si domanda il pm. Fu un caso, "serendipity" della pur blanda commissione conoscitiva (che comunque rivelò le frottole ufficiali sull'imprevedibilità del blocco nero e sulla mancanza di autorizzazione del corteo di Via Tolemaide): la procura si accorse che un funzionario barese aveva presentato alla commissione una relazione sul sequestro di due molotov identiche a quelle della Diaz in un'aiuola di Corso Italia negli scontri del sabato pomeriggio. Quando fu interrogato le riconobbe senza esitare. E inizia il compito dei pm per ricostruire il loro «tortuoso percorso» fino a concludere che, nella scuola non sarebbero mai entrate, che il reperto verrà "scoperto" a perquisizione conclusa. Quel funzionario, Guaglione, le sistemò sul blindato Magnum di Donnini. Guidava l'agente Burgio che parecchi filmati mostrano mentre molla il mezzo per alcuni minuti ed entra nel cortile della scuola...