RASSEGNA STAMPA
LIBERAZIONE - Undici ore di camera di consiglio, sette anni di battaglie per la verità
Genova, 14 novembre 2008
Undici ore di camera di consiglio, sette anni di battaglie per la verità
Tribunale di Genova,
col fiato sospeso in attesa
di una giustizia che non arriva
Graziella Mascia
E’ tutto un abbraccio nell’aula del tribunale,
che emetterà la sentenza “in
nome del popolo italiano” su uno dei
fatti più drammatici accaduti a Genova
nel luglio 2001. Mark Cowell, tra i tanti
ragazzi della Diaz presenti, è forse il
più ansioso, come tutte le volte in cui ci
siamo incontrati in questi anni. Altri sono
venuti per la prima volta da quella
terribile notte in cui li avevo visti in
ospedale.
Tutti sappiamo che la condanna dei poliziotti
incriminati li risarcirebbe almeno
moralmente, per delle ferite che difficilmente
si possono curare. Ma c’è
molto scetticismo, rispetto alla possibilità
che i vertici possano essere toccati,
nonostante le innumerevoli prove raccolte.
E in ogni caso, concordano alcuni giornalisti
che da sempre seguono la vicenda,
nessun tribunale ci potrebbe raccontare
la verità politica, per cui sarebbe
ancora necessaria una commissione
di inchiesta parlamentare.
Già... la commissione di inchiesta: quante
volte ne abbiamo parlato, quante assemblee
abbiamo fatto per questo? Oggi
sembra passato un secolo, e con la sinistra
fuori dal parlamento se ne parla come
una necessità e una opportunità ormai
perse per sempre.
E tuttavia, mi costringono a ricostruire
insieme le date e i passaggi parlamentari.
Infatti, la proposta di legge che presentai
immediatamente dopo il ritorno da
Genova, il 23 luglio 2001, per anni è
stato un obiettivo per cui si organizzarono
iniziative e si raccolsero firme.
Berlusconi aveva già una maggioranza
schiacciante in parlamento e da subito
fu chiaro che non sarebbe mai stata approvata
una legge in questo senso.
Ma la gravità dei racconti e l’atrocità
delle immagini avevano in quei giorni
determinato inquietudine e interrogativi
in tutto il paese. Perciò ci diedero il
“contentino” della commissione di indagine
parlamentare, con la possibilità
di lavorare per due mesi nei quali raccogliere
documenti e ascoltare testimoni,
ma senza l’obbligo di dire la verità per
loro e senza il potere di accedere a notizie
particolarmente riservate per noi.
Nonostante ciò, la lettura meticolosa
delle centinaia di pagine con cui ci
sommersero ha consentito di ricostruire
qualche orario, qualche registrazione
radio, qualche verbale, che, insieme ai
filmati ancora grezzi che intanto arrivavano,
e la testimonianza diretta di noi
che c’eravamo, ha reso possibile la ricomposizione
di un quadro che nel
corso degli anni ha trovato conferma.
Fu fondamentale, quel lavoro, per dimostrare
che il corteo di Tolemaide aveva
l’autorizzazione per arrivare fino a
piazzale delle Americhe, contrariamente
a quanto sostenuto dal questore Colucci,
come importante fu la lettura del
verbale di uno degli odierni imputati,
Michelangelo Fournier, vice del comandante
del reparto mobile di Roma,
dr. Canterini. Utilizzai quel burocratico
pezzo di carta per aprire uno squarcio
e contestare la versione dei capi della
polizia, su orari e motivazioni che a
loro dire resero necessaria l’operazione
alla scuola Diaz. La commissione di indagine
si chiudeva mentre già venivano
alla luce il falso accoltellamento e le false
molotov, tra lo sgomento e l’incredulità
dei deputati.
Non per questo la situazione in parlamento
cambiò.
La vittoria dell’Unione nell’aprile 2006
ha riaperto le speranze per la commissione
di inchiesta, che era un impegno
programmatico considerato inderogabile
per Rifondazione comunista, ma
sottoscritto da tutti.
Il 14 settembre 2006 inizia in commissione
affari costituzionali della Camera
la discussione sulla proposta di legge
per l’istituzione di una commissione bicamerale.
Il 10 luglio 2007 l’iter legislativo
si indirizza verso una proposta per
una commissione monocamerale, che
nel frattempo avevo depositato. L’esperienza
del Senato, con numeri già risicatissimi
a favore dell’Unione, rendeva
evidente che non sarebbe mai passata
una legge che avesse richiesto il voto anche
a Palazzo Madama. Anche i lavori
della Camera determinarono però un
risultato imprevisto, per quanto fossero
già emerse contrarietà da parte di qualche
deputato dell’Unione.
Il 30 ottobre 2007 il voto definitivo in
commissione affari costituzionali: 22 a
favore e 22 contro. Tra i contrari il partito
di Di Pietro, l’Italia dei valori, e
quello di Mastella, l’Udeur. Determinanti
le assenze, inaspettate, ma non
casuali, dei due socialisti. La commissione
di inchiesta era seppellita e il G8
di Genova rischiava di finire archiviato
tra i grandi misteri italiani.
A distanza di anni, con l’aiuto di filmati
e testimonianze, grazie al lavoro degli
avvocati del Genova social forum,
che non hanno mai mollato, e anche
grazie al lavoro rigoroso e coraggioso
dei pubblici ministeri, il puzzle si è invece
completato.
Non sono molti i giornali che hanno
costantemente documentato gli avvenimenti
ricostruiti a partire dal pomeriggio
del 21 luglio, ma consentono di conoscere
la verità dei fatti di quella notte.
Insieme alle violenze di piazza, gli
abusi a Bolzaneto, e l’uccisione di Carlo
Giuliani, per la cui morte è stato negato
persino il processo, la Diaz rappresenta
una delle vicende più inquietanti
della storia della nostra Repubblica.
In questa attesa per la sentenza, ci sono
la speranza e il timore per le prospettive
del paese. Le condanne dei vertici
della polizia potrebbero restituire un
minimo di fiducia nelle istituzioni democratiche.
Una assoluzione sarebbe
invece l’ennesima conferma che per alcuni
apparati dello Stato vige la regola,
non scritta, dell’impunità.
Ps: ore 21.09, la sentenza è arrivata.
Giustizia non è fatta.