RASSEGNA STAMPA
CORRIERE SERA -
Il pm e le indagini «Fu come andare contro un muro»
Genova, 20 maggio 2010
PROCURA ZUCCA: ANOMALA ERA STATA LA DECISIONE IN PRIMO GRADO
Il pm e le indagini «Fu come andare contro un muro»
«Adesso diranno che si tratta di una anomalia. Hanno già cominciato. Ma l' unica sentenza anomala è stata quella di primo grado. Gli altri giudici, e sono molti, che negli anni si sono espressi sulla Diaz, hanno tutti seguito la stessa impostazione, convinti che la fabbricazione di prove false da parte dei poliziotti fosse possibile solo con l' avallo dei loro dirigenti presenti sul posto». Il 18 maggio 2010 è stata davvero una giornata particolare per Enrico Zucca (foto). Al mattino l' esordio in procura generale, dopo vent' anni da pubblico ministero. A notte fonda, giù nell' aula bunker, per assistere all' ultimo, definitivo verdetto di merito sulla storia che lo ha tenuto inchiodato per otto anni, lui e il suo collega Francesco Cardona Albini. Un' inchiesta brutta, dura, condotta in solitudine. Senza molta collaborazione da parte della polizia, chiamata a indagare su se stessa, come sostiene anche la sentenza di primo grado. «Il giudizio d' Appello non fa altro che ritornare sulla linea che presuppone il coinvolgimento dei vertici. Solo così la vicenda ha senso compiuto. La prima sentenza non spiegava com' erano andate le cose». In quel luglio 2001, il magistrato genovese che arrestò il serial killer Donato Bilancia non si era neppure offerto volontario per entrare nel pool che avrebbe giudicato dei reati commessi durante il G8. Pochi mesi dopo gli toccò in sorte la Diaz. Il peggio. Una inchiesta sulla polizia di Stato, sui vertici. «Spesso nei confronti di chi è in divisa vengono utilizzati criteri di valutazione non ordinari. Ci siamo limitati a cercare le prove. Come si fa con i normali cittadini, con chiunque. Per noi, indagare su agenti e funzionari è stato come andare contro un muro». Le reazioni negative alla sentenza enfatizzano l' idea di un verdetto no global, e il valore di poliziotti che rischiano spesso la pelle per difendere le città, non solo la Genova del 2001. «Nessuno ha mai voluto mettere in discussione questo. Ma abbiamo dovuto applicare i criteri che ogni giorno ci sono ricordati dalla Corte europea di diritti dell' Uomo: il peggior modo per combattere la violenza è usare le sue stesse armi. Un concetto affermato anche nei confronti dei terroristi. E mi sembra che alla Diaz non ve ne fossero. Possiamo negare quel che accadde là dentro? Invece di fare tifo da stadio, stiamo ai fatti». Gli otto anni passati a confrontarsi con un processo complicato hanno lasciato scorie e rancori indelebili. «Noi non siamo mai stati nemici della polizia. Ma alla Diaz è stata commessa una catena impressionante di violazioni, di una vastità tale da non configurare singole mele marce, ma l' esistenza di un problema più generale. Credo che la polizia non abbia mai fatto una seria riflessione sui fatti di quei giorni. In questi ultimi anni si è parlato del caso Aldrovandi, del caso Gugliotta. Ebbene, Genova è stato un impressionante concentrato di comportamenti devianti da parte della polizia. Dall' uso di una violenza ingiustificata alla capacità di piegare le prove a proprio favore, ritenendolo magari lecito. Il G8 non deve essere rimosso, come ha invitato a fare Antonio Manganelli in visita a Genova. Rimuovere non è andare avanti. È solo la premessa per ripetere certi comportamenti».
Marco Imarisio