RASSEGNA STAMPA
IL MANIFESTO - ITALIA LORO
Genova, 20 maggio 2010
ITALIA LORO
Marco Revelli
La
sentenza della Corte d'Appello di Genova per i «fatti della Diaz» non
ci restituisce la luce. Ma per lo meno apre uno spiraglio di verità e
di senso, nel buio fitto e appiccicoso che avvolge il Paese. Giunge
tardi. Tardissimo. A quasi dieci anni da quell'ignobile «massacro in
stile sudamericano», che ci coprì di vergogna davanti al mondo. Dieci
anni in cui i responsabili hanno continuato a ricoprire le più alte
cariche nel «sistema di sicurezza». E a rappresentare le più delicate
tra le istituzioni: quelle che incarnano il «monopolio della forza» e
che dovrebbero, per dovere costituzionale, presidiare il più elementare
dei diritti: quello all'integrità della persona. Dieci anni nei quali
le vittime di allora - quasi tutti giovani e giovanissimi - hanno
potuto crescere e farsi uomini portandosi dentro quella ferita non
rimarginabile, e l'immagine di uno Stato fondato sull'illegalità, sulla
prepotenza e sull'impunità del potere. Però ora sappiamo che c'è, in
questo Paese, almeno un anfratto, un'aula di tribunale, una Corte, in
cui la verità che allora percepimmo, tutti, sulla nostra pelle può
essere riconosciuta e «detta». In cui una parola, corrispondente alla
realtà, può essere pronunciata.
Il
Governo - c'era da dubitarne? - costituitosi in Corte alternativa, si è
affrettato ad assolverli. «Piena fiducia», ha dichiarato il ministro
Maroni, «i nostri uomini - ha detto il sottosegretario Mantovano -
resteranno al loro posto», nonostante la pesantezza delle condanne, e
l'esclusione dai pubblici uffici. E ha fatto bene a chiamarli «i nostri
uomini». Perché sono della stessa pasta e della stessa cricca. Sono,
tutti insieme, in forma «sistemica», parte della stessa Italia,
intreccio di ferocia e privilegio, di connivenze incrociate e di
ostentazione d'impunità. Sono l'Italia che ha praticato la tortura, a
Bolzaneto, su decine e decine di ragazzine e ragazzini alla propria
prima esperienza di partecipazione politica. Sono l'Italia che ha
ammazzato Carlo Giuliani e ha sputato sul suo corpo adolescente. Oggi
sappiamo - dall'inchiesta di Perugia - che sono anche l'Italia della
corruzione sistematica e degli scambi di piaceri. Quella delle case
regalate e degli affitti di favore ai figli e ai cognati. L'Italia
dell'Enasarco - per intenderci - e degli Anemone e Zampolini.
Sono,
infine, la stessa Italia che, con un velenoso colpo di coda, ha
sanzionato nel modo più brutale la fine della libertà di stampa,
minacciando il carcere ai giornalisti e condannando di fatto a morte
gli editori che osassero rendere pubblici i materiali giudiziari
connessi a quelle stesse intercettazioni senza le quali mai si sarebbe
giunti alla verità sui «fatti della Diaz».
Non vorremmo che quella di ieri fosse davvero l'ultima «bella notizia» che abbiamo potuto festeggiare.