RASSEGNA STAMPA
LA REPUBBLICA - Il poliziotto condannato per gli arresti del G8 ora indaga sui colleghi che spacciavano coca
Genova, 4 marzo 2009
Antonio Ierardi ai domiciliari. 
          A raccogliere le sue dichiarazioni 
          l'ispettore colpevole di falso e calunnia
          Il poliziotto condannato per   gli arresti del G8 ora indaga sui colleghi 
          che spacciavano coca
          
          MASSIMO   CALANDRI
          
          C'E' una coda polemica, nella concessione degli arresti   domiciliari per 
          l´agente di polizia penitenziaria Antonio Ierardi, accusato   di aver 
          portato cocaina e telefonini cellulari ad alcuni detenuti del   carcere di 
          Marassi. Subito dopo la cattura, Ierardi ha ufficialmente reso   spontanee 
          dichiarazioni ad un ispettore della squadra mobile che poco tempo   fa è 
          stato giudicato colpevole di falso e calunnia - in merito ad alcuni 
          arresti operati durante il G8 - , e per questo condannato in primo grado a 
          due anni e tre mesi di reclusione. Niente di formalmente scorretto, perché 
          nonostante i due anni e tre mesi di reclusione comminatigli, il 
          sottufficiale non è mai stato sospeso dal servizio. Al contrario, è stato 
          trasferito dagli uffici della Digos a quelli della mobile. Prima di essere 
          giudicato colpevole deve passare per tutti e tre i gradi di giudizio 
          (anche se la prescrizione ha in pratica già cancellato il reato di 
          calunnia), e dunque ha tutti i diritti di lavorare. Ma negli ambienti 
          giudiziari genovesi se ne fa più che altro una questione di opportunità. 
          E´ giusto che un condannato per falso e calunnia interroghi un arrestato,
          per di più se appartenente alle forze dell´ordine? Qualcuno potrebbe 
          ironizzare che nessuno meglio di un ispettore come lui può comprendere e 
          comunicare con un agente che ha sbagliato. Il sottufficiale ha sicuramente 
          lavorato con attenzione e professionalità - così come ha sempre fatto in 
          passato, a leggere il suo curriculum - anche in questo delicato caso. 
          Tuttavia, è comprensibile che più di una persona in tribunale abbia 
          espresso perplessità rispetto all´iter investigativo. Abbiamo provato a 
          chiedere un commento al pubblico ministero Andrea Canciani, che ha gestito 
          l´inchiesta e che meglio di ogni altro poteva chiarire i dubbi. «Non parlo 
          con i giornalisti», ha tuttavia tagliato corto.
          Antonio Ierardi è   accusato di corruzione, per aver accettato di portare 
          all´interno della   prigione un telefono cellulare ad un detenuto di origine 
          albanese, Blerim   Gaci, in cambio della promessa di una «mancia» di 300 
          euro. Deve rispondere   anche dell´introduzione nella cella di un 
          quantitativo non meglio precisato   di cocaina, consegnata ad un altro 
          detenuto albanese - Ferdinand Deda -   sempre in cambio di denaro e cocaina. 
          Davanti alla squadra mobile e ai   magistrati l´agente di polizia 
          penitenziaria ha ammesso di aver fatto la   «spesa» per i criminali, e anche 
          di aver assunto cocaina in alcune   occasioni.
        

