RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - Morto l'ex deputato di An massacrato di botte
Palermo, 27 febbraio 2010
Morto l'ex deputato di An massacrato di botte
Palermo, caccia agli aggressori del penalista
Enzo Fragalà difese alcuni imputati al processo per il G8 di Genova
Franco Nicastro
Per una volta magistrati e avvocati si ritrovano insieme davanti alla rianimazione dell'ospedale Civico. Li ha divisi spesso la lotta alla mafia, ora li unisce l'orrore per la tragedia di Enzo Fragalà, morto dopo tre giorni di agonia. Non ce l'ha fatta, non poteva farcela. L'uomo alto quasi due metri che gli ha teso un agguato sotto lo studio gli ha devastato il cranio a colpi di mazza. Un massacro brutale e inaudito. Se fosse sopravvissuto, l'ex parlamentare di An sarebbe stato un rudere umano.
Davanti a tanta violenza il presidente del Senato, Renato Schifani, tra i primi ad accorrere in ospedale dopo l'annuncio della morte, ha detto sconsolato: «Non riconosco più la mia città». Sembra una valutazione risibile per una Palermo che ha conosciuto la stagione delle stragi e le mattanze delle guerre di mafie. Ma questa è anche una città nella quale il tasso di criminalità comune e metropolitana non ha mai superato un certo limite. Forse per questo l'aggressione feroce a Fragalà viene letta come il segnale di un cambiamento di clima e di metodi.
Anche questo disorientamento riflette la difficoltà delle indagini a partire dalla figura di Fragalà, uomo che ha tenuto sempre insieme toga e politica: penalista affermato e brillante, è stato esponente del Msi e dal 1994 un parlamentare di An per tre legislature. Non un semplice deputato, visto che è stato componente della commissione giustizia e della commissione Mitrokin, ma anche un protagonista delle battaglie per la riforma delle norme penali in senso garantista.
Era entrato in scena anche nei processi per le violenze al G8 di Genova del 2001, difensore di due imputati palermitani nel mirino della procura per i pestaggi nella caserma-carcere di Bolzaneto. E, in occasione del rinvio a giudizio, aveva perso il tradizionale aplomb dichiarando: «Nell'ennesimo giorno buio per la giustizia italiana, esprimiamo la nostra solidarietà ai servitori dello Stato».
Il suo percorso politico e professionale ha attenuato a caldo la pista di un agguato della criminalità organizzata. Anche le modalità dell'agguato sono apparse inusuali per le tecniche di mafia che di solito organizza le azioni con cura militare. Gli scenari sono apparsi più compatibili con l'ipotesi di un atto disperato: un killer solitario armato di bastone che attende la vittima e l'aggredisce davanti a testimoni in un luogo esposto. Lo studio di Fragalàè di fronte a palazzo di giustizia, uno dei luoghi più presidiati di Palermo.
Chi voleva morto Fragalà? Il ricorso a un attacco di violenza esasperata ha allarmato gli avvocati che, in assemblea, hanno denunciato lo stravolgimento di regole tacite ma condivise nel rapporto tra legale e cliente. «Nei processi la figura del difensore è sovraesposta» dicono. È la stessa preoccupazione del procuratore Francesco Messineo: «La gente non riesce più a separare la figura del legale da quella dell'uomo. Se passa questo messaggio distorto, la situazione si fa davvero pericolosa».
Da qui partono le indagini verso un movente quasi certamente riconducibile alla sua attività professionale. Una ricerca resa difficile dalla complessità dei casi trattati dal penalista: dalla storia della baby prostituta che ha fatto i nomi dei clienti alla faida tra due cosche mafiose di Lercara Friddi, ai corruttori della sanità.