RASSEGNA STAMPA

L'UNITA' - «Su Genova dico sì a una commissione di indagine»

Roma, 21 novembre 2008

Antonio Di Pietro
«Rai, è un blitz contro l’Idv Orgogliosi della nostra lotta»

Il leader dell’Italia dei Valori in redazione a l’Unità parla del caso Rai, dell’opposizione, dei rapporti con il Pd, dell’emergenza giustizia. Evita il più possibile le polemiche nel centrosinistra, e attacca duramente i metodi di governo di Berlusconi e della sua coalizione.

«Su Genova dico sì a una commissione di indagine»
CLAUDIA FUSANI

Il suo partito nell’ottobre 2007 votò contro la Commissione d’inchiesta sul G8 di Genova. Ora la chiede. Cosa le ha fatto cambiare idea?
«Non ho cambiato idea. Credo che ognuno debba fare il suo mestiere. Ero e resto contrario a una Commissione parlamentare d’inchiesta, con poteri identici a quelli di una procura, che indaga mentre ci sono inchieste e processi in corso. Sono adesso, dopo le sentenze di primo grado, favorevole a che il Parlamento avvii una commissione di indagine, e non d’inchiesta, su quei fatti per ricostruire il clima politico e tutto quello che non ha funzionato e che i processi non hanno potuto fissare. Credo sia nell’interesse di tutti sapere che la magistratura non deleghi ad una maggioranza politica il giudizio su fatti come questi».
Secondo lei durante i processi sul G8 sono intervenuti fatti nuovi, che hanno a che fare ad esempio con la reticenza, e che chiedono supplementidi indagine?
«Ci sarà il secondo grado, l’appello, e valuterà il giudice. Ha i mezzi per farlo».
Come valuta la lettera del capo della polizia, il prefetto Antonio Manganelli, in cui dice che “il paese ha bisogno di spiegazioni su ciò che accadde a Genova”. È un fatto nuovo per un eventuale processo di appello?
«Quella lettera non è nè una chiamata di correità nè in reità ma qualcosa che nobilita l’attuale Capo della polizia che si assume la responsabilità morale per quello che è successo e chiede scusa. Quella lettera, però, può essere utile a una Commissione parlamentare d’indagine».
Di Pietro, il cemento e il motore della sua opposizione è l’antiberlusconismo?
«Se Berlusconi non ci fosse noi saremmo comunque in una formazione riformista, e ci saremmo convintamente e determinatamente. Ma Berlusconi c’è, è un’anomalia ed è giusto parlarne. Accusare me è come accusare quello a cui schiacciano i piedi, il poveretto urla e gli altri dicono “ma perchè urli sempre”. Ecco io sono contro il perbenismo di facciata per cui non bisogna disturbare il manovratore. Non si penserà mica per davvero che Berlusconi, a lasciarlo fare, si possa convertire sulla via di Damasco? Vi cito il mio maresciallo che mi diceva: “Dottò, qui bisogna infrenare il fenomeno”. Voleva dire che bisognava limitarne i danni».
Va bene, ma con chi si vede meglio, con l’Udc o con la sinistra radicale? Con Tabacci, Casini o Ferrero?
«Grande rispetto per Tabacci, uomo e politico molto preparato. Casini vedo che ogni volta si astiene dal voto, è come quello che sta lì in bordo fiume per vedere su quale barca è meglio salire».
Con la sinistra più radicale?
«Italia dei valori non si è mai voluta dare un’etichettatura ideologica. E infatti i nostri elettori hanno origini culturali e politiche più svariate. Detto questo non siamo extraparlamerntari no global. Non lo siamo. Noi siamo moderati. Ripeto: noi saremmo da questa parte a prescindere da Berlusconi perchè crediamo che una formazione conservatrice e destrorsa non possa fare il bene di tutti e che invece possa fare il bene di pochi. Da qui a passare per extraparlamentare, no global, ce ne corre».