RASSEGNA STAMPA
CORRIERE SERA - Il G8 e la giustizia rovesciata
Milano, 6 febbraio 2009
RISPONDE SERGIO ROMANO
GENOVA 2001: IL G8 E LA GIUSTIZIA ROVESCIATA
In un editoriale, a proposito del G8 di Genova, lei ha parlato di «errori» della polizia (Corriere, 25 gennaio). Poiché io non credo che le violenze perpetrate dai tutori dell' ordine pubblico, descritte allora anche dal Corriere, possano definirsi come errori involontari le chiedo di precisare il suo pensiero in merito. Luciano Sgarbi lucsgar@alice.it Caro Sgarbi, R icordo bene il G8 anche perché dovetti occuparmene a più riprese sul Corriere con crescente imbarazzo. Forse il miglior modo per rispondere alla sua lettera è quello di spiegare le ragioni di quell' imbarazzo. Fu evidente sin dall' inizio che l' incontro di Genova sarebbe diventato un doppio appuntamento: il primo, internazionale, per gli avversari della globalizzazione, e il secondo, nazionale, per gli oppositori del governo Berlusconi, costituito dopo le elezioni della primavera. Fu altrettanto chiaro che il doppio appuntamento avrebbe richiamato a Genova le frange più violente della sinistra extra-parlamentare italiana e europea, tutte decise a impadronirsi dell' avvenimento per indirizzarlo verso i loro obiettivi. Volevano lo scontro e lo provocarono con una furia devastatrice che superò, per forza e ampiezza, quella delle altre manifestazioni degli stessi mesi contro la globalizzazione. Ricordo le reazioni dei genovesi e una intervista in cui Sergio Cofferati, allora segretario della Cgil, si dichiarò sconcertato da una tale ondata di violenza. I dimostranti più facinorosi ottennero ciò che desideravano. Gli organizzatori dei cortei non poterono o non vollero isolarli. La polizia perdette il controllo delle strade, subì una evidente umiliazione e consumò nelle ore successive una sorta di vendetta. Ci trovammo allora a dover decidere nella nostra coscienza quale dei due mali fosse il peggiore. La furia distruttrice delle frange anarchiche o il comportamento irresponsabile di una parte della polizia? Un liberale, in queste circostanze, non può che considerare i peccati della polizia più gravi di quelli dei devastatori. Gli Stati di diritto debbono essere severi con coloro che attentano violentemente all' ordine pubblico, ma non possono permettere che la polizia diventi giudice e giustiziera. Fra i due mali, in altre parole, il secondo, in quel particolare momento, era peggiore del primo e andava fermamente denunciato. Ma la denuncia delle violenze poliziesche ha avuto l' effetto di oscurare agli occhi del Paese l' esistenza di un' altra piaga di cui la società italiana non è ancora riuscita a curarsi: quella di gruppi pseudo rivoluzionari che concepiscono la politica come lotta armata. I sindacati e i migliori eredi del Pci li conoscono e riescono, nel corso delle loro manifestazioni, a controllarli. Ma vi sono altre forze politiche che li corteggiano, li lusingano, li difendono e giustificano le loro azioni con strampalati argomenti sociologici. È accaduto così che il ragazzo Giuliani sia diventato un martire e che il G8 venga ricordato esclusivamente per il deplorevole comportamento di una parte delle forze di polizia. È questa, caro Sgarbi, la ragione del mio imbarazzo. Un brutto evento è utile al futuro del Paese quando viene analizzato e ricordato nel suoi termini reali. Quello di Genova nel 2001 continua a essere ricordato e analizzato nel peggiore dei modi. La pubblica memoria non ha smesso di condannare la polizia, che mi sembra essersi resa conto dei suoi errori; e ha assolto i devastatori di Genova, diventati ormai i vincitori morali di quelle disastrose giornate.
Romano Sergio