RASSEGNA STAMPA

LIBERAZIONE - Diaz, assolti De Gennaro e Mortola Non chiesero al questore di mentire

Genova, 8 ottobre 2009

Il pm aveva chiesto due anni per l'ex capo della polizia. Il giudice sembra non aver sentito le intercettazioni

Diaz, assolti De Gennaro e Mortola
Non chiesero al questore di mentire

Intanto un’altra sentenza accusa i pacifisti con le mani bianche di aver intralciato gli agenti in Piazza Manin

Assolti. La spunta De Gennaro e la fa franca Mortola dall’accusa di aver indotto a testimoniare il falso l’ex questore di Genova ai tempi degli scempi di polizia del G8 2001. Non avrebbero commesso il fatto, non avrebbero
fatto pressioni su Francesco Colucci, già autore di fantasiosi racconti alla commissione conoscitiva parlamentare concessa a caldo la stessa estate. (disse che non era autorizzato il corteo di via Tolemaide, quello su cui si scatenarono le cariche illegittime dei carabinieri fino all’omicidio Giuliani, disse che i black bloc si mossero da nord a sud e non viceversa) perché aggiustasse certi dettagli deponendo al processo Diaz.
De Gennaro «l’intoccabile» commenta Haidi Giuliani che ormai non si stupisce di nulla. Se l’aspettava la mamma di Carlo, come lui Vittorio Agnoletto, all’epoca portavoce del Genoa socal forum: «E’ uno degli uomini più potenti d’Italia depositario di molti dei segreti della nostra storia negli ultimi 25 anni». Non a caso la sua sfolgorante carriera, dopo Genova, ha avuto un salto di qualità.
Il governo Prodi gli ha cucito addosso una riforma dei servizi segreti su misura per lui. Così ora è direttore del Dis, il dipartimento delle informazioni per la sicurezza. E’ il Negroponte italiano, coordinando i due rami di barbe finte.
Si tratta, a una prima osservazione, dell’applicazione «preventiva», osserva Agnoletto, del ddl intercettazioni.
L’assoluzione, infatti, pare possibile solo ignorando quello che si sono detti al telefono l’ex questore e l’ex capo della digos genovese di quei giorni, Colucci e Mortola. Il pm Enrico Zucca, uno degli accusatori della Diaz, aveva chiesto il massimo della pena (tre anni che diventavano due per via dello sconto di un terzo del rito abbreviato) dopo aver ascoltato i nastri in cui Colucci confidava a Mortola che il «capo» gli aveva detto di fare «un po’ marcia indietro».
«Mi ha detto “bisogna che aggiusti il tiro sulla stampa”, devo fare un po’ di marcia indietro anche per dare una mano ai colleghi». L’intercettato era Mortola, sotto processo per le due molotov portate dalla questura per la costruzione della scena del delitto.
Perché alla Diaz successe che 93 persone furono arrestate illegittimamente con un’accusa paradossale, associazione a delinquere per le devastazioni dei giorni precedenti. 43 di loro furono massacrate da decine di robocop con tutti i tipi di divisa della ps ma travisati, irriconoscibili, e nessuno di quegli arresti fu convalidato dal giudice. Nell’impossibilità di riconoscere i colpevoli (il comitato Verità e giustizia ricorda che durante il processo i pm avevano segnalato «il comportamento omertoso del vertice di ps») c’era il problema di ricostruire la catena di comando. Fuori dalla Diaz c’erano pezzi grossi del Viminale, nel frattempo tutti promossi, come il loro Capo. Dentro gli uomini mascherati tra cui i Canterini boys, celerini scelti per l’occasione. Questi ultimi gli unici lievemente toccati da una sentenza che fece urlare per l’indignazione la piccola folla presente in tribunale dopo dieci ore di attesa.
La posta in gioco nella falsa testimonianza di Colucci, era il ruolo di De Gennaro nell’invio del suo braccio destro ai cancelli della Diaz per sbarrare il passo a legali e parlamentari e convincere i giornalisti che fosse in corso una «normale perquisizione».
Era su questo la puntuale marcia indietro di Colucci. E i due chiacchieroni sarebbero stati registrati mentre l’uno riferiva all’altro i complimenti del Capo. Dopo aver dichiarato che sarebbe stato De Gennaro a suggerire di chiamare Sgalla per liberare i vertici della catena di comando, l’ex questore addolcì la versione, «fu una mia scelta chiamarlo» per organizzare la versione ufficiale dei fatti.
«Le assoluzioni di De Gennaro e Mortola sono il segno più evidente del degrado profondo della nostra democrazia - dice Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione - viviamo in un Paese dove, esattamente come per le stragi di Stato come per quelle di mafia non vengono mai perseguiti condannati i mandanti. Mi chiedo quale sia la differenza tra l’impunità di Berlusconi, che crea giustamente tanto scandalo, e quella dei mandanti della mattanza di Genova oggi felicemente impuniti».
Infatti le felicitazioni bipartizan per l’attuale capo dei capi dei servizi la dicono lunga: Casini, Follini, Nitto Palma il sottosegretario, Gasparri, Rotondi, Cossiga, Minniti. «Come si puo’ pensare che onesti ma semplici magistrati, abbandonati da tutti, possano incrinare lo strapotere del Negroponte italiano, all’ombra del quale si consuma da anni una riorganizzazione autoritaria di tutti gli apparati di sicurezza del paese? A De Gennaro manca ora di chiudere la carriera come direttore di Finmeccanica», osserva amaro Gigi Malabarba, di Sinistra critica. Le parti civili aspettano le motivazioni, dopo la Befana, ma anche a Legambiente pare che ci si stia allontanando dalla verità. E per Colucci il processo continua.
Intanto mentre restano in piedi, gli appelli delle tre maggiori inchieste, (venerdì 9 è prevista la sentenza per i 25 manifestanti) da uno dei processi minori arriva un’altra sentenza che ribalta la storia del Gsf: «A piazza Manin quelli che alzavano le mani dipinte di bianco hanno ostacolato le operazioni di polizia» recita la motivazione della sentenza di primo grado, emessa a luglio e pubblicata ieri, che assolve quattro poliziotti accusati di aver arrestato illegalmente due studenti spagnoli. «Lo scenario degli avvenimenti era estremamente confuso », osserva il giudice, « e in questo contesto di gravissimo pregiudizio vengono arrestati i due ragazzi spagnoli».