RASSEGNA STAMPA
LIBERAZIONE - «Ora se ne vadano Compreso De Gennaro»
Genova, 20 maggio 2010
«Ora se ne vadano Compreso De Gennaro»
Checchino Antonini Genova - nostro inviato
E' stato attaccato al telefono e al computer per tutta la sera di
martedì e poi fino a notte. Era in viaggio per Pisa, motivi di lavoro
non rinviabili. Così, Vittorio Agnoletto ha vissuto da lontano l'attesa
della sentenza Diaz. Nove anni fa era il portavoce del Genoa social
forum. Si precipitò ai cancelli del dormitorio assalito da centinaia di
poliziotti travisati ma, come accadde a legali e parlamentari, fu
stoppato da chi ripeteva che fosse una «normale perquisizione» e che
quel rosso che impiastrava volti e vestiti fosse pomodoro e sangue
rappreso degli scontri di piazza. Ora racconta a Liberazione di
come sia restato tutta la sera in contatto con i genovesi. Fino alla
comunicazione commossa: «Tutti colpevoli, tutti condannati!». Poi
subito su facebook. «Non c'è solo la razionalità, c'è anche
l'emotività», confessa. Il primo messaggio è stato questo: «"Finalmente
un po' di giustizia! Adesso chiediamo le dimissioni di De Gennaro e di
tutti i condannati". E' stato un messaggio positivo».
Che cosa c'entra De Gennaro con la sentenza di ieri?
La sentenza ha tanti aspetti importanti, uno di questi è che non
condanna solo i superiori diretti degli esecutori materiali (Canterini
e i suoi capisquadra) ma riconosce le responsabilità di tutti i
vertici. Si dice, insomma, che non si trattò di uno scatenamento di
violenza improvvisa e per poco tempo al di là del portone della Diaz.
Si dice che fu un'azione programmata, premeditata. E De Gennaro, allora
capo della polizia, ha sempre dichiarato che colpire i suoi dirigenti
che erano sul posto sarebbe stato come colpire lui. D'altronde sarebbe
impensabile che Gratteri, Luperi, Caldarozzi avessero agito di loro
iniziativa, in una situazione del genere, senza informare il capo. Ora,
la magistratura s'è fermata al penultimo piano della catena di comando
ma in tribunale è stato annunciato già il ricorso contro l'assoluzione
di De Gennaro stesso per la presunta istigazione alla falsa
testimonianza di Colucci, il questore di quei giorni.
Rimuovere i condannati e dimissionare De Gennaro: ha senso chiederlo in questo contesto politico?
Questa è una richiesta dovuta perché chi operò alla Diaz è arrivato da
allora in posizioni chiave per la sicurezza di tutti gli italiani. A
partire da De Gennaro che, grazie al governo Prodi, è capo di tutti i
servizi segreti. Non è un caso che, poche ore dopo la sentenza,
Mantovano e i vertici del Pdl dichiarino che non si sognano di
rimuovere chicchessia. Fini e Mantovano, che è stato sottosegretario
agli Interni, hanno sempre accusato il movimento per le violenze di
Genova e sono i mandanti politici di quella repressione. Oggi c'è un
governo fotocopia. Chissà cosa avrebbe dichiarato Scajola, in quei
giorni al Viminale, se non fosse alle prese coi suoi guai giudiziari?!
Ma una richiesta del genere non può rimanere patrimonio di chi era a Genova.
E' vero, serve una campagna ampia, democratica, che chieda che queste
persone vengano allontanate a tutela della collettività, non deve
essere una partita a scacchi tra il movimento e loro, ma una
mobilitazione vasta a garanzia dei diritti collettivi. Sul terreno
istituzionale torniamo a chiedere l'istituzione del reato di tortura e
del codice di riconoscibilità per chi operi travisato in servizio di
ordine pubblico.
Sembra che ci sia una sorta di emergenza sicurezza al contrario. Questo tipo di polizia sarebbe la causa dell'insicurezza.
Tutti noi ci sentiamo più insicuri perché ai vertici ci sono persone responsabili di fatti gravissimi.
C'entra qualcosa con l'escalation di denunce di abusi di polizia anche fuori dai contesti immediatamente più politici?
E' evidente che il clima è cambiato dopo il clamore dei casi
Aldrovandi, Cucchi, Gugliotta. La stampa sembra più libera di parlarne,
l'opinione pubblica è più disincantata. Probabilmente questo ha
aumentato l'aria da respirare per i magistrati genovesi. Stavolta hanno
potuto agire nell'autonomia senza la cappa micidiale che c'era ai tempi
della prima sentenza. Purtroppo tutto ciò lo dobbiamo a quei ragazzi
morti o pestati e al coraggio delle loro famiglie.
Anche stavolta, però, resta fuori il Gsf dall'elenco delle parti lese cui viene riconosciuto un risarcimento.
Aspettiamo la lettura delle motivazioni per capire meglio. Forse è
successo per prestare meno il fianco alle polemiche ma forse è un
errore perché il Gsf ha rappresentato il momento più alto di
unificazione e democrazia interna dal dopoguerra. Quel percorso è stato
brutalmente interrotto proprio dalla repressione: abbiamo dovuto
investire risorse e cambiare le nostre priorità per rispondere alla
repressione e affrontare i processi, e a finire in secondo piano sono
state tutte le altre tematiche antiliberiste. Il Gsf ha pagato quelle
violenze non solo materialmente - i computer e altri materiali
distrutti e le persone picchiate - ma c'è stato un prezzo fortissimo in
termini di identità: a un certo punto siamo diventati quasi
autoreferenziali.
Vuoi dire che da quelle giornate violente è iniziato il declino del movimento no global?
In realtà allora c'è stata una reazione immediata, siamo riusciti a
produrre il social forum a Firenze, ma certo la scala delle priorità e
l'uso delle risorse - e dunque anche il nostro percorso - ne hanno
risentito fortemente. Ampi settori furono molto spaventati dalla
repressione e non ci hanno seguito su quella strada, penso a tutta
l'area di Lilliput. Dunque la risposta alla domanda è: sì. Pensa se
fossimo arrivati ad affrontare questa crisi globale con un movimento
che sapeva parlare ai ceti popolari, che fosse una forma di educazione
di massa. Invece ci siamo dovuti occupare della difesa di noialtri. La
sentenza di ieri rafforzerà il percorso per affrontare il decennale del
2011 in modo non rituale, la prima riunione ci sarà sabato prossimo e
partiremo da due elementi: avevamo ragione, ora ci riprendiamo le
nostre ragioni.
Purtroppo sembra, stando alle reazioni sulle agenzie, che il dibattito politico stia prendendo un'altra piega.
Il centrosinistra sta zitto o balbetta e la destra è aggressiva, molto,
con la magistratura. In fondo la destra rivendica come suo quello che è
accaduto ed emerge un'idea inquietante di impunità di stato per
qualcuno, che sia la polizia o il premier.