RASSEGNA STAMPA
LA REPUBBLICA - G8, chiesti cent´anni per il massacro della Diaz
Genova, 25 febbraio 2010
Processo d´appello con appassionata requisitoria del procuratore Pio
Macchiavello: "Nessuna giustificazione per gli uomini della polizia"
G8, chiesti cent´anni per il massacro della Diaz
Oltre un secolo di carcere per gli agenti e i super-poliziotti che
parteciparono alla sanguinaria irruzione nella scuola Diaz, drammatico
epilogo del G8 genovese del luglio 2001. Nel processo d´appello, il
procuratore Pio Macchiavello ha concluso la sua arringa con le richieste
di pena per i protagonisti di una delle pagine più nere nella storia della
Polizia di Stato: 110 anni di reclusione e passa per 27 imputati (per uno
dei poliziotti è già scattata la prescrizione). «Ferite che non si possono
dimenticare».
Cent´anni di carcere per il massacro alla Diaz
Le richieste del procuratore Macchiavello: "Nessuna giustificazione per la
polizia"
"Ho lavorato con molti degli imputati però queste richieste di pena sono
doverose"
Al processo d´appello alcuni reati prescritti, ma il conto resta pesante
MASSIMO CALANDRI
«NON l´ho fatto volentieri. Ma l´ho fatto. Per dovere». Il doloroso
imbarazzo con cui il procuratore generale Pio Macchiavello si congeda, al
termine dell´arringa per il sanguinario assalto alla Diaz, racconta in
maniera esemplare quanto ancora profonda sia la ferita provocata dal G8, e
da un comportamento della Polizia di Stato «che non si potrà mai
dimenticare». Pio Macchiavello ha sofferto, nel sostenere il suo ruolo di
pubblico accusatore. «Perché per anni, da pm, ho lavorato quotidianamente
con la polizia giudiziaria e in particolare con alcuni di questi
imputati». Uomini che hanno tradito due volte la fiducia di tutti, e anche
la sua. Ieri si è rivolto al presidente del tribunale, Salvatore Sinagra,
ed ha chiesto di condannare 27 imputati ad oltre un secolo di prigione.
Super-poliziotti ed agenti, tutti consapevoli protagonisti di una delle
pagine più nere nella storia della Polizia di Stato. La notte del 21
luglio 2001 sfondarono il portone della scuola di via Battisti. Cercavano
i fantomatici Black Bloc, si ritrovarono di fronte 93 no-global inermi. Li
massacrarono senza pietà, riducendoli in fin di vita. Li arrestarono
illegalmente, confezionando delle prove fasulle. E continuarono a mentire,
ben sapendo di aver sottoscritto una montagna di bugie: dalla inesistente
resistenza dei poveretti all´arrivo del famigerato VII nucleo
antisommossa, fino alle molotov, portate nell´istituto dagli stessi
investigatori per incastrare degli innocenti. «Non si possono dimenticare
le tante ferite a persone inermi. La premeditazione dei colpevoli, che si
coprirono il volto per non essere riconosciuti. La sistematica e
indiscriminata aggressione. La falsificazione dei verbali». Non si possono
dimenticare, ripete Macchiavello. Che ha trattato gli imputati come tali,
infischiandosene del fatto che alcuni di loro siano oggi ai vertici del
ministero degli Interni. Si è rifiutato di chiedere le attenuanti
generiche: «Nessuno, nemmeno chi giustifica eticamente e politicamente il
cosiddetto ‘male necessario´, potrebbe accettare un atteggiamento del
genere». Alla luce di questa riflessione, la sofferenza di Macchiavello è
quella di tutti coloro che oggi chiedono al giudice di rendere loro
giustizia: «Una giustizia con la maiuscola».
La pubblica accusa ha preso atto della prescrizione, che dopo nove anni ha
tolto di mezzo buona parte dei reati contestati e addirittura un imputato.
Restano però in piedi il falso ideologico, le lesioni personali gravi ed
un caso di peculato. Per questi motivi sono stati chiesti oltre 110 anni
di reclusione, qualcosa in più rispetto al processo di primo grado (che
nel novembre 2008 finì con 13 condanne e la assoluzione dei
super-poliziotti). Quattro anni e dieci mesi per Giovanni Luperi, oggi
direttore dell´Aisi, e per Francesco Gratteri, capo dell´Antiterrorismo.
Quattro anni e sei mesi per Gilberto Caldarozzi, ora numero uno dello Sco,
e per il genovese Spartaco Mortola, questore vicario a Torino. Da quel
maledetto luglio di nove anni fa, i servitori dello Stato hanno fatto una
carriera prodigiosa. Anche Vincenzo Canterini, che pure per la Diaz era
stato condannato così come il suo braccio destro, quel Michelangelo
Fournier che aveva parlato di «macelleria messicana», ma non era stato di
alcuna utilità nel fare luce sulle responsabilità della carneficina.
La sentenza è attesa per la metà del mese di aprile.