RASSEGNA STAMPA
LIBERAZIONE - De Gennaro, finte dimissioni Ma vera solidarietà dal piddì
Genova, 19 giugno 2010
Il capo del Dis, condannato in appello, avrebbe dato la disponibilità ma il governo lo ha invitato a restare
De Gennaro, finte dimissioni
Ma vera solidarietà dal piddì
Tutto già risaputo, tutto già letto. Al
punto da rovinare una regia studiata
nei dettagli. Si parla di De Gennaro,
il direttore del Dipartimento Informazioni Sicurezza, condannato perché indusse il Questore di Genova a
mentire sui fatti della Diaz. Il copione» immaginato dal governo prevedeva che il potentissimo De Gennaro presentasse una sorta di dimissioni. Formali, molto formali. A quel
punto, il consiglio dei ministri le
avrebbe respinte confermandogli la
«fiducia». Assieme ad un bel po’ di
frasi retoriche. Il «canovaccio» è stato rispettato nel dettaglio, tanto che
nel primo pomeriggio, la riunione a
Palazzo Chigi s’è conclusa nel giro di
mezz’ora: con l’annuncio che De
Gennaro aveva intenzione di abbandonaree l’incarico ma che quelle dimissioni erano state respinte.
Il problema, per il governo, è stato
però che tutti gli sviluppi della vicenda - con una precisione millimetrica
- erano già atati anticipati da un quotidiano, da «Repubblica». Da sempre
attenta - e informatissima - su tutto
ciò che gira attorno al discusso capo
dei servizi segreti. Uno scoop - un
mezzo scoop - che ha fatto saltare
tutta la rappresentazione. Insomma,
De Gennaro non ha mai pensato ad
andarsene, nè al governo è mai passato in mente di rinunciare alle sue
«prestazioni».
Dimissioni e loro rifiuto, insomma,
sono state «solo un gioco della parti
tra il gatto e la volpe», per dirla con
Ferrero, segretario del Prc. Naturalmente, l’ex ministro spiega che «siamo e saremo sempre garantisti indistintamente nei confronti di chiunque». Altra cosa, ben altra cosa dovrebbe essere il riconoscimento delle
responsabilità politiche e istituzionali. «E, nel caso del G8, sono da sempre alla luce del sole le gravi responsabilità di governo e tutori dell’ordine pubblico, che vanno al di là dell’eventuale accertamento di responsabilità penali».
Invece, De Gennaro non si farà da
parte. Anche perché sembra poter
contare su un consenso vastissimo,
che va molto, molto al di là della
maggioranza. Per capire: l’altro giorno - mentre già i ministri tuonavano
contro la sentenza -, i democratici
s’erano rifugiati nella prudente linea
del silenzio. Ieri, invece, hanno deciso di parlare. Per schierarsi.
E tutti si sono ritrovati dalla parte di
De Gennaro. Con dichiarazioni formalmente ineccepibili - sul rispetto
del principio per cui nessuno può essere considerato colpevole pirma del
terzo grado - che però gli stessi dirigenti non hanno mai applicato a nessun’altra vicenda giudiziaria. E in
questa elenco di personalità ”democrat” scese in campo a sostegno del
capo del Dis, spicca il nome di Casson, senatori del pd ma prima «magistrato scomodo» (così lo definivano).
Casson esordisce spiegando che «fino alla sentenza definitiva non c’è
obbligo giuridico» di dimissioni e
poi si spertica nelle lodi di De Gennaro. «È un funzionario che ha sempre lavorato bene, con qualunque
governo, di centrosinistra, di centrodestra». E ancora. In sua difesa arriva
ancher l’ex ministro degli Interni, Enzo Bianco. Che era al Viminale quattro mesi prima del G8 di Genova e
da ministro affrontò la contestazione
al vertice dei potenti che avvenne a
marzo, a Napoli. Contestazione che
affrontò con le stesse identiche tecniche che saranno poi adottate a Genova. Forte di questa esperienza ora
Bianco si sente di dire che «De Gennaro è un servitore dello Stato competente e determinato».
Se non è un invito all’assoluzione,
poco ci manca. E non è tutto. Fa sentire la sua voce anche l’ex capogruppo pd, Soro. Che «sente di dover rinnovare la stima ad un uomo che haottenuto straordinari risultati contro
la criminalità».
Così, in questo clima di sostegno bipartisan, l’unica voce fuori dal coro,
in Parlamento, è quella dei radicali.
Anzi, di un radicale, Mario Staderini.
Che timidamente si domanda: «Al di
là del sacrosanto principio di non
colpevolezza, non è pensabile aspettare le sentenze della Cassazione come se nulla fosse successo». Insomma: possibile che nessuno si preoccupi che «i principali posti di comando delle forze di sicurezza sono diretti da persone condannate in secondo
grado per gravi reati»? Naturalmente
nessuno si è degnato di rispondergli.
s.b.