PROCESSO AI 25 MANIFESTANTI - Le motivazioni
11.1 Il corteo delle Tute Bianche - i fatti > > > > > > > > 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6
Il corteo delle Tute Bianche
1 I fatti
1. Quello che viene comunemente definito il “corteo delle Tute Bianche” è una manifestazione
congiunta di più organizzazioni.
In senso più ristretto le Tute bianche rappresentavano una parte del movimento no global che faceva
capo ai Centri Sociali dell’Italia settentrionale.
Al corteo però partecipavano anche i Centri Sociali dell’Italia meridionale e l’organizzazione dei
Giovani Comunisti, cioè il movimento giovanile del Partito della Rifondazione Comunista.
È stata affermata la base “assembleare” delle delibere prese dalle diverse componenti, peraltro
durante la manifestazione vi erano delle figure rappresentative e di riferimento delle singole aree
identificate in Luca CASARINI per le Tute Bianche, Francesco Saverio CARUSO per le Rete
meridionale del sud ribelle per i Centri Sociali del meridione, Nicola FRATOIANNI e Giuseppe DE
CRISTOFARO per i Giovani Comunisti.
2. Le Tute Bianche si riconoscevano nella c.d. “disobbedienza civile” vale a dire in una forma di
contestazione non violenta ma che doveva condurre a oltrepassare i limiti della Zona Rossa,
considerati dai manifestanti come imposti dall’esterno e perciò illegali, mediante l’esposizione dei
propri corpi al rischio di una reazione questa sì violenta da parte delle Forze dell’Ordine.
Nel documento presentato dal Genoa Social Forum al Comitato Parlamentare d’Indagine il 6
settembre 2001 (produzioni difesa 4.9) a proposito della riunione del 30 giugno in Prefettura,
presenti il Capo della Polizia, il Prefetto, altri funzionari di P.S. ed i rappresentanti del GSF si
legge:
“facemmo presente che coloro che avrebbero praticato la disobbedienza civile erano consapevoli di
voler violare la legge e che erano pronti ad assumersi le conseguenze del loro gesto. Spiegammo
come la disobbedienza sarebbe avvenuta nel rispetto delle scelte comuni del GSF: non attaccare la
città, non attaccare le persone neppure se in divisa e non usare strumenti atti ad offendere. Il Capo
della Polizia rispose che la repressione di tali violazioni sarebbe stata certamente commisurata ai
comportamenti dei manifestanti. A seguito di un’ampia discussione DE GENNARO affermò che le
Forze dell’ordine non avrebbero mai sparato sui manifestanti”.
Giuseppe DE CRISTOFARO, all’epoca coordinatore nazionale dei Giovani di Rifondazione
Comunista, ha ricordato come in quella occasione DE GENNARO gli aveva detto “noi in piazza a
Genova saremo buoni con i buoni e cattivi con i cattivi”.
Come messo in evidenza da numerosi testi, tra i quali DE CRISTOFARO e BOLINI, l’obbiettivo
del corteo, la violazione della Zona Rossa, era un obbiettivo di tipo politico e non militare: ciò che
contava, anche a livello di risonanza mediatica, era la simbologia di un limite superato anche da una
sola persona, non invadere in massa una zona riservata con inevitabili ripercussioni sull’incolumità
di tutti.
Si tratta di manifestazioni che si fondano sulla trasparenza e sulla previa informazione dell’Autorità
circa ogni iniziativa intrapresa dai manifestanti (BOLINI).
Tanto gli organizzatori quanto i partecipanti al corteo si rappresentavano chiaramente la probabilità,
pressoché la certezza di venire attaccati dalle FF.OO. nel momento in cui avessero raggiunto quei
limiti e avessero attaccato le grate ivi esistenti.
Per questo avevano indossato le protezioni personali e portavano riserve di acqua, per proteggersi
dai colpi di manganello e dai lacrimogeni della Polizia.
Nei loro intenti anche questo doveva far parte della manifestazione di protesta: il corteo non
avrebbe mosso violenza né alla città né alle persone di questa o alle FF.OO., avrebbe però gridato
tutta la propria protesta contro i “Grandi della Terra” cercando di abbattere le barriere poste a
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protezione della Zona Rossa che dividendo in due la città privavano i suoi cittadini della libertà di
circolare e di manifestare.
I manifestanti del corteo non erano armati, le protezioni personali indossate, fatte di gommapiuma,
cartone e bottiglie di plastica rivestivano più una funzione rappresentativa ed allegorica che
effettiva.
Quello doveva essere un “esercito di cartapesta” (DELLA SALA) che incarnava le proteste di
miliardi di poveri e diseredati e che a tal fine nella propria protesta doveva spingersi fino a
provocare la reazione di Forze di Polizia vere, dotate di armi e strumenti di difesa e di offesa
effettivi e poste a difesa di solo otto persone, contrapposte negli slogan e nei cartelli ai sei miliardi
di abitanti di questo pianeta.
Per quanto variopinta e verbalmente violenta, la protesta non doveva spingersi oltre, in particolare
erano bandite armi, proprie od improprie e qualsiasi atto di violenza alle persone o alle cose.
Subire una o più cariche della Polizia rientrava nelle previsioni, sarebbe stata la rappresentazione di
ciò che quotidianamente gli otto potenti infliggono ai poveri del mondo.
Però si aspettavano queste cariche solo alla fine del percorso consentito, al limite cioè della Zona
Rossa, dove ci fosse l’evidenza di un obbiettivo da violare per alcuni e da proteggere per altri.
Anche le modalità di questa carica erano previste come non eccessivamente violente, tanto che
scudi collettivi e personali, “armature” fatte di gommapiuma e di bottiglie di plastica e qualche
limone erano pensati come sufficienti ad evitare che “qualcuno si facesse troppo male”.
Per le sue caratteristiche di manifestazione simbolica, non diretta ad usare violenza contro le
persone e le cose il corteo del Carlini era stato accettato da tutte le componenti del Genoa Social
Forum, comprese le più moderate come le Suore Missionarie (teste BOLINI).
In altre parole anche questa iniziativa ed in particolare l’apparato difensivo costituito dagli scudi di
plexiglas e dalle protezioni personali faceva capo alla responsabilità dell’intero GSF.
3. I testi escussi a dibattimento (cfr. in particolare i testi AGNOLETTO, CASARINI) hanno
sottolineato il clima ostile, di aperta diffidenza, quasi di “caccia alle streghe” nei confronti delle
iniziative del movimento che sui mass media precedette i giorni del vertice.
Le persone escusse si sono lamentate di una campagna stampa che li dipingeva come degli
aggressori, pronti a compiere attentati con esplosivi, a organizzare il rapimento di Agenti di Polizia
per poi farsene scudo, a lanciare contro le Forze dell’Ordine palloncini pieni di sangue infetto dal
virus dell’HIV, insomma dei potenziali assassini.
Si sono già ricordate alcune dichiarazioni di esponenti politici riprese da diversi giornali (cfr. i
riferimenti contenuti nella pubblicazione “Genova Il Libro Bianco”, rassegna stampa - scheda -
prima del vertice, pag. 15, prod. difesa 4.11).
Il teste Giulietto CHIESA ha ricordato proprio questo tipo di informazione nel proprio libro
G8/Genova (cfr. produzioni della difesa n. 37 a pag. 10).
A questa esasperata campagna contro di loro Luca CASARINI e i suoi compagni, organizzatori del
corteo previsto per il pomeriggio di venerdì 20 luglio, risposero con più documenti il primo dei
quali che qui mette conto di citare è una “dichiarazione di guerra ai potenti dell’ingiustizia e della
miseria” alla quale venne data pubblica lettura nel corso di una manifestazione a Palazzo Ducale il
26 maggio 2001.
È stato chiarito il carattere simbolico di questa iniziativa: la parola “guerra” doveva rappresentare
“un’allegoria nefasta” contro le politiche neo-liberiste del G8, anch’esse da qualificarsi come
“nefaste” perché “fomentano la guerra e lo fanno fuor di metafora” (Relazione delle Tute Bianche
di fronte alla Commissione conoscitiva sui fatti di Genova, prod. difesa 4.10).
In tale documento veniva specificata la natura dell’”esercito” dei contestatori: “sognatori, poveri e
bambini, indios del mondo, donne e uomini, gay, lesbiche, artisti e operai” che avrebbero usato
come armi unicamente i propri corpi nelle forme della disobbedienza civile.
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In seguito, il 13 giugno le Tute Bianche proposero alla città ed ai cittadini di Genova una
dichiarazione di pace, un “patto” nel quale da un lato denunciavano la sospensione dei diritti di
circolazione e di manifestazione, quindi della libertà di opinione e di espressione e una campagna di
disinformazione che falsamente attribuiva ai manifestanti locali e stranieri la volontà di “distruggere
e saccheggiare, infangare e abbruttire”, dall’altro si impegnavano a non violare né offendere la città,
le sue strutture e i suoi cittadini.
La “guerra” che intendevano portare agli otto grandi presentava caratteristiche molto diverse da
quelle conosciute da questi ultimi, non sarebbe stata “combattuta con le bombe e con le pallottole,
ma con i corpi, con le parole e con le diavolerie e strumenti meccanici congegnati nelle nostre
pacifiche officine della fantasia”.
Solo questi strumenti avrebbero permesso ai dimostranti di aprire un varco nel “muro della
vergogna” che avrebbe diviso la città come già il mondo in “centro e periferie”.
La stessa “Relazione delle Tute Bianche” di cui sopra chiarisce anche come il movimento ritenesse
“la pubblicità e la trasparenza” delle proprie iniziative come l’arma più preziosa che aveva a
disposizione perché pubblicità e trasparenza “prevengono la criminalizzazione e permettono il
confronto con persone ed esperienze diverse”.
4. Leggere a distanza di tempo e con il dovuto distacco le dichiarazioni e i “patti” che le Tute
Bianche proclamavano pubblicamente fa sorgere alcune perplessità per il tono, volutamente sopra le
righe e per la violenza verbale in essi contenuta.
Sotto un altro aspetto appare, ancora volutamente, contraddittorio il messaggio di chi dichiara una
“guerra”, intende abbattere un muro, dichiara di voler “assediare” gli otto grandi e tentare di
invadere la Zona Rossa e poi spiega che tutto questo ha un valore altamente ma puramente
“simbolico”, che nessuno ha mai pensato seriamente di penetrare in massa oltre gli sbarramenti
della Zona Rossa perché ciò avrebbe costituito un obbiettivo “militare” che avrebbe comportato
all’evidenza una risposta armata da parte delle forze che difendevano l’incolumità fisica dei capi di
stato.
Invece i manifestanti perseguivano un obbiettivo “politico” ruotante intorno al fatto simbolico di
mettere anche una sola persona, anche del gruppo di contatto, con il piede oltre lo sbarramento
(teste DE CRISTOFARO).
La perplessità e lo sconcerto legittimi in chi legge devono però lasciar spazio all’esame dei fatti e
dei comportamenti delle persone, indispensabile per giungere ad un giudizio di merito sulle
imputazioni e sugli imputati.
E, come si vedrà, alla violenza verbale non fece seguito almeno in una prima fase degli eventi un
comportamento altrettanto violento di quei manifestanti.
5. Come si è già ricordato, la manifestazione venne preceduta da un’ispezione che la Polizia di
Stato, in persona di alcuni funzionari della Digos, svolse presso lo stadio Carlini dove erano ospitati
quelli che dovevano partecipare al corteo.
L’atto di Polizia avvenne il mattino del 18 luglio e venne svolto con la partecipazione degli stessi
manifestanti come si può riscontrare nelle deposizioni dei testi MANTOVANI, CASARINI,
FRATOIANNI, DE CRISTOFARO.
DE CRISTOFARO ha dichiarato che in questa occasione i portavoce dei Disobbedienti fecero
capire agli Agenti cosa sarebbe successo, mostrarono gli scudi e gli strumenti di protezione
personale in gommapiuma e la perquisizione si svolse in un clima sereno.
Alla perquisizione presso lo stadio Carlini si riferiscono le immagini del reperto 192 12 da 49:58 a
54:38 [1] che ritraggono tra gli altri CASARINI mentre mostra ai pubblici ufficiali le varie protezioni
personali e collettive che sarebbero state usate durante il corteo.
Si trattava di mezzi di protezione personale costituiti da scudi di plexiglas, materassini di
gommapiuma, imbottiture fatte di cartone e di bottiglie di plastica vuote, qualche casco
antinfortunistico (il teste GAGGIOTTI sostiene di avere usato come copricapo uno scolapasta),
qualche maschera antigas, più spesso mascherine antipolvere o occhiali da saldatore, rotoli di nastro
adesivo e scudi individuali di plastica.
Tutte le dotazioni vennero adeguatamente ispezionate e non vennero sequestrate perché
evidentemente non ritenute pericolose [2].
Anche il fotografo PELLECCHIA ha ritratto CASARINI mentre mostra ai funzionari gli scudi e le
protezioni [3] e ha ricordato come il clima fosse molto sereno e tranquillo.
A questa perquisizione si riferisce la relazione di servizio redatta dal Vice Questore Aggiunto
Luciano SORICELLI (cfr. capitolo V paragrafo 9) che rileva come durante le operazioni non
vennero rinvenute armi proprie o improprie.
6. L’organizzazione della manifestazione prevedeva che il corteo fosse preceduto da un “gruppo di
contatto” formato da parlamentari e personalità del mondo politico e della società civile che avrebbe
avuto il compito di “contattare” i responsabili dell’ordine pubblico in piazza e svolgere con loro una
mediazione sugli sviluppi concreti del corteo.
Poiché intento manifestato pubblicamente del corteo delle Tute Bianche era quello di “violare” la
Zona Rossa, questo gruppo di contatto avrebbe dovuto mediare tra le posizioni di manifestanti e
Forze dell’Ordine al fine di consentire una violazione dal carattere “simbolico”.
I testi MANTOVANI, BULGARELLI, CENTO, GIORDANO, ma anche persone estranee alla
manifestazione come il fotografo PELLECCHIA hanno spiegato che la prassi del gruppo di contatto
vantava già diversi precedenti dal carattere proficuo [4].
In diverse piazze sia in Italia sia all’estero la mediazione aveva funzionato per consentire ai
manifestanti di oltrepassare il limite anche solo di poco ma che fosse comunque sufficiente per
poter parlare di divieto infranto e di ristabilita libertà di manifestare.
Anche nel caso della Zona Rossa di Genova per violazione si doveva intendere un atto di tipo
formale o simbolico senza atti di violenza contro le persone.
I componenti del gruppo di contatto non avevano segni distintivi, bandiere o maglie particolari,
però la loro presenza era stata comunicata pubblicamente e poi contavano sul fatto di essere
conosciuti quali parlamentari e uomini politici dai funzionari DIGOS della propria città.
Fino ad allora di solito i cortei venivano accompagnati da personale di Polizia in borghese, oltre ad
essere scortati e preceduti da contingenti delle Forze dell’Ordine [5].
Nel caso del corteo delle Tute Bianche fu completamente assente la scorta ai lati e davanti al corteo
ad opera di contingenti delle Forze dell’Ordine, non mancò invece per un certo periodo il personale
in borghese della Digos che accompagnava il gruppo di contatto e in alcuni casi chiese ed ottenne
che il corteo rallentasse o si fermasse.
Di questo gruppo faceva parte il Dr. CIARAMBINO della Digos di Venezia.
Come si vedrà più avanti, poco tempo dopo l’ingresso del corteo in Via Tolemaide, ma ben prima
che questo arrivasse all’incrocio con Corso Torino il personale Digos si allontanerà senza darne
avviso ai componenti del gruppo di contatto.
7. Il mattino del 20 al momento di formare il corteo gli altoparlanti dello stadio Carlini, i megafoni
dei portavoce e gli organizzatori della manifestazione ripetevano continuamente che non potevano
essere portate armi o comunque strumenti atti ad offendere.
Alcuni testi (CENTO, FRATOJANNI, VALERA, MEZZADRA) hanno ricordato qualche giovane
munito di bastoni che cercava di entrare nel corteo, ma che il servizio d’ordine allontanava [6].
Nessuno vide armi proprie o improprie all’interno del corteo.
ML, regista autore di alcune delle riprese acquisite [7], ha dichiarato come molti partecipanti
indossavano protezioni personali artigianali, costruite cioè con gommapiuma, bottiglie di plastica,
molto cartone che definiva “un po’ pittoresche”.
Inoltre vi erano dei carrelli della spesa che contenevano bidoni d’acqua destinata a pulire chi si
fosse trovato esposto ai lacrimogeni.
Chi partecipava al corteo veniva esplicitamente e continuamente invitato a non portare corpi
contundenti ma solo protezioni personali per mitigare l’effetto di eventuali colpi.
Per il teste Lorenzo VALERA, inviato di RADIO POPOLARE, le Tute Bianche usavano da tempo
questo tipo di protezioni, si trattava di oggetti molto visibili, colorati che rappresentavano un
aspetto teatrale più che una reale protezione.
I componenti del gruppo organizzatore e singole persone attingevano da un magazzino comune la
gommapiuma ed il nastro adesivo, da alcuni megafoni venivano indicazioni molto precise su come
proteggersi.
La maggior parte dei manifestanti però non si dotava di protezioni personali.
Le indicazioni contro le armi offensive erano perentorie e ripetute con i megafoni, si trattava di
strumenti vietati e non tollerati in alcun modo.
In un paio di occasioni VALERA vide arrivare dalla strada che il corteo non aveva ancora percorso
ma dove era diretto alcune persone armate di bastoni, mazze, un badile e che si dirigevano verso il
corteo.
Il servizio d’ordine li aveva affrontati, fermati e imposto loro di lasciare gli oggetti contundenti se
volevano entrare nel corteo.
In un caso, circa a metà della discesa dallo stadio verso la stazione, si trattava di cinque persone
armate di bastoni che vennero loro presi e lanciati oltre la cancellata di una casa privata.
GAGGIOTTI vide allontanare una persona che teneva due sassi in mano e ha spiegato come
l’attenzione di tutti, soprattutto di quelli che occupavano le prime file, era che nessuno fosse armato.
Insomma si voleva evitare qualunque genere di provocazione e gli scudi collettivi avevano anche la
funzione di evitare reazioni individuali (DE CRISTOFARO).
8. Poiché il corteo era composto da diverse soggettività politiche al loro interno erano state
individuate sette persone con il compito di coordinare e tenere unite e quindi esercitare il massimo
controllo sullo svolgimento della manifestazione (FRATOJANNI).
La parte iniziale era formata dalla cosiddetta “testuggine”, una formazione protetta sulla parte
anteriore e sui fianchi da scudi di plexiglas, al cui interno trovavano spazio i giovani muniti dei
mezzi di protezione personali sopra descritti.
La testuggine comprendeva alcune centinaia di giovani e si stendeva per alcune decine di metri, il
loro numero aveva il senso di individuare immediatamente e simbolicamente la parte di corteo che
avrebbe praticato la disobbedienza civile e doveva bastare a reggere gli scudi: quelli anteriori erano
muniti di ruote e dovevano essere spinti.
Alcuni manifestanti erano muniti di guanti per poter prendere e buttare via i lacrimogeni lanciati
contro il corteo.
La partecipazione alla testuggine avveniva sostanzialmente su base volontaristica (FRATOJANNI)
e proprio la testuggine era destinata a subire e a reggere le prevedibili cariche delle Forze di Polizia
per difendere chi stava nelle file successive che non poteva definirsi né attivista né militante
(GAGGIOTTI).
Dietro la testuggine infatti prendeva corpo il resto del corteo, forte di oltre 10.000 persone (testi
MANTOVANI, ML, BULGARELLI), che si stendeva come un lunghissimo serpente per diverse
centinaia di metri.
All’interno del corteo vi erano alcuni veicoli: un camion munito di impianti di amplificazione, che
diffondeva musica ed informazioni e più tardi durante gli scontri avrebbe dato anche direttive ai
manifestanti e dei furgoni adibiti ad ambulanza, bianchi e con la croce rossa ben visibile.
Vi era anche un’ambulanza vera e propria, proveniente da La Spezia con alcuni infermieri volontari.
L’organizzazione prevedeva la presenza di circa ottanta sanitari, riconoscibili dall’apposita
pettorina, che prendevano posto ai lati della testa del corteo (i testi Dr. MC, EF con alcuni colleghi
stavano sulla parte destra, mente il teste Dr. DS con altri sanitari si trovava sulla parte sinistra) e
verso il fondo dello stesso (la teste Dr. MDL si trovava insieme all’ambulanza di La Spezia nella
parte finale del corteo insieme ad alcuni colleghi).
Faceva molto caldo.
9. Il corteo doveva formarsi all’uscita dallo stadio Carlini in Corso Europa e, nelle intenzioni dei
suoi organizzatori, doveva percorrere la città fino ad entrare nella Zona Rossa e terminare in Piazza
de Ferrari.
Si è già rilevato (capitolo VI paragrafo 5) come l’ordinanza emanata dal Questore di Genova in data
19 luglio 2001 vietasse lo svolgimento di questo corteo limitatamente a quella parte del percorso
preannunciato che giungeva a ridosso o addirittura all’interno della Zona Rossa.
Il corteo, è scritto testualmente nel provvedimento, doveva “necessariamente interrompersi allo
sbocco in Piazza Verdi”.
Esso era pertanto consentito, rectius non vietato, dallo stadio Carlini attraverso Corso Europa e
Corso Gastaldi fino a tutta la lunghezza di Via Tolemaide, quindi ben oltre l’incrocio tra questa e
Corso Torino.
Quel giorno il teste Dr. Angelo GAGGIANO, Primo Dirigente della Polizia di Stato [8], si trovava in
Piazza Verdi ed aveva il compito di attendere l’arrivo del corteo delle Tute Bianche ed impedire a
questo di violare la Zona Rossa, intenzione manifestata dagli organizzatori.
Per questo aveva avuto i contingenti di Polizia e Carabinieri più consistenti, inizialmente duecento
unità divenute in seguito quattrocento.
Egli era vestito in borghese con la fascia tricolore.
La situazione era stata esaminata durante alcune riunioni preparatorie e il teste era a conoscenza che
i manifestanti avrebbero utilizzato degli scudi di plexiglas ed un abbigliamento idoneo ad assorbire
gli effetti di eventuali contrasti con le Forze dell’Ordine.
Queste protezioni erano consentite fino a Piazza Verdi e non oltre.
10. Il corteo si era formato intorno alle ore 13.30 (DE CRISTOFARO) e lentamente si era mosso
verso ponente.
Durante la discesa i manifestanti apparivano tranquilli e festosi almeno fino al momento di notare
delle colonne di fumo verso Via Canevari e di incontrare un’auto già completamente bruciata in Via
Montevideo [9].
In questa fase iniziale le immagini consentono di individuare all’interno del corteo dei
Disobbedienti gli imputati FTO, DRF, TF, DAAF.
Il teste ZAMPESE all’udienza del 6 febbraio 2006 ha messo in evidenza le immagini contenute nel
primo DVD della Polizia Municipale [10] che ritraggono il concentramento dei manifestanti all’interno
dello stadio Carlini.
Quindi la telecamera del traffico GASTALDI [11] mostra alle ore 14.16.09 il corteo in Corso Gastaldi
all’altezza della Casa dello Studente [12], mentre tra le 14.20 e le 14.25 [13] lo stesso risulta giunto al
ponte di Terralba.
Si tratta all’evidenza di una manifestazione diversa da quella del Blocco Nero che ha percorso via
Tolemaide intorno alle 13.40/13.45, alle 13.56 scardina le saracinesche del Dì per Dì di Piazza
Giusti e che alle 14.14 si trova già in Via Canevari dove incendia delle auto [14].
La telecamera GASTALDI infatti mostra alle ore 14.19.20 il corteo delle Tute Bianche che procede
lungo Corso Gastaldi e in lontananza nella zona di Via Canevari, comunque già a monte della linea
ferroviaria, delle colonne di fumo determinate da alcuni incendi causati proprio dagli appartenenti al
Blocco Nero.
Le barriere di plexiglas che si vedono davanti al corteo delle Tute Bianche sono le medesime già
viste al Carlini (cfr. reperto 008V10 e teste ZAMPESE).
A ore 14.18.04 e 14.18.29 si può notare un camion che prende parte al corteo.
Il reperto fotografico 4114-12A [15] della Polizia Scientifica riprende la parte iniziale del percorso del
corteo in Corso Europa.
Si nota un soggetto con un giubbotto di salvataggio arancione, a viso scoperto, barba e baffi incolti,
megafono bianco con striscia verde, pantaloni beige con ginocchiere nere, scarpe da ginnastica,
maglietta T-shirt bianca a maniche corte con disegno nella parte anteriore bianco nero e con alcune
scritte rosse.
Si tratta di FTO che già il giorno precedente in occasione della manifestazione dei Migranti
indossava una maglietta di tal genere durante la manifestazione dei Migranti del giorno precedente
(cfr. reperto 164 189 frame 004 [16]).
Anche la foto reperto 65F Olympia 049 [17] è stata ritratta nella fase iniziale del corteo quando questo
si trova in Corso Europa poco a levante dell’incrocio con Via F. Mosso che conduce al Pronto
Soccorso ed ha da poco oltrepassato il cavalcavia di Viale Agostino.
In testa al corteo si vedono le barriere di plexiglas e diverse persone bardate con protezioni di
gommapiuma e bottiglie di plastica.
Questi indossano caschi da motociclista o da operaio, molti portano la maschera antigas.
Sulla sinistra sotto il cartellone si vede DRF che indossa un casco bianco con pallini neri, un
giubbotto di salvataggio arancione, una maschera antigas blu, una maglia blu a maniche lunghe e
bianche.
In altre immagini si vedrà che DRF indossa jeans chiari strappati sul davanti ed anche dietro e porta
scarpe da ginnastica nere con suola bianca e disegni gialli.
Per l’identificazione di DRF si veda il reperto 70H-OGGS8WMS [18] che mostra il giovane con il
casco bianco a pois neri, un guanto da motociclista blu e rosso, le scarpe da ginnastica tipo calcetto
nere con suola bianca e il particolare giallo, una cavigliera cioè un parastinchi tipo calcio sulla
gamba destra.
La foto reperto 65H Olympia 020 [19] mostra DRF di profilo con il casco, il giubbotto arancione, la
maschera antigas mentre si trova ancora al di sotto del cartellone.
La foto reperto 70H - OGGSB4US [20] ritrae il corteo già spostato in avanti all’altezza dell’incrocio
con Via A. Pastore che porta all’ingresso principale dell’ospedale di San Martino.
Sulla sinistra si vede DRF con il casco bianco a pallini neri non indossato, sta bevendo, indossa la
maschera antigas, una maglia blu con maniche bianche, scarpe nere con suole bianche e disegni
gialli, il parastinchi sulla gamba destra.
Il filmato reperto 164 190 B [21] ritrae ancora le fasi iniziali della discesa del corteo che a 00.03 si
vede aver oltrepassato l’incrocio con la strada che conduce al Monoblocco di San Martino.
Il secondo soggetto a sinistra con uno scudo in mano è stato identificato dalla P.G. in TF.
Questi porta uno zaino marca SEVEN giallo, rosso e blu al quale è appeso un casco grigio
metallizzato marca FM, indossa una maglia nera a maniche corte, pantaloni verdi con tasche laterali
e delle scarpe rosse con strisce laterali bianche.
La maglia nera, i pantaloni ed il casco verranno sequestrati a TF il 4/12/2002 in occasione
dell’esecuzione della misura cautelare personale a suo carico.
A 00.11 TF è il secondo da destra in basso di spalle, ha il casco grigio metallizzato legato allo
zaino, si trova nella parte anteriore del corteo perché si possono vedere le barriere di plexiglas.
Il luogo ritratto è Corso Europa tra Via Pastore e Via Benedetto XV, quindi prima che il corteo
raggiunga Corso Gastaldi.
A 00.12 si vede TF passare davanti alla telecamera, si notano il casco, la maglietta nera a maniche
corte e i particolari dello zaino.
I frame tratti da questo filmato mostrano in basso a destra TF con la maglia nera, il casco legato allo
zaino e la mano sul capo (001 e 002).
I frame 003, 004 e 008 consentono di apprezzare i particolari dello zaino.
Nelle immagini 006 – 0010 si vede l’imputato spostarsi e si apprezza lo scudo che tiene in mano.
Il filmato reperto 164 214 [22] mostra a 00.14 in primo piano all’altezza della striscia gialla DAAF con
un casco integrale nero non indossato, una maglia grigia munita di cerniera e contrassegnata da
disegni e da una cornice all’altezza degli avambracci, nonché da un disegno e da una scritta nella
parte posteriore.
Sotto la maglia grigia DAAF indossa una maglietta di colore rosa, porta dei jeans e delle scarpe da
ginnastica con i lacci rossi
Questo reperto è girato in Corso Europa tra gli incroci con Via F. Mosso e Via Pastore.
I frame del reperto 164 214 mostrano i particolari dell’imputato che ha un marsupio nero in vita (da
001 a 005).
In occasione dell’esecuzione della misura cautelare il 4/12/2002 a DAAF vennero sequestrati un
casco integrale nero, un marsupio nero con un disegno più chiaro, una maglietta rosa con il colletto
nero, una felpa grigia con cornice all’altezza delle spalle, un disegno nella parte anteriore ed una
scritta nella parte posteriore, indumenti corrispondenti a quelli ritratti nelle immagini dell’imputato
durante le manifestazioni di Genova.
Oltre a quanto sopra gli venne sequestrato un fumogeno esploso contrassegnato dalla scritta G8
Genova
I frame del reperto 192 02 TPO [23] mostra questo stesso imputato sotto la bandiera verde gialla e nera
(006): è il primo, tiene in mano il casco nero, porta la felpa con disegno, la maglietta rosa ed il
marsupio nero in vita.
In questa immagine l’imputato si trova all’altezza dell’incrocio con Via Corridoni e Via Barrili
quindi nella zona dove si trova posizionata la telecamera GASTALDI.
Nel frame 007 DAAF si trova all’altezza della scritta “std” sulla sinistra.
Il reperto 192 16 [24] ritrae sullo sfondo il fumo degli incendi di via Canevari causati dai manifestanti
del Blocco Nero.
A 00.04 si vede DRF con in mano un casco bianco a pois neri, porta un giubbotto di salvataggio
arancione e si trova vicino ad una persona con la maglia nera.
L’immagine è ripresa in Corso Gastaldi.
I frame di questo reperto 192 16 mostrano che DRF indossa dei jeans chiari, una maglietta blu con
maniche lunghe bianche, un giubbotto di salvataggio arancione, una maschera antigas blu.
Considerata la posizione del corteo dovrebbero essere circa le 14.37, quindi la data e l’ora impresse
sulla pellicola appaiono errate.
Rispondendo alle domande dei difensori, ZAMPESE ha riferito che nelle immagini esaminate
relative alla discesa del corteo non si vedono all’interno di questo persone munite di armi o di
strumenti atti ad offendere (udienza 2 marzo 2007).
11. I testi relativi alla discesa del corteo lungo Corso Europa e Corso Gastaldi.
Il film maker Enrico LUDOVICI riprese, per conto dell’Archivio Audiovisivo del Movimento
Operaio, il corteo delle Tute Bianche fin dal momento della sua formazione e della discesa.
Si era posizionato alla testa perché aveva visto delle colonne di fumo e cercava cose interessanti da
filmare.
Il corteo era molto tranquillo anche se la vista del fumo in fondo alla strada e poi di un’auto già
bruciata avevano creato della tensione.
Davanti al corteo c’erano molti operatori, fotografi ed altre persone, tra questi riconobbe Don
Vitaliano DELLA SALA.
In fondo a Via Tolemaide, ancora lontano, si vedeva uno schieramento di Polizia, fino ad allora non
aveva ancora visto Carabinieri.
Nella zona di Via Tolemaide si vedevano tracce di disordini avvenuti in precedenza e non più
attuali, altrimenti li avrebbe filmati.
Quando vi arrivò il corteo la situazione era molto tranquilla, non vi erano situazioni “strane”.
Ad un certo momento il corteo si fermò e il teste notò un cassonetto che bruciava.
LUDOVICI non si accorse della presenza di un contingente di Carabinieri fino a quando percepì le
esplosioni dovute al lancio dei lacrimogeni, fino a quel momento la situazione in cui si trovava
poteva definirsi come normale.
Massimo RUSSO faceva parte dei giovani del partito della Rifondazione Comunista e tra gli eventi
di quei giorni voleva documentare con una video camera anche il corteo del Carlini fin dall’inizio.
Questo avanzava molto lentamente ed era altrettanto pacifico, durante la sua discesa i manifestanti
non compirono alcun danneggiamento di quanto incontravano, non portavano armi di alcun genere.
Ad un certo momento il teste sopravanzò gli altri perché aveva notato le colonne di fumo e più
avanti trovò le tracce di pregressi danneggiamenti: vetrine rotte, un’auto incendiata, dei cassonetti
incendiati.
Anche Samuele PELLECCHIA documentò questa prima fase della discesa del corteo.
Le sue foto da 201 a 204 [25] ritraggono appunto il corteo, il gruppo di persone che stava davanti agli
scudi, tra i quali Luca CASARINI, Paolo CENTO e Don Vitaliano DELLA SALA e poi le auto
bruciate.
Al momento di scattare le foto di queste auto il corteo si trovava ancora molto indietro.
12. Come si è già rilevato il corteo venne accompagnato per un tratto da personale della Digos.
Il teste BULGARELLI ha ricordato che, giunti all’altezza di alcuni portici (gli unici portici che si
trovano lungo il percorso sono quelli di Corso Gastaldi), il Dr. CIARAMBINO ed altri funzionari e
agenti della Digos di Venezia avevano chiesto al gruppo di contatto, rivolgendosi a lui ed al collega
Beppe CACCIA, di far fermare il corteo perché più avanti c’era l’eco di problemi.
Il corteo si era così fermato vicino ad un’auto bruciata in precedenza ed i manifestanti negavano
ogni coinvolgimento in questo fatto.
Pierpaolo CENTO ebbe sentore delle precedenti violenze solo nel momento di arrivare all’altezza
dell’auto bruciata.
Peraltro, a parte quest’auto la situazione appariva tranquilla.
Solo più avanti, dopo l’inizio cioè degli scontri con i Carabinieri, ebbe notizia che anche in altre
parti della città si erano verificati degli scontri.
Durante la discesa, all’inizio di via Tolemaide il teste sentì un collega indicare degli agenti della
Digos di Bologna o del Veneto che peraltro non vide direttamente.
Poco dopo questi agenti si allontanarono e il gruppo di contatto perse questo riferimento diretto con
le Forze dell’Ordine.
A questo punto qualche componente del gruppo di contatto cercò senza riuscirvi di contattare la
Questura.
Il Dr. Vincenzo CIARAMBINO, funzionario della Digos di Venezia escusso all’udienza del 14
dicembre 2004, era arrivato allo stadio Carlini tra le 10.30 e le 11.
Insieme ad alcuni colleghi di Padova e di Venezia il teste formava un gruppo di osservazione che
seguiva i componenti dei centri sociali veneti, già conosciuti per motivi di servizio.
Il corteo era partito tra le 13 e le 14 con gli scudi collocati a mo’ di testuggine sul lato anteriore e
sui fianchi della testa.
Davanti al corteo ad una distanza di circa 50/100 metri vi era un gruppo di contatto composto da
personalità politiche e parlamentari italiani.
Il gruppo di osservazione della Digos era in basso rispetto al corteo, cioè lo precedeva.
La sala operativa chiese al teste di rivolgersi al gruppo di contatto per far rallentare la partenza e la
discesa del corteo, perché si voleva evitare che i manifestanti fossero coinvolti negli incidenti
verificatisi all’incrocio tra Via Gastaldi e Via Tolemaide
Il teste si rivolse allora ai politici veneziani che conosceva, cioè all’Onorevole Luana ZANELLA
dei VERDI, al Pro Sindaco di Mestre Gianfranco BETTIN ed all’Assessore Comunale di Venezia
Beppe CACCIA anch’egli dei VERDI.
Proprio a CACCIA CIARAMBINO parlò in due o tre occasioni, sempre chiedendogli di far
rallentare il corteo.
Ed infatti la manifestazione rallentò e fece anche alcune soste.
Il corteo scendeva lungo Corso Europa e poi Corso Gastaldi.
Ad un certo momento il teste si distanziò dal gruppo di contatto venendo più avanti e in prossimità
dell’incrocio con Via Tolemaide venne circondato da persone che si definivano appartenenti al
servizio d’ordine del corteo e che allontanarono lui e gli altri quattro uomini della Digos.
Si trattava di circa dieci persone dall’accento romano, facevano parte dei Disobbedienti, dissero
loro che non potevano stare lì perché erano della Polizia e li spinsero verso Via Tolemaide.
A monte, cioè di fronte al teste c’erano diverse decine di persone travisate con cappucci e
passamontagna, sembravano quindi dei Black Block, che si stavano scontrando con le Forze
dell’Ordine.
Si trattava delle persone che si scontravano con le Forze dell’Ordine fin dall’inizio.
Gli scontri erano situati abbondantemente davanti al gruppo di contatto e il teste, fatto qualche
centinaio di metri, tornò indietro chiedendo di poter risalire il corteo per aggirare gli scontri ma
questo gli venne impedito.
Pertanto il gruppo della Digos dovette attraversare alcune decine di persone, correre e raggiungere il
dispositivo di Polizia che stava prima della stazione di Brignole, qui si trattenne per tutto il
pomeriggio.
Durante la discesa e prima che il corteo arrivasse in prossimità di Via Tolemaide CIARAMBINO
non aveva visione diretta degli scontri, poteva forse vedere delle nuvole di fumo in lontananza e ne
ebbe notizia solo dalla Sala Operativa via telefono.
Quando il teste ed i suoi colleghi dovettero abbandonare il corteo, incontrarono le persone travisate
all’incrocio tra Corso Gastaldi e Via Tolemaide, o forse (una volta verificato sulla mappa cittadina
che Via Tolemaide è la prosecuzione diritta di Corso Gastaldi) all’incrocio tra Via Tolemaide e
Corso Torino.
Queste persone stazionavano nell’incrocio in atteggiamento pronto per affrontare le Forze
dell’Ordine: erano travisate, avevano mazze, bastoni, pietre, il teste aveva attraversato questo
gruppo correndo.
A domanda specifica CIARAMBINO ricordava la presenza di un’auto incendiata in prossimità
della biforcazione di due strade.
In questo stesso punto lui e gli altri erano stati espulsi dal corteo, la strada davanti a lui era in
discesa.
Angelo GAGGIANO ha ricordato che vi erano funzionari ed Agenti DIGOS che tenevano i contatti
con gli organizzatori del corteo e davano informazioni sui movimenti e le attività di questo.
Questi colleghi avevano riferito che nell’ambito del corteo vi era un camioncino che distribuiva assi
di legno e strumenti analoghi e che alcuni manifestanti rompevano le ringhiere delle aiuole e le
inferriate dei palazzi per farne delle spranghe.
Una volta giunti in Via Tolemaide i contatti erano divenuti più difficili perché i funzionari e gli
Agenti che stavano vicino al corteo vennero colpiti e costretti a scappare.
D’ora in poi il corteo aveva rifiutato ogni contatto.
GAGGIANO non era però in grado di indicare nominativamente i colleghi che gli avevano riferito
quanto sopra.
Aggiungeva di avere dato disposizione che se il furgone fosse arrivato in Piazza Verdi doveva
essere fermato da un VTC della Polizia, però non ricordava il nome dell’autista del VTC, né aveva
visto personalmente la distribuzione di bastoni dal furgone.
Durante il contro esame della difesa GAGGIANO riconosceva che nelle relazioni di servizio redatte
da lui per i superiori e per il Comitato Parlamentare d’Indagine non aveva fatto alcuna menzione del
furgone che avrebbe distribuito bastoni all’interno del corteo delle Tute Bianche, omissione che egli
ha giustificato spiegando che nelle relazioni vengono citati solo gli episodi più importanti.
Luca CASARINI ha ricordato di aver visto al momento della partenza del corteo un funzionario
Digos, di Venezia o forse di Padova, non lo vide più in seguito né ebbe notizia che alcuno avesse
scacciato lui ed i suoi colleghi dal corteo.
Giuseppe CACCIA, teste escusso all’udienza del 4 maggio 2007, era all’epoca Assessore alle
Politiche Sociali del Comune di Venezia, nonché Consigliere Federale dei VERDI, partito aderente
al GSF.
A Venezia c’era una forte mobilitazione per le manifestazioni di Genova e CACCIA partecipò al
corteo del Carlini come componente del Gruppo di Contatto.
La mediazione svolta da figure istituzionali ed esponenti della società civile tra manifestanti e Forze
dell’Ordine era ormai una prassi consolidata e proficua che in precedenza aveva funzionato
stemperando le tensioni e risolvendo momenti di attrito.
Il riferimento personale del teste erano i funzionari della Questura di Venezia che si trovavano in
servizio a Genova per il G8, tra questi il Dr. CIARAMBINO della Digos veneziana.
Lo aveva incontrato già durante la manifestazione dei Migranti del giovedì ed al termine di questa i
due si erano dati appuntamento per il giorno seguente al Carlini.
Il 20 CACCIA e il Consigliere Regionale dei VERDI Gianfranco BETTIN raggiunsero il Carlini
qualche ora prima che si formasse il corteo.
In quei giorni giravano voci diverse e poco controllabili su ciò che avrebbe potuto accadere, il teste
era deciso a tenersi in contatto da un lato con i Funzionari che, come CIARAMBINO,
rappresentavano le Forze dell’Ordine e dall’altro con Luca CASARINI portavoce delle Tute
Bianche e anch’egli di Venezia.
Nessuno né allo stadio né durante la discesa del corteo manifestava atteggiamenti aggressivi contro
la Polizia.
Durante la discesa il gruppo di contatto si trovava davanti al corteo ed era particolarmente affollato
data la presenza anche di decine e decine di fotoreporter, cineoperatori e giornalisti.
CIARAMBINO ed altri agenti della Digos stavano vicino al gruppo di contatto.
Ad un tratto vicino ad un bivio incontrarono la carcassa di un’auto bruciata, già consumata,
contemporaneamente si vedeva una colonna di fumo alzarsi dalla zona di Marassi.
Il teste allora si preoccupò e si rivolse a CIARAMBINO chiedendogli se avesse notizia di quanto
stava accadendo, la preoccupazione era diffusa nel corteo.
CIARAMBINO si allontanò un momento per telefonare, quindi tornò a dire che c’erano dei
problemi e che il corteo doveva rallentare
Il gruppo di contatto fece fermare il corteo, il relativo messaggio venne diffuso tramite i megafoni
ed il camion.
A corteo fermo un manifestate di un Centro Sociale di Milano tenne una conferenza stampa con il
megafono, mostrando loro l’auto bruciata e sottolineando che il corteo era estraneo a questo
danneggiamento.
Il corteo rimase fermo per alcuni minuti e poi riprese a scendere lungo via Tolemaide verso
Brignole.
La testuggine raggiunse il primo tunnel della ferrovia (si tratta dell’incrocio con Corso Torino) e
davanti al corteo oltre al gruppo di contatto non c’era uno schieramento di Polizia come invece
accade abitualmente.
La strada verso Brignole era libera, al di là della presenza di curiosi e fotografi.
Improvvisamente nell’incrocio iniziarono ad arrivare i lacrimogeni.
CACCIA aveva perso di vista CIARAMBINO circa 10 minuti prima dell’inizio della carica dei
Carabinieri.
Anche CIARAMBINO era a conoscenza del percorso autorizzato e del luogo dove la
manifestazione doveva fermarsi, piazza delle Americhe.
Con lui i temi di discussione riguardavano la preoccupazione che gruppi incontrollati non
appartenenti ai manifestanti potessero creare episodi di violenza o danneggiamento al di fuori del
controllo dell’organizzazione dei manifestanti.
Inoltre il funzionario Digos continuava a domandare se le Tute Bianche non volessero proseguire
oltre Brignole per tentare di forzare via XX Settembre.
Appariva chiaro che CIARAMBINO intendesse come percorso autorizzato la strada fino a Brignole
e che eventuali tensioni avrebbero potuto esserci se la manifestazione avesse inteso proseguire oltre
questo punto.
All’incrocio con via Montevideo su richiesta di CIARAMBINO il corteo venne fermato per qualche
minuto, nessuno disse loro che si stavano infilando in un disastro.
Richiesto di confermare o meno le dichiarazioni di CIARAMBINO circa il suo allontanamento
forzato dal corteo ad opera di alcuni manifestanti, CACCIA ha escluso che ciò sia accaduto.
L’atteggiamento dei manifestanti nei confronti del personale di Polizia in borghese era
assolutamente tranquillo e anche dopo che CIARAMBINO aveva chiesto di fermare il corteo lui ed
il teste fecero un tratto di strada assieme.
Quindi CACCIA perse di vista CIARAMBINO, ciò accadde circa cinque o dieci minuti prima della
carica dei Carabinieri, mentre il corteo si trovava a metà strada tra l’auto bruciata e l’incrocio tra
Via Tolemaide e Corso Torino.
Richiesto di un ulteriore chiarimento su quanto appena affermato, CACCIA spiegava di essere
sempre rimasto a distanza visiva da CIARAMBINO, con il quale scambiava delle battute.
Gli agenti della Digos si trovavano dentro al gruppo di contatto.
Fino a che CIARAMBINO rimase a fianco del teste o nel suo campo visivo, CACCIA non vide
nessuno avvicinarsi in maniera aggressiva al Poliziotto ed invitarlo ad allontanarsi.
Ad un tratto CIARAMBINO allungò il passo allontanandosi in avanti, sparì senza salutare assieme
ai suoi colleghi.
CACCIA ha dichiarato di aver visto il momento esatto in cui CIARAMBINO allungò il passo ed ha
escluso che qualcuno lo abbia avvicinato ed invitato ad abbandonare il corteo.
CACCIA , il gruppo di contatto, ma anche CIARAMBINO ed i suoi si trovavano davanti al corteo
non all’interno della testuggine, quindi per avvicinarsi al funzionario Digos e mandarlo via i
manifestanti avrebbero dovuto uscire dalla testuggine, lasciare il corteo e raggiungere il gruppo di
contatto.
Qui però erano presenti anche dei fotografi e la cosa sarebbe stata certamente notata.
Mentre si allontanava CIARAMBINO non disse che qualcuno gli impediva di svolgere il proprio
lavoro.
Poiché CIARAMBINO non lo aveva salutato, CACCIA pensò che si stesse spostando per ragioni
operative e immaginava di rivederlo di lì a poco, in quel momento il suo allontanamento non gli
sembrò strano.
I due si erano scambiati il numero di cellulare ma in seguito non vi fu più alcun contatto tra di loro.
13. Come si vede facilmente, le dichiarazioni dei testi CIARAMBINO e CACCIA sono tra di loro
diametralmente opposte in merito alla circostanza se i funzionari e gli agenti della Digos abbiano
subito o meno un allontanamento forzato dal corteo e quindi dalle funzioni che stavano svolgendo.
Le dichiarazioni di CIARAMBINO contengono peraltro ulteriori particolari concernenti la presenza
di scontri in atto ad un incrocio tra decine e decine di persone travisate e le Forze dell’Ordine, la
necessità di attraversare questo gruppo di facinorosi mentre si allontanava dal corteo, la richiesta ai
componenti del corteo di consentire agli Agenti Digos di tornare indietro per aggirare questi scontri,
la risposta negativa avuta, quindi la necessità di attraversare di corsa il gruppo di facinorosi per
raggiungere le Forze di Polizia site in direzione Brignole.
In un altro punto della propria deposizione CIARAMBINO riferisce che le persone travisate ed
armate stazionavano nell’incrocio in atteggiamento pronto per affrontare le Forze dell’Ordine, si
stavano preparando e quindi sembra di dover concludere che non vi fossero scontri in atto come
detto poco prima.
Il luogo in cui avvenne l’allontanamento forzato viene collocato da CIARAMBINO nei pressi della
biforcazione stradale dove si vedeva l’auto bruciata (quindi l’incrocio tra Corso Gastaldi e Via
Montevideo), mentre CACCIA sostiene di averlo visto presente ancora a metà strada tra l’auto
bruciata e l’incrocio tra Via Tolemaide e Corso Torino (quindi in un punto che si trova già in Via
Tolemaide).
Un elemento di riscontro è costituito dalla deposizione di ML, regista escusso come teste
all’udienza del 20 marzo 2007, il quale ha anche girato delle immagini di questa fase [26].
Durante la discesa del corteo il teste riprese in lontananza una colonna di fumo che, unitamente alla
presenza dell’auto bruciata, costituì il primo segnale di come intorno al corteo vi fosse una
situazione diversa da quella del corteo stesso.
Questo fece mutare l’atmosfera del corteo che fino ad allora era molto rilassata, giocosa con
atteggiamenti un po’ carnevaleschi, tutt’altro che aggressivi.
Da questo momento cominciò a salire la tensione.
Il teste ha ricordato che circa 30/40 metri prima dello slargo del tunnel, cioè dell’incrocio tra Via
Tolemaide e Corso Torino vide un gruppo di persone che, per come erano vestiti, avevano qualcosa
di diverso dal resto del corteo e ipotizzò che fossero Agenti in borghese.
Questi avevano seguito il corteo stando dentro ad esso e il teste decise di intervistarli perché gli
sembrava il modo più tranquillo per entrare in contatto con loro e di fatto smascherarli.
Alle sue domande queste persone si sentirono smascherate e si allontanarono molto tranquillamente,
uno di questi stava telefonando, mentre un secondo parlò con il teste che ne notò l’accento veneto.
ML non vide nessun appartenente alla manifestazione che infastidisse queste persone.
Essi arrivarono allo slargo di Corso Torino, davanti al tunnel, mentre il corteo si trovava ancora
all’altezza del benzinaio di via Tolemaide.
Davanti alla testa del corteo c’era un assembramento di giornalisti con telecamere e macchine
fotografiche e di portavoce parlamentari che si guardavano intorno, qualcuno parlava al megafono.
Il teste non vide mai persone armate, neppure in questa occasione.
Il filmato di ML riprende Via Tolemaide ed un gruppo di persone che cammina in direzione
ponente, si tratta di persone vestite in borghese che non stanno correndo, uno di essi sta
comunicando con il proprio cellulare, il cameraman li avvicina e scambia con loro alcune parole
chiedendo cosa pensino del G8, ricevendo da uno di loro la risposta “potrebbero non farlo”, prima
che un secondo uomo allontani quello che ha risposto.
Il teste CACCIA in queste immagini ha riconosciuto CIARAMBINO con il giubbino tecnico,
brizzolato e con il telefonino all’orecchio, nonché gli altri agenti o funzionari di Polizia di Venezia,
uno dei qual è Gianluca PRESTIGIACOMO.
Il luogo delle immagini è stato riconosciuto come via Tolemaide perché si vede la massicciata
ferroviaria, a distanza si sentono le voci dell’amplificatore, quindi si è lontani dal cuore del corteo.
Gli elementi raccolti non confermano l’allontanamento forzato dal corteo dei componenti del
gruppo di osservazione della Digos di Venezia.
In senso opposto a quanto affermato da CIARAMBINO depongono i testi CACCIA, CASARINI e
ML e rilevano anche le immagini di cui sopra, in cui il gruppo di agenti non procede di corsa né
appare particolarmente preoccupato, dato che nei loro confronti si assiste persino ad un tentativo di
intervista.
Le dichiarazioni di CIARAMBINO appaiono anche contraddittorie nel punto in cui egli dapprima
afferma come davanti a loro fossero in atto scontri tra decine e decine di persone travisate e le Forze
dell’Ordine e poi riferisce che le persone travisate ed armate stazionavano nell’incrocio in
atteggiamento pronto per affrontare le Forze dell’Ordine, si stavano cioè preparando allo scontro.
Ma ancora di più non convince la ricostruzione operata dal CIARAMBINO se si considera che egli
spiega come queste persone travisate sembrassero dei Black Block e che si trattava delle persone
che si scontravano con le Forze dell’Ordine fin dall’inizio.
La Consulenza Tecnica prodotta dalla difesa FA [27], la cui ricostruzione cronologica non è stata
contestata dalle altre parti, colloca alle ore 14.40.24 le immagini che ritraggono CIARAMBINO ed
i suoi colleghi mentre percorrono Via Tolemaide e vengono intervistati da ML.
Altri reperti [28] collocano a quest’ora i manifestanti del Blocco Nero già all’altezza della scalinata
MONTALDO.
In questo momento nessun’altra fonte di prova riferisce di scontri in atto all’incrocio tra Corso
Torino e Via Tolemaide.
Considerazioni analoghe devono essere compiute in ordine alle dichiarazioni del teste GAGGIANO
riportate al paragrafo precedente.
Egli non vide direttamente né la distribuzione di assi di legno dal camioncino, né manifestanti del
corteo che rompevano aiuole ed inferriate per farne delle spranghe, ma venne informato di ciò ad
opera di persone che non ha saputo indicare.
Viene quindi a mancare una fonte diretta ed attendibile di tale notizia, semplicemente riferita ma
non verificata dal GAGGIANO.
Inoltre egli non ha menzionato nelle proprie relazioni la distribuzione di bastoni, cioè di armi
improprie, all’interno di un corteo asseritamente pacifico.
Anche questa omissione indebolisce l’attendibilità di questa parte della deposizione, dato che il
fatto in sé appare di non poca rilevanza, tanto che GAGGIANO ha sostenuto di aver impartito
specifiche disposizioni nel caso il veicolo fosse arrivato in Piazza Verdi.
Non sono state acquisite altre fonti di prova relative alla distribuzione di bastoni dal furgone
all’interno del corteo.
Per quanto riguarda poi l’allontanamento del personale DIGOS, GAGGIANO ha menzionato un
fatto neppure riferito dai diretti interessati, cioè che questi vennero colpiti prima di essere costretti a
scappare.
Anche questo dato appare pertanto oggetto di una testimonianza de relato, mancante però del diretto
e riscontrabile supporto probatorio.
La zona interessata da questa ricostruzione è quella interessante il corteo delle Tute Bianche, quindi via Tolemaide,
Corso Gastaldi, le zone limitrofe a queste come via d’Invrea, Piazza Alimonda, parte di Corso Buenos Aires, Viale
Brigate Partigiane, Piazza delle Americhe e Piazza Giusti.
L’elaborato prodotto è diviso in quattro quadrati e le immagini scelte intendono fornire una ricostruzione completa della
scena da più punti di vista.
Nel montaggio sono state inserite anche alcune comunicazioni radio intercorse con la Sala Operativa della Questura.
Le immagini dei diversi video e le comunicazioni radio sono state sincronizzate su quello della telecamera del traffico
SAVONAROLA.
14. Il teste Massimiliano FRANCESCHINI, escusso all’udienza del 24 aprile 2007 era un altro film
maker venuto a Genova per documentare gli eventi di quei giorni e che si occupò del corteo del
Carlini.
Egli ha ricordato come i manifestanti uscirono in maniera ordinata dallo stadio, riempirono la strada
e si incamminarono verso il centro, alcuni portavano protezioni di gommapiuma, altri scudi di
plexiglas, alcuni avevano messo dei palloncini attorno al corpo, altri infine erano vestiti
normalmente.
Il teste si mise inizialmente davanti alla testa del corteo per filmarne la discesa, poi verso il centro
notò degli elicotteri e delle colonne di fumo, lasciò pertanto i manifestanti e andò avanti per vedere
cosa stava accadendo.
Lungo le strade non ancora percorse dal corteo il teste vide alcune devastazioni, filmò auto bruciate,
negozi distrutti, intervistò delle persone.
Precedeva il corteo di almeno 500 metri e percorse la strada che costeggia la ferrovia, Corso
Gastaldi fino ad arrivare ad uno spiazzo nella zona di via Montevideo, via Crimea, via Dassori, si
inoltrò quindi nelle vie laterali dove riprese le auto ed i negozi danneggiati, si fermò in questa zona
per un certo tempo.
Qui non vi erano Forze di Polizia, vi erano dei cassonetti rovesciati e bruciati, ma non messi a
costituire barricate.
Poi ritornò a vedere a che punto fosse il corteo e vide che si era fermato in Corso Gastaldi.
Il teste a quel punto avanzò fino a via Tolemaide.
Il teste produsse un film che è stato acquisito [29] e che ha riconosciuto e commentato in udienza.
A 00.19 la ripresa riguarda una strada prima che vi arrivi il corteo, in quel momento questo si
trovava ancora alcune centinaia di metri più indietro, fermo in uno slargo di Corso Gastaldi.
Quella nelle immagini è via Casaregis, ripresa con le spalle al mare e la fronte verso via Tolemaide
(a 01.24).
Qui si vedono i cassonetti messi sulla sede stradale [30].
Quindi il film riprende Corso Torino, il teste ha riferito di esservi arrivato percorrendo delle vie
interne e che al momento di questa ripresa si trovava parecchio avanti rispetto al corteo.
In Corso Torino all’incirca all’altezza dell’incrocio con Corso Buenos Aires, quindi verso mare il
teste vide uno schieramento di Polizia, questi Agenti erano fermi.
FRANCESCHINI voleva percorrere Corso Torino dirigendosi verso questo schieramento, ma gli
venne detto che non si poteva passare.
Tornò allora indietro lungo Corso Torino camminando verso monte ed il tunnel sotto la ferrovia e
rimanendo sul marciapiede di sinistra.
Il corteo non era ancora arrivato.
All’incrocio con Via Tolemaide si cominciava a creare un assembramento di giornalisti, fotografi,
operatori, il teste le riconobbe come le persone che precedevano il corteo.
Una volta giunto all’altezza di Via D’Invrea il teste notò un Carabiniere che correva dall’incrocio
verso via D’Invrea dicendo “stanno arrivando”.
Girandosi alla propria sinistra FRANCESCHINI vide in via D’Invrea un grosso quantitativo di
Carabinieri con i mezzi blindati, ipotizzò che fossero in attesa e proseguì verso il semaforo posto
all’incrocio tra Corso Torino e Via Tolemaide.
Qui giunto si fermò, stando sul lato sinistro di Corso Torino se si tengono le spalle al mare.
In altri termini si trovava sul lato opposto rispetto all’arrivo della manifestazione, vedeva via
Tolemaide ed il corteo che si avvicinava, così come aveva sentito dire al Carabiniere che correva.
La situazione era tranquilla, tutte le persone presenti in quello spazio erano operatori che
aspettavano il corteo, si trattava di un bel numero di persone ma non vi erano manifestanti
In quel momento il teste non stava riprendendo nulla in particolare perché non succedeva granché,
cercava un’inquadratura interessante finché vide da un lato partire dei lacrimogeni.
Il teste non poteva vedere il punto da cui venivano lanciati che era coperto alla sua vista da un
palazzo.
I lacrimogeni erano diretti verso l’incrocio tra Corso Torino e Via Tolemaide.
Tutte le persone che si trovavano sul lato della strada bersaglio dei lanci si spostarono in fretta verso
ponente per essere coperti dal palazzo (a 01.58).
Nel filmato si sentono gli spari dei lacrimogeni.
Il teste precisava che la scena prima descritta del Carabiniere che corre verso i colleghi gridando
“stanno arrivando” è anteriore a questo momento e avviene quando il teste stava ancora percorrendo
Corso Torino in direzione del tunnel della ferrovia.
15. Come si è già avuto modo di rilevare (cfr. capitolo VII 1 paragrafi 28 e ss.) a partire dalle ore
13.43 i manifestanti del Blocco Nero oltrepassavano il sottopasso ferroviario giungendo in Corso
Sardegna e Via Archimede dove arrecavano diversi danni per portarsi quindi in Piazza Giusti dove
tra le 13.56 e le 14.04 davano l’assalto al Dì per Dì.
Gli stessi provenivano dalla zona posta a mare della ferrovia, in particolare erano transitati in Piazza
Tommaseo, dove avevano avuto un contatto diretto con le Forze di Polizia dirette dal Dr. LAPI.
In Piazza Tommaseo era convenuto anche il contingente costituito dalla Compagnia Alfa del
Battaglione Lombardia dei Carabinieri, forte di duecento uomini comandati dal Capitano Antonio
BRUNO e posti alle dipendenze del Dirigente di P.S. Dr. Mario MONDELLI, che aveva la sigla
radio Gamma 11.
Proprio MONDELLI alle ore 13.38.00 [31] e poi alle 13.53.23 [32] aveva avuto modo di comunicare alla
Sala Operativa di avere un guasto alla radio: questa poteva solo ricevere, mentre per trasmettere il
teste doveva usare il proprio cellulare.
Aggiungeva di trovarsi con il contingente in Piazza Tommaseo dove, spiegava nella seconda
comunicazione, la situazione era ormai tranquilla chiedendo così se doveva spostarsi verso mare
lungo Corso Torino.
La prima indicazione della Sala Operativa inviava MONDELLI alla galleria di Piazza Palermo dove
“si stanno riorganizzando”.
Alle ore 13.55.23 [33] la S.O. chiamava Gamma 3, cioè il Dr. GAGGIANO attestato con un
contingente in Piazza delle Americhe, invitandolo ad intervenire urgentemente in Via Archimede
dove delle persone stavano incendiando il distributore.
L’invito veniva ripetuto a GAGGIANO alle 13.56.33 [34] e questa volta il funzionario rispondeva di
non potersi muovere “perché c’è la massa del corteo, non posso spostare nessuno, non posso
spostare nessuno in questo momento da qui perché c’è la massa dei manifestanti proprio lì” [35].
Poco dopo, alle ore 14.10.10 [36] MONDELLI comunicava alla S.O. di trovarsi con il contingente di
duecento Carabinieri all’incrocio tra Corso Torino e Via Barabino chiedendo istruzioni.
Dalla Sala Operativa il collega ZAZZARO lo faceva spostare verso la Questura e Viale Brigate
Partigiane, dove sarebbe stato inquadrato dalle telecamere a disposizione della Polizia.
Con un’ulteriore comunicazione delle ore 14.20.53 [37] MONDELLI ribadiva i problemi con la
propria radio, che poteva ricevere ma non trasmettere e che nonostante le sue richieste non era stata
ancora sostituita, aggiungeva di non avere guide genovesi che conoscessero le strade e di trovarsi a
disposizione sotto la Questura.
La Sala Operativa gli rispondeva di rimanere a disposizione dove si trovava.
Alle 14.29.41 la Sala Operativa ordinava a MONDELLI di portarsi velocemente in Piazza Giusti [38]:
“COT: MONDELLI, MONDELLI dal centro operativo vuoi rispondere? G11: avanti da G11 è in
ascolto. COT Mario una cortesia devi andare, veloce però, in Piazza Giusti, in Piazza Giusti c’è un
gruppo di un migliaio di anarchici che stanno fasciando tutto, ci puoi arrivare andando dritto per
Corso … dove ti trovi tu adesso, finché non arrivi all’incrocio con corso Torino, giri a sinistra e vai
dritto. Però devi fare subito perché sta scendendo da Corso Gastaldi un altro corteo” ricevendo
risposta affermativa.
Il riferimento al corteo di Corso Gastaldi è all’evidenza fatto al corteo delle Tute Bianche, l’unica
manifestazione che aveva quella provenienza.
Alle 14.31.36 [39] il Dr. SALVO, Gamma 189, comunicava alla S.O. l’arrivo di numerosi manifestanti
nella zona del carcere di Marassi e alle ore 14.40.21 [40] la S.O. invitava MONDELLI a proseguire per
Marassi, ripetendo l’ordine alle ore 14.44.09 [41].
16. Come si è visto MONDELLI, in codice Gamma 11, aveva a propria disposizione la Compagnia
Alfa, definita tecnicamente CCIR (Contingente di Contenimento ed Intervento Risolutivo) del 3°
Battaglione Carabinieri Lombardia comandata dal Capitano Antonio BRUNO e forte di quattro
plotoni per un totale di circa duecento Carabinieri.
BRUNO ha spiegato che si trattava di un reparto di tipo tradizionale che in occasione del G8 era
stato equipaggiato in modo particolare con il nuovo manganello TONFA, lo scudo, la tuta ignifuga,
i nuovi lacrimogeni al CS ed i relativi lanciatori, le dotazioni antincendio.
In occasione del G8 di Genova per la prima volta i Carabinieri erano dotati anche di un manganello.
Si trattava del TONFA definito arma di difesa, un bastone cioè usato a scopi difensivi in alcune arti
marziali.
I militari ricevettero apposite istruzioni sull’uso difensivo e non letale di tale strumento.
La dotazione d’ordinanza dei Carabinieri prevedeva un solo tipo di manganello, appunto il
TONFA.
Cinque Battaglioni Mobili dell’Arma dei Carabinieri erano dotati di CCIR e ciascuno di questi
aveva ricevuto uno specifico addestramento di una settimana preso la Scuola Sottufficiali di
Velletri, destinato a far familiarizzare i militari con le nuove dotazioni e a far amalgamare il
personale in sostanza insegnando loro a muoversi tutti insieme.
BRUNO non era effettivo al Battaglione Lombardia, vi era stato assegnato solo per il servizio al G8
ed aveva preso parte quale ufficiale istruttore già all’addestramento della Compagnia Alfa a
Velletri.
Il responsabile del CCIR effettivo al Battaglione Lombardia era invece il Tenente Paolo FAEDDA
che era in forza al Lombardia dal 1999 e normalmente svolgeva le funzioni di Capitano di
Compagnia e di responsabile del CCIR (il suo segno distintivo era quindi composto da due stelle e
da una terza stella “funzionale” cioè brunita, mentre BRUNO quale Capitano portava tre stelle
uguali).
In occasione del servizio al G8 FAEDDA si trovava in sottordine a BRUNO e svolgeva funzioni di
tipo logistico.
17. Al momento di ricevere l’ordine di recarsi in Piazza Giusti (ore 14.29.41) il contingente diretto
da MONDELLI si trovava vicino alla Questura, quindi si mosse su alcuni veicoli blindati in
dotazione all’Arma dei Carabinieri e, secondo il racconto dei testi percorse Viale Brigate Partigiane
fino allo STAR HOTEL dove svoltò a destra in via Tommaso D’Invrea che discese verso levante
fino all’incrocio con Corso Torino.
Poco prima dell’incrocio la colonna di veicoli militari si arrestò e il contingente ne discese
schierandosi in formazione compatta proprio all’angolo tra Via D’Invrea e Corso Torino.
Qui BRUNO diede l’ordine di lanciare dei lacrimogeni in mezzo allo slargo di Corso Torino, cioè
in direzione obliqua verso monte e levante dove si trovavano numerose persone.
Dopo il lancio il contingente avanzò a passo di corsa con il Capitano in testa, raggiunse l’incrocio
con Via Tolemaide e si divise per qualche momento: una parte di militari si portò subito verso
sinistra, cioè verso ponente e la stazione Brignole per disperdere alcune persone, mentre la parte
maggiore si portò verso destra, cioè verso l’ospedale di San Martino attestandosi sull’angolo di
levante tra Corso Torino e Via Tolemaide e trovandosi così davanti alla testa del corteo delle Tute
Bianche che si era fermato poco prima di raggiungere l’incrocio.
Il contingente dei Carabinieri posto sul lato di levante venne subito raggiunto dai colleghi che in un
primo momento si erano diretti verso Brignole e, dopo circa un minuto e mezzo di fronteggiamento
iniziò la carica contro il corteo.
18. A questo punto sembra necessario fornire una breve descrizione dei luoghi interessati da questa
parte dei fatti.
Corso Torino è un lungo e rettilineo viale alberato che percorre quella zona della città in
senso longitudinale da mare verso monte.
Alla sua partenza dal lato mare Corso Torino si pone come prosecuzione di Via Rimassa che a sua
volta giunge fino al lungomare di Corso Marconi.
Verso monte Corso Torino incrocia Via Tolemaide e termina immediatamente a monte di questo
incrocio in un tunnel che passa sotto la ferrovia.
A monte del tunnel seguendo la direzione mare-monte la strada prosegue rettilinea con il nome di
Corso Sardegna.
Via Tolemaide a sua volta percorre quella zona con direzione da levante verso ponente.
Essa costituisce la prosecuzione rettilinea di Corso Gastaldi che proviene da levante, cioè dalla zona
dell’ospedale di San Martino e dello stadio Carlini.
Verso ponente Via Tolemaide prosegue oltre l’incrocio con Corso Torino e termina in Piazza delle
Americhe, sul cui angolo si erge lo STAR HOTEL, immediatamente oltre questa vi è Piazza Verdi
con la stazione ferroviaria di Genova Brignole.
Via Tolemaide corre parallela alla ferrovia e sul lato mare di essa.
Tanto Corso Gastaldi quanto Via Tolemaide sono poste in leggera discesa guardando nella
direzione da levante verso ponente.
La ferrovia invece ha una quota pressoché costante con il risultato che nel tratto di Corso Gastaldi si
situa ad altezza inferiore rispetto alla strada carrabile (da qui l’esistenza del ponte di Terralba che
passa sopra la ferrovia e congiunge Corso Gastaldi con la sottostante Piazza Terralba e il quartiere
di San Fruttuoso), mentre nel tratto parallelo a Via Tolemaide la ferrovia occupa una posizione
progressivamente sempre più elevata rispetto alla strada.
La massicciata ferroviaria è sorretta da un muro continuo lungo tutta via Tolemaide, muro nel quale
si aprono tre sottopassaggi carrabili che visti da levante sono: quello che congiunge Corso Torino a
Corso Sardegna, quello di Largo Archimede e quello che congiunge Piazza delle Americhe a Via
Canevari.
Via Tommaso D’Invrea è una parallela di Via Tolemaide, si situa più a mare di questa,
inizia a ponente in Piazza della Americhe e termina a levante in Piazza Alimonda dopo aver
incrociato successivamente Largo Archimede, Corso Torino e Via Casaregis.
La zona dell’incrocio tra Corso Torino e Via Tolemaide, sita immediatamente a mare del
sottopasso ferroviario, è caratterizzata da un allargamento della carreggiata di Corso Torino,
allargamento che termina all’altezza dell’incrocio tra Corso Torino e Via D’Invrea.
Dall’incrocio tra Via D’Invrea e Corso Torino a Piazza Alimonda vi è una distanza di
qualche centinaio di metri.
Per completezza di esposizione si deve aggiungere che Corso Sardegna attraversa Piazza Giusti
poco a monte del sottopasso ferroviario, quindi prosegue verso monte fino ad incrociare sulla
sinistra Corso De Stefanis percorrendo il quale si giunge nella zona dello stadio e del carcere di
Marassi.
Piazza delle Americhe si situa invece a monte di un lungo rettilineo che partendo da Piazzale
Kennedy, quindi dal mare, passa a fianco della Questura e dello STAR HOTEL.
Oltre il sottopasso posto a monte di Piazza delle Americhe la strada prosegue con il nome di Via
Canevari che corre lungo la sponda destra del torrente Bisagno e giunge a Piazzale Marassi, di
fronte al carcere, dove il torrente è coperto.
19. La comunicazione radio delle ore 14.29.41 a MONDELLI contiene anche la spiegazione della
S.O. circa il percorso da compiere per raggiungere Piazza Giusti: “ci puoi arrivare andando dritto
per Corso … dove ti trovi tu adesso, finché non arrivi all’incrocio con corso Torino, giri a sinistra e
vai dritto”: quindi percorrere Via (non Corso) D’Invrea fino all’incrocio con Corso Torino, girare a
sinistra cioè verso monte e proseguire diritto.
Tanto MONDELLI quanto BRUNO hanno dichiarato di non conoscere la città di Genova e non
avrebbero pertanto saputo raggiungere la zona di impiego, anche perché alcune strade erano state
chiuse.
Pertanto venne fornito loro un Agente di Polizia in servizio in questa città, persona di cui peraltro
nessuno dei due ha saputo indicare le generalità.
Dovendo recarsi nella zona del carcere di Marassi e partendo dalla zona della Questura il
contingente diretto dal Dr. MONDELLI aveva tre possibili percorsi:
1. percorrere il rettilineo di Viale Brigate Partigiane fino a Piazza delle Americhe, attraversare il
sottopasso, seguire Via Canevari, quindi svoltare a destra ed attraversare il Bisagno.
La Consulenza Tecnica della difesa FA ha calcolato la distanza da percorrere seguendo questo
itinerario in metri 1.158.
2. Arrivare in Piazza delle Americhe, voltare a levante in Via Tolemaide e quindi verso monte
attraversando il sottopasso di Via Archimede fino a raggiungere Piazza Giusti per un percorso di
totali metri 1.025.
3. Oppure era possibile, come accadde in realtà, deviare verso levante percorrendo via D’Invrea
fino all’incrocio con Corso Torino e qui proseguire verso monte lungo Corso Sardegna e Corso De
Stefanis.
In quest’ultimo caso il percorso era lungo metri 1.209.
Nessuno dei tre percorsi interessava strade che erano state chiuse in occasione del Vertice.
L’ultimo dei tre percorsi appare più lungo e meno diretto dei primi due, era però quello indicato
dalla Sala Radio nella comunicazione delle ore 14.29.41.
Il primo percorso aveva anche il vantaggio di far transitare il contingente su di un terreno
controllato nella sua più ampia estensione da altre Forze di Polizia, in quanto a Piazza delle
Americhe si trovava il contingente diretto dal Dr. GAGGIANO.
Al contrario il percorso concretamente seguito da MONDELLI, che seguiva un itinerario più a
levante, esponeva il CCIR del Lombardia al rischio dell’incontro con il corteo delle Tute Bianche.
MONDELLI ha ricordato di non aver scelto il percorso e di avere seguito l’Agente genovese che li
condusse proprio in quel punto, cioè all’incrocio tra Via Tommaso D’Invrea e Corso Torino.
A sua volta BRUNO ha confermato la presenza di uno scout della Polizia che doveva indicare la
strada da seguire, ma con il quale non aveva avuto alcun contatto diretto.
Il nome dell’Agente genovese che ha guidato il contingente fino all’incrocio tra Via D’Invrea e
Corso Torino è rimasto ignoto, MONDELLI lo perse di vista all’inizio degli scontri, all’incrocio tra
Corso Torino e Via Tolemaide.
La presenza di un Agente di Polizia in Via D’Invrea assieme a MONDELLI ed allo schieramento
dei Carabinieri, prima che questi inizino a lanciare i lacrimogeni sembra confermata dalle immagini
del reperto 192.2 [42] riprese dal teste Andrea FUMAGALLI.
20. La ricostruzione offerta dai testimoni appartenenti alle Forze di Polizia.
Mario MONDELLI, escusso all’udienza del 16 novembre 2004, ha ricordato che durante lo
spostamento fino all’incrocio tra Via D’Invrea e Corso Torino non vi erano stati scontri, dato che il
percorso si svolgeva a ridosso di una zona presidiata da altri reparti.
Invece, nel momento in cui la colonna di blindati arrivò all’incrocio su Corso Torino egli si accorse
che poche decine di metri più avanti c’erano diverse centinaia di dimostranti che lanciavano pietre e
bastoni contro i Carabinieri.
I manifestanti occupavano sia la strada sia il sottopasso della ferrovia.
Il teste aveva allora disposto che il contingente scendesse dai veicoli e si schierasse, ritenendo
pericoloso attraversare l’incrocio in quelle condizioni.
Sua intenzione era far sgombrare l’area dell’incrocio, consentire il passaggio dei blindati e
proseguire verso Marassi.
Al lancio di corpi contundenti i Carabinieri avevano risposto con i lacrimogeni ed alcune cariche
dirette verso monte, cioè la zona del vicino incrocio tra Corso Torino e Via Tolemaide.
Una parte dei dimostranti si era così dispersa all’interno del sottopasso che doveva essere
attraversato dal contingente, mentre dalla destra si vedevano avanzare altri dimostranti protetti da
barriere di plexiglas tenute insieme da tubi Innocenti.
Nella immagini del 2° DVD predisposto dalla Polizia Municipale e mostrategli dal P.M.,
MONDELLI ha riconosciuto i luoghi e il reparto di Carabinieri dapprima schierato all’incrocio tra
Via D’Ivrea e Corso Torino (2.36) quindi l’avanzata dello stesso su Corso Torino verso Via
Tolemaide (3.23) [43].
Queste immagini peraltro mostrano non più di due lanci, effettuati da persone diverse, di oggetti
contro il reparto.
MONDELLI dichiarava di ricordare un fitto lancio di pietre ed altro materiale contro il contingente,
per il quale ipotizzava anche l’uso di fionde e riteneva queste immagini come girate in un momento
successivo a lanci più violenti verificatisi poco prima.
Ricordava una presenza massiccia di persone che si contrapponevano ai militari, anche dall’interno
della galleria che pertanto non si sentiva di attraversare con i blindati carichi di Carabinieri.
Se la galleria fosse stata libera il teste sarebbe passato e avrebbe proseguito, non aveva alcun
motivo per fermarsi in Via Tolemaide.
Quindi MONDELLI riconosceva la manovra del contingente che dopo l’avanzata nello slargo si era
diviso in parte a sinistra verso la stazione Brignole e in parte verso destra (3.42 e ss.) fino a
fronteggiare il corteo.
Più avanti nel corso della sua deposizione (pag. 92 e ss.) su domande dei difensori MONDELLI
spiegava di essere sceso dalla propria auto in Via D’Invrea poco prima dell’incrocio con Corso
Torino perché aveva “sentito del clamore” e voleva accertarsi della situazione prima di entrare in
una manifestazione con venti blindati carichi di Carabinieri.
Girato l’angolo il teste vide la sede stradale occupata per buona parte da persone che sembravano
avere una rilevante attività di contrasto verso obbiettivi che il teste non vedeva, inoltre all’interno
del sottopasso ferroviario si vedevano numerose persone.
Poiché il teste doveva passare di lì decise di far scendere il personale dai veicoli e di avanzare a
piedi per potersi difendere.
I Carabinieri scesero dai mezzi in una zona protetta, poi non appena voltarono l’angolo vennero
raggiunti da numerosi e intensi lanci.
Le persone con atteggiamento ostile contro i militari potevano essere 50 o 100 o anche solo 20.
Sull’incrocio erano presenti anche dei giornalisti che però non erano la parte numericamente
maggioritaria.
Più avanti (pag. 117) il teste riferirà di aver visto molte macchine fotografiche e che operatori media
ve ne erano “diverse migliaia, erano da tutte le parti”.
La situazione era analoga ad altri precedenti momenti di tensione, pertanto il lancio dei lacrimogeni
era stata una conseguenza automatica, senza necessità che il teste impartisse un apposito ordine.
Neppure la successiva avanzata era stata ordinata direttamente da MONDELLI, essa però
rappresentava una conseguenza, una modalità attuativa, della disposizione da lui impartita di creare
una zona di rispetto per poter far risalire gli uomini sui mezzi e proseguire verso Marassi.
MONDELLI aveva avanzato insieme ai Carabinieri, stando alle spalle della prima fila del
contingente.
I lanci contro i militari si erano protratti per alcuni minuti fino a che i facinorosi non erano stati
completamente dispersi nelle tre direzioni: ponente verso la stazione, monte all’interno del
sottopasso, levante verso il corteo che distava ancora qualche decina di metri dall’incrocio tra Via
Tolemaide e Corso Torino.
Anche la difesa mostrava dei reperti filmati al teste.
Il primo reperto riguarda le immagini riprese dalla telecamera del traffico SAVONAROLA [44], sulla
cui descrizione si tornerà più avanti.
Le immagini inquadrano la zona dello slargo di Corso Torino ripresa verso monte ed il tunnel sotto
la ferrovia.
Nello slargo si apprezza la presenza di numerose persone, forse alcune centinaia e di un cassonetto
della spazzatura bruciato in precedenza ed ora fumante.
Alle ore 14.52.10 si vede un reparto di Carabinieri entrare in scena da sinistra, cioè da Via
D’Invrea.
Dopo qualche incertezza iniziale, MONDELLI ha riconosciuto il sopraggiungere del contingente da
lui diretto e, “con buona approssimazione”, se stesso nella persona vestita in borghese e con la
fascia tricolore.
Altri filmati mostrati a MONDELLI dalla difesa sono stati i reperti 154_2, 198_50, 192_09 e 41 [45], il
teste ha riconosciuto se stesso, il Capitano BRUNO, il luogo dei fatti, alcuni lanci contro i
Carabinieri e la reazione di questi con i lacrimogeni e l’avanzata.
Vi erano giornalisti dappertutto.
Dopo l’avanzata i Carabinieri non erano entrati nel sottopasso ferroviario perché qui vi erano tante
persone e del fumo.
Non ha escluso che chi in precedenza aveva lanciato contro i militari si fosse poi rifugiato
all’interno del sottopasso.
MONDELLI non aveva assistito a scene di violenza nei confronti di manifestanti.
Secondo Antonio BRUNO, escusso alle udienze del 16 e del 23 novembre 2004, il reparto di
Carabinieri era diretto nella zona di Marassi ma, al momento di arrivare all’incrocio tra Via
D’Invrea e Corso Torino dovette arrestarsi perché trovò ad attenderlo un gruppo consistente di
manifestanti.
Questi avevano il volto travisato da sciarpe, cappucci, elmetti antinfortunistici ed altro e, appena
videro i Carabinieri, cominciarono a lanciare contro di loro pietre, bottiglie di vetro, bombe molotov
ed altro.
I militari scesero immediatamente dai veicoli, formarono uno schieramento e in un primo momento
lanciarono dei lacrimogeni per disperdere la folla evitando così il contatto fisico, poi effettuarono
delle cariche di alleggerimento su Corso Torino e Via Tolemaide in direzione della stazione
Brignole.
In questa zona alcuni manifestanti vennero tratti in arresto.
Il contingente si era diviso in due blocchi per chiudere Corso Torino sui due lati di ponente e di
levante, poi si era ricomposto su Via Tolemaide verso levante dove sopraggiungeva il corteo delle
Tute Bianche.
Il corteo appariva composto da un numero considerevole di persone vestite di bianco, molti dei
quali indossavano armature di poliestere, caschi antinfortunistici, maschere e occhiali da
verniciatori ed erano protetti da scudi di plexiglas.
I soggetti che fino a poco prima aveva fronteggiato il contingente di Carabinieri erano stati in parte
dispersi, mentre un numero maggiore si erano diretti verso il corteo e vi erano entrati.
Nelle immagini del 2° DVD predisposto dalla Polizia Municipale il teste riconosceva lo
schieramento del proprio reparto e la situazione incontrata poco dopo essere scesi dai veicoli, in
queste immagini i manifestanti risultano arretrati un poco, perché in precedenza si trovavano molto
vicini ai mezzi.
Già al momento di arrivare sull’incrocio con i propri veicoli i Carabinieri incontrarono persone con
il volto travisato, di conseguenza dovettero scendere dai mezzi per evitare di attraversare con essi
la folla.
“Teste Cap. Bruno … Quindi ci siamo fermati e appena ci siamo fermati ci sono arrivati oggettiaddosso, lancio di oggetti…
P.M. Quindi questo prima ancora che voi riuscite a schierarvi.
Teste Cap. BRUNO Praticamente sì, ci siamo … i primi siamo riusciti a schierarli subito, sono stati
lanciati dei … dei lacrimogeni, quindi abbiamo cercato … abbiamo già creato una distanza tra noi e
i manifestanti, quindi in un certo senso…” (udienza 16/11/2004 pag. 216).
Le manovre del contingente avevano una finalità difensiva, cioè disperdere le persone che
lanciavano contro i militari, si trattava di movimenti modulari a cui i militari sono addestrati e che
fanno automaticamente senza specifici ordini ma automaticamente.
I mezzi seguivano i militari a piedi per dare loro la possibilità, se le cose dovessero andare male, di
salire sui veicoli ed arretrare.
Quindi su domande della difesa il teste ritornava sui momenti iniziali del pomeriggio confermando
come verso le 14 il contingente era arrivato all’incrocio tra Via D’Invrea e Corso Torino e vi aveva
trovato dei gruppi consistenti di manifestanti che indossavano elmetti protettivi e maschere da
verniciatore, avevano il volto travisato.
“Teste Cap. BRUNO … praticamente si sono avvicinati al nostro … al nostro convoglio lanciando
pietre e bottiglie di vetro, anche qui delle molotov e altri oggetti contundenti.
Avv. TAMBUSCIO E ma i lanci ci sono stati che voi eravate già scesi dai mezzi o eravateancora in moto diciamo, o sui mezzi comunque?
Teste Cap.BRUNO Noi … noi eravamo praticamente … eravamo ancora sui mezzi. Io mi
ricordo che in quel momento l’azione fu molto concitata, abbiamo fatto appena in tempo a scendere
dai mezzi e a formare una … una prima linea difensiva.
Avv. TAMBUSCIO Quindi avete subito i primi lanci sui mezzi.
Teste Cap. BRUNO Pra … praticamente sì. Adesso non … non ricordo bene, però mi ricordo
distintamente … anche perché uscendo da … da … sulla via … su Via Torino ci siamo trovati
subito queste persone di fronte e … e niente, cioè c’era il lancio d’oggetti, siamo scesi subito e
abbiamo formato la linea di plotone.
Avv. TAMBUSCIO Mi interessava il particolare se eravate ancora sui blindati o se eravate apiedi.
Teste Cap. BRUNO Sì, diciamo che li abbiamo ricevuti sia a piedi e sia sui blindati, quindi …
Avv. TAMBUSCIO Sui blindati dove vi trovavate? Cioè al momento … il primo oggetto cheLei ha visto arrivare.
Teste Cap. BRUNO Eravamo proprio alla … alla fine della strada ormai. Cioè Via Invrea altermine della strada.
Avv. TAMBUSCIO E Lei era in testa presumo.
Teste Cap. BRUNO Io … io ero in testa, sì” (udienza 23/11/2004 pagg. 15 e 16).
Fino a quel momento il teste vedeva il Dirigente di Polizia MONDELLI quindi agiva sotto le sue
direttive: lanciare i lacrimogeni per disperdere i manifestanti o comunque creare una certa distanza
tra loro ed il contingente, anche se ammetteva di non ricordare le parole specifiche pronunciate dal
funzionario.
In questa fase non vi furono contatti fisici perché i manifestanti si dispersero.
A questo punto il difensore domandava quale fosse la consistenza numerica dei gruppi che
effettuavano i lanci contro i Carabinieri.
“Teste Cap. BRUNO Erano dei gruppi molto consistenti.
Avv. TAMBUSCIO Cioè nel senso erano cinque, erano cinquanta…
Teste Cap. BRUNO No, erano … erano dei gruppi molto consistenti. Diciamo comunque tuttele persone che avevamo di fronte avevano questo atteggiamento ostile” (udienza 23/11/2004
pag. 18).
In questa fase la finalità dell’azione dei Carabinieri era di tipo difensivo perché erano fatti oggetto
di un’azione violenta altrui e cercavano di ristabilire l’ordine pubblico.
Quindi il teste aveva fatto parte del gruppo di militari che, una volta raggiunto l’incrocio con Via
Tolemaide, si erano dapprima portati a sinistra verso la stazione Brignole.
Qui i pochi manifestanti erano stati dispersi facilmente, il teste ricordava in particolare l’arresto di
un uomo che in precedenza si era distinto per la violenza degli atti contro i militari.
Poi BRUNO era ritornato sull’incrocio dove vi erano i plotoni che avevano coperto l’azione verso
Brignole.
Anche in questo momento vi erano lanci di oggetti contro i Carabinieri, provenivano da tutte le parti
quindi da davanti e dalle vie laterali, nonché dal cavalcavia della ferrovia, anche se egli non rivolse
specificamente lo sguardo verso il ponte della ferrovia perché si preoccupava di controllare le
persone che gli stavano di fronte.
Comunque avvertiva sul casco e sugli scudi i colpi provocati da corpi contundenti, pietre, monete,
bulloni lanciati contro i militari.
Al momento dell’avanzata sull’incrocio la zona del sottopasso appariva libera anche se l’attenzione
del teste era focalizzata sui due lati di Via Tolemaide.
A questo punto BRUNO aveva perso di vista MONDELLI, che rivide solo più tardi in Via
Tolemaide.
Anche la difesa mostrava dei reperti filmati al teste.
Nelle immagini della telecamera SAVONAROLA (clip 85 reperto 57A con inizio alle 14.48) [46] il
teste ha riconosciuto Corso Torino con il tunnel della ferrovia sullo sfondo, nonché il numero di
persone corrispondente approssimativamente ai suoi ricordi.
Quindi indicava un lancio (intorno alle ore 14.52.50) e poi l’ingresso in scena di persone vestite di
scuro (14.53.51) confermando che il proprio reparto proveniva da quella direzione.
Nelle immagini del reperto 154_02 (a partire da 0:12.39) [47] il teste riconosceva se stesso e con
probabilità il momento in cui il reparto appena sceso dai mezzi formava la prima linea dello
schieramento (0:13.05).
“Avv. TAMBUSCIO Adesso è una domanda non sul video, è una domanda così generica, in questa
situazione, in questo momento eravate sotto attacco ancora o … dico ancora forse però ho sbagliato, eravate sotto attacco?
Teste Cap.BRUNO In questo momento non ricordo bene, però comunque poco prima cioè discendere dai mezzi sicuramente sì, questa è già una fase avanzata in cui il … diciamo la prima
linea di plotone era già stata … era già appiedata e quindi il reparto era già in un certo senso
spiegato. Almeno una parte di esso” (udienza 23/11/2004 pag. 94).
Al minuto 13.13 del filmato il teste riconosceva se stesso mentre sta impartendo l’ordine di lanciare
i lacrimogeni e spiegava che questo lancio era diretto contro dei manifestanti che stavano di fronte
ai militari, senza poter essere preciso in merito alla distanza.
Le immagini del reperto 198_50 (dal minuto 2.49) ritraevano la stessa situazione mostrata poco
prima, peraltro BRUNO spiegava come i militari avessero subito i lanci in un momento antecedente
a queste immagini perché il primo plotone si vede già posizionato mentre altri Carabinieri stanno
ancora scendendo dai mezzi per prendere posizione.
In altri termini il lancio c’era già stato e continuava anche se non con l’intensità e le modalità
precedenti.
Inoltre i lanci provenivano da Corso Torino ma i Carabinieri hanno trovato i manifestanti già
all’imbocco di Via D’Invrea, che restava nascosta alla telecamera del traffico.
Le immagini (minuto 3.10) mostravano il lancio di una bottiglia.
Il teste interpretò la folla che aveva davanti come folla ostile perché in mezzo a quelli che potevano
essere dei giornalisti c’erano persone che non lo erano.
L’attenzione dei Carabinieri non era rivolta a chi avesse una telecamera in mano ma a chi lanciava
oggetti o aveva un atteggiamento ostile.
Quindi il teste riconosceva il lancio di un lacrimogeno (minuto 3.54).
Veniva mostrata un’ulteriore sequenza del filmato reperto 154_2 (da minuti 13.39) e il teste doveva
ammettere (al minuto 13.58) che nelle immagini non si vedono lanci di oggetti contro i Carabinieri
però si trattava di fasi molto concitate e il teste non riusciva a ricordare “passo per passo quanti
sassi m’hanno lanciato, però gli oggetti ci arrivavano … anche in questa fase” (udienza 23/11/2004
pag. 104).
BRUNO riconosceva se stesso (al minuto 14.33) nell’ufficiale posto alla destra dello schermo che
impartiva gli ordini di lancio dei lacrimogeni.
L’ordine era di lanciare in alto, ma il tiro era stato basso “per compensare la traiettoria” e spedire
l’artificio più lontano data la distanza da coprire.
Nelle successive immagini (dal minuto 15.04) i Carabinieri non erano più esposti ad un attacco
diretto perché stavano avanzando.
Avanzando i militari battevano ritmicamente sugli scudi per dare cadenza al movimento e
manifestare la compattezza del reparto come deterrente nei confronti degli oppositori.
Le immagini successive venivano riconosciute come quelle dell’avanzata verso Brignole quando
vennero compiuti alcuni arresti, BRUNO però non ricordava se fosse stato arrestato un giornalista
(minuto 15.40), né episodi di particolare violenza nei confronti di manifestanti (minuto 16.05).
Quelli ritratti in queste immagini erano uomini del suo reparto ma il teste non era a conoscenza se
per l’episodio del pestaggio al giornalista (è il teste BALSAMO su cui meglio infra) vi fosse stata
una qualche segnalazione disciplinare.
Nelle immagini del reperto 192_09 (da 2:38.02) BRUNO riconosceva l’intervento della sua
Compagnia da Via D’Invrea su Corso Torino e poi su Via Tolemaide.
Alle domande del difensore circa la presenza di persone sulla massicciata ferroviaria il teste
rispondeva di non ricordare, comunque i militari erano esposti continuamente a lanci di oggetti,
senza poterne precisare la provenienza:”immagino dal corteo o dall’alto, questo non … non mi è
dato di ricordarlo. Però sicuramente arrivavano oggetti perché li sentivamo arrivare” (udienza
23/11/2004 pag. 113).
Il difensore domandava più volte al teste di mostrare nelle immagini i lanci che il contingente
subiva, il teste indicava un solo oggetto non potendo neppure escludere che si trattasse di un
lacrimogeno lanciato da un FAL dei Carabinieri che i manifestanti avevano rimandato indietro.
Il teste ricordava lanci continui contro i Carabinieri senza pause rilevanti.
Gli scoppi che si sentono nel filmato potevano essere dovuti al lancio di lacrimogeni, ma anche
all’uso di esplosivi (petardi, fischioni e bombe carta) compiuto dai manifestanti.
Alcuni militari erano stati feriti da bombe carta.
Paolo FAEDDA, Tenente del CCIR del Battaglione Lombardia escusso all’udienza del 24 maggio
2005, ha ricordato come, una volta giunti all’incrocio con Corso Torino, i Carabinieri erano scesi
dai mezzi e si erano attestati sull’angolo.
Il teste poteva notare la presenza di manifestanti sia all’altezza del tunnel della ferrovia sia in Via
Tolemaide lato levante.
“Allora, noi ci attesta… la situazione era questa, noi arrivammo lì e incominciò un lancio dioggetti, soprattutto da… dalla massicciata della ferrovia che… quindi oggetti vari, pietre ealtri oggetti contundenti al nostro indirizzo” (udienza 24/5/2005 pag. 15).
Chi lanciava erano “i soliti manifestanti travisati nel volto con … vestiti di tutto punto, con caschi
antinfortunistica, eccetera, eccetera. Sicuramente non in atteggiamento pacifico”.
L’azione contro i CC durò 5 minuti, poi ci fu l’avanzata del contingente ordinata dal Dr.
MONDELLI e dal Cap. BRUNO.
Prima dell’avanzata i CC lanciarono lacrimogeni che però non sortirono molto effetto perché
“comunque a parte che ce li ritirarono indietro alcuni e poi diciamo continuava questo … lapresenza di questa gente con lancio sempre di oggetti, pietre dalla massicciata” (pag. 16).
Il contingente eseguì una prima carica di alleggerimento, un plotone andò su via Tolemaide lato
ponente, in questa azione era presente anche il teste.
Il resto del contingente invece si mosse in direzione levante verso il grosso dei manifestanti.
A ponente c’erano pochissimi manifestanti che non crearono problemi, l’intervento fu brevissimo,
quindi i Carabinieri si spostarono verso levante.
Nelle immagini mostrategli dal P.M. (si tratta del 2° DVD predisposto dalla Polizia Municipale,
pulsante 1 a partire da 2.30) il teste riconosceva l’arrivo del suo contingente all’incrocio tra Via
D’Invrea e Corso Torino ed i lanci che il reparto subiva (nelle immagini tratte dal reperto 164.133
di Luna Rossa si vedono due lanci a 02.47 e a 03.04, si tratta di due lanci visibili anche nelle
immagini di SAVONAROLA rispettivamente a 14.52.59 e a 14.53.25).
I lanci contro i Carabinieri erano iniziati non appena questi si erano affacciati su Corso Torino.
I militari avevano atteso cinque minuti poi ricevettero l’ordine di lanciare i lacrimogeni, solo dopo il
lancio avanzarono come il teste riconosceva nelle immagini (da 03.26).
L’avanzata era stata seguita anche dai veicoli militari.
Una volta raggiunta Via Tolemaide, il teste si portò insieme ad altri militari verso sinistra, cioè
verso la stazione Brignole.
Egli non conosceva le disposizioni del funzionario di P.S., sapeva genericamente che quel giorno
era previsto un corteo ma non ne conosceva il percorso.
Si rese conto della presenza dei manifestanti quando arrivò all’angolo su via Tolemaide lato
levante.
Su domande della difesa, FAEDDA ricordava di aver notato, nel momento in cui i militari si erano
affacciati da Via D’Invrea su Corso Torino, la presenza di manifestanti davanti al tunnel, sulla
massicciata della ferrovia e sul lato levante di Via Tolemaide che iniziavano a lanciare pietre ed
altri oggetti contro i Carabinieri.
C’erano anche cassonetti e pezzi di legno, cose definite non normali.
I militari erano scesi dai veicoli ancora su Via D’Invrea, quindi in posizione arretrata rispetto
all’incrocio, poi a piedi si erano portati all’angolo con Corso Torino.
In via D’Invrea i militari non erano a contatto con i manifestanti, in quel punto la situazione era
tranquilla.
Il teste non era a conoscenza dei motivi per i quali il Dirigente di P.S. aveva ordinato di scendere
dai veicoli, al momento di scendere i militari erano già equipaggiati e si erano attestati sull’angolo.
Al momento della discesa il teste non ricordava lanci contro di loro, questi erano avvenuti poco
dopo quando il contingente si era affacciato su Corso Torino ed erano visibili ai manifestanti.
A questo punto i Carabinieri avevano gli scudi, le maschere e tutto l’equipaggiamento necessario
per il servizio.
Davanti a sé il teste vide “una folla non certamente in atteggiamento pacifico”: i militari vennero
fatti oggetto di lanci, vi erano persone travisate con caschi ed altro.
Dal suo angolo visuale FAEDDA non era in grado di rendersi conto del numero di persone che
aveva davanti anche se nella propria relazione aveva indicato la presenza di 800 manifestanti ostili.
Alla contestazione di quanto sopra il teste rispondeva di aver visto un gruppo di manifestanti in
atteggiamento ostile e che si era staccato dal corteo di via Tolemaide e si affacciava su Corso
Torino.
Dall’angolo tra Via D’Invrea e Corso Torino FAEDDA non poteva vedere gli scudi del corteo che
si trovava ancora su via Tolemaide, vedeva però un nutrito gruppo di persone in atteggiamento
ostile, non ancora il grosso del corteo.
Gli 800 manifestanti indicati nella relazione erano quelli visti dietro gli scudi in seguito all’avanzata
del contingente, altri ancora si trovavano sulla massicciata, altri infine nel tunnel.
Mentre i Carabinieri si trovavano ancora all’angolo tra Via D’Invrea e Corso Torino c’erano
numerose persone che avanzavano e lanciavano contro di loro, era un gruppo di circa 50/100
persone.
“Avv. TAMBUSCIO. Tutti lanci … cioè tutti … adesso … nel senso lanci quanti ne avete subiti,
tre, quattro?”
Teste Ten. FAEDDA. Io mi ricordo in particolare i lanci dalla massicciata, quindi …
Avv. TAMBUSCIO. Già … già sull’angolo di …
Teste Ten. FAEDDA. Sì.
Avv. TAMBUSCIO. Già sull’angolo, mi scusi finisco la domanda perché noi ci capiamo ma magari
il tribunale no. Nel senso vi affacciate da Via Invrea…
Teste Ten. FAEDDA. Sì
Avv. TAMBUSCIO: su Corso Torino e lei ricorda dei lanci dalla massicciata della ferrovia.
Teste Ten. FAEDDA. Sì” (udienza 24/5/2005 pag. 64).
A quel punto i militari si erano attestati per circa cinque minuti su Via D’Invrea dove venivano fatti
oggetto di lanci, tra i quali quello di una bomba Molotov che però non aveva raggiunto il
contingente.
Quindi avevano lanciato i lacrimogeni ed erano avanzati, il teste andò subito a sinistra insieme a
pochi colleghi, qui non ricordava vi fossero stati contatti fisici o resistenza da parte di manifestanti.
“Avv. TAMBUSCIO. Quindi Lei poi si è avviato, si è ricongiunto al … al resto della compagnia.
Teste Ten. FAEDDA. Sì, sì, al resto della compagnia sul lato levante.
Avv. TAMBUSCIO. Ecco, cosa succede in questo pu… in questo momento continuavano i lancidalla massicciata?
Teste Ten. FAEDDA. Sì. Continuavano i lanci dalla massicciata.
Avv. TAMBUSCIO. Questo prima dell’avanzata sul corteo.
Teste Ten., FAEDDA. Sì.
Avv. TAMBUSCIO. Cioè Lei li ricorda.
Teste Ten. FAEDDA. Sì, ricordo qualche pietra arrivò”” (pag. 67).
A levante il teste vide un nutrito gruppo di manifestanti ben equipaggiati, con caschi, protezioni e
scudi di plexiglas.
Anche la difesa mostrava dei reperti filmati al teste.
Nelle immagini del reperto 192.9 (da 2.36.25) il teste riconosceva via D’Invrea e lo schieramento
del contingente di Carabinieri e se stesso o il Comandante Capitano BRUNO.
Non ricordava lanci contro i Carabinieri mentre questi si trovavano ancora su Via D’Invrea
(2.37.17), i lanci non erano iniziati appena i militari erano scesi dai veicoli o si stavano
posizionando ma in seguito.
Nel reperto 44 (da 1.26.20 a 1.27.20) riconosceva via D’Invrea e sullo sfondo il reparto di
Carabinieri.
In Corso Torino si nota la presenza di molte persone quando i Carabinieri iniziano l’avanzata,
FAEDDA non ricordava di averne viste così tante, inoltre non aveva fatto caso se vi fossero molti
giornalisti.
Quando i militari arrivarono su Corso Torino avevano trovato una situazione a loro ostile, anche se
non immediatamente pericolosa (1.25.35), vi erano persone travisate ed erano in corso i preparativi
per qualcosa che doveva accadere in seguito.
Nel reperto VIDEO DIFESA 4 (da 0.42.40) FAEDDA riconosceva con buona approssimazione la
situazione dell’incrocio al momento in cui lui ed i colleghi vi si erano affacciati (a 07’’ dall’inizio).
I manifestanti provenivano dal tunnel e da via Tolemaide, avanzavano fino a 50 dai Carabinieri e
lanciavano contro di loro delle pietre.
Nelle immagini il teste notava il lancio di una bottiglia verso i militari e spiegava trattarsi di uno dei
tanti subiti, che quantificava tra i cinque ed i sette, considerata anche la brevità del tempo intercorso
tra il posizionamento e la successiva avanzata del contingente.
“Avv. TAMBUSCIO. Dicevo, se vedendo le immagini nota altri lanci di cui ci ha parlato ce liindichi e ci fermiamo. Dalle immagini è riuscito …
teste Ten. FAEDDA. No, non … non si … non si vedono perché a parte che diciamo sarà uno
spezzone di un …
Avv. TAMBUSCIO. Ecco, fermiamo un attimo.
Teste Ten. FAEDDA. e poi si vede una parte della strada” (pag. 84).
Il difensore domandava se il teste riusciva ad individuare sullo schermo la zona della massicciata
ferroviaria da cui provenivano i lanci e il teste rispondeva che il giorno dei fatti aveva notato delle
persone sopra il tunnel, ma più spostate verso levante rispetto alla scritta “PATTONO”.
Le aveva notate sin dal momento in cui si era affacciato da via D’Invrea su Corso Torino.
Le persone che stavano sulla massicciata lanciavano dei sassi che non riuscivano a raggiungere lo
schieramento dei Carabinieri ma arrivavano quasi sui loro piedi.
Nel reperto 151.29C053 (da 1.20.26) il teste riconosceva il momento dell’arrivo dei Carabinieri in
via D’Invrea: appena scesi dai mezzi i militari non subirono lanci.
Scesero con le maschere indossate, erano già equipaggiati.
I lanci cominciarono dal momento in cui si affacciarono su Corso Torino.
Le riprese (1.21.32) inquadravano una parte della massicciata ferroviaria, sulla destra a contatto con
il palazzo, che il teste riconosceva come quella dove vide le persone che lanciavano contro di loro.
Però nelle immagini non si vedono persone sopra la massicciata ferroviaria.
Il teste non ricordava la massa di giornalisti che si vede nelle immagini (fino a 1.22.16).
Nel reperto 41 (da 1.08.24) [48] FAEDDA riconosceva la situazione di Via Tolemaide, cioè il corteo
con gli scudi in una fase immediatamente antecedente la carica dei Carabinieri, individuava anche il
lancio di alcuni lacrimogeni.
“Avv. TAMBUSCIO. Riesce a indicarci sullo schermo qual era la zona di massicciata che Leivedeva occupata dai lanciatori … cioè per capire più o meno da quest’altra angolazione dove si
trovavano. Se riesce a capire la zona, non dicono che debbano esserci in questa immagine, ma …
Teste Ten. FAEDDA. Allora, chiaramente da Via Invrea le persone che notavo si trovavanopiù o meno davanti a noi, quindi …
Avv. TAMBUSCIO. Sopra il tunnel.
Teste Ten. FAEDDA. Più o meno sì. Poi piano piano si spostavano verso … verso ViaTolemaide.
Avv. TAMBUSCIO. Cioè Lei dice che queste persone … perché in questo … in questa … in
questo frammento voi come reparto non siete ancora comparsi sulla scena, le persone si sono già
spostate? Si sono già spostate più verso Via Tolemaide?
Teste Ten. FAEDDA. Questo non … cioè non … non lo posso … non l’ho notato questo.
Avv. TAMBUSCIO. Cioè comunque ha visto queste persone che poi si spostavano più verso Via
Tolemaide.
Teste Ten. FAEDDA. No, no … notavo nel momento in cui il reparto si … si schierò qua su Via Tolemaide notai anche la presenza di persone sulla massicciata. Cioè persisteva la presenzasulla massicciata.
Avv. TAMBUSCIO. Ecco, ricor … era un gruppo abbastanza numeroso?
Teste Ten. FAEDDA. Sì, una decina, non lo so” (udienza 24/5/2005 pag. 88).
Nelle immagini fino a 1.08.35 il teste riconosceva in alto sulla destra il suo plotone mentre svolta a
sinistra verso Brignole, spiegando che in questo momento era impegnato a seguire i militari a piedi
e non ricordava la presenza di persone sulla massicciata.
Le immagini mostrano sulla sinistra la massicciata ferroviaria dove vi sono due persone che
osservano la scena sottostante e non lanciano alcun oggetto, i due si trovano probabilmente un poco
a ponente dell’incrocio tra Corso Torino e Via Tolemaide.
L’avanzata verso la stazione si era protratta per circa 100 metri e durante la stessa non ricordava
fossero avvenuti scontri fisici particolari.
Il contingente che aveva voltato verso destra, cioè levante (1.09.06) era più numeroso.
“Avv. TAMBUSCIO. … il più numeroso. È il minuto 1.09.20 Lei ricorda se in questa fase c’erano
lanci dalla massicciata?
Teste Ten. FAEDDA. Sì. Mi ricordo di qualche lancio dalla massicciata, sì” (pag. 90).
Le immagini mostrano la massicciata nella parte soprastante il contingente dei Carabinieri e la testa
del corteo delle Tute Bianche.
Sulla massicciata ferroviaria non si vede nessuno e da questa non partono lanci di alcun genere.
Nelle immagini del minuto 1.09.34 il teste riconosceva il proprio plotone mentre si spostava verso
levante.
Il filmato mostra il lancio di alcuni lacrimogeni contro il corteo e poi la carica dei Carabinieri.
Nel reperto 154.2 (da 00.15.00) il teste riconosceva la fase dell’avanzata del suo plotone verso
sinistra, cioè la stazione Brignole, ricordava che le persone scappavano e che non vi erano stati
episodi di resistenza o di scontro.
Il teste era avanti, tra i primi
Le immagini (da 00.15.39 a 00.16.00) mostravano un capannello di Carabinieri su due giornalisti
che vengono picchiati mentre si trovano seduti a terra, ma FAEDDA rispondeva di non aver
assistito a queste scene anche se i militari impegnati in quell’avanzata erano pochi.
Egli non era neppure in grado di confermare che l’uomo arrestato in questa fase, del quale egli
aveva fatto menzione al punto 7 della propria relazione di servizio, fosse una delle due persone che
si vedono mentre vengono picchiate a terra.
Mauro CARISDEO Commissario Capo dirigente della Squadra Mobile di Belluno in occasione del
G8 era in servizio a Genova per verificare l’eventuale presenza di persone da lui conosciute per
motivi professionali nell’area veneta.
Il giorno 20 era in servizio insieme a cinque colleghi tra i quali due di Belluno, l’Ispettore Roberto
ELMETI, poi deceduto e l’Assistente Giovanni BENVE.
Dopo che al mattino i tre PP.UU. si erano trovati nella zona di Via Pisacane ed avevano assistito ad
alcuni scontri, nel pomeriggio ricevettero la notizia di un gruppo di dimostranti nella zona di Via
Tolemaide che decisero di osservare portandosi sulla ferrovia.
Per compiere tale operazione il teste ed i colleghi scavalcarono il muro di cinta della stazione e
camminarono lungo il primo binario che corre parallelamente a Via Tolemaide sovrastandola.
Ad un certo momento sulla massicciata erano saliti circa quaranta ragazzi, travisati con caschi e
muniti di bastoni.
Questi avevano iniziato a raccogliere i sassi e a lanciarli contro i Carabinieri ed altri Poliziotti che si
trovavano schierati nella via sottostante.
A quel punto il teste ed i suoi colleghi, coadiuvati da sette Agenti della Polfer fecero una carica
contro i lanciatori che, alla loro vista fuggirono.
L’azione degli Agenti consentì l’arresto di uno dei lanciatori, il cittadino tedesco TACTORI FARD
SAMI che oppose resistenza
Poco dopo però i manifestanti si resero conto che gli Agenti erano in numero limitato e
cominciarono ad avvicinarsi, azione che causò una veloce ritirata del teste e dei colleghi che
portarono con sé l’arrestato.
Dalla massicciata continuavano i lanci contro gli operanti nella via sottostante.
Dopo circa mezz’ora sulla massicciata arrivò un contingente di Carabinieri.
La difesa ha chiesto al teste se l’arrivo dei quaranta ragazzi sulla massicciata fosse antecedente o
successivo agli incidenti nelle vie sottostanti (Via Tolemaide e Corso Torino) e la risposta del teste
è stata nel senso di una contestualità degli eventi perché mentre sotto vi erano gli scontri, sopra vi
erano i ragazzi che lanciavano contro i Carabinieri.
Questi ragazzi facevano parte del corteo e da lì erano saliti sulla massicciata.
La contrapposizione tra Carabinieri e manifestanti era durata per ore e comportò anche l’incendio di
uno dei mezzi blindati dei Carabinieri.
Nella propria relazione di servizio, contestatagli dalla difesa, il teste aveva riferito come i
manifestanti dalla ferrovia lanciavano sassi contro il personale delle Forze dell’Ordine che si
trovava nella strada sottostante impegnato a fronteggiare i dimostranti che avevano incendiato un
mezzo dell’Arma dei Carabinieri.
Il teste confermava quanto scritto nella propria relazione.
CARISDEO ha avuto difficoltà a collocare nel tempo gli avvenimenti e in particolare il momento in
cui vide i manifestanti lanciare sassi contro i Carabinieri dalla massicciata ferroviaria: lui ed i
colleghi non erano preoccupati di guardare l’orologio ma per la propria incolumità personale non
avendo presidi di difesa.
Così aveva collocato i primi scontri verso le 14.30, senza poterne essere sicuro.
Peraltro il teste è stato in grado di fornire particolari dei fatti osservati che appaiono significativi
anche per l’individuazione del momento preciso in cui gli stessi avvennero.
A salire sulla massicciata furono per primi gli Agenti che per un certo tempo restarono lì da soli.
“P.M. Dr.ssa CANEPA. Quindi vi siete messi ad osservare dalla massicciata situando questa attività
di osservazione verso le due e mezza.
Teste Dott. CARISDEO. Verso le 14 e 30.
P.M. Dr.ssa CANEPA. Compatibilmente al …
Teste Dott. CARISDEO. Sì, verso le 14 e 30.
P.M. Dr.ssa CANEPA. Ecco, vuole esattamente poi ripetermi dopo quando i manifestanti hanno
attraversato a loro volta la massicciata venendo sulla ferrovia?
Teste Dott. CARISDEO. Hanno iniziato … è … è stato un gruppo perché noi dall’alto osservavamo questi scontri che c’erano tra la testa del corteo e le Forze dell’Ordine e mentre guardavamo giù uno di noi, sinceramente non so chi, probabilmente un po’ tutti, ci siamo accorti che alcuni dei ragazzi stavano salendo sopra, come le dicevo, all’inizio addirittura eravamo solo noi in borghese insomma di … sopra e quindi abbiamo visto questi ragazzi che poi si sono avvicinati verso … verso la testa del corteo e da là hanno iniziato a lanciare le pietre verso i Carabinieri che si trovavano nella strada sottostante. A quel punto abbiamo
chiesto l’ausilio dei colleghi della Polfer e abbiamo simulato quella … quell’incon… quella carica
che abbiamo detto insomma. Gli siamo corsi contro e … e loro sono indietreggiati” (udienza
23/11/2004 pagine 163 e 164).
CARISDEO pertanto colloca l’arrivo dei manifestanti sopra la massicciata in un momento
successivo a quello di se stesso e dei suoi colleghi ed anche in un momento successivo all’inizio
degli scontri perché quando i ragazzi salgono sulla massicciata e poi iniziano a lanciare contro i
Carabinieri il teste ed i suoi colleghi stavano già osservando gli scontri nella via sottostante.
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[1] 1 Si tratta di filmato prodotto dalla difesa all’udienza del 6 marzo 2007.
[2] Il teste FRATOJANNI ha ricordato come i materiali di plexiglas e gommapiuma fossero stati spediti a Genova con il
treno ed avessero già subito ispezioni presso le stazioni di partenza ed arrivo, senza destare alcun allarme o venire
sequestrati, si trattava di materiali la cui natura e il cui uso erano largamente conosciuti.
[3] Si tratta delle foto 250 e 251 prodotte dalla difesa all’udienza del 10/4/2007.
[4] CENTO ha ricordato l’esistenza in Parlamento di proposte di legge per istituzionalizzare questa figura, come
“facilitatori” di dialogo tra Forze dell’Ordine e manifestanti.
[5] Il C.T. della difesa Prof. Donatella DELLA PORTA, sociologa sostiene come dagli anni 80 la prassi di gestione
dell’ordine pubblico preveda che ci siano cordoni di Polizia sia in testa sia in coda ai cortei, a volte si prevedono anche
schieramenti sui lati, non fitti e non in tenuta da ordine pubblico.
[6] A quanto vide GIANNI l’invito degli organizzatori a non portare armi venne rispettato completamente.
MEZZADRA vide ed allontanò alcuni tedeschi che per l’abbigliamento e le borse a tracolla potevano essere associati ai
Black Block.
FRATOJANNI ricorda una piccola strettoia all’uscita dal Carlini dove a due o tre ragazzini vennero tolti di mano in
maniera brusca due piccoli bastoni che vennero lasciati lì.
VALERA, inviato di Radio Popolare, fa menzione di questi episodi nel proprio servizio, cfr. il reperto audio prodotto
dalla difesa il 10/4/2007 Cronache di Radio Popolare CD2 traccia 7.
[7] Si tratta del reperto Video Difesa 9, prodotto all’udienza del 20/3/2007 e che riprende tra l’altro proprio la natura e la
consistenza delle protezioni dei manifestanti.
[8] Escusso alle udienza dei giorni 11, 18 e 25 gennaio 2005.
[9] Si tratta della Fiat Brava incendiata dai manifestanti del Blocco Nero verso le ore 13.25 in Via Montevideo, cfr. il
capitolo VII 1 parte paragrafo 24.
[10] Parte 2 primo pulsante da 00.10 a 01.30.
[11] Reperto 57P, si trova nelle produzioni del P.M. allegato 5.
[12] In relazione a quanto dichiarato dal teste GAGGIANO, su cui infra al paragrafo 23, si rileva come la Casa dello
Studente è sita diverse centinaia di metri a levante dell’incrocio tra Via Tolemaide e Corso Torino e, a causa della
conformazione della strada, non è visibile da Piazza Verdi o Piazza delle Americhe, poste a loro volta a qualche
centinaio di metri a ponente del predetto incrocio.
[13] Clip 82.
[14] Si veda il capitolo VII parte 1 paragrafo 33.
[15] Si trova ne DVD FTO, cartella “fotografie”.
[16] Si trova nel DVD FTO.
[17] Si trova nel 3° DVD DRF cartella “elenco selezione ordinata” al n. 007.
[18] Ibidem al n. 066.
[19] Ibidem al n. 008.
[20] Ibidem al n. 009.
[21] Il reperto filmato ed i relativi frame si trovano nel DVD TF.
[22] Il filmato ed i relativi frame si trovano nel DVD DAAF.
[23] Si trovano nel DVD DAAF.
[24] Il filmato si trova nel 1° DVD DRF, i frame si trovano nel 3° DVD DRF.
[25] Si tratta di reperti prodotti dalla difesa all’udienza del 10/4/2007.
[26] Si tratta del reperto Video Difesa 9 che per questa parte è stato inserito anche nella Consulenza Tecnica depositata
dalla difesa.
[27] Il C.T. ha ricevuto l’incarico di effettuare una ricostruzione attraverso documenti video, fotografie, comunicazioni
radio e materiale cartaceo dei fatti avvenuti il 20/7/2001 tra le 14.30 e le 15.30, con particolare riferimento agli
spostamenti del Battaglione Lombardia ed alla prima carica al corteo delle Tute Bianche in via Tolemaide.
[28] Si veda il capitolo VII parte 1 paragrafo 37.
[29] Prodotto all’udienza del 24/4/2007.
[30] Il teste ZAMPESE, udienza 2/3/2007, sulla base delle immagini del reperto 181.2 (da 07.00 a 09.00) ha confermato
come in Via Casaregis vi erano cassonetti ed arredi urbani divelti e messi in mezzo alla strada prima dell’arrivo del
corteo delle Tute Bianche.
[31] La comunicazione si trova a pag. 181del volume II delle trascrizioni.
[32] Questa comunicazione si trova a pag. 189.
[33] Si trova a pag. 190.
[34] Si trova a pag. 190.
[35] Non è agevole comprendere a quale corteo GAGGIANO faccia riferimento, dato che alle 13.56 quello delle Tute
Bianche, la manifestazione attesa da questo funzionario, si trovava ancora a levante della Casa dello Studente.
[36] Si trova a pag. 197.
[37] Si trova a pag. 203.
[38] Si trova a pag. 208.
[39] Si trova a pag. 208.
[40] Si trova a pag. 212.
[41] Pagine 212 e 213.
[42] Si tratta del reperto 192.2 da 1.39.32 prodotto dalla difesa all’udienza del 30/3/2007.
[43] Si tratta di filmati tratti dai reperti 164.133 Luna Rossa e 192.21 TPO Bologna.
[44] Si tratta del reperto 57A clip 85 allegato 5 delle produzioni del P.M.
[45] Si tratta in tutti i casi di reperti prodotti in formato VHS all’udienza del 16/11/2004 e poi trasfusi nella C.T. della
difesa FA.
[46] Si tratta del reperto 57A clip 85 allegato 5 delle produzioni del P.M.
[47] Si tratta di reperti prodotti in formato VHS all’udienza del 16/11/2004 e poi trasfusi nella C.T. della difesa FA.
[48] Reperto mostrato e prodotto dalla difesa all’udienza del 24/5/2005.