RASSEGNA STAMPA
LIBERAZIONE - G8, ultima udienza del processo ai 29 poliziotti
Genova, 13 novembre 2008
G8, ultima udienza del processo ai 29 poliziotti
Diaz, cala il sipario
Oggi la sentenza
sulla notte cilena
Checchino Antonini
Più difficile di un processo a uno stupratore,
più ancora di quando alla sbarra
c’è un capo cosca. Così spiegò i rischi
di omertà e le altre rogne di un processo
alla polizia il pm Zucca, nel luglio
scorso, iniziando la lunga requisitoria
contro i 29 funzionari di ps imputati
per i falsi, le violenze, le calunnie avvenute
la notte tra il 21 e il 22 luglio 2001
nella scuola Diaz di Genova. Oggi le
ultime due repliche delle difese, poi la
corte, presieduta da Gabrio Barone, si
ritirerà in camera di consiglio per decidere
sui 108 anni complessivi (l’unico
imputato per il quale s’è proposta l’assoluzione
è Alfredo Fabbrocini) chiesti
da Zucca e dal suo collega Francesco
Cardona Albini, i due pm che avevano
chiesto il rinvio a giudizio il 4 marzo
del 2004, a tre anni dai fatti. Richiesta
accolta il 26 giugno. L’ultima delle oltre
duecento udienze, inizierà alle 10 nell’aula
bunker del Palazzo di giustizia.
Nulla della versione ufficiale è stato salvato
nelle 560 pagine di memoria che
la pubblica accusa ha prodotto dopo la
requisitoria. Non ci fu alcuna aggressione
al convoglio di volanti, blindati
e autocivetta che transitò sotto le scuole
- uno di fronte all’altro c’erano il media
centre e il dormitorio dei manifestanti
- al termine dell’ultimo dei cortei
del Genoa social forum. Sempre stando
alle accuse non ci fu resistenza all’irruzione
di oltre duecento agenti travisati
che, ufficialmente, avrebbero divuto
stanare i cosiddetti black bloc autori
delle violenze dei giorni precedenti
e, in ultimo, dell’aggressione alle macchine
di un paio d’ore prima. Né ci fu
la coltellata riferita da un’agente e le
molotov - esibite dall’allora portavoce
di De Gennaro in conferenza stampa,
assieme a badili e picconi trafugati da
un cantiere vicino e a coltellini svizzeri
prelevati dagli zaini dei no global
campeggianti - furono portate apposta
dalla questura per giustificare la mattanza.
Per mesi, la stampa e la politica
si affanneranno a cercare la catena di
comando di quella notte evitando di
citare che l’allora portavoce di De Gennaro,
il capo della polizia, era in via
Battisti a sbarrare la strada a parlamentari,
cronisti e, soprattutto a legali nominati.
Né fu un errore il blitz nella
scuola di fronte dove furono trafugati
documenti di legali e cronisti, con appena
un po’ meno brutalità di quanto
avveniva a pochi metri.
No, secondo i pm, non fu la «normale
perquisizione» che il governo - anche
allora regnava Berlusconi - cercò di far
credere. E dei 93 arresti per devastazione
e saccheggio di quella notte cilena
nemmeno uno fu avallato dal giudice.
Fu un’operazione di guerra sporca, una
«macelleria messicana» frase coniata da
uno degli imputati, il vice di Canterini
al tristemente noto primo reparto celere
di Roma. Amnesty international definirà
l’operato delle polizie nelle tre
giornate del G8 come la più grave sospensione
del diritto e delle garanzie
democratiche in Occidente dalla II
guerra mondiale.
Tra i 29 imputati spiccano nomi di
grande prestigio per le forze dell’ordine:
Francesco Gratteri, allora dirigente
del Servizio centrale operativo oggi a
capo dell’ Anticrimine; Giovanni Luperi,
ex vicedirettore dell’Ucigos attuale
capo dipartimento analisi dell’Aisi
(l’Agenzia di informazioni e sicurezza
interna, l’ex Sisde), Gilberto Calderozzi,
ex vicedirettore dello Sco, oggi capo
del Servizio centrale operativo. Tutti
promossi da tutti i governi succedutisi
da allora, dunque, e anche questo tardivo
primo grado sarà sepolto dalla vicinissima
prescrizione per la gran parte
dei reati. Non sfugge, tuttavia, il senso
politico di un’eventuale condanna dopo
le mezze verità del processo parallelo
per le torture nella caserma della celere
trasformata in prigione provvisoria
per le retate del G8. Il Genoa legal forum,
con una lettera firmata dal sociologo
Salvatore Pallìda e dall’avvocato
Massimo Pastore, chiede alla stampa
democratica di farsi promotrice di una
campagna per la rimozione degli eventuali
colpevoli dai ranghi. In aula ci sarà,
tra gli altri Vittorio Agnoletto, eurodeputato
del Prc, all’epoca portavoce
del Gsf. Certo che ci saranno, oltre alle
parti civili, i genitori di Carlo Giuliani,
ucciso da un carabiniere negli scontri
innescati senza ragione dalle guardie
contro un corteo regolarmente autorizzato.
Un video, a disposizione del tribunale,
mostra che imbracciò l’estintore
solo dopo aver visto la pistola. Ma
nessun giudice chiederà mai un processo
pubblico. La Bbc, invece, mostra, oltre
ai volti noti di imputati, le immagini
Rai finora inedite di un fantomatico
ispettore della Digos di Napoli, in borghese
ma col casco - non identificato,
cui una collega fiorentina avrebbe consegnato
la busta delle molotov, la regina
della prove fasulle.