IL GENOA SOCIAL FORUM
Parte con questo obiettivo la creazione a Genova, tra ottobre e novembre 2000, del coordinamento chiamato “Patto di lavoro” (che poi diventerà Genoa Social Forum) che da una prima dimensione locale si trasforma in realtà nazionale in una riunione del 19 dicembre 2000. Il Patto tra i firmatari (v. allegato 1) parte da una condivisa analisi e denuncia delle ingiustizie prodotte dalla globalizzazione in atto. Non è e non vuole essere un “documento politico” ma piuttosto valorizzare la partecipazione, anche eterogenea, a partire da alcune discriminanti essenziali di fondo riguardanti soprattutto il diritto di manifestare, la non legittimità di 8 paesi a decidere per tutti e le forme pacifiche e non violente delle manifestazioni. Su questi punti si lavora a costruire una serie di azioni comuni. Il Patto non intende riunire o rappresentare tutti i soggetti interessati a manifestare a Genova, ma solo quelli intenzionati a sottoscrivere le discriminanti di cui sopra. Prime iniziative – il diritto di manifestare
Viene perciò lanciata nel gennaio 2001 la raccolta firme sulla
petizione “Genova città aperta” (v. allegato 2), accompagnata da
una “Lettera Aperta ai genovesi”
Il Patto di lavoro, poi il GSF, decide di tenere in ogni fase di confronto istituzionale un atteggiamento di trasparenza e correttezza, provvedendo anche ad informare puntualmente la stampa e l’opinione pubblica sui passi fatti. Il Patto di lavoro è impegnato in questi mesi proprio nello sforzo, lungo e fino alle ultime settimane infruttuoso, di confrontarsi con i rappresentanti istituzionali sul problema degli spazi di accoglienza, sul diritto di manifestare, sulla libertà di partecipazione, nel creare cioè le condizioni perché le iniziative di luglio si svolgano nel modo più sereno possibile. Questo lavoro, caratterizzato da numerose richieste alle autorità
competenti e da una serie di incontri che però non producono mai
risultati concreti, va avanti per mesi. In particolare dal 9/2, con l’incontro
in prefettura con il Tavolo interente sul G8 (v. comunicati stampa) fino
a tutto aprile, passando per l’indizione di sit-in in tutta Italia e anche
davanti al Viminale nei giorni 4-5 aprile, per sollecitare risposte
che non arrivano.
Il movimento diventa internazionale Nel frattempo, dopo l’appuntamento di Porto Alegre, le dimensioni e la partecipazione al coordinamento si ampliano e assumono livelli internazionali: nasce l’esigenza di precisare la denominazione di questa rete rendendola più comprensibile e identificabile anche dai movimenti stranieri. Il Patto di lavoro diventa così il Genoa Social Forum (il 27/02/01), in richiamo del Social Forum di Porto Alegre, e indice, in collaborazione con movimenti e campagne di tutto il mondo, una assemblea internazionale a Genova per i giorni 4-5 maggio 2001. (v. conclusioni - allegato 4). Per luglio coniugare contenuti e mobilitazione Accanto a queste iniziative pubbliche, - mentre in tutta Italia e a livello internazionale aumentano le adesioni al GSF e si prefigura una enorme mobilitazione -procede il lavoro di preparazione delle iniziative caratterizzate da una forte e condivisa volontà di coniugare in modo evidente ed esplicito la denuncia e la proposta, i contenuti e le manifestazioni di dissenso. I contenuti Tutto ciò si traduce nella decisione di dedicare tutta la settimana dal 16 al 22 luglio ad una presenza a Genova alternativa a quella dei G8, in particolare con la realizzazione di un Public Forum lungo tutto l’arco della settimana, tranne nelle giornate in cui è prevista una presenza in piazza ( 19 pomeriggio, il 20 e il 21 luglio). Il Public Forum affronta, sia in momenti assembleari sia in sessioni tematiche di approfondimento più specifico, tutta una serie di nodi aperti dalla globalizzazione, dall’ambiente alla militarizzazione, dalla finanza al lavoro, dalla sanità all’economia e coinvolge a Genova, oltre a numerosissime campagne, associazioni e gruppi, alcuni degli esponenti più autorevoli del sud del mondo nella critica all’attuale modello di sviluppo e nella proposizione di scelte alternative (v. programma – allegato 5). I contenuti che emergono in questo appuntamento sono tanto più importanti e significativi quanto più inconsistenti sono le risposte che le campagne internazionali ricevono dalle istituzioni nei mesi precedenti ( dalla Campagna sul Debito a quella per la Riforma della Banca Mondiale da quella della LILA sul drammatico problema- aids in Africa al famigerato accordo di Kyoto ) e che verranno poi confermate dall’incapacità dello stesso vertice G8 ad individuare soluzioni che rispondano ai problemi sollevati. Le mobilitazioni In parallelo vengono individuate le iniziative di presenza in piazza
nei giorni 19 (Manifestazione dei migranti), 20 (accerchiamento della “zona
rossa” costruita a blindatura del vertice) e il 21 ( corteo internazionale
per le vie di Genova).
1. l’ulteriore, e più puntuale, specificazione delle modalità pacifiche e non violente di manifestazione da parte del GSF quale criterio per l’adesione ad esso o meno. Di questo lavoro è frutto il documento reso pubblico il 5 giugno 2001 a conclusione di un’assemblea del GSF (v. allegato 6). Sottoscrivendo questo documento, gli aderenti al GSF si impegnano a non attaccare in alcun modo la città, e a non attaccare le persone neppure se in divisa. 2. l’avvio di un confronto con il Governo, con gli organi istituzionali incaricati dal Governo e con le istituzioni locali. 3. l’inizio, a seguire, di una comunicazione diretta con la Questura di Genova informandola dei percorsi, luoghi e piazze in cui il GSF intendeva svolgere le proprie manifestazioni. In questo quadro, il programma del GSF giunge a definire tre giornate di manifestazioni: Giovedì 19 Luglio 2001, ore 17
Venerdì 20 luglio 2001, dalle ore 6 alle ore 24
Esse prevedono un corteo di lavoratori in sciopero, una veglia di preghiera, sit-in, teatro di strada, piazze tematiche tese alla informazione della cittadinanza, parate di strada, presidi nelle piazze adiacenti alla zona rossa e anche iniziative di disobbedienza civile pacifica (blocco nonviolento dei varchi della zona rossa, e tentativo di superamento del confine della zona rossa). I promotori di tali iniziative sono tutti vincolati alle scelte di comportamento del GSF: “non attaccheremo la città, non attaccheremo le persone, non porteremo strumenti atti ad offendere”. Questa giornata è dedicata a “portare in piazza i contenuti del forum” (con le piazze tematiche), esprimere la delegittimazione del vertice g8 e il profondo rifiuto della militarizzazione che si è compiuta in città per svolgerlo. Sabato 21 Luglio 2001, ore 14
Quale manifestazione conclusiva, il GSF ha previsto un corteo-marcia per le vie di Genova, aperto dalle delegazioni del sud del mondo, dalle rappresentanze femminili, dai lavoratori delle multinazionali quali soggetti particolarmente deboli e soccombenti a causa dell’avanzare dell’attuale globalizzazione. A questo appuntamento è prevista inizialmente la partecipazione di almeno 100.000 persone, ma nel corso degli ultimi due mesi la previsione cresce in maniera considerevole. Il percorso del corteo viene definito lungo un itinerario non tangente
la zona rossa, per evitare qualsiasi elemento di tensione alla giornata
del 21.
Il servizio legale e quello sanitario Visto il complesso di divieti nei quali si sarebbero svolte le iniziative,
basti pensare al divieto di volantinare all’interno della zona gialla presente
nell’ordnanza del prefetto del 2 giugno, il GSF istituisce un gruppo legale
di supporto.
Dal punto di vista sanitario il GSF si è posto l’obiettivo di integrare l’assistenza ai manifestanti con un proprio servizio soprattutto per le emergenze che potevano verificarsi in piazza con manifestazioni che prevedevano molte ore di esposizione all’aperto in giorni particolari come quelli di fine luglio (colpi di calore, crisi respiratorie in generale). Oltre a ciò, anche sulla base delle passate esperienze (ad esempio Nizza, Goteborg, Napoli ecc.), era evidente la consapevolezza che le manifestazioni, pur pacifiche ma comunque di contestazione, potessero comportare il rischio di subire reazioni violente da parte delle forze dell’ordine. Se purtroppo la realtà ha richiesto ai servizi legale e sanitario
del GSF un supporto ben più pesante e grave ai manifestanti, questo
non era davvero immaginabile nelle previsioni.
Organizzazione del GSF Durante i mesi di preparazione delle manifestazioni di Genova, il GSF si riunisce regolarmente in assemblee plenarie aperte (mediamente ogni tre settimane) che sono la sede delle decisioni comuni. La continuità del lavoro fra le assemblee plenarie viene assicurata da un Consiglio dei Portavoce composto da 18 rappresentanti delle maggiori organizzazioni aderenti al GSF, e da un Portavoce Nazionale. Per assicurare il coordinamento con le realtà internazionali
aderenti al GSF, si tengono due riunioni con i rappresentanti delle reti
europee e mondiali maggiormente coinvolte.
Allegato 1 Un Mondo diverso è possibile
Allegato 2 PETIZIONE “GENOVA CITTA’ APERTA” Ci rivolgiamo alle istituzioni del nostro Paese, che ospiterà
nel luglio 2001 la riunione dei G8, affinché garantiscano anche
nei giorni del Vertice di Genova libertà di espressione e manifestazione
ai cittadini e cittadine
· vengano tutelati i diritti fondamentali e intangibili dei cittadini del mondo al lavoro, alla salute, alla tutela dell'ambiente, alla libertà di espressione e a un'informazione corretta; · vengano definiti finalmente i beni comuni indisponibili dell'umanità (quali la biodiversità, il patrimonio genetico, le risorse idriche ecc.); · vengano poste sotto il controllo democratico le organizzazioni economico-finanziarie internazionali. Noi crediamo che vadano tutelati pienamente il diritto alla libertà di opinione, organizzazione e manifestazione che sono contemplati dalla nostra Costituzione e anche dalla stessa Carta dei cittadini e delle cittadine europei, che richiama, almeno formalmente: · i principi di solidarietà e equità, che comportano la ricusazione di qualsiasi forma di esclusione; · il principio di eguaglianza per tutti, che presuppone il rifiuto di qualsiasi forma di discriminazione; · la libertà di opinione e di organizzazione, che contempla una particolare tutela delle procedure partecipative e delle forme associative. Togliere la voce a Campagne, Reti e Organizzazioni Non Governative,
che rappresentano gli interessi collettivi diffusi della cittadinanza e
che adottano forme di contestazione e di lotta pacifiche e non violente,
significa negare questi diritti e principi fondamentali.
1 - sia avviato un tavolo di trattativa con il Governo sui temi salienti compresi nell'agenda del Vertice; 2 - siano garantiti, anche in occasione del Vertice, spazi e strutture
adeguate alle Campagne, Reti e ONG che rappresentano gli interessi collettivi
della cittadinanza.
Allegato 3 Lettera aperta ai cittadini genovesi Per alcuni giorni, in concomitanza del Vertice del G8, Genova sarà
capitale del mondo. Di quello ricco e potente.
Allegato 4 Comunicato stampa
Genova, 5 maggio 2001
Allegato 5 PUBLIC FORUM "UN ALTRO MONDO E' POSSIBILE"
MATTINA:
POMERIGGIO:
Introduce e coordina Susan George
SERA:
MARTEDI 17 LUGLIO Mattina:
POMERIGGIO:
MERCOLEDI 18 LUGLIO MATTINA:
Interventi di:
POMERIGGIO:
PLENARIA TEMATICA
SERA:
Rappresentante "People's Health Assembly"
Sessione Tematica
GIOVEDI 19 LUGLIO MATTINA:
Presentazione delle iniziative a cura del GSF (Forum, iniziative
di
POMERIGGIO:
SERA:
Sessione speciale
VENERDI 20 LUGLIO Piazze tematiche e contestazioni del vertice G8
SABATO 21 LUGLIO MATTINA:
POMERIGGIO E SERA: MANIFESTAZIONE E CONCERTO
SESSIONE SPECIALE "G-OCCHIO"
POMERIGGIO:
Allegato 6
I RAPPORTI TRA GSF E ISTITUZIONI
Qui di seguito si ripercorreranno schematicamente le tappe degli incontri istituzionali e delle iniziative a partire dalla nascita del “Patto di Lavoro” ora GSF, saranno descritti i contenuti delle riunioni e varranno prodotti in allegato i documenti e le lettere relative. Ottobre 2000 / 30 giugno 2001
· I primi giorni d’Ottobre si avvia da parte di alcune organizzazioni genovesi un percorso costituente di quel coordinamento denominato successivamente “Patto di Lavoro” e dopo ancora “Genoa Social Forum” (GSF). · La prima bozza di documento “Un mondo diverso è possibile” (TESTO DISPONIBILE) viene elaborata e viene diffusa per la sottoscrizione dal giorno 27/10/2000. · Il “Patto di lavoro” quindi è nato e in breve tempo riceve, tra le adesioni, quella della “RetecontroG8” (un altro coordinamento) che già da qualche mese interloquiva con il Comune di Genova al fine di realizzare un ciclo di conferenze poi successivamente approntato. · Il 19/12/2000 il testo “Un mondo diverso è possibile” (TESTO DISPONIBILE), spogliato dei suoi riferimenti locali, viene sottoscritto e assunto da una decina di organizzazioni nazionali presenti a Genova nella riunione fondativa del Patto di lavoro nazionale. · A seguito di richieste scritte di incontri (TESTO DISPONIBILE) nei giorni compresi tra il Natale e i primi giorni di gennaio si susseguono i primi incontri istituzionali con Provincia (27/12/2000), Comune (27/12/2000), Prefetto (11/1/2001), e il Ministro Vinci Giacchi. A tutti viene chiesta l’istituzione di un tavolo di coordinamento comune tra Enti Locali (EELL) genovesi, Struttura di Missione, Regione e Prefettura per discutere delle iniziative e delle manifestazioni di Genova del Luglio. · Il Presidente della Regione Liguria Biasotti, nonostante due lettere di richiesta di incontro, non fece mai pervenire alcuna risposta né tantomeno incontrò il “Patto di lavoro”. · Il 21 dicembre, presso la Presidenza del Consiglio, si tiene un incontro fra la dott.ssa Marta Dassu', il Ministro Olivieri e alcuni rappresentanti di ONG e associazioni. Nell'incontro viene illustrata l'intenzione del Governo di promuovere il progetto GNG (Genoa Non Governmental Initiative), finalizzato a facilitare l'apporto della società civile ai contenuti dell'agenda del G8. Le ong presenti informano i rappresentanti istituzionali della nascita del Patto di Lavoro, e specificano la necessità di istituire una sede di confronto ad hoc sulle manifestazioni di Genova. · Il 5 gennaio, presso la sede dello IAI (Istituto Affari Internazionali), si svolge la presentazione ufficiale del progetto GNG alla presenza degli incaricati dei quattro centri studi incaricati del progetto dalla Presidenza del Consiglio, della dott.ssa Paolini incaricata per la Presidenza del Consiglio, di rappresentanti del Ministero Affari Esteri, di ong e associazioni. Le organizzazioni partecipanti fanno presente anche in questa occasione la necessità di creare una sede di confronto sulle manifestazioni di Genova. Il dialogo sui contenuti, a cui una parte delle organizzazioni aderente al Patto di Lavoro intende partecipare, non risolve la richiesta al Governo di rispettare il diritto costituzionale a manifestare nei giorni del vertice. · Durante il mese di gennaio si lancia la petizione su Genova città aperta e viene diffusa la “Lettera aperta ai genovesi” (TESTO DISPONIBILE). · Mentre cominciavano a crescere le adesioni al “Patto di Lavoro” e mentre continuava la discussione interna sull’ipotetico programma di iniziative e di manifestazioni per il luglio, il giorno 29/01/2001 una delegazione del “Patto di Lavoro” viene ricevuta in Prefettura alla presenza – oltre che del Prefetto Di Giovine – dei massimi rappresentanti di Comune, Provincia e Regione (TESTO DISPONIBILE). Durante l’incontro viene rinnovata la richiesta di un tavolo di coordinamento permanente e vengono embrionalmente illustrate le prime indicazioni in merito a manifestazioni di piazza, iniziative e esigenze di accoglienza (TESTO DISPONIBILE). · Il giorno successivo (30/1/2001) si tiene a Roma un incontro tra il Premier Amato e Prefetto, Sindaco, Presidenti di Provincia e Regione. In quell’incontro viene comunicato che Margherita Paolini della struttura di Missione governativa sui G8 è stata incaricata di dialogare con le organizzazioni non governative e di società civile in vista delle iniziative per il G8 di Genova. · Il giorno 8/2/2001 il Patto di lavoro è convocato in Prefettura ad un incontro con il Prefetto Di Giovine, Margherita Paolini, la Presidente della Provincia Marta Vincenzi, il vicesindaco Claudio Montaldo, e il consigliere regionale Fabio Broglia. Durante l’incontro vengono formulate alcune richieste circa l’individuazione di spazi per la costruzione di una “cittadella” (dove realizzare dibattiti, concerti, segreteria organizzativa, spazi espositivi e via dicendo) e si illustrano le manifestazioni previste, ipotizzando la zona di levante della città come luogo per lo scorrimento del corteo del 21. Margherita Paolini raccoglie tutte le richieste e le informazioni (meglio descritte in un fax inviatole il giorno successivo, TESTO DISPONIBILE). · Il 27/2/2001, durante una riunione nazionale il “Patto di lavoro” assume la denominazione di GENOA SOCIAL FORUM. Si è trattato di un semplice cambio di nome e pertanto non c’è nessuna discontinuità tra l’esperienza del Patto di lavoro e quella del Genoa Social Forum (di seguito GSF). · In attesa di risposte ufficiali da parte del Governo, il GSF lancia un appello il 19/3/2001 ai capigruppo e ai Presidenti del Consiglio di EELL e Regione affinché si esprimano su Genova città aperta (TESTO DISPONIBILE). · Il 29/3/2001 il GSF invia due lettere ai candidati Premier Rutelli e Berlusconi (TESTO DISPONIBILE) chiedendo di essere ricevuti e comunque di esprimersi sulle questioni relative ai temi della globalizzazione e al diritto a manifestare a Genova. · Il giorno 30/3/2001 il GSF risponde (TESTO DISPONIBILE) ad una richiesta di incontro del Sindaco Giorgio Pagano di La Spezia (TESTO DISPONIBILE) · Il 3/4 aprile a Firenze, in Palazzo Vecchio, si tiene la Conferenza
· A seguito della lettera a Francesco Rutelli, il giorno 3/4/2001 a Genova Piero Fassino, Ministro della giustizia in carica, in qualità di candidato vicepremier dell’Ulivo riceve una delegazione del GSF. Viene informato delle richieste del GSF contenute nella documentazione fornita al Governo attraverso l’architetto Margherita Paolini. Francesco Rutelli risponderà alla lettera il giorno 26/4/2001 (TESTO DISPONIBILE). · Il giorno 4/4/2001 il GSF lancia in tutta Italia il Telegram Day, attraverso il quale centinaia di fax, telegrammi ed email – tutte contenenti lo stesso testo – vengono inviate al Ministro degli Interni Bianco e al Presidente della repubblica Ciampi (TESTO DISPONIBILE). · Il giorno dopo in tutta Italia si svolgono decine di presidi assolutamente pacifici davanti alle Prefetture delle città, per chiedere che Genova sia città aperta. Si svolge a Roma un presidio di fronte al Viminale per chiedere al Ministro Bianco di essere ricevuti. Il Capo di Gabinetto Sorge, insieme al Prefetto di Genova Di Giovine ricevono una delegazione del GSF composta da Bolini, De Fraia, Agnoletto, De Cesari, Suor Pasini. Nell’incontro viene comunicato che il Governo ha incaricato il Prefetto Di Giovine di essere referente unico per le richieste del GSF circa le iniziative e le manifestazioni di Genova. Viene inoltre manifestata l’intenzione di permettere la realizzazione della “Cittadella”, lo svolgimento di manifestazioni, e viene comunicato che le frontiere non saranno chiuse dall’Italia in quelle giornate. Il Prefetto Di Giovine chiede alla delegazione del GSF di avere il dettaglio di tutte le richieste complessive entro pochi giorni. · Il giorno 11/4/2001 viene consegnato al Prefetto Di Giovine il primo progetto organico su tutte le iniziative e le conseguenti richieste logistiche in merito alla settimana dal 14 al 22 di luglio. · Il giorno 20/4/2001 una delegazione del GSF viene convocata al Prefetto. Alla riunione – oltre che il Prefetto Di Giovine – sono presenti il Capo della Digos di Genova Spartaco Mortola, e Margherita Paolini. La delegazione del GSF illustra il progetto consegnato nove giorni prima. Da subito appare chiaro che il Governo non ha assunto nessuna decisione circa le richieste, e pertanto il Prefetto non affronta nessuno dei punti affrontati nel documento. Né sull’accoglienza, né sulla Cittadella, né tantomeno sulle manifestazioni. L’incontro si conclude dopo molte ore. Si trattò dell’ultimo incontro ufficiale che il GSF fece prima delle elezioni. E non era stato detto ancora nulla rispetto alle possibilità di fare manifestazioni e di accogliere i manifestanti era stato deciso. · I giorni 4/5 maggio a Genova si tiene la prima assemblea internazionale del GSF ((TESTO DISPONIBILE). Circa trecento persone con provenienze da tutte le parti del mondo si confrontano sui temi che poi verranno affrontati nel Public Forum programmato per la settimana del vertice dal GSF. Avviene anche un approfondito confronto sulle giornate delle manifestazioni, presentate agli stranieri (TESTO DISPONIBILE). Il carattere pacifico e non violento delle manifestazioni viene confermato dalle discussioni. · Il giorno 8 maggio il GSF riceve per conoscenza una lettera di molti parlamentari liguri inviata al Premier Amato, con la quale essi segnalano l’importanza di dare rilievo ai temi che il GSF intende porre durante le giornate di luglio. Chiedono inoltre che il Governo intervenga nel dare via libera alle manifestazioni e che contribuisca economicamente per quel che riguarda l’accoglienza dei manifestanti (TESTO DISPONIBILE). · Vista l’assenza di risposte da parte del Governo, il giorno 9/5/2001, il GSF decide di procedere con richieste formali alle autorità competenti (Prefetto, Questore, Sindaco, Comandante Vigili Urbani) circa l’accoglienza e le manifestazioni (TESTO DISPONIBILE). · Il giorno 10 maggio, facendo seguito ai carteggi intercorsi, il Gsf riceve la visita a Genova del Sindaco di La Spezia, Giorgio Pagano. Il sindaco da piena disponibilità e interesse per far sì che alcuni dei relatori previsti al Public Forum del GSF possano intervenire alla Spezia in una serie di eventi che l’amministrazione civica intende realizzare. · Il GSF integra le comunicazioni formali del 9 maggio con un’ulteriore comunicazione sull’accoglienza il giorno 15/5/2001 (TESTO DISPONIBILE). · Il GSF inoltra due lettere al Presidente della Repubblica Ciampi e al Premier in pectore Berlusconi il 24/5/2001 (TESTO DISPONIBILE), segnalando il fatto che da mesi il GSF attendeva risposte in merito alle richieste di cui oramai tutti gli attori coinvolti erano a conoscenza da tempo. Si anticipava, inoltre, l’intenzione di realizzare iniziative in tutta Italia per il 2 giugno – festa della repubblica – a sostegno del diritto a manifestare garantito dalla nostra Costituzione. Nella medesima giornata, i portavoce Vittorio Agnoletto e Chiara Cassurino incontrano i media sotto la sede del Comitato Parlamentare di controllo delle attività dei servizi di informazione a seguito delle veline apparse sulla stampa. · Il 2 giugno infatti avvengono presidi davanti alle Prefetture di tutta Italia e anche di fronte a molte ambasciate italiane all’estero. Tutte le iniziative si sono svolte in un clima sereno e assolutamente pacifico. · Il giorno 5 giugno viene elaborato un ulteriore testo approvato da tutta l’assemblea generale del GSF sul carattere pacifico e non violento delle manifestazioni di Genova (TESTO DISPONIBILE). · Il 12/6/2001, il giorno dell’insediamento di Scajola a Ministro degli Interni, il GSF gli invia una lettera chiedendogli un incontro (TESTO DISPONIBILE). · Nel frattempo il GSF richiedeva e otteneva alcuni incontri con gli EELL genovesi inerenti all’accoglienza. Entrambi gli Enti (Comune e Provincia), tuttavia, non si esprimevano non avendo né il governo precedente, né quello appena insediato, dato parere positivo alle manifestazioni e al piano di accoglienza. · Il giorno 24 giugno 2001 (una domenica pomeriggio) il Capo della Polizia Gianni De Gennaro, alla presenza del vice Capo Ansoino Andreassi, il questore di Genova Colucci, l’addetto stampa Sgalla ed altri funzionari, convoca su mandato del Governo una delegazione del GSF (circa 10 persone). L’incontro durò circa due ore. De Gennaro ci comunicò l’intenzione del Governo di fare svolgere manifestazioni in concomitanza temporale con il Vertice del G8. Non essendo una trattativa, visto che De Gennaro stesso rassicurò circa il fatto che il diritto a manifestare non era in discussione, l’incontro si svolse attorno ad alcune questioni organizzative. Il GSF chiese garanzie sull’apertura delle frontiere, sul funzionamento dei trasporti e l’organizzazione dell’accoglienza; inoltre, il GSF avanzò la richiesta che le forze dell’ordine impegnate in prima linea non fossero dotate di armi da fuoco ed espose la richiesta che la “cosiddetta” Zona Gialla fosse cancellata. La discussione si articolò ma apparve chiaro che gli interlocutori presenti non erano in grado di fornire risposte, non avendo a loro volta ricevuto precise indicazioni politiche. Il GSF decise la sospensione della riunione e rilanciò per l’ennesima volta la necessità di un incontro con il Ministro Scajola: si era infatti a meno di un mese dall’evento e ancora nulla era stato deciso. · Il giorno 28 giugno 2001 una delegazione del GSF è convocata presso la Farnesina ad un incontro con il Ministro degli esteri Renato Ruggiero e il Ministro degli Interni Claudio Scajola. Tra gli altri (circa venti persone) erano presenti De Gennaro, Andreassi, Vattani, Paolini. Per il GSF erano presenti: COBAS – Luciano Muhlbauer, PRC + Giovani Comuniste/i - Peppe De Cristofaro; Rete Lilliput - Fabio Lucchesi, Ya Basta! Italia - Chiara Cassurino, ARCI - Massimiliano Morettini, Carta – Anna Pizzo, Vittorio Agnoletto (Portavoce). La prima parte dell’incontro fu gestita da Ruggiero, il quale avviò un dialogo sui contenuti invitandoci anche a sottoscrivere un documento insieme al Governo italiano da presentare ad un incontro con un gruppo di personalità internazionali che si sarebbe dovuto tenere a Roma di lì a pochi giorni. Registrammo subito nel merito di alcune fondamentali questioni un’assoluta divergenza in relazione alle proposte da noi avanzate. Respingemmo pertanto l’invito, segnalando per contro la necessità di avviare – in Parlamento e dopo il G8 – un rapporto stabile e continuo con la società civile organizzata sui temi della globalizzazione. Il Ministro Scajola confermò la decisione del Governo di far svolgere le manifestazioni che il GSF proponeva. Sconfessò il Vice premier Fini che il giorno prima aveva affermato che a Genova si sarebbe usato l’esercito in piazza per fronteggiare i manifestanti; respinse al mittente la richiesta che le forze dell’ordine impegnate in prima fila non fossero armate, affermando che – contrariamente a quanto è successo a Goteborg – “le forze dell’ordine italiane in piazza non sparano, perlomeno sinché io sarò ministro degli Interni “. Accennò inoltre ad alcune strutture da destinarsi all’accoglienza già concordate con gli EELL genovesi in una riunione avvenuta alcuni giorni prima. Sulla Zona Gialla , sulle frontiere e sui dettagli relativi alla viabilità per Genova in quei giorni il Ministro rimandò ad una riunione fissata due giorni dopo in Prefettura a Genova. · Il 30 giugno in Prefettura sono presenti: il Prefetto Di Giovine, il Capo della Polizia De Gennaro, il Questore di Genova Colucci, il capo della Digos Mortola e qualche altro funzionario. Per il GSF sono presenti: Vittorio Agnolotto, Portavoce, Roberto De Montis – Migranti; Angelo Pedrini – CUB; Stefano Kovac - GdL Accoglienza e Logistica; Sergio Tedeschi - Rete ControG8; Massimiliano Morettini – ARCI; Chiara Cassurino - Ya Basta! Italia; Bruno Palladini - Network per i Diritti Globali; Peppe De Cristofaro - PRC + Giovani Comuniste/i; Fiorino Iantorno – ATTAC; Raffaella Bolini – ARCI; Monica Lanfranco - Marcia Mondiale delle Donne; Bruno Manganaro - Lavoro e Società CGIL. L’incontro durò circa cinque ore. De Gennaro comunicò che avrebbe chiesto al Governo di attivare le clausole del trattato di Schengen relative alla riattivazione dei controlli alle frontiere, affermando che le nuove misure sarebbe state gestite con grande elasticità al fine di bloccare l’entrata in Italia di gruppi violenti, sulla base di segnalazioni mirate. Il Capo della Polizia assicurò che, relativamente alle autostrade, avrebbero posto delle limitazioni a ponente, mentre avrebbero mantenuto la viabilità normale a levante; De Gennaro, a differenza di quanto reso pubblico fino a quel momento, dichiara che la Stazione di Brignole sarebbe rimasta aperta, contrariamente alla Stazione di Principe. Le manifestazioni sarebbero state autorizzate solo a levante ove sarebbero stati concentrati i luoghi di accoglienza. Protestammo per questa limitazione, che poi nei fatti fu cancellata (fu infatti in seguito autorizzato un corteo a Ponente). Rispetto alla cosiddetta “zona gialla”, dopo un’infinita discussione aperta dall’ affermazione di De Gennaro – “la zona gialla non è la Bibbia” – si arrivò nei fatti alla conclusione che per tutto quello che concerneva le questioni di ordine pubblico per le quali è necessaria preventiva comunicazione alla Questura (e quindi manifestazioni, presidi, volantinaggi ecc.) la Zona Gialla poteva ritenersi non più esistente. Presentammo lo schema generale delle manifestazioni del 19, del 20 e del 21. Relativamente al 20 luglio, evidenziammo che l’assedio della zona rossa sarebbe avvenuto attraverso iniziative diverse (dalla veglia di preghiera al sit-in ai cortei) e che alcuni degli aderenti al GSF avrebbero praticato forme di disobbedienza civile. Facemmo presente che coloro che avrebbero praticato la disobbedienza civile erano consapevoli di voler violare la legge e che erano pronti ad assumersi le conseguenze del loro gesto. Spiegammo come la disobbedienza sarebbe avvenuta nel rispetto delle scelte comuni del GSF: non attaccare la città, non attaccare le persone neppure se in divisa, e non usare strumenti atti ad offendere. Il Capo della Polizia rispose che la repressione di tali violazioni sarebbe stata certamente commisurata ai comportamenti dei manifestanti. In seguito di un ampi discussione, De Gennaro affermò che le Forze dell’Ordine non avrebbero mai sparato sui manifestanti. · Tutte le altre autorizzazioni e decisioni necessarie rispetto alle manifestazioni e all’accoglienza si sarebbero discusse – come nei fatti è avvenuto – con le rispettive autorità competenti: la Questura e il Comando dei Vigili urbani e gli EELL, d’intesa con la Questura. · Raffaella Bolini affermo’ che probabilmente avrebbero partecipato
200.000 persone, De Gennaro rispose che lui aveva gestito eventi con la
presenza di oltre un milione di persone e che secondo le sue informazioni
a Genova non sarebbero arrivate piu’ di 40.000 persone.
ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELL’ACCOGLIENZA
Infatti, sia il Comune che la Provincia di Genova condizionarono ogni risposta ad un via libera governativo che arrivo’ solo nell’incontro fra governo ed enti locali del 28 giugno 2001, con l'approvazione del successivo decreto di impegno dei finanziamenti, che stanzio’ i fondi e con l’'incontro dei ministri dell'interno e degli affari esteri con il GSF. A quel punto iniziò un complesso lavoro per arrivare alla stesura
di un piano dettagliato.
Non sempre il percorso è stato semplice e lineare; si vuole qui ricordare il caso macroscopico dello stadio di atletica "Villa Gentile" prima concesso (fu addirittura uno dei due o tre luoghi "promessi" dal ministro degli interni) e poi negato senza una chiara motivazione alla vigilia dell'inizio della predisposizione del sito. Ad un elenco definitivo si arrivò quindi solamente attorno al 10 di luglio ed i montaggi iniziarono concretamente fra il 12 ed il 13 dello stesso mese. La struttura comincio’ a funzionare per l’accoglienza dal 16 luglio tranne alcuni campi per l'accoglienza che vennero consegnati il 17 ed il 18.e perfino il 19 di luglio. Furono predisposti a cura del comune e della provincia 9 siti per l'accoglienza
tutti nel Levante della città così come prescritto dal Ministero
degli Interni.
Stadio Carlini Tendoni collettivi
accanto a questi furono allestiti quattro siti destinati a : Via C. Battisti scuola Diaz/ Pascoli
Scuola Pertini Centro stampa e uffici GsfPeople's House
Il GSF organizzo’ la gestione dei luoghi assegnati attraverso un Punto
di Convergenza e di informazioni generali per le persone che sarebbero
giunte a Genova. In ogni luogo di accoglienza sarebbero stati presenti
gruppi di volontari o di appartenenti alle varie organizzazioni per sovraintendere
al buon funzionamento del tutto.
Mano a mano che passa il tempo vengono attivati gli altri luoghi di
accoglienza ma fin dal mercoledì 18 ci si rende conto (ma del resto
era già previsto) che i posti disponibili non sarebbero stati sufficienti;
infatti dato il vincolo imposto dall'amministrazione della PP.SS. di utilizzare
solo le aree a levante e le difficoltà, visti i tempi ristrettissimi
di attrezzare altri luoghi, la capienza totale non supera i 25mila posti
contro previsioni che superano i 40mila.
I Vigili del Fuoco intervengono al Carlini, mentre le persone che occupano via dei Ciclamini riescono a risolvere il problema da soli . Alla Sciorba, dopo una serie di consultazioni con l'amministrazione comunale, vengono aperte le gradinate della piscina (coperte) mentre al SE.DI i Cobas ottengono direttamente dall'assessore Massolo l'apertura della seconda palestra e di un piccolo auditorium. A causa della pioggia molte persone che dormivano nei tendoni allagati o che, sprovviste di tende , dormivano col solo sacco a pelo all'aperto cercano una sistemazione e alcune di loro vengono accolte alla scuola Pertini nella palestra. Vengono richiesti agli enti locali interventi di emergenza (distribuzione di bevande calde e coperte) ma purtroppo ci viene riferito che tali interventi non sono tecnicamente fattibili. Nelle stesse ore il Gsf effettua sopralluoghi in tutti i centri di accoglienza,
e al SE.DI. si nota che alcuni sconosciuti stanno danneggiando la palestra
.La situazione è tesa. I Cobas (nella persona di Paolo Arado) avvisano
l'assessore Massolo di quanto sta avvenendo, e che lo stesso giunge sul
posto.
I GIORNI DELLE MANIFESTAZIONI E I FATTI DI GENOVA
La nostra memoria vuole anche contribuire a una ricostruzione ragionata dei fatti di Genova, basata sull’incrocio delle informazioni tratte da resoconti qualificati forniti da portavoce o esponenti dello staff del Genoa Social Forum, dalle oltre 200 testimonianze e denunce circostanziate di semplici cittadini e cittadine che abbiamo sinora potuto esaminare, delle oltre 400 segnalazioni e testimonianze che sono state raccolte dal GSF o da altre fonti ad esso vicine (liste di discussione come lilliput-g8, cerchiodig8, donnecontrog8, gsf). Il nostro intento è quello di fornire, in breve, materiale per la riflessione e spunti per i necessari approfondimenti ai membri della Commissione bicamerale d’indagine conoscitiva sul G8 riguardo agli aspetti più controversi nella ricostruzione degli avvenimenti che vanno in particolare dal 16 al 22 luglio. Il Genoa Social Forum, ritiene che in occasione del Vertice del G8 di Genova non siano stati garantiti i più elementari diritti dei cittadini e siano stati fortemente limitati i diritti costituzionali di espressione, informazione e manifestazione. La strategia che ha guidato il comportamento delle forze dell`ordine ha di fatto permesso in tutti e due giorni la distruzione sistematica della citta da parte dei cosiddetti Black bloc, intervenendo invece in maniera violenta sempre contro le manifestazioni promosse dal GSF. Qui di seguito vogliamo dare un’idea di quali siano i nodi problematici cui ci riferiamo per poi entrare nel merito di alcuni dei momenti/casi più controversi. Prima di entrare nel merito di quanto successo nei giorni del 20 e 21 luglio, vale la pena di descrivere brevemente il clima generale di quei mesi e segnatamente di quello del periodo compreso tra il 16 luglio, inizio tra l’altro del Public Forum organizzato dal GSF (che ha visto 200 relatori provenienti da tutto il mondo, 50 dei quali dai paesi del Sud), e il 19 luglio, giorno della manifestazione dei migranti. Nei mesi precedenti il vertice, infatti, con una costanza impressionante, vengono divulgate dai media presunte relazioni dei servizi segreti che disegnano scenari apocalittici, del tutto fantasiosi e infatti puntualmente non verificatisi (bombe al sangue infetto, poliziotti usati come scudi umani e via dicendo). Si sprecano inoltre le notizie su attentati terroristici di oscure organizzazioni. Queste notizie, su imprecisate frange più estreme dei manifestanti che starebbero meditando di colpire duramente le forze dell’ordine, arrivano agli organi di stampa, mentre si susseguono sui media cronache sugli allenamenti dei reparti mobili della Polizia di Stato nel campo di addestramento di Ponte Galeria vicino Roma e dichiarazioni truculente di singoli esponenti delle forze dell’ordine che vi partecipano. Si diffonde inoltre la notizia dell’utilizzo di circa tremila persone dei corpi speciali dell’esercito che avrebbero dovuto essere utilizzati in piazza. Nei primi giorni di luglio vengono effettuate alcune perquisizioni anche nelle residenze di alcuni esponenti del GSF che non danno alcun esito. Il 16 luglio alle 10.30 del mattino un pacco bomba esplode a Genova tra le mani del carabiniere Stefano Torri ferendolo a un occhio e alle mani. Una delegazione del GSF si reca in visita presso l’ospedale San Martino a Stefano Torri esprimendo solidarieta’ e condannando il vile attentato. Si susseguono allarmi bomba in tutto il Paese, alcuni purtroppo reali ed altri frutto della psicosi che si era ingenerata. Tra gli altri ricordiamo un ordigno incendiario a orologeria trovato sotto un camper davanti allo stadio Carlini, poi neutralizzato dagli artificieri. Inoltre, il 17 luglio arriva una busta al sindaco di Genova che contiene un messaggio di morte per il portavoce del GSF Vittorio Agnoletto e due proiettili calibro 38. Questo è il clima che si respira in città quando nella notte tra il 17 e il 18 luglio vengono innalzate barriere di 5 metri di altezza attorno alla zona rossa, dividendo in due la città e recludendo di fatto circa trentamila abitanti. La tensione, palpabile sino a quel momento, si stempera nella serata del 18, serata in cui il GSF organizza un grande concerto (circa trentamila i presenti) del cantante Manu Chao, dei 99 Posse e dei Meganoidi. Ritorna la serenità e le migliaia di persone in modo ordinato, con i pullman navetta, rientrano nei luoghi di accoglienza senza alcun inconveniente. Il 19 luglio è il giorno della grande manifestazione per i diritti dei migranti e dei rifugiati, con corteo da piazza Sarzano a piazzale Kennedy, che vede circa 50 mila persone, provenienti da tutta Europa, manifestare per 3 ore per le strade di Genova. La grande partecipazione e il clima festoso e pacifico spingono il GSF a concordare, in corso d’opera, con i responsabili della Questura un allungamento del percorso previsto. La manifestazione si conclude, senza alcun incidente, con una grande festa a Piazzale Kennedy, interrotta dalla pioggia che porterà alle conseguenze sui luoghi di accoglienza descritte in precedenza.
Premessa Ricordiamo che il 20 le iniziative organizzate dal GSF sono state: il presidio di piazza Manin/via Assaroti (organizzato da Rete Lilliput, Legambiente, Marcia delle Donne e Rete ControG8); il presidio di piazza Dante (dove si erano concentrati Arci, Attac, Lila, Rifondazione Comunista, Fiom, UDU, UDS, Centri Sociali Torchiera, Baraonda e Cerchio di G8); il presidio di piazza Paolo da Novi (organizzato da Cobas, Network per i diritti globali e Movimento Antagonista toscano); il corteo da piazza Montano a piazza Di Negro (organizzato dalla Cub, cui aderisce, tra gli altri, lo Slai-Cobas), il corteo di Corso Gastaldi (organizzato dalle Tute Bianche, dai Giovani Comunisti, da Rage di Roma e dalla Rete No Global di Napoli). Tutte queste iniziative erano state comunicate per tempo alla Questura,
indicando anche le relative modalità di svolgimento. Tutte le manifestazioni
si sono svolte secondo i preavvisi depositati e conformemente alle prescrizioni
notificate dalla Questura.
Piazza Paolo da Novi La piazza, occupata dai cosiddetti BB viene abbandonata dai Cobas e dagli attivisti del network per i diritti globali che avevano organizzato il presidio preventivamente autorizzato. COBAS e Network si dirigono verso il mare dove improvvisano un concentramento a Corso Marconi all’altezza di piazza Rossetti. Il concentramento nella piazza tematica doveva avvenire alle ore 12. Nella zona attorno alla Stazione ferroviaria di Brignole durante la notte erano stati disposti sbarramenti costruiti con container. Reparti in tenuta antisommossa erano disposti a elle, chiudendo la piazza non solo in direzione piazza Verdi (imbocco di corso Buenos Aires), ma anche in direzione mare, in via della Libertà. Successivamente, il reparto in via della Libertà veniva riposizionato. Tra le 11.30 e le 11.45, mentre stavano arrivando alla spicciolata le prime centinaia di manifestanti e le delegazioni contadine, gli avvenimenti sono precipitati in brevissimo tempo. Da una parte alcune decine di giovanissimi, senza segni distintivi evidenti, hanno iniziato a lanciare contro il reparto schierato in corso Buenos Aires oggetti, che si erano procurati svellendo le pavimentazioni intorno alle aiuole della piazza e da un cantiere di ristrutturazione. Nel mentre da corso Buenos Aires sopraggiungeva un corteo di forse 200
o più persone, quasi tutte a volto coperto, che attaccavano le vetrate
di una banca nel corso e poi iniziavano a muoversi verso piazza Tommaseo,
in direzione contraria rispetto alla Zona Rossa.
Alcune centinaia di essi hanno cercato di allontanarsi insieme, uscendo da piazza Paolo da Novi in un primo tempo in direzione di piazza Palermo, poi, resisi conto che in quella direzione si stavano verificando incidenti, dirigendosi verso piazzale Kennedy attraverso via Casaregis. Un certo numero di persone vestite di nero (nell'ordine delle decine)
hanno tallonato il corteo per farsene scudo e hanno continuato a incendiare
cassonetti e infrangere vetrine.
Corso Gastaldi Alle 13.30 circa parte il corteo dei disobbedienti, il cui preavviso era stato notificato alla Questura di Genova il 16 luglio (vedi allegati) e di cui era stata vietata la parte finale il giorno 19 luglio (piazza Verdi, piazza delle Americhe, piazza della Vittoria e Via XX Settembre) e che risultava quindi regolarmente autorizzato fino alla fine di via Tolemaide. Sono circa 20 mila i manifestanti che partono dallo stadio Carlini. Alla testa alcune file di scudi collettivi, montati su strutture mobili e dietro altre migliaia di persone con giubbetti nautici e protezioni individuali, tutti senza strumenti atti ad offendere. Fino dall’altezza dell’ospedale di San Martino è possibile scorgere dense colonne di fumo ed elicotteri a bassa quota alcuni chilometri più in basso. Il corteo viene rallentato per comprendere la situazione e avanza con estrema lentezza fino all’incrocio con via Montevideo, dove incontra la carcassa di un’autovettura ribaltata, bruciata e ormai solo fumante. Il corteo, fin dallo stadio Carlini è preceduto ad alcune centinaia di metri da un "gruppo di contatto", composto da alcuni portavoce, parlamentari e giornalisti, delegato appunto a prendere contatto con i dirigenti delle forze dell’ordine. Ma il “gruppo di contatto” non riuscirà a svolgere alcuna funzione pur essendosi spinto fin quasi alla stazione di Brignole, senza incontrare nessun interlocutore. Il corteo arriva a pochi metri dall’incrocio fra via Tolemaide e corso Torino, dove un centinaio di carabinieri sta inseguendo un piccolo gruppo di persone che fugge verso il tunnel sotto la ferrovia che immette in corso Sardegna. Il gruppo di carabinieri, giunto all’incrocio con via Tolemaide, desiste improvvisamente dall’inseguimento e, sparando lacrimogeni, svolta di 90 gradi nella suddetta via caricando la testa del corteo. Nel giro di pochissimi minuti dalla stazione di Brignole avanzano i cellulari dei carabinieri, fino ad allora fermi, che sostengono l’azione di carica, supportati da un’incessante pioggia di lacrimogeni provenienti anche dai tetti dei palazzi e, in un secondo momento, anche dal ponte della ferrovia. Da questo punto in poi le cariche saranno continue, mentre il corteo arretra lentamente, e tutto attorno la situazione si fa sempre più confusa. Il corteo continua ad indietreggiare, sotto la pressione dei lacrimogeni e l’azione dei mezzi blindati, lanciati ad alta velocità contro i manifestanti (come dimostrano immagini video e foto), la calca e terribile, le persone soffocano anche per i gas e si schiacciano. In assenza di vie di fuga alcune centinaia di manifestanti si disperdono nelle vie laterali, bloccate dai carabinieri e, per aprirsi la strada in modo non organizzato, ingaggiano i primi scontri. Mentre il grosso del corteo di ventimila persone tenta con difficolta di ritirarsi verso lo stadio Carlini nella zona continuano violenti scontri, che porteranno poco dopo alla morte di Carlo Giuliani. A questo punto, in via Tolemaide, avanzano due grossi automezzi della polizia dotati di idranti, usati come arieti contro la testa della manifestazione e nel corteo si diffonde la notizia che le forze dell’ordine hanno usato armi da fuoco e che uno o più manifestanti sono rimasti colpiti. Poco dopo arriva la conferma della morte di un ragazzo e la voce di altri due decessi. (Solo in serata si saprà il nome e la nazionalità di Carlo Giuliani) Il corteo indietreggia, incalzato dalle cariche lungo Corso Gastaldi per più di un chilometro, con una sorta di caccia all’uomo e pestaggi indiscriminati. All’incrocio con via F. Corridoni, alcune centinaia di poliziotti, nonostante parte del gruppo di contatto avesse più volte comunicato che il corteo stava rientrando allo stadio Carlini, si aggiungono alle cariche che cessano solo alcune centinaia di metri prima dello stadio stesso dove il corteo rientra a partire dalle 18.30. Cariche, pestaggi ed arresti continuano nelle ore successive nei quartieri
di San Martino e alla Foce, nei confronti di chi si era perso o attardato.
Piazza Manin Dalle 9.30 del mattino a piazza Manin è stato organizzato il presidio, comunicato ufficialmente alla Questura e “autorizzato” per tempo, di Rete Lilliput, Marcia Mondiale delle Donne, Legambiente e Rete ContrG8. Ci sono banchetti delle botteghe del commercio equo e solidale, cartelloni sui temi della globalizzazione dei vari nodi territoriali di Rete Lilliput e striscioni delle varie organizzazioni. In questa piazza, che non vede alcuna presenza delle forze dell’ordine che fino al giorno prima la presidiavano, convergono anche gli aderenti al Pink Bloc, ecopacifisti in prevalenza del centro e nord Europa. Oltre alle autorizzazioni scritte gli organizzatori del presidio di piazza Manin martedì 17 luglio mattina si recano a una riunione operativa in Questura con il capo della Digos Spartaco Mortola, durante la quale si sono chiariti definitivamente gli orientamenti del movimento rispetto alle zone di concentramento dei cortei e dei presidi, una fase interlocutoria durante la quale da parte della Questura è stata assicurata celerità nelle decisioni. Il pomeriggio stesso, dopo aver fissato un appuntamento, Rete Lilliput nella figura di uno dei suoi portavoce, Alberto Zoratti, incontra nuovamente il capo della Digos per definire in maniera più specifica la zona della circonvallazione a Monte, specificando chi e come avrebbe gestito le diverse piazza tematiche in programma (Commercio Equo, Debito, Pace e Guerra, Tobin Tax). Giovedì 19 luglio, nel pomeriggio, dopo la comunicazione scritta da parte della Questura riguardo alle piazze concesse e non concesse, Alberto Zoratti di Rete Lilliput e un portavoce di Retecontrog8 comunicano al Capo della Digos Spartaco Mortola i rispettivi recapiti telefonici, così da facilitare i contatti e le comunicazioni in caso di emergenza (operazione di fatto inutile, visto che mai sono stati utilizzati dalla Questura); durante la stessa telefonata e in un’altra successiva si è sollecitata l’individuazione di un responsabile di piazza tra le forze dell’ordine che fungesse da riferimento in caso di necessità. Alle assicurazioni da parte del Capo della Digos non sono seguiti fatti
concreti, tanto meno durante la carica a Manin il giorno 20 pomeriggio.
In quella occasione nonostante si richiedesse agli operatori di polizia
presenti in piazza chi fosse il funzionario responsabile, gli organizzatori
non ricevevano risposte. Contattato a questo proposito al telefono, Mortola
rispondeva con uno sconfortante “levatevi di lì”.
Quando, nella tarda mattinata del 20, si concentrano nella piazza circa due-tremila persone, verso le 12.30 si decide di cominciare a scendere per via Assarotti per effettuare un sit in pacifico davanti alle barriere di piazza Corvetto e di piazza Marsala. Giunti alla fine di via Assarotti inizia il sit in e dopo una breve trattativa con le forze dell’ordine cui partecipano, anche Don Gallo e Franca Rame, che nel frattempo hanno raggiunto il grosso dei manifestanti, le forze dell’ordine consentano agli attivisti nonviolenti di attaccare messaggi e striscioni alle grate di piazza Corvetto, mentre le esponenti del movimento femminista e il Pink Bloc inscenano un’analoga iniziativa alle barriere di piazza Marsala. Verso le 13.30 giungono via cellulare a vari manifestanti notizie riguardanti le incursioni dei presunti black bloc e verso le 14, viene segnalato che un gruppo di cosiddetti BB che aveva assaltato il carcere di Marassi si starebbe dirigendo verso Manin prendendo via Peschiera o via Monte Grappa. A quel punto gli organizzatori della manifestazione decidono di far arretrare il grosso dei manifestanti oltre via Peschiera e infine di guadagnare di nuovo piazza Manin dove stazionavano dalla mattina alcuni attivisti a presidio delle strutture, mentre alcune decine di attivisti rimangono davanti alle grate di piazza Corvetto. Verso le 14.30 irrompono nella piazza, facendo marce e caroselli i presunti BB e altri gruppi armati di spranghe e bastoni. Gli attivisti nonviolenti si frappongono tra i cosiddetti BB e l’imbocco di via Assarotti per impedire loro di imboccarla e mettere in pericolo chi è rimasto davanti alle grate che delimitano la Zona Rossa. Dopo pochi minuti, mentre i presunti BB, stanno sganciandosi incominciando a imboccare Corso Armellini, cominciano a piovere candelotti in piazza contro il gruppo di manifestanti nonviolenti che avevano fatto interposizione. Subito dopo una cinquantina di agenti della Polizia di Stato irrompono nella piazza accanendosi sui banchetti e manganellando gli eco-pacifisti e le femministe. Alcuni dei presenti contano perlomeno una decina di ragazzi e ragazze con la testa insaguinata e ad una ragazza viene fratturata una mano (35 giorni di prognosi). I presunti BB nel frattempo in tutta calma procedono per Corso Armellini improvvisando barricate con i cassonetti e le campane dei rifiuti e sfasciando le macchine in sosta. All’altezza di piazza San Bartolomeo degli Armeni viene organizzata un’altra barricata e un drappello di una decina di BB attende l’arrivo di altri BB: c’è un lancio di bottiglie e di lacrimogeni, e anche gli ultimi BB a quel punto si muovono per raggiungere gli altri lungo Corso Solferino. I poliziotti, invece di inseguire i BB, deviano verso l’adiacente piazza San Bartolomeo, dove si erano rifugiati un gruppo di pacifisti e li aggrediscono e continueranno la caccia al militante nonviolento anche lungo l’adiacente via Assarotti. I BB nel frattempo agiscono indisturbati lungo via Palestro. Mentre la polizia si attesta immobile a piazza Marsala. L’opera di distruzione dei BB continua in tutta tranquillità anche per Corso Magenta e Corso Paganini. Nel frattempo, sono ormai le 16.30- 17.00, giunta la notizia che il
GSF ha deciso di smobilitare i presidi di piazza e di convocare un’assemblea
a piazzale Kennedy il grosso dei reduci di piazza Manin (circa mille persone),
imbocca via Monte Grappa e poi scende da una scalinata dietro Brignole
sulla sponda destra del Bisagno all’altezza di ponte Sant’Agata, dove arriva
alle 17.30. Mentre nella zona i BB stanno mettendo a ferro e fuoco il quartiere
di Marassi i pacifisti che vogliono raggiungere piazzale Kennedy trattano
con un reparto di polizia che presidia l’uscita della galleria in fondo
a via Canevari che gli impedisce il passaggio per circa un’ora. Sempre
Alberto Zoratti di Rete Lilliput, in questo frangente cerca di sbloccare
quella pericolosa situazione, ritelefona a quel punto al capo della Digos
Mortola che gli risponde di non poter fare nulla. Alla fine, dopo aver
saputo che il reparto di carabinieri che presidiava la galleria di Corso
Sardegna faceva filtrare le persone, i mille riescono a guadagnare Corso
Torino e in corteo, tra le devastazioni, raggiungono piazzale Kennedy.
Intorno ai giorni 16/17 di luglio Arci, Attac (Italia e Francia), Fiom CGIL, Rifondazione Comunista, Unione degli studenti, Unione degli Universitari, i Centri sociali di Milano Torchiera, Baraonda, CerchioG8, la LILA – dopo alcuni sopralluoghi – decidono di svolgere le loro iniziative/manifestazioni per il giorno 20 di luglio nelle piazze Carignano e Dante. Depositano regolare comunicazione alla Questura di Genova circa le proprie manifestazioni in un documento unico in cui erano presenti tutte le iniziative di piazza promosse dal Genoa Social Forum. Il giorno 19 di luglio al mattino si svolge una riunione delle organizzazioni che sarebbero state presenti nelle piazze Carignano e Dante. Durante la riunione si studiano i modi per organizzare la “protezione” delle piazze per mantenere la piena pacificità delle manifestazioni e si preparano le attività e le iniziative da svolgersi. In particolare si decide di collocare alcune persone in luoghi strategici pronti ad avvisare i responsabili della piazza qualora ci fossero avvisaglie di incidenti o pericoli di infiltrazioni. I luoghi “sorvegliati” erano in particolare: l’imboccatura della galleria che conduce a Piazza Dante, l’inizio di Via D’annunzio e i giardini retrostanti la Piazza Dante, Via Ravasco e le due vie di accesso a Piazza Carignano che circondano la chiesa. Si fissa il concentramento alle ore 12 in Piazza Carignano. Si decide comunque di avere già una presenza nelle due piazze già dalle 10.30/11 per presidiarle. Attac France sarebbe partita in corteo da Piazzale Kennedy. Le attività prevedono la presenza di due sound-system (camioncini con casse per la musica) uno in ogni piazza; spettacoli di teatro di strada (Living theatre); altre attività creative da svolgersi intorno alla rete presente lungo tutto Piazza Dante (palloncini da far volare oltre le grate, un grosso piede di compensato da buttare oltre la rete, la costruzione di una torre di babele dalla quale far parlare le persone e altre iniziative). Intorno alle ore 11 del giorno 19 luglio Massimiliano Morettini (Arci) e Fiorino Iantorno (Attac Italia) si recano in Questura da Spartaco Mortola Capo della Digos per informarlo sull’organizzazione di protezione delle piazze Dante e Carignano, sulle attività che vi si sarebbero svolte e sulle organizzazioni che lì sarebbero state presenti. Dopo un breve colloquio il Mortola accompagna Morettini e Iantorno nell’ufficio di Andreassi nel quale era presente anche il Questore di Genova Colucci. Entrambi vengono messi al corrente di tutto quanto già comunicato al dott. Mortola. Vengono rivolte richieste di chiarimento, gli viene risposto. Vengono verbalmente autorizzate tutte le attività proposte. Il tutto in un clima sereno e collaborativo. La mattina del 20 luglio, già dalle ore 11 circa sono presenti nelle due piazze gli organizzatori che cominciano a predisporre le attività per la giornata. Viene notato un motorino in Piazza Carignano, con alcuni fili scoperti che pareva abbandonato. Il motorino aveva sul serbatoio un adesivo della Polizia di Stato. Viene avvisata la Questura almeno tre volte per venire a controllare che non ci fossero ordigni. Nessun intervento. Intorno alle ore 12 le due piazze si cominciano a riempire. Nel frattempo
cominciano ad arrivare le prime notizie degli incidenti in città.
Prima dalla zona di Corso Torino/Piazzale Kennedy, poi Piazza Manin, poi
a Brignole/Valbisagno, e via di seguito.
Il clima teso che si respirava per quello che avveniva in città ha fatto sì che le organizzazioni presenti rinunciassero a molte delle attività previste (la torre di Babele, il “piedone” e altro), valutando che non ci fossero le condizioni. Il servizio di sorveglianza della piazza ha funzionato sequestrando ad alcune persone oggetti trovati per strada (qualche bastone, qualche cartellone stradale), allontanando qualche esagitato nei pressi della rete, bloccando persone “sospette” in Piazza Carignano senza farle scendere in Piazza Dante. Le persone salivano e scendevano continuamente da Via Fieschi facendo la spola tra le due piazze. Intorno alle quattordici uno dei nostri punti di sorveglianza intorno alla Chiesa di Piazza Carignano ci informa della presenza di incidenti tra Forze dell’ordine e cosiddetti Black Bloc nei pressi di Piazza Alessi. Una decina di persone appartenenti ad Attac che provenivano dal centro città e si dirigevano verso Piazza Carignano restano bloccati dagli scontri. Alcuni attivisti di Attac da Piazza Carignano cercano di raggiungerli per guidarli verso la Piazza. L’operazione riesce ma due attivisti di Attac vengono malmenati ed uno viene posto in stato di fermo. Intorno alle ore 15 il corteo di Globalize resistence/Socialist workers (circa 2000 persone) raggiunge le due piazze. Alle ore 15.45 il sindaco di Genova Giuseppe Pericu invita telefonicamente il portavoce del GSF Vittorio Agnoletto, presente in Piazza Dante, ad abbandonare la Piazza. Il Sindaco e’ furibondo. Afferma che le forze dell’ordine hanno abbandonato la citta’, che gruppi violenti stanno liberamente saccheggiando la citta’ e distruggendo tutto mentre le forze dell’ordine vengono impegnate a fronteggiare le iniziative del GSF che si svolgono in modo tranquillo. Il sindaco chiede che il GSF dia “un segno di buona volonta’’” e faccia rientrare almeno un corteo, per alleggerire la tensione che ha ormai raggiunto livelli altissimi nella citta’. Dopo una ampia consultazione, alle ore 16.30 tutti i presenti in Piazza Dante (in quel momento circa 4000 persone) si dispongono in corteo e in modo ordinato risalgono per via Fieschi e abbandonano la Piazza. In quel momento – senza motivo alcuno, visto che Piazza Dante era ormai
praticamente svuotata – i reparti di polizia collocati in via Fieschi bassa
(dietro le grate) lanciano due/tre lacrimogeni sulla coda del corteo ormai
incamminato verso Piazza Carignano e caricano i manifestanti che sono rimasti
indietro. Si crea un panico e disordine, ma in breve tempo la coda si ricompone
e la Piazza Dante viene abbandonata attorno alle 17.
Corteo da piazza Montano a piazza Di Negro Il sindacato di base CUB (Confederazione Unitaria di Base) comunica alla questura ai primi di maggio il corteo con il percorso tradizionale dei lavoratori (da piazza Montano a Fontane Marose – la zona rossa non era ancora stata definita).Negli incontri tra GSF e responsabili della Polizia, Prefettura e Questura si spiegano le ragioni del percorso e le modalità pacifiche. Per tutta una lunga fase non viene data certezza riguardo al corteo a ponente e il capo della polizia De Gennaro nel secondo incontro invita i rappresentanti della CUB a recarsi in Questura per decidere il percorso: Successivamente il capo della Digos di Genova Mortola propone di tenere la manifestazione a Levante. Ancora nella settimana del vertice di fronte alla ultima richiesta generale del GSF non si riesce a sbloccare la situazione per cui lo sciopero generale viene preparato tra i lavoratori e nel paese nella incertezza del percorso. Nella giornata di martedì la delegazione CUB si reca alle ore 15,00 in Questura e viene ricevuta dal responsabile della Digos Mortola e solo dopo vari tentativi di far cambiare percorso si arriva ad una proposta che prevede il corteo ridotto drasticamente con partenza da piazza Montano e conclusione a piazza Di negro. Alle ore 21 circa si interrompe in attesa di autorizzazione definitiva e alla ripresa 22,30 viene proposta una autorizzazione verbale e solo di fronte alle proteste della delegazione del sindacato di base CUB viene autorizzato il corteo con alcune prescrizioni. In piazza Montano a metà mattinata ci sono già migliaia di lavoratori. Alle ore 12 circa viene fatta una verifica delle modalità della manifestazione con i responsabili di piazza. Il corteo si svolge regolarmente con la presenza di delegazioni massicce di lavoratori e lavoratrici sotto le bandiere della CUB e dello SlaiCobas. Erano presenti inoltre delegazioni del sindacato USI, del coordinamento Anarchici contro il G8 (prevalentemente FAI) e del Campo Antimperialista. Per garantire che tutto andasse secondo le previsioni e decisioni degli organizzatori i lavoratori hanno esercitato un’azione di controllo per la durata della iniziativa. All’arrivo in piazza, la Polizia ha indossato le maschere antigas, come si stesse apprestando al lancio di lacrimogeni, quando la situazione era tranquilla. Dopo una serie di proteste i responsabili delle forze dell’ordine le hanno fatte togliere. All’ingresso da vie laterali nella piazza di probabili provocatori è stato deciso di accelerare la chiusura della manifestazione in piazza Di Negro e di far tornare il corteo al punto di partenza. Durante il ritorno in piazza Montano si è avuta notizia, lontano dal percorso del corteo, di episodi di distruzione di cassonetti, banche ecc. da parte di presunti BB. Si notava, tra l’altro, in modo inspiegabile che la sede Fiat lungo il percorso non era più presidiata. Sono stati necessari ripetuti interventi e richieste di chiarimenti perché le forze dell’ordine a presidio di piazza Montano (in particolare i carabinieri) mostravano una particolare tensione, anche se nella piazza tutto era calmo e tranquillo e i lavoratori erano in attesa dell’arrivo dei pullman per il ritorno. Gran parte dei manifestanti erano in viaggio alla tragica notizia della
morte del giovane Carlo Giuliani.
Il corteo internazionale del 21 luglio
Il 21 luglio è la giornata che il GSF ha dedicato alla marcia di un grande corteo internazionale, aperto dalle delegazioni del sud del mondo, dei movimenti femminili e dei lavoratori delle multinazionali. Il percorso è da tempo depositato alla Questura e prevede la partenza da via Caprera (Sturla), il passaggio per via Cavallotti, corso Italia, svolta in corso Torino, corso Sardegna e conclusione in piazza Galileo Ferraris (Marassi) con alcuni interventi programmati. La scelta del percorso si tiene a distanza da ogni limite della “zona rossa” a conferma della volontà assolutamente pacifica della manifestazione. La giornata assume fin dalle prime ore del mattino, quando inizia il concentramento a piazza Sturla, le dimensioni e i colori di un corteo composto e pacifico, a cui alla fine avranno partecipato 300.000 persone. Appare subito strano il fatto che davanti alla testa del corteo non si dispongano le forze dell’ordine per proteggerne svolgimento e percorso, come normalmente accade. Questa scelta per noi imprevista, causerà numerosi problemi come vedremo in seguito. Nella tarda mattinata, il capo della Digos genovese, Spartaco Mortola, telefona a Massimiliano Morettini, uno dei coordinatori del GSF per avvertirlo che nella piazza ci sono dei gruppi di BB che vogliono accodarsi in fondo al corteo chiedendo che il GSF non li faccia inserire. La risposta del coordinatore è di contrarietà al fatto che la Digos non intervenga e l’invito è che le forze dell’ordine si muovano per prevenire le loro intenzioni. Nonostante questa richiesta non succede nulla; I primi problemi si verificano nei pressi della caserma dei Carabinieri di San Giuliano con un gruppetto di persone estranee al corteo che all’arrivo della manifestazione iniziano a lanciare oggetti contro la caserma. Immediatamente alcuni manifestanti intervengono per allontanare il gruppetto. Quando la testa del corteo giunge nei pressi dell’incrocio tra corso Marconi e via Rimassa, trova di fronte a sé un gruppo di un centinaio di persone che si fronteggiano con le forze dell’ordine schierate. Nonostante cio’, la testa del corteo svolta per via Rimassa senza problemi. A metà di Corso Torino la testa del corteo trova una situazione potenzialmente rischiosa. Infatti gruppi di persone stazionavano nelle vie laterali in palese atteggiamento non pacifico, a poca distanza dalle forze dell’ordine. Temendo che potessero approfittare del passaggio del corteo per provocare
incidenti, la testa decide di fermarsi e le prime file si siedono in terra.
Nel frattempo, lo spezzone di corteo che transitava da corso Marconi (a
circa un chilometro dalla testa del corteo) sollecitava a riprendere il
percorso per evitare di essere coinvolti nei lanci di lacrimogeni.
Gli incidenti in Corso Marconi/Corso Italia In piazza Rossetti alcune persone incendiano i locali della Banca distrutta il giorno prima, agiscono per circa mezz’ora del tutto indisturbati. Dallo schieramento di polizia, rimasto fermo in fondo a corso Marconi, partono alcuni lacrimogeni, a cui viene risposto con lanci di sassi, incendi di auto e con la costruzione di una barricata fatta di cassonetti, stand sfasciati da p.zza Rossetti e da auto. Più indietro il corteo cerca di sfilare tenendosi a distanza, decidendo di non svoltare piu in via Rimassa, come previsto, ma nella traversa precedente, via Casaregis. Improvvisamente, parte la carica della Polizia e anche l’accesso a via Casaregis viene bloccato. Da quel momento in poi, nonostante le richieste, nessuna via ulteriore viene lasciata libera dalle forze dell’ordine per far defluire le decine di migliaia di persone a quel punto completamente bloccate in Corso Italia. Da lì in poi, Corso Italia diventa teatro di ripetuti pestaggi gratuiti su manifestanti inermi, spesso a braccia alzate, senza tener conto della presenza di persone anziane, famiglie e per giunta di persone in carrozzella, come numerosi servizi giornalistici hanno mostrato. Vengono inoltre utilizzati blindati lanciati sulla folla a velocità sostenuta. Molti manifestanti, inseguiti, si rifugiano sulle spiagge, sugli scogli, o nelle vie laterali che però adesso sono tutte bloccate da file di camionette, costringendo la gente a rimanere imbottigliata su corso Italia e subire le cariche. Nel frattempo, il pezzo di corteo che ha girato per via Casaregis cerca
di riordinarsi e di ricongiungersi a quelli piu avanti. Il pezzo di corteo
imbocca via Morin per reimmettersi su via Rimassa, dove trova però
un fitto cordone di polizia schierato lungo il lato della strada. Si decide
allora di procedere con molta lentezza, a mani alzate e ripetendo la parola
“nonviolenza” per sfilare davanti a loro senza creare la minima tensione.
Giunti all’imbocco di via Rimassa i manifestanti sono investiti da un fitto
lancio di lacrimogeni, sparati ad altezza d’uomo, che li disperde nuovamente
e li costringe a tornare su via Casaregis. Mentre una parte, pur nella
difficoltà di essere sotto i lacrimogeni, cerca di tenersi unita
e procede cercando una traversa più avanti per infilarsi in corso
Torino, chi rimane in fondo a via Casaregis, isolato o a piccoli gruppi,
diventa oggetto di una vera caccia all’uomo e di pestaggi da parte della
Polizia e della Guardia di Finanza.
La testa del corteo Dopo il sit-in improvvisato sopra descritto, i responsabili della testa
del corteo comunicano ai responsabili della questura che non avrebbero
proseguito sinchè le forze dell’ordine non avessero preceduto la
testa del corteo proteggendone il percorso. Questo avviene solo per alcune
centinaia di metri, permettendo al corteo di riprendere il cammino. In
seguito, le camionette scompaiono nuovamente e la testa del corteo procederà
sino al luogo di scioglimento senza protezione.
Quando da un lato e dell’altro del Bisagno si muovono piccoli gruppi di cosiddetti black bloc inseguiti dalla Polizia, cercando di infiltrarsi, costoro vengono respinti e isolati dai manifestanti che sostano davanti allo stadio. Ciononostante i reparti di polizia si attestano sulla riva opposta del Bisagno e fanno partire un fitto lancio di lacrimogeni contro i manifestanti pacifici, che non reagiscono in alcuna maniera. Solo dopo molto tempo la situazione si normalizza permettendo alle persone
di raggiungere i mezzi trasporto, anche grazie ai pullman navetta messi
a disposizione dal Comune di Genova.
L’irruzione alla scuola Pertini Nella scuola Pertini è ospitata la NGO House, ovvero uffici a disposizione delle ONG straniere. Dalla notte del 19, a seguito degli allagamenti dei luoghi di accoglienza, alcune persone vanno a dormire nella scuola. La notte di sabato l’irruzione avviene verso la mezzanotte. Quando arrivano i poliziotti le luci alle finestre sono accese (da immagini video si vede chiaramente). Il cancello esterno viene sfondato con una camionetta, i reparti stazionano qualche istante nel cortile poi entrano nella scuola. Vi sono sia agenti in divisa, sia funzionari in borghese, sia poliziotti in borghese ma con casco e fazzoletto a coprire il volto. Dalla strada si sentono richieste di aiuto e lamenti. Sulla strada cominciano a confluire numerose persone e molti giornalisti. Le forze dell’ordine fanno un cordone davanti al cancello della scuola. Il portavoce Agnoletto, i parlamentari Malabarba e Mantovani, il consigliere regionale Nesci, qualche avvocato tentano di entrare nell’edificio, ma viene loro impedito. Arrivano le autoambulanze, lentissimamente iniziano ad uscire i feriti. Nonostante il clima di grande tensione, alcuni responsabili del GSF
lì presenti si adoperano per evitare che la situazione trascenda.
Si costituisce un cordone di protezione per tenere separate le forze dell’ordine
dalle persone lì presenti. In ogni caso, i presenti mantengono un
atteggiamento responsabile e non si è registrata nessuna reazione
violenta.
Mentre si stanno portando via i feriti e gli arrestati, nel cortile
della scuola il responsabile dell’ufficio stampa della polizia, Sgalla,
rilascia una prima dichiarazione in cui dice che: “ è stata fatta
una perquisizione e non è stato toccato nessuno. I feriti e il sangue,
già rappreso, che si possono notare sono conseguenze degli scontri
del corteo del pomeriggio”. Basterà entrare nella scuola per vedere
che tutto cio non risponde al vero.
Il blitz alla scuola Diaz (sede del centro stampa GSF) Alla scuola Diaz si trovano l’ufficio stampa del GSF, gli uffici dei legali, sale riunioni e il centro stampa. Il venerdì e il sabato viene approntata un’infermeria per i feriti delle manifestazioni (cfr. Memoria dei sanitari del GSF allegata) Dopo che l’irruzione alla Pertini era iniziata, la Polizia entra di forza dentro la Diaz. I poliziotti obbligano le persone presenti al pianterreno ad entrare nella palestra e salgono ai piani superiori dove irrompono nelle aule che ospitano i sanitari e gli avvocati del GSF. Si accaniscono soprattutto nel locale degli avvocati dove sfasciano i computer e manomettono gli hard disk rendendoli inutilizzabili. Salgono anche al terzo piano dove vengono sottratte alcune video cassette (anche con registrazioni dell’irruzione alla Pertini); sequestrano documenti dei legali (denunce, testimonianze sui fatti accaduti) e pongono in stato di fermo il coordinatore dei legali Giuseppe Scrivani. Nei locali del Media Center del GSF (Scuole Diaz/Pascoli) le persone presenti vengono prima fatte stendere a terra e poi fatte mettere in ginocchio faccia al muro lungo i corridoi. Nemmeno la presenza dell’europarlamentare Luisa Morgantini serve a farsi dare spiegazioni su quanto stanno facendo. Alle richieste di un mandato si risponde “ Non siamo in America, facciamo quello che vogliamo”. All’arrivo, più tardi, di Vittorio Agnoletto, alla stessa domanda il capo della Digos genovese, Mortola, dirà che il mandato potrà essere visto entro mezz’ora. Cosa che non è mai avvenuta. Alla fine i poliziotti se ne vanno senza neanche aver fatto un verbale
di tutto il materiale danneggiato o sottratto: hard disc, videocassette,
cellulari, documenti.
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