RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX - La sentenza sulla Diaz una boccata d'ossigeno
Genova, 27 maggio 2010
IL COMANDANTE DELLE “CELERE” DOPO LA CONDANNA PER IL BLITZ
«Diaz, l’ho sempre detto
che gli ordini
arrivavano dall’alto»
Canterini: hanno cercato di scaricare tutto su di me
L’INTERVISTA
MARCOMENDUNI
COMANDANTE Canterini, a
botta calda ha reagitomalissimo.
Lacondanna per ilblitzallascuolaDiaz
è pesante .Ma questa sentenza
stabilisce anche una verità
cheleihasempresostenuto: leresponsabilità
del blitz stavano altrove,
in alto.
«Voglio dire le cose come stanno.
La sentenza pesa e pesa parecchio,
dopo44annidi carrieraimmacolata.
Mi pesa soprattutto perché le condanne
dei miei uomini me le sento
addosso tutte io. E perché mi sono
sentito, con imiei, un sacrificato. La
sensazione della prima sentenza
(quella che colpiva solo Canterini e i
suoi uomini e assolveva tutti gli altri,
ndr) era chiarissima, la seconda è
peggio ancora».
Vincenzo Canterini, ex comandante
del reparto mobile di Roma,
condannato a cinque anni in appello
per la sanguinosa irruzione alla
scuolaDiaz, decide diparlare.Ed è la
prima volta che un “pezzo grosso”
della polizia rilascia un’intervista
dopo la pesante condanna che ha
coinvoltoancheivertici.Lofaaccanto
al suo avvocato Silvio Romanelli,
noto e appassionato penalista, protagonista
in aula di scontri (professionali)
animatissimi con i pm della
procura di Genova. Ora il legale preparail
ricorsoinCassazione.Edàcoraggioalsuoassistito,
Canterini.Che
decide di rispondere ancora alle domande
del Secolo XIX.
Perché questa
sentenza
d’appelloèpeggiore
della prima?
Ricostruisce
lo spaccato
di verità che lei
aveva denunciato.
«A una condanna
degli altri
non è corrispostounriconoscimento
del nostro
ruolo come
secondario. Ancora
una volta
mi sono trovato,
io e i miei, più
condannato degli
altri».
E perché lei
sarebbe “meno
colpevole”?
«Io so una cosa:
il caso Diaz è
stato il foruncolo
che è uscito
fuori da una situazione malata.
Quando tumandi a Genova un vicecapodellapolizia
(il prefettoArnaldo
LaBarbera,ndr)nonparticolarmente
esperto in ordine pubblico, quando
tu non lomandi in prefetturama
addirittura in questura, è chiaro che
tu esautori completamente il questore
(all’epoca Francesco Colucci,
ndr).Esautori quello che è il responsabile
dell’ordine pubblico in prima
persona.Secifossestatounquestore
nella pienezza dei poteri, si sarebbe
saputo a chi far riferimento e chi
avrebbe avuto le responsabilità. Sarebbe
venuto lui alla Diaz e avrebbe
dato gli ordini».
Non è andata così. Ma questo
che cos’ha determinato?
«AllaDiaz ci siamo ritrovati imiei
ed io e poi tutta una serie di vicecapi,
dirigenti,tracuilapersonadicuinon
faccio il nome perché è morta (sempre
LaBarbera, ndr), il quale stava lì,
ma non ce ne siamo neanche accorti
vista la confusione. Quella persona
mi diede l’ordine. Poi ha sostenuto il
contrario: che mi avrebbe detto di
non entrare, di non fare irruzione
nella scuola, ma che io avevo deciso
dientrarelostesso.Unacosachenon
sta né in cielo né in terra».
Perònonhachiaritoalmenochi
diede l’ordine a lei.
«Allora: ioarrivoinquestura a riunione
già conclusa e mi dicono che
bisogna entrare inuna scuoladove ci
sono dei “supposti
terroristi”. Io
che sono un tecnico
chiedo: c’è
una pianta della
scuola? No.
L’edificio è già
stato circondato?
No. Allora dico:
basta buttare
una modesta
quantità di lacrimogeni,
questa
genteesce,licontrolliamo
senza
farmale a nessuno.
La mia idea
non viene accettata.
Ma poi hanno
detto che sono
stato io ad
averdecisodi entrare
per forza».
Chi era l’interlocutore?
Chi le diede il
comando, quella
notte?
«La persona che è mancata e che
non voglio nominare (ancora il prefetto
La Barbera, stroncato dallamalattia
alla fine del 2002, ndr). La disposizione
di entrare l’ho avuta da
lui. Tanto che abbiamo concordato
di buttare giù il cancello della Diaz
con un blindato».
Dalmomentoincuiprendel’ordine,
ha altri contatti?
«Quella persona non l’ho più vista
nè sentita.Mi hanno detto successivamente
che c’era, davanti allaDiaz,
con un casco in testa,ma io nemmeno
l’ho vista».
Comandante, per quanto le cose
siano state mal organizzate,
non credo gli agenti siano usciti
dalla questura e siano partiti all’assalto
di una scuola distante
più di un chilometro senza altri
step,senzachedavantiallascuola
qualcuno abbia coordinato l’intervento.
«Lei ha ragione a insistere e mi fa
venire in mente un’altra cosa. Io ho
diviso gli uomini del mio nucleo in
due colonne. A capo di ognuna delle
due c’era un funzionario della questura,
della Digos. Io sono arrivato
successivamente, quando già il cancello
era stato aperto. Chi ha dato
l’ordine di entrare? Sicuramente i
funzionari che stavano lì con i miei
(c’era l’allora capo della Digos SpartacoMortola,
ndr).Maquandosiamo
partiti dalla questura era pacifico
quel che si doveva
fare».
Quindi lei
nonsachidiede
materialmente
l’ultimoordine.
«La domanda
che lei mi pone
dimostra la confusione
che c’era
lì.Un esempio: si
vede che noi siamo
entrati per
primi,ma poi decinedialtriagenti
sgomitano per
entrare a loro
volta e inquel caos
non si capiva
più chi desse gli
ordini, chi c’era e
chi non c’era».
I sospetti sulsi
sono concentrati
su di lei.
«Dal comportamento
che c’è
stato successivamente,
nello scaricabarile che c’è
stato tra imiei capi, imiei superiori,
ho capito che avevano deciso di dare
tutta la colpa al reparto, cheavevaun
comandante così assetato di sangue
che, nonostante un vicecapo della
polizia gli avesse detto di non entrare,
era voluto entrare per forza».
Lei ha preso l’ordine da LaBarbera.
C’è stato qualcunaltro a decidere
quell’irruzione, di entrare
nella scuola dei no global?
«Tutte le altre persone alle quali
sono state inflitte delle pene».
Lei è stato condannato anche
per falso.
«Anche questa condanna mi pesa
moltissimo. Faccio due righe, come
mi viene ordinatodaunsuperiore, al
questore.Due righe perme veritiere
ma molto succinte, perché io molte
cose non potevo saperle. Ero arrivatodopo
lo sfondamentodel cancello,
ero andato via a operazione conclusa.
Non sapevo nulla né delle molotov,
né di altro.Alla finemi sonopresoancheil
falsoinattopubblico,perché
quelle due righe sono statemandate
alla procura ed enfatizzate.».
L’ordine del blitz è però scattatodapiani
superioridellapolizia.
«LaDiaz è stata gestitamale e non
soperchédaRomasisianointeressati,
dopo che i disordini erano finiti,
dopo che imanifestanti sono andati
via, a realizzare quel blitz. Nellamia
personalissimaanalisi,“qualcuno”si
èsentitosfottere
perché avevano
sfasciato tutta
Genova e ha voluto
salvare la
faccia. Mi sono
anche meravigliato
che siano
anche arrivati i
giornalisti e li
abbiano pure
fatti entrare,
perché quello
era teatro di
un’operazione
di polizia giudiziaria
».
Lei si è sentitocomeilcapro
espiatorio individuato
dall’interno
della
polizia.
«Siamo stati
condannati tutti,
ma io e i miei
uomini più degli
altri. Qualcuno
ce l’ha con noi, qualcuno ha voluto
scaricare sul nostro reparto responsabilità
che non avevamo. Imiei uomini
erano addestratissimi e non risentivano
dello stress. Non si sono
abbandonati a violenze. Non si sono
trasformati intantiMisterHydepicchiando
alla cieca. Per due giorni
hanno difeso la Costituzione repubblicana
contro persone armate che
volevano distruggere Genova. Sono
stati degli eroi. Altre centinaia di
agenti sono entrati nella Diaz picchiandoenonsonomaistatiidentificati.
E non so perché».