RASSEGNA STAMPA

IL SECOLO XIX - Cristicchi: «Sono stato censurato sul G8 genovese»

Milano, 18 marzo 2010

CANZONE BLOCCATA NEL 2002
Cristicchi: «Sono stato censurato sul G8 genovese»
Solo adesso il cantautore ha potuto pubblicare “Genova brucia” in cui un celerino è indifferente alle violenze patite dalla folla: «All’epoca la Sony me l’aveva cassata»

FABRIZIO BASSO

Un’altra omissione sul G8. La rivelata la vittima, Simone Cristicchi e la chiama «censura preventiva». Il cantautore romano riesce a pubblicare solo adesso, nell’album “Grand Hotel Cristicchi” uscito durante l’ultimo Festival di Sanremo, la canzone “Genova brucia”, che racconta quei giorni dal punto di vista di un poliziotto: «Era pronta nel 2002 ma mi è stato chiaramente consigliato di non pubblicarla. Chi ai tempi era ai vertici della Sony non se la sentiva di rischiare, diceva che quella canzone poteva creare dei problemi, che le forze dell’ordine, rischiavano di prenderla male e loro non volevano grane. Il contratto prevedeva che le mie canzoni venissero visionate dai vertici aziendali e dunque impugnavano il coltello dalla parte del manico.
Mi è capitato qualche volta che alcune mie parole venissero “beppate”, come in “Ombrelloni” che quando passava
in radio veniva oscurata con un “beep” per coprire la parola cu..ma in quel caso non si può parlare di censura. Per “Genova brucia” il concetto di censura cautelativa invece ci sta tutto». In rete se ne trovano varie versioni unplugged perché Cristicchi non è tipo da piegare la testa e quindi da anni le proponevanei concerti. In tempi recenti l’ha cantata alla manifestazione per la libertà di stampa, il 3 ottobre 2009 a Roma, in un tripudio di bandiere rosse e arcobaleno: «Ma anche quando l’ho presentata alla Feltrinelli di Genova c’è stato un boato. Nei volti del pubblico leggevo molta commozione. Fa parte dei brani scelti per il mio nuovo tour: sarò al Politeama Genovese il 20 aprile e sarà una emozione speciale cantarla lì».
Tanti spunti per scrivere il testo sono nati dal libro “Carlo Giuliani” di Simona Orlando «perché ci sono delle testimonianze agghiaccianti. Ho letto lì il riferimento al Cile di Pinochet e a “Faccetta Nera” come suoneria del telefonino». La voce narrante, infatti, è quella di un poliziotto della Celere che si dice pronto alla guerra ma quella che vede “più che una battaglia sembra un carnevale con tutti questi pacifisti del caz.. che si fanno chiamare popolo di Seattle”. E lui, il celerino, diventa paonazzo solo a vedere le bandiere arcobaleno, si domanda come possano credere “che basti un girotondo per cambiare il mondo”, poi aggiunge “io non so chi ha ragione e chi ha tortoma vuoi vedere che a sto giro qui ci scappa il morto”. E nel ritornello, molto rock, il servitore dello Stato urla “non faccio distinzioni, donne vecchi e bambini, potrebbe essere mio figlio Carlo Giuliani”. Il suono del telefonino cellulare è “Faccetta nera” e essere fascista“ non è una cosa di cui mi debba vergognare”. Siamo al finale: il poliziotto sussurra a chi è davanti a lui che chiedere aiuto non gli servirà: “Non c’è Manu Chao e neanche il tuo avvocato, siamo al Bolzaneto… ne è morto solo uno ma potevano essere cento e i mandanti del massacro sono ancora in Parlamento”.