RASSEGNA STAMPA
LA REPUBBLICA - Diritto di polizia
Roma, 20 dicembre 2010
DIRITTO DI POLIZIA
GIUSEPPE D´AVANZO
Il disegno, ogni ora che passa, si fa chiaro e non sorprende. Il governo, politicamente debole, sordo alle difficoltà del Paese, lontano da una
società che umilia, vuole rilanciare se stesso inventando una nuova
emergenza. Addirittura un´emergenza "terrorismo". Secondo una leadership
politica che fa vanto di essere stata fascista (La Russa, Gasparri,
Alemanno), "terrorismo" sarebbero le manifestazioni di protesta contro la "riforma Gelmini" e potenziali "terroristi" chi vi partecipa.
Quindi, sostenuta dal ministro dell´Interno, prima ha escogitato lo
sciagurato trucco di far valere per i manifestanti più ostinati – scelti
come? selezionati da chi? – il divieto di accedere alle manifestazioni
sportive (D.a.spo.) di fatto ipotizzando un ritorno al Testo di Pubblica
Sicurezza in vigore, dal 1926, nel ventennio fascista. Quel testo, che
definiva misure di prevenzione in base al solo sospetto, non imponeva di
accertare la responsabilità diretta per fatti considerati dalla legge
reati.
Per sottoporre il «soggetto pericoloso» a una severa vigilanza e lontano
da casa, riteneva sufficiente un ipotetico «pericolo alla sicurezza
pubblica e all´ordine politico». Sono più o meno – non vi pare? – le
ragioni che hanno convinto in coro il ministro dell´Interno (Maroni) e
della Giustizia (Alfano) a dare sulla voce ai giudici che, in attesa del
processo, hanno rimandato a casa i giovani e giovanissimi arrestati il 14
dicembre a Roma.
SE IL GOVERNO INTRODUCE IL DIRITTO DI POLIZIA
Le parole di Gasparri confermano che la "rivoluzione liberale" promessa
dal premier fallisce per l´incapacità politica di progettarla
Ci sarà tempo per interrogarsi sulla pressione scaricata sulle forze
dell´ordine, sospinte dalla volontà autoritaria dell´esecutivo nello
spazio tra violenza e legge
Già poteva bastare per dirsi impensieriti dai giorni che verranno, ma
eravamo soltanto all´inizio di una progressione autoritaria. Maurizio
Gasparri – chi altro? – chiede ora «arresti preventivi». Il presidente dei
senatori della destra dice: «Serve una vasta e decisa azione preventiva.
Si sa chi c´è dietro la violenza scoppiata a Roma. Tutti i centri sociali
i cui nomi sono ben noti città per città. Qui ci vuole un "7 aprile". Mi
riferisco al giorno in cui furono arrestati tanti capi dell´estrema
sinistra collusi con il terrorismo».
Sorprendersi? Le parole di Gasparri – non smentito da quel capo di governo
che, amante dei trucchi, chiama a sé i «moderati» per difendere il suo
malfermo potere – confermano quel che già avevamo capito da tempo, in
verità. Innanzitutto che, ammesso e non concesso che non sia stata una
trovata da marketing politico, la «rivoluzione liberale» promessa da
Berlusconi fallisce per l´incapacità politica di progettarla e per la
cultura di un´élite che non si è allontanata di molto dalle celebrazioni
del fascismo delle leggi razziali e della Repubblica di Salò. Due. Il "garantismo" della destra italiana non è altro che la difesa di un diritto
del privilegio e dell´esclusione che dovrebbe assicurare indulgenze ai
Potenti e rigido e inflessibile castigo ai Deboli. Lo abbiamo già visto in
azione contro rom e migranti. Ora Gasparri lo pretende contro gli
avversari politici richiamando, con la storia del «7 aprile» del 1979, il
momento forse più limpido di quel che un filosofo del diritto, Luigi
Ferrajoli, ha definito la «crisi della ragione giuridica» che ha
attraversato per decenni le emergenze del terrorismo e della mafia. Anche
se oggi non si scorge alcun pericolo, alcuna urgenza, alcun terrorismo,
nessun terrorista, la destra di governo chiede che siano attive le stesse
prassi di quella stagione: prassi in cui prevalgono le ragioni
dell´efficienza coniugate alla facile idea, propria del senso comune
autoritario, che la giustizia «deve guardare al reo dietro al reato, alla
sua pericolosità dietro la sua responsabilità, all´identità del nemico più
che alla prova dei suoi atti d´inimicizia» (Ferrajoli). Tre. In coerenza
con la propria cultura politica, la destra di governo invoca uno Stato
etico dove morale e diritto si confondono e la salvaguardia del principio
di stretta legalità è sacrificato ai «poteri arbitrari che trovano il loro
spazio naturale nella definizione non tassativa dei reati, nella
flessibilità delle pene, nel potere dispositivo, e non cognitivo, del
giudice» (Norberto Bobbio).
Ci sarà tempo per interrogarsi sulla pressione scaricata sulle polizie
sospinte dalla volontà autoritaria del governo nello spazio stretto tra la
politica e il diritto, tra la violenza e la legge (già "Genova 2001" ci ha
detto che in uno Stato che si presenta come questurino c´è chi è
disponibile a un´illegalità criminale quando il dissidente diventa un "nemico" da annientare). Oggi vale la pena soltanto rinnovare una
preoccupazione che sarà opportuno che sia condivisa nelle prossime ore.
Contro un movimento di giovani che rifiuta un progetto di ordine sociale,
che si oppone a un´eterna precarietà, alla caduta di ogni garanzia di
eguaglianza e chiede opportunità e futuro, il governo decide di rafforzare
se stesso preparando il peggio. Evoca un "diritto di polizia" e un uso
della violenza. Accende la rabbia. Eccita gli animi meno consapevoli.
Cinicamente fa di conto: nuovi disordini gli fanno gioco, debole come è. È
questa la funesta trappola che, a partire da oggi, i "movimenti" dovranno
aggirare con lucidità e intelligenza.