PROCESSO AI 25 MANIFESTANTI - Le motivazioni
10.2 Il Blocco Nero - le posizioni dei singoli imputati > > > > > > > > 1 | 2
9.5 Dagli elementi di cui sopra il Collegio ritiene provata l’identità del soggetto investigato con
l’imputato FA.
- Egli è stato riconosciuto con certezza da persona, la teste MIOLI, che lo conosce bene per aver
lavorato con lui.
Il riconoscimento è avvenuto in modo genuino su di una foto comparsa sulla stampa, quindi senza
nessun condizionamento ad opera degli inquirenti e si è su dati somatici come i capelli, la
corporatura, l’abbigliamento e l’immagine complessiva della persona.
Il riconoscimento è stato completato su altre e diverse immagini relative al medesimo soggetto
ritratto in occasione dei fatti di Genova.
Particolarmente importanti appaiono in questo senso le ulteriori immagini contenute nell’album
fotografico mostrato dalla Polizia alla MIOLI (foto 1, 2, 3 e 4) perché in esse l’imputato appare
ritratto da vicino e a volto scoperto, mettendo in evidenza particolari del viso riconosciuti come
caratteristici dalla teste, come le basette, oltre ai capelli.
La MIOLI ha riconosciuto nelle immagini investigate non solo le fattezze fisiche ma anche i
particolari dell’abbigliamento e degli accessori portati dal FA come i tanti braccialetti tondi ed i
vestiti neri.
La teste ha anche ricordato come, non solo i colleghi dell’ambiente di lavoro, ma anche lo stesso
FA fosse del tutto consapevole della rilevante somiglianza tra sé e il giovane ritratto nella foto
pubblicata sul Giornale di Brescia, pur dichiarando di non essere quella persona.
Questo costituisce un riscontro, proveniente dallo stesso imputato, della sincerità della teste e della
grande somiglianza dell’immagine pubblicata sul Giornale di Brescia con quella di FA.
La MIOLI ha anche dichiarato come nei giorni del vertice G8 FA non si trovasse al lavoro e che,
dopo la telefonata in cui le aveva parlato della foto sul giornale, non si era più presentato a Brescia.
Il riconoscimento compiuto dalla teste MIOLI appare convincente perché genuino e compiuto da
persona che conosce bene l’imputato.
La difesa ha provato a metterlo in dubbio mostrando la foto di un altro giovane con i capelli rasta.
La teste ha riconosciuto che quest’ultimo possa avere delle somiglianze con il giovane ritratto nella
foto pubblicata sul Giornale di Brescia, in particolar modo i capelli, aggiungendo però che il volto è
coperto.
Invece la teste ha riconosciuto FA anche nelle foto a volto scoperto, dove i particolari del viso sono
ben visibili.
L’attendibilità del riconoscimento compiuto dalla MIOLI non appare pertanto in dubbio.
- Sul punto si può aggiungere come non sia provato che la foto RASTA.jpeg ritragga effettivamente
persone partecipi ai fatti oggetto del presente processo.
La visione dell’immagine prodotta dalla difesa, poi, pone in evidenza nel soggetto con i capelli rasta
delle caratteristiche fisiche e di abbigliamento che appaiono del tutto diverse ed incompatibili con
quelle che compaiono nelle numerose immagini del soggetto oggetto di investigazione.
Ci si riferisce in primo luogo alla maschera ed ai pantaloni jeans (si notino le finiture delle tasche)
portati dall’individuo ritratto nella foto della difesa.
Il soggetto ritratto nelle immagini oggetto di investigazione non si vede mai con una maschera e
porta pantaloni neri diversi dai jeans.
In secondo luogo il soggetto ritratto nella foto prodotta dalla difesa mostra di avere i baffi ed un
pizzetto.
Il soggetto investigato (si vedano le foto del reperto 192.25) non porta né baffi né pizzetto.
Infine, le basette del soggetto investigato appaiono ben più lunghe di quelle del soggetto ritratto
nella foto della difesa.
Mentre le immagini del soggetto investigato ritraggono sempre la stessa persona, si deve concludere
che la persona ritratta nella foto prodotta dalla difesa sia invece persona diversa.
- Anche il teste ABBATE ha espresso un riconoscimento positivo del giovane investigato con il
portalettere FA, anche se egli dichiarava di aver visto di persona quest’ultimo in una sola occasione,
però corrispondevano i particolari che ricordava.
Egli ha fornito un ulteriore elemento di carattere indiziario concernente la partecipazione di FA ad
un incontro presso il centro sociale auto gestito di Brescia Magazzino 147, che aveva per oggetto la
globalizzazione ed il G8 di Genova.
Quindi FA era interessato alle problematiche oggetto delle manifestazioni tenutesi in questa città.
- La C.T. fisionomica prodotta dal P.M. ha fornito un elemento di riscontro ai riconoscimenti
positivi compiuti dai testi, individuando diversi dati somatici coincidenti tra le immagini dell’ignoto
e quelle certamente ascrivibili all’imputato e l’assenza di elementi di esclusione, concludendo con
un giudizio di compatibilità tra le diverse figure.
La difesa ha contestato la validità della C.T. sostenendo in particolar modo l’incertezza
nell’individuazione della forma del tatuaggio che si vede nelle foto del reperto 192.14 (figura 3
della relazione 9/7/2003).
Anche questo argomento però deve essere rigettato.
Proprio l’esame delle foto del reperto 192-14 compiuto anche con la lente di in gradimento, come
suggerito dal difensore in sede di discussione, convince della compatibilità della forma che si vede
disegnata sul braccio sinistro del soggetto investigato con il tatuaggio presente sul braccio sinistro
di FA.
Entrambe hanno un andamento curvilineo: il tatuaggio sul braccio di FA termina con una forma a
punta di lancia che però è preceduta nella parte immediatamente superiore da un disegno più grande
a sua volta caratterizzato da svariate punte e curve, quindi da una certa irregolarità.
Nelle foto del reperto 192-14 (soprattutto i frame 0005 e 0006), per quanto più sfuocate, si vedono
proprio una parte finale tondeggiante, che è compatibile con la forma a punta di lancia, ed una parte
immediatamente superiore più grande e irregolare caratterizzata da punte e curve.
Si deve concludere che tra le immagini di quel disegno sul braccio del soggetto investigato e quella
del tatuaggio sul braccio dell’imputato non vi è alcuna incompatibilità.
- Le caratteristiche somatiche e di abbigliamento della persona investigata sono state oggetto di
approfondimento da parte del teste ZAMPESE che le ha ritrovate in tutte le immagini del soggetto
investigato come i capelli, i braccialetti, le scarpe, la maglia con il disegno e la scritta, i pantaloni, la felpa portata in vita, i tatuaggi su entrambe le braccia e lo scudo.
Le caratteristiche fisiche e di abbigliamento del soggetto investigato si sono riscontrate anche nelle
immagini di FA, si pensi ai capelli, alle basette, ai tatuaggi.
Altri particolari visibili nelle foto oggetto di indagine, come i braccialetti ed i vestiti neri, sono stati
confermati come tipici anche di FA dalla teste MIOLI e dall’imputato stesso.
Al di là degli elementi di cui ai punti precedenti, si deve riconoscere che tanto maggiore è il numero
dei particolari corrispondenti tra due figure, quelle da un lato del soggetto investigato e quelle
dall’altro di FA, tanto maggiore è la probabilità dell’identificazione tra di loro.
Questo rappresenta un riscontro di carattere logico ai riconoscimenti operati dai testi ed alla
consulenza tecnica del P.M.
- A quanto sopra si deve aggiungere che l’imputato non ha inteso fornire spiegazione alternativa
circa i suoi movimenti di quei giorni.
Si tratta di numerosi elementi di prova, alcuni dei quali (come il riconoscimento ad opera dei testi)
di per sé sufficienti ad un’identificazione certa, che si corroborano a vicenda nel dimostrare
l’identità del soggetto investigato con l’imputato FA.
9.6 Il Collegio ritiene provata la responsabilità penale di FA in ordine a tutti i fatti contestatigli al
capo 42, fatta eccezione per quello di cui al n. 10, nonché per il reato di cui al capo 43.
Per il danneggiamento mediante il lancio di bottiglie incendiarie della Casa Circondariale di
Genova Marassi (capo 42 n. 10) e per i reati inerenti le bottiglie incendiarie (capi 44, 45 e 46) gli
elementi di prova non appaiono invece sufficienti a dimostrare la sua partecipazione ai fatti.
FA viene visto [414] partecipare al pesante danneggiamento degli arredi urbani di Piazza Paolo da
Novi, disselcia la pavimentazione, sradica le ringhiere delle aiole, svelle un palo della segnaletica
stradale (capo 42 n.1).
In altre parole procura a sé ed agli altri tutta una serie di corpi contundenti che saranno da lì a poco
utilizzati per ulteriori danneggiamenti e per compiere il reato di resistenza contro le Forze
dell’Ordine.
La pluralità dei danneggiamenti compiuti dall’imputato indica che non si tratta di un’attività casuale
o estemporanea, bensì mirata specificamente alla distruzione totale dell’arredamento urbano ed al
procacciamento di armi improprie.
Egli in particolare agisce in accordo ed in concorso con persone che fanno parte del c.d. Blocco
Nero, tra i quali poco più avanti incontrerà gli imputati CM e VV ed i soggetti A, B, C ed E.
Quindi si sposta da Piazza Paolo da Novi e percorre Corso Buenos Aires quando si sta ormai
avvicinando il corteo con lo striscione “SMASH” [415].
FA si trova alle 12.18.35 [416] all’incrocio tra Corso Buenos Aires e Corso Torino, mentre vengono
compiuti i danneggiamenti di diversi uffici e partecipa direttamente a quello dell’Agenzia
Immobiliare FIRPO, colpendone con un calcio la vetrina già danneggiata in precedenza [417] (capo 42
n. 2).
Per le modalità con le quali si vede arrecare il colpo, tipiche delle arti marziali, quest’ultima deve
essere ritenuta immagine significativa non solo della volontà di FA di danneggiare gravemente un
bene altrui, ma anche dell’intento di dare un esempio o un monito a quelli che guardano.
Quindi si rivede l’imputato in Via Montevideo mentre partecipa al danneggiamento e poi alla
distruzione della FIAT Brava della WIN RENT [418] (capo 42 n. 3).
In particolare appare significativa della diretta partecipazione dell’imputato a questo
danneggiamento la foto reperto 235 0017, l’imputato si vede agire insieme ad altri tra cui il soggetto
A.
La proporzione tra le diverse figure ritratte intorno all’auto e quella del veicolo che viene
danneggiato esclude che la figura riferibile all’imputato si trovi distante dal mezzo, come invece
sostenuto dalla difesa.
FA è proprio lì dove appare: cioè a contatto con il fianco sinistro dell’auto che viene pesantemente
danneggiata.
L’auto viene incendiata e poi il Blocco Nero prosegue verso ponente seguendo i TAMBURINI con
le bandiere.
FA segue questo gruppo [419], così come fanno A, CM, VV, CC ed altri.
Lo si rivede, sempre con lo scudo, in Corso Sardegna partecipare attivamente alla costruzione di
barricate (capo 42 n. 4) con i cassonetti dentro ai quali sono state poste delle tavole di legno
sottratte all’Ufficio Postale (capo 42 n. 6) [420].
Vicino a lui si riconoscono altri imputati come CM, VV, UD e MI, oltre al soggetto E.
Il comune e contemporaneo percorso di questi soggetti sui luoghi dei numerosi danneggiamenti
costituisce elemento di prova del concorso di tutti loro nelle azioni compiute.
Se anche in singoli episodi mancano immagini che ritraggono uno di essi compiere l’atto tipico del
reato contestato deve riconoscersi che l’aver seguito tutti insieme un comune percorso di
danneggiamenti ha significato da un lato rendere più difficile l’azione di contrasto della pubblica e
privata difesa, dall’altro rafforzare il proposito criminoso di chi nel caso concreto ha arrecato il
danneggiamento o ha sottratto qualcosa.
È il caso del concorso di FA nella distruzione e nel saccheggio del supermercato Dì per Dì (capo 42
n. 5).
Egli viene ritratto, insieme agli imputati di cui sopra, ad AC e a diversi manifestanti del Blocco
Nero già notati in precedenza, proprio davanti al supermercato durante tutta questa fase [421], è arrivato
in Piazza Giusti con gli altri e proseguirà con loro in Via Canevari [421].
È evidente l’adesione dell’imputato ed il rafforzamento che egli dà al proposito criminoso di chi
materialmente saccheggia il supermercato.
Per dissociarsi efficacemente FA avrebbe solo dovuto andarsene, abbandonando gli altri e le loro
condotte.
FA passa in Via Canevari unitamente ai TAMBURINI, a CM e agli altri di cui sopra [423].
Nella zona vengono compiuti pesanti danneggiamenti, tra i quali quello dell’agenzia n.9 Banca
Popolare di Novara (capo 42 n.7) dalla quale vengono anche sottratti titoli italiani e stranieri.
FA risulta direttamente partecipe anche a questa attività: lo si vede mentre passa davanti alla
telecamera che un altro manifestante sta rompendo a colpi di spranga. [424]
FA partecipa agli analoghi danneggiamenti all’agenzia n. 14 della Banca San Paolo IMI (capo 42
n.8), lo si può notare davanti alle vetrine infrante mentre cammina su quanto è stato asportato dalla
banca [425].
Si vede infine FA partecipare all’assalto contro il contingente di Carabinieri posto a difesa del
carcere di Marassi, lanciando sassi e prendendo parte al danneggiamento dei cassonetti e delle
campane per la raccolta differenziata che insieme ad altri fa rotolare in avanti ed usa per costruire
delle barricate (capo 42 n.9) [426].
L’attacco ai Carabinieri è compiuto dalle medesime persone che hanno seguito il percorso dei
manifestanti del Blocco Nero, riconosciute per i particolari fisici e di abbigliamento.
Tra esse si nota l’imputata CM.
Tutti agiscono evidentemente in concorso.
Da questo momento FA non è più visibile nelle immagini, in particolare non lo si vede davanti al
carcere quando vengono lanciate le bottiglie incendiarie.
Si deve ritenere che da ora in poi egli abbia abbandonato il gruppo dei manifestanti del Blocco
Nero, che infatti si assottiglia mentre raggiunge Piazza Manin e la zona di Circonvallazione a
Monte.
I fatti ascritti all’imputato ai numeri da 1 a 9 del capo 42 integrano, per i motivi già esposti, gli
estremi oggettivo e soggettivo del delitto di cui all’art. 419 c.p.
In merito a ciò l’ampiezza, la gravità, la sistematicità dell’opera di danneggiamento, la sua finalità
di ingenerare timore nel pubblico e di sconvolgere per un buon numero di ore la vita di interi
quartieri, la volontà di usare violenza per opporsi ai tentativi delle Forze dell’Ordine di riportare
l’ordine non consentono dubbio alcuno.
Per gli stessi motivi risultano integrati gli elementi oggettivo e soggettivo del reato di resistenza
aggravata (commesso dall’imputato in concorso con più di dieci persone e con l’uso di armi anche
se, nel caso del FA, non con l’uso di bottiglie incendiarie) e continuata lungo le numerose strade
indicate nel capo 43.
FA deve invece essere assolto dal fatto di cui al n. 10 del capo 42 ai sensi dell’art. 530 comma 2
c.p.p.
Per quanto l’attacco al carcere segua immediatamente quello contro i Carabinieri posti davanti allo
stesso e questo elemento renda probabile una partecipazione dell’imputato, seppur non fotografato,
anche all’episodio cronologicamente posteriore, di ciò non vi è la necessaria certezza.
Per gli stesi motivi FA deve essere assolto dai reati concernenti la detenzione, il porto e l’uso di
bottiglie incendiarie.
L’imputato si trova nelle immediate vicinanze di incendi, si pensi a quello ai danni della FIAT
Brava e a quello della barricata di Corso Sardegna, ma le immagini non lo mostrano mai in possesso
di bottiglie Molotov.
Anche in ordine alla partecipazione diretta dell’imputato a questi reati manca pertanto la necessaria
certezza.
10. La posizione di CC viene in rilievo tanto durante il mattino e il primo pomeriggio, quanto
durante le successive ore del pomeriggio del giorno 20 luglio 2001.
La prima parte delle accuse lo vede coinvolto e partecipe delle condotte illecite ascritte ai
manifestanti del Blocco Nero fino all’episodio del danneggiamento totale e del saccheggio del
supermercato Dì per Dì di Piazza Giusti delle ore 14.
In seguito egli risulta prendere parte attiva agli scontri avvenuti a margine del corteo delle Tute
Bianche nella zona di Via Tolemaide e nelle strade a questa adiacenti.
In questa sede vengono esaminate le condotte ascritte all’imputato in concorso con i manifestanti
del Blocco Nero, mentre sugli episodi della seconda parte del pomeriggio si ritornerà al paragrafo
28 del capitolo VIII.
Per quanto concerne i fatti del mattino del 20 luglio, CC viene accusato, unitamente ad altri, del
reato di devastazione e saccheggio aggravato (capo 12) in relazione al danneggiamento degli arredi
urbani e delle proprietà pubbliche collocati in numerose vie e piazze della città (n.1), al
danneggiamento anche a mezzo incendio dell’Agenzia n. 84 della banca CA.RI.GE. di Piazza
Tommaseo n. 14/R (n. 4) ed al danneggiamento totale e saccheggio del supermercato Dì per Dì di
Piazza Giusti n. 16-18/R (n.3).
Al capo 13 viene contestato all’imputato, in concorso con altri, il reato di resistenza aggravato ai
danni di pubblici ufficiali appartenenti alle Forze dell’Ordine in Corso Buenos Aires, Corso Torino,
Piazza Tommaseo, Via Caffa, Via Montevideo, Via Tolemaide, Corso Sardegna e Piazza Giusti (gli
ulteriori luoghi riguardano la contestazione dei fatti del pomeriggio).
Vi è infine al capo 16 la contestazione della contravvenzione di cui all’art. 5 co. 1 L. 152/1975 in
relazione alla partecipazione a manifestazione tenuta in luogo pubblico in condizioni di
travisamento del volto (un fazzoletto), reato che risulta peraltro già estinto per prescrizione [427].
L’identificazione dell’imputato è resa possibile sulla base di due diversi elementi di prova: 1 le
indagini di P.G. svolte anche a seguito dell’arresto dell’imputato avvenuto a Genova il 21/7/2001, 2
la comparazione fisionomica di alcune immagini investigate con altre di sicura riferibilità al CC.
10.1 Il teste Dr. Vincenzo D’AGNANO della Questura di Milano ha riferito come in data 21/7/2001
era stato inviato dalla S.O. a fare un sopralluogo in un centro di accoglienza in Via Giovanni
Maggio perché in quel luogo era stato segnalato un furgone con telone bianco che nei giorni
precedenti e nella mattinata era stato visto distribuire bastoni e mazze all’interno del corteo.
La segnalazione proveniva dall’elicottero che sorvolava la zona delle operazioni.
Verso le ore 14 il teste si recò sul posto insieme a cinquanta uomini del Reparto Mobile di Padova,
qui vi era una tensostruttura adibita ad alloggio e, parcheggiato sul lato della struttura, c’era il
furgone che corrispondeva alle descrizioni fornite.
Si trattava di un furgone Iveco Turbo Daily con cassone di colore bianco, una scritta laterale
“NOLEGGIO UNIRENT TORINO”, la cabina di colore blu e la targa. AK331CL.
La sala operativa aveva fornito al teste la descrizione delle persone viste sul furgone, si trattava di
persone che indossavano maglie bianche con fasce orizzontali rosse.
D’AGNANO verificò che questo era l’abbigliamento anche di alcune delle persone trovate
all’interno della struttura.
Il furgone era chiuso, giunse un giovane con le chiavi e lo aprì.
All’interno il teste rinvenne alcuni impianti di amplificazione stereo e poi aste di plastica grigie,
bandiere, zaini con oggetti personali, caschi, cacciaviti, forbici, fotocopie delle piantine delle zone
di Genova dove il giorno prima erano avvenuti gli scontri.
Il veicolo risultava noleggiato da MM dalla agenzia UNIRENT di Torino, le chiavi le aveva in
custodia AR.
Altre persone presenti sul posto erano TM, BM, SS, BM, CV, CC, MD.
Queste persone vennero accompagnate alla caserma di Bolzaneto e messe a disposizione del
personale della Squadra Mobile delegato a trattare l’attività seguente.
ZAMPESE ha individuato nelle diverse immagini riferibili al CC i particolari, sempre costanti, sia
fisici sia dell’abbigliamento e degli accessori portati.
Egli ha capelli neri, ricci e corti, porta i baffi, appare leggermente stempiato, indossa [428] una
maglietta a maniche corte scura con una riga orizzontale, pantaloni jeans, scarpe marroni chiare, si
vedono gli spallacci di uno zaino, è travisato con un fazzoletto scuro.
In alcune immagini [429] porta il fazzoletto scuro legato al collo, in altre porta dei sacchetti gialli
prelevati al Dì per Dì di Piazza Giusti.
Il soggetto viene individuato già il 19/7/2001 durante il corteo dei Migranti [430], quindi nel corso degli
scontri sia della mattina [431], sia del pomeriggio [432] del 20 luglio.
Si tratta sempre di persona con capelli corti, neri, ricci e baffi [433]
Al momento dell’arresto e del successivo fotosegnalamento [434] indossava una maglietta scura munita
di una riga orizzontale nella parte anteriore identica a quella del soggetto investigato (si noti la riga
orizzontale nella foto reperto 163 foto 04 del 20/7/2001).
Tanto nel corso del 19 [435] quanto il 20 [436] CC viene ritratto in diverse occasioni in compagnia di una
donna.
Si tratta di SA, la quale era stata identificata alla partenza insieme a CC e che insieme a lui venne
tratta in arresto il 21/7/2001 [437].
Anche i particolari dell’abbigliamento della donna al momento dell’arresto (una saloppette celeste)
appaiono corrispondere a quelli dei giorni precedenti [438], quando camminava vicino a CC.
10.2 Alcune delle immagini ipotizzate come riferibili all’imputato sono state oggetto di una
comparazione fisionomica [439], la provenienza di queste è stata chiarita dal teste ZAMPESE [440].
Il C.T. del P.M. Dr. CAVALERA ha spiegato come le immagini siano state mese a confronto
somatico.
La figura 1 ritrae il soggetto investigato di profilo destro (persona vicino al blindato) il quale
presenta:
- il profilo del volto di forma curvilinea,
- i capelli corti, di forma riccia con inizio di calvizie nella parte frontale,
- la fronte alta, di forma lievemente concava, direzione sfuggente,
- le sopracciglia di forma tendenzialmente curvilinea,
- l’occhio destro è visibile solo in modo non sufficiente,
- il naso con radice profonda costituita da una concavità tra il termine del naso e l’intersezione
con lo spazio intersopraccigliare, il profilo del dorso è di forma concava, si vede il contorno
della narice (perché è ribaltata rispetto a quella sinistra a causa di una leggera deviazione del
naso),
- la distanza naso labiale non è visibile per la presenza di baffi,
- l’orecchio destro di forma tendenzialmente ovale, di dimensioni medie,
- la bocca non è visibile,
- il mento di direzione intermedia e di forma convessa.
Le figure di comparazione costituite dal cartellino segnaletico di CC sono costituite da
un’immagine di profilo destro e da una di fronte.
Il soggetto presenta:
- il profilo del volto di forma curvilinea,
- i capelli corti, di forma riccia con inizio di calvizie nella parte frontale,
- la fronte alta, di forma concava, direzione sfuggente,
- le sopracciglia di forma curvilinea, poco folte,
- gi occhi con bulbo oculare di forma rotonda, di direzione obliqua esterna con palpebra
superiore scoperta,
- il naso con dorso di forma concava, radice profonda, piramide nasale leggermente ma
completamente deviata a destra (il C.T. ha rilevato che quest’ultima costituisce una
caratteristica saliente) con leggero ribaltamento della narice destra che si situa in posizione
più alta rispetto alla narice sinistra,
- la distanza naso labiale non è visibile per la presenza di baffi,
- l’orecchio destro di forma tendenzialmente ovale, di dimensioni medie,
- il mento di direzione intermedia e di forma convessa.
Sulla base delle sopraindicate corrispondenze somatiche (in particolare la deviazione del naso con il
conseguente ribaltamento della narice destra, il profilo del dorso nasale, la concavità profonda della
radice del naso, concavità della fronte al terzo medio, il profilo del mento) il C.T. esprimeva un
giudizio di compatibilità tra l’immagine del soggetto investigato e quella di CC.
10.3 CC è stato colpito da misura cautelare personale il 4 dicembre 2002 ed ha reso due
interrogatori, rispettivamente al G.I.P. ed al P.M. procedente sui fatti contestatigli in questo
procedimento.
Rispondendo al G.I.P. egli ha dichiarato di avere partecipato alle manifestazioni di Genova in
occasione del G8, fin da quella del giorno 19 relativa ai Migranti.
Aveva preso alloggio in un campeggio presso un istituto scolastico e lì era stato poi arrestato a fine
mattina del 21/7/2001.
In merito a questo episodio spiegava che in quel momento la Polizia aveva fatto aprire un furgone
presente nel campeggio, veicolo che lui aveva visto per la prima volta quel mattino e dal quale non
aveva mai visto distribuire armi improprie.
Non conosceva AR, il giovane che aveva le chiavi del veicolo.
Il giorno 20 luglio CC aveva seguito altri manifestanti alloggiati presso il medesimo istituto
scolastico, questi si erano diretti verso un concentramento in Piazza Paolo da Novi.
Però a causa degli scontri già in atto non era neppure riuscito a raggiungere quella piazza e, essendo
allergico ai lacrimogeni, si era recato al villaggio No Global sul lungo mare, dove vi era stata una
carica della Polizia.
Negava gli addebiti, affermando di non essersi mai accompagnato agli esponenti del Blocco Nero,
termine che neppure conosceva e di non conoscere CM.
Ipotizzava di essere stato scambiato per un’altra persona, anche perché in quei giorni indossava
pantaloncini corti e non jeans e non disponeva né di uno zainetto né di un fazzoletto.
Precisava che durante la prima mattina del 20 si era recato al luogo del concentramento insieme ad
un’amica, SA, anch’essa tratta in arresto il giorno 21.
I due si erano divisi prima di raggiungere Piazza Paolo da Novi al momento di accorgersi degli
scontri.
Si erano poi nuovamente incontrati solo la sera ad un’assemblea.
Il giorno 21 non aveva partecipato a manifestazioni, era stato al mare da solo e poi, al vedere
l’arrivo della Polizia presso il campeggio, si era avvicinato per curiosità ed era stato fermato verso
le ore 13.
Anche il 21 indossava pantaloncini corti.
Dichiarava di essere insegnante di lettere.
Rispondendo al P.M., CC negava di riconoscersi nelle immagini oggetto di contestazione,
spiegando che in quei giorni indossava pantaloni corti e non i jeans che si vedono nelle foto.
Però poi doveva riconoscere di avere cambiato i pantaloni perché una sera vi era stato un
acquazzone e si era bagnato.
Infine non ha escluso di essere la persona ritratta nella foto reperto 143-10 PS 0003 relativa alla
manifestazione del 19 luglio.
Ha spiegato di essere arrivato a Genova insieme all’amica, SA e con lei aveva preso parte alla
manifestazione dei Migranti, anche se ad un certo momento i due si erano divisi.
Ancora insieme alla SA la mattina del 20 si era recato in centro con l’autobus, scendendo non
lontano da Piazza Paolo da Novi, dove l’imputato voleva incontrare il gruppo facente capo a
BOVE’.
Però poiché nella piazza vi erano già degli scontri e CC è allergico ai lacrimogeni, i due avevano
deciso di raggiungere il villaggio del GSF.
Quasi subito, a causa degli scontri, i due si erano persi di vista.
Nel suo percorso CC non aveva mai incontrato i Black Block, né manifestanti violenti o travisati,
tracce di devastazione e neppure rappresentanti delle Forze dell’Ordine.
Aveva raggiunto il villaggio del GSF tra le 12.30 e le 14.00, la situazione intorno era tranquilla.
Quindi aveva fatto un giro sul lungomare e verso le 18.30 era ritornato al GSF, aveva preso parte ad
un’assemblea ed aveva incontrato nuovamente la SA.
In relazione al proprio abbigliamento, oltre a quanto già ricordato a proposito dei pantaloni,
aggiungeva di aver indossato una maglietta di cui non ricordava il colore.
Al momento dell’arresto indossava una maglia blu.
Precisava di conoscere molto bene la SA, sorella di un anarchico e aggiungeva di essere stato in
gioventù anch’egli un anarchico, vicino al gruppo del fratello della donna.
Negava di possedere zaini e di avere indossato fazzoletti per ripararsi dai gas, non escludeva di
avere avuto il possesso nei giorni di Genova di sacchetti contenenti degli alimentari.
Il 21 insieme alla SA si era recato al mare, quindi era tornato nei pressi del campeggio ed aveva
visto arrivare la Polizia.
Un funzionario lo aveva riconosciuto come professore ed aveva domandato di procurare le chiavi di
un camioncino.
CC si era adoperato per trovare quelle chiavi, altrimenti la Polizia lo avrebbe forzato.
Quindi era stato arrestato.
10.4 Gli elementi di cui sopra consentono di identificare con certezza la persona ritratta nelle foto
oggetto di investigazione in CC.
Primo importante elemento di prova è costituito dall’arresto del medesimo il 21/7/2001 a Genova
all’interno di un centro di accoglienza per i manifestanti.
In tale centro si trovava un camion dal quale sia il giorno prima, sia quel medesimo 21/7/2001 erano
stati distribuiti bastoni e mazze.
Al momento del controllo di polizia il veicolo era chiuso a chiave e CC ha ammesso di essersi
adoperato per trovare le chiavi, sul furgone sono stati rinvenuti aste di plastica, bandiere, zaini con
oggetti personali, caschi, cacciaviti, forbici, fotocopie delle piantine delle zone di Genova dove il
giorno prima erano avvenuti gli scontri, tutti oggetti di carattere sospetto.
Il ritrovamento di CC vicino a quel veicolo e il suo adoperarsi per trovarne le chiavi costituiscono
elementi di carattere indiziario circa il fatto che egli partecipasse al possesso del medesimo, quindi
all’attività illecita osservata dall’elicottero anche il 20/7/2001 in Piazza Paolo da Novi [441], luogo
dove egli ha ammesso di doversi recare.
Ma oltre al contenuto del furgone, ciò che qui più rileva sono da un lato la sicura partecipazione del
CC alle manifestazioni, da lui stesso ammessa, e dall’altro soprattutto le caratteristiche del suo
abbigliamento.
In particolare la maglia blu visibile nella foto segnaletica appare di foggia non comune a causa della
riga che la attraversa orizzontalmente sul petto e trova precisa corrispondenza con quella indossata
dal soggetto investigato.
Ulteriore elemento di carattere indiziario a carico dell’imputato è la presenza al suo fianco, sia
durante gli scontri (si veda l’episodio del Dì per Dì) sia durante le manifestazioni pacifiche, di una
donna, corrispondente per fattezze fisiche e di abbigliamento ad SA, arrestata insieme a CC e con la
quale quest’ultimo ha ammesso di essere venuto a Genova.
La C.T. fisionomica prodotta dal P.M. ha fornito un ulteriore elemento di conferma, individuando
diversi elementi somatici coincidenti tra le immagini dell’ignoto e quella certamente ascrivibile
all’imputato e l’assenza di elementi di esclusione, concludendo con un giudizio di compatibilità tra
le due figure.
Le caratteristiche somatiche e di abbigliamento della persona investigata sono state oggetto di
approfondimento da parte del teste ZAMPESE che le ha ritrovate in tutte le immagini in seguito
attribuite al CC.
Ed effettivamente sulla base delle numerose immagini acquisite il Collegio ritiene la completa
corrispondenza delle fattezze fisiche (capelli, stempiatura, baffi) e dell’abbigliamento dell’ignoto a
quelle dell’imputato.
Quest’ultimo ha negato di riconoscersi nelle immagini, anche se ha dovuto ammettere di avere
cambiato i pantaloncini corti, bagnati a causa di un acquazzone e non ha potuto escludere di essere
la persona ritratta in una foto, peraltro non relativa agli scontri, in cui questi si mostra con le
medesime caratteristiche fisiche e di abbigliamento (la maglia scura) del soggetto investigato.
10.5 Limitando in questa sede l’esame ai fatti commessi nell’ambito degli scontri del Blocco Nero,
osserva il Collegio come gli elementi di prova acquisiti fondano la penale responsabilità del CC in
ordine ai fatti di devastazione e saccheggio contestati al n.1 prima parte e ai n. 4 e 5 del capo 12,
nonché al reato di resistenza aggravata e continuata (capo 13).
L’imputato appare per la prima volta nelle immagini dei danneggiamenti e degli scontri avvenuti in
Corso Torino tra l’incrocio con Corso Buenos Aires e quello con Via Pisacane [442].
Egli è ritratto davanti alle barricate mentre insieme ad altri, tra i quali la CM e VV ed i soggetti A e
B, si contrappone alle Forze dell’Ordine [443].
CC tiene in mano una bottiglia ed altri corpi contundenti.
L’imputato segue i manifestanti del Blocco Nero e gli altri imputati in Piazza Tommaseo [444] dove
partecipa al danneggiamento dell’Agenzia n. 84 della banca CA.RI.GE. ed alla costruzione delle
barricate da opporre alle Forze dell’Ordine.
In questa piazza CC si trova insieme a CM, VV, UD, MI, DP, oltre ai diversi soggetti indicati con le
lettere dell’alfabeto.
Lo si vede [445] infatti immediatamente davanti alla banca mentre questa viene assalita dalla folla e
poi [446] dietro la fila di cassonetti messa a sbarrare Via D’Invrea, mentre si china a raccogliere oggetti
da lanciare.
La sua è dunque una partecipazione attiva alle condotte illecite.
Insieme agli altri egli si contrappone violentemente alle Forze di Polizia che cercano di liberare la
piazza.
Lo si può osservare sulle barricate incendiate e poi in Via D’Invrea davanti agli Agenti ben oltre le
barricate stesse [447].
Quindi, seguendo il percorso degli altri manifestanti del Blocco Nero e dei TAMBURINI, CC si
sposta in Via Montevideo e lo si vede nei pressi della FIAT Brava in fiamme [448], poi in Via
Tolemaide dove si trova anche FA [449], quindi davanti al sottopasso [450], dove viene ripreso anche DP.
Anche CC si porta nella zona di Corso Sardegna [451] e poi in Piazza Giusti dove prende parte al
danneggiamento totale ed al saccheggio del supermercato Dì per Dì (capo 12 n. 5).
Qui l’imputato viene ripreso [452] insieme ad una donna, SA, mentre si trattiene a pochi passi
dall’ingresso del Dì per Dì e tiene in mano due sacchetti di plastica (uno bianco ed uno giallo),
provenienti dal supermercato saccheggiato e che appaiono piuttosto gonfi [453].
In un paio di immagini [454] si vede CC mangiare, in altra [455] lo si vede chinato mentre stappa una
bottiglia, vicino a lui ci sono altre bottiglie e degli alimentari.
È la fase nella quale oltre all’imputato si trovano contemporaneamente davanti al supermercato
anche AC, FA, DP, UD, MI, VV e CM ed altri manifestanti del Blocco Nero.
Poi però gli altri proseguono per Via Canevari mentre CC si ferma ancora in Piazza Giusti [456] senza
più raggiungerli.
CC verrà nuovamente individuato nel pomeriggio durante gli scontri a margine del corteo delle Tute
Bianche in via Casaregis.
Anche in relazione a CC valgono le considerazioni svolte in precedenza per altri imputati.
Egli partecipa attivamente e volontariamente ai gravi danneggiamenti ed atti di saccheggio
ascrivibili ai manifestanti del Blocco Nero, con i quali condivide il percorso lungo diversi quartieri
della città e le condotte violente sia nei confronti delle cose sia nei confronti delle Forze
dell’Ordine.
Le sue condotte non appaiono casuali, né dettate da mera curiosità perché egli si trova sovente in
prima fila nel danneggiare gli arredi urbani, la banca, nel saccheggiare il supermercato e nel
contrapporsi agli Agenti di Polizia.
Si tratta di condotte violente del tutto gratuite, non motivate da comportamenti scorretti dei pubblici
ufficiali, in questa fase neppure configurabili e non prive di un certo tornaconto personale, come si
vede in occasione del saccheggio del supermercato.
Restano pertanto pienamente integrati gli estremi oggettivo e soggettivo dei contestati reati di
devastazione e saccheggio e di resistenza ai pubblici ufficiali.
11. DP viene accusato, unitamente ad altri, del reato di devastazione e saccheggio aggravato (capo
26) in relazione al danneggiamento degli arredi urbani e delle proprietà pubbliche collocati in
numerose vie e piazze della città (n.1), al danneggiamento anche a mezzo incendio dell’Agenzia n.
84 della banca CA.RI.GE. di Piazza Tommaseo n. 14/R (n. 2) ed al danneggiamento totale e
saccheggio del supermercato Dì per Dì di Piazza Giusti n. 16-18/R (n.3).
Al capo 27 viene contestato all’imputato, in concorso con altri, il reato di resistenza aggravato ai
danni di pubblici ufficiali appartenenti alle Forze dell’Ordine in Piazza Tommaseo, Via Tolemaide,
Corso Torino e Piazza Giusti.
Vi è infine al capo 28 la contestazione della contravvenzione di cui all’art. 5 co. 1 L. 152/1975 in
relazione alla partecipazione a manifestazione tenuta in luogo pubblico in condizioni di
travisamento del volto (un fazzoletto), reato che risulta peraltro già estinto per prescrizione [457].
L’identificazione dell’imputato è resa possibile sulla base di due diversi elementi di prova: 1 le
indagini di P.G., 2 la comparazione fisionomica di alcune immagini investigate con altre di sicura
riferibilità al DP.
11.1 Il teste ZAMPESE ha individuato un soggetto che compare in diverse immagini relative al
percorso dei manifestanti del Blocco Nero a partire da Piazza Tommaseo per arrivare a Piazza
Giusti davanti al supermercato Dì per Dì.
Questi indossa un casco bianco, una maglia verde con un disegno bianco nella parte posteriore,
pantaloni scuri e porta un borsello scuro a tracolla [458].
Da altra immagine [459] si può vedere che la maglia verde presenta un logo bianco nella parte anteriore
sinistra e che il soggetto indossa un paio di scarpe beige chiaro ed è alla guida di uno scooter.
Del veicolo si riesce a vedere la targa [460]: si tratta di una moto YAMAHA, intestata a DMA.
Presso la medesima abitazione venne eseguita una perquisizione a carico del DP che vi venne
trovato insieme alla DMA in data 8/3/2004.
DP ha infine eletto domicilio proprio ivi.
ZAMPESE ha messo in evidenza come i particolari fisici e di abbigliamento del soggetto
investigato corrispondono in tutte le immagini acquisite.
11.2 Alcune delle immagini ipotizzate come riferibili all’imputato sono state oggetto di una
comparazione fisionomica [461], la provenienza di queste è stata chiarita dal teste ZAMPESE [462].
Il C.T. del P.M. Dr. CAVALERA ha spiegato come le immagini siano state mese a confronto
somatico.
La prima immagine (figura 1) mostra il viso del soggetto investigato A di tre quarti destra, la
seconda (figura 2) mostra il medesimo di tre quarti sinistra, la persona indossa un casco ed una
maglietta.
Le immagini del soggetto investigato sono scarsamente dettagliate e le caratteristiche somatiche non
sono completamente visibili perché la persona è travisata dal casco.
Il soggetto A nella figura 1 presenta:
- la linea di contorno cranico di forma tendenzialmente ellissoidale,
- grado di adiposità generale del volto medio-abbondante,
- i capelli non visibili,
- la fronte visibile parzialmente, non sufficiente per un giudizio sulla morfologia,
- le sopracciglia a forma tendenzialmente curvilinea,
- gli occhi non visibili a sufficienza,
- il naso con dorso di direzione tendenzialmente rettilinea e lobulo di grandi dimensioni,
- l’orecchio non visibile,
- la bocca tendenzialmente stretta e di direzione rettilinea,
- il mento di forma tendenzialmente circolare.
La figura 2 conferma i dati emergenti dalla figura 1.
Il confronto tra le figure 1 e 2 da un lato e quella di DP offre diversi elementi omogenei tra loro:
- il contorno cranio facciale di forma tendenzialmente ellissoidale,
- i capelli, non visibili in 1 e 2, appaiono nella foto comparativa frontale come lisci, corti, di
colore castano scuro,
- la fronte parzialmente visibile in 1 e 2, nella foto frontale è di tipo alto,
- le sopracciglia sono tendenzialmente curvilinee in tutte tre le immagini,
- gli occhi non sono visibili in 1 e 2, mentre nella foto frontale hanno direzione rettilinea, la
palpebra è fisiologicamente scoperta,
- il naso nelle figure 1 e 2 risulta avere direzione tendenzialmente rettilinea e lobulo grande, la
foto frontale conferma il lobulo di grandi dimensioni e la direzione rettilinea del dorso,
- l’orecchio non visibile nelle figure 1 e 2, nella foto frontale ha dimensioni grandi rispetto al
viso,
- la bocca è stretta e rettilinea in tutte e tre le immagini,
- il mento risulta circolare in tutte e tre le immagini.
Le correlazioni positive tra le diverse immagini hanno consentito al C.T. di esprimere un giudizio di
compatibilità parziale al limite con la compatibilità.
11.3 Gli elementi di cui sopra consentono di identificare con certezza la persona ritratta nelle foto
oggetto di investigazione in DP.
Elemento che appare di tutta rilevanza è la circostanza che un soggetto che da un esame delle foto
investigate risulta del tutto somigliante a DP si trovi in possesso di uno scooter intestato alla
convivente del DP.
Questa è una circostanza che l’imputato, pur avendone l’occasione durante il processo, non ha
smentito in alcuna maniera.
La stessa DMA a dibattimento si è avvalsa della facoltà di non rispondere prevista per le persone
parenti o conviventi con gli imputati.
La C.T. fisionomica prodotta dal P.M. ha fornito un elemento di conferma, individuando diversi
elementi somatici coincidenti tra le immagini dell’ignoto e quella certamente ascrivibile
all’imputato e l’assenza di elementi di esclusione, concludendo con un giudizio di compatibilità tra
le due figure.
Deve concludersi come siano stati raccolti più elementi di carattere indiziario che appaiono gravi e
tra di loro concordanti nel far identificare il soggetto investigato con l’imputato, elementi non
smentiti da quest’ultimo.
11.5 Il Collegio osserva come gli elementi di prova acquisiti fondano la penale responsabilità del
DP in ordine al solo fatto di sottrazione di beni dal supermercato Dì per Dì (capo 26 n. 3) che deve
essere qualificato come furto aggravato, nonché al reato di resistenza ai pubblici ufficiali contestato
al capo 27.
Egli compare per la prima volta nelle immagini relative alla contrapposizione con le Forze
dell’Ordine ed ai danneggiamenti avvenuti in Piazza Tommaseo [463].
Nelle immagini si vedono il fumo dei lacrimogeni provenienti da Corso Buenos Aires e l’imputato
DP.
Questi dapprima si trova davanti alla Banca Antonveneta, poi all’arrivo dei lacrimogeni si allontana
di corsa verso Via Montesuello.
Durante la sua corsa DP passa davanti all’Agenzia della CARIGE, ma non lo si vede compiere
nessuna attività nei confronti dello sportello bancario.
Tra i manifestanti interessati agli scontri si notano, in questo reperto, VV ed i soggetti A e B.
Nelle immagini di altri reperti acquisiti si vedono in questa stessa zona e contemporaneamente
anche la CM, CC, UD e la MI.
D’ora in poi DP segue i manifestanti del Blocco Nero: lo si vede in Via Montevideo [464] mentre passa
vicino alla FIAT Brava della WIN RENT, poi in Corso Torino all’imbocco del sottopasso
ferroviario [465] in sella alla moto intestata alla DMA.
Infine si trova presso il Dì per Dì, al cui saccheggio prende parte attiva [466].
In particolare rileva la foto del reperto 120 DSCF0143 che mostra questo imputato davanti al
supermercato con in mano una bottiglia di vetro, intorno a lui molti altri manifestanti si appropriano
di beni alimentari, tra di essi si vedono gli imputati AC e CC.
Rilevano ancora le immagini del reperto 41 che mostrano come DP abbia momentaneamente
parcheggiato la moto (frame 0010) e si sia introdotto nel Dì per Dì dal quale lo si vede uscire con
alcuni sacchetti di plastica ben gonfi di oggetti (frame 0012-0033).
Anche la foto reperto 120 P Giusti Scontri RP 10 mostra DP allontanarsi con i sacchetti del
supermercato.
Da questo momento non si trovano più immagini che dimostrino la presenza di questo imputato sui
luoghi degli scontri.
Egli evidentemente ha abbandonato i manifestanti del Blocco Nero.
Gli elementi di cui sopra consentono di ritenere pienamente provata la commissione ad opera del
DP di un furto aggravato, ai sensi articoli 625 n. 2 e 7 a causa della violenza su cose esposte alla
pubblica fede e dell’art. 61 n. 5 c.p. a causa della situazione di minorata difesa relativamente ai beni
sottratti, ai danni del supermercato Dì per Dì.
Questo avviene in un contesto del tutto particolare però gli elementi acquisiti non paiono sufficienti
a dimostrare l’adesione di questo imputato al più ampio disegno di devastazione e saccheggio
ascrivibile ai manifestanti del Blocco Nero.
In particolare l’imputato è presente in Piazza Tommaseo, dove si contrappone alle Forze
dell’Ordine, ma non lo si vede prendere parte a nessun tipo di danneggiamento, né degli arredi
urbani né dell’agenzia della banca CARIGE.
Il fatto contestato al capo 26 n. 3 va dunque qualificato come furto aggravato, non come
devastazione e saccheggio che richiede la commissione di più fatti.
Dagli episodi contestatigli ai n. 1 e 2 del medesimo capo l’imputato deve invece essere assolto, ai
sensi del secondo comma dell’art. 530 c.p.p., per non aver commesso il fatto.
Provata è la penale responsabilità del DP per il reato di resistenza aggravata contestatogli al capo 27perché lo si vede prendere parte alla contrapposizione con la Polizia all’intersezione tra Piazza
Tommaseo e Corso Buenos Aires.
Con la sua presenza DP rafforza il gruppo di coloro che resistono al tentativo degli Agenti di
riprendere il controllo della Piazza e poi, quando vengono lanciati i lacrimogeni, lo si vede
allontanarsi di corsa.
Anche successivamente, spostandosi insieme ai manifestanti del Blocco Nero e quindi contribuendo
ad infoltirne il gruppo egli si pone come antagonista delle Forze di Polizia e ciò fonda la contestata
continuazione nel reato di resistenza.
12. UD e MI vengono accusati, unitamente ad altre persone, del reato di devastazione e saccheggio
aggravato (capo 64) in relazione al danneggiamento degli arredi urbani e delle proprietà pubbliche
collocati in numerose vie e piazze della città (n.1), al danneggiamento degli uffici della POSTE
ITALIANE s.p.a. di Corso Sardegna n. 2 (n. 2), al danneggiamento totale e saccheggio del
supermercato Dì per Dì di Piazza Giusti n. 16-18/R (n.3), al danneggiamento totale e saccheggio del
supermercato Dì per Dì di Via Canevari n. 110 r (n.4) ed al danneggiamento dell’agenzia n. 7 del
Banco di Chiavari e della riviera Ligure di Via torti n. 162 r (n.5).
Al capo 65 viene contestato ai due imputati, in concorso con altri, il reato di resistenza aggravato ai
danni di pubblici ufficiali appartenenti alle Forze dell’Ordine in Piazza Tommaseo, Corso
Sardegna, Piazza Giusti, Via Canevari, Via Torti e sul Ponte di Terralba.
Vi è infine al capo 66 la contestazione della contravvenzione di cui all’art. 5 co. 1 L. 152/1975 in
relazione alla partecipazione a manifestazione tenuta in luogo pubblico in condizioni di
travisamento del volto (una maschera antipolvere per UD, una maschera antipolvere ed un
fazzoletto per MI), reato che risulta peraltro già estinto per prescrizione [467].
L’identificazione dei due imputati è stata resa possibile da quattro elementi di prova: 1 il
riconoscimento personale di entrambi ad opera di un Ufficiali di P.G. che li conosce direttamente, 2
le indagini di P.G. con il sequestro presso l’abitazione di alcuni indumenti corrispondenti a quelli
portati dall’uomo ritratto nelle foto oggetto di indagine, 3 la comparazione fisionomica positiva di
alcune immagini investigate con altre di sicura riferibilità ai due, 4 le dichiarazioni con le quali UD
si è riconosciuto nelle foto oggetto di contestazione.
12.1 Il teste Vincenzo ALBERGHINA, Ispettore della DIGOS di Messina escusso all’udienza del
28/2/2006, dichiarava di aver visionato le immagini degli scontri verificatisi durante il G8 inviati
anche al suo ufficio dai colleghi di Genova.
Si trattava di tantissime immagini e in esse riconobbe sia UD sia MI.
Spiegava di conoscere i due per motivi professionali.
UD fa parte del movimento antagonista di Messina e lo aveva visto prendere parte a diverse
manifestazioni organizzate in quella città, come ad esempio l’occupazione del centro Olimpia 47.
In tali occasioni aveva sentito direttamente il giovane e poteva quindi dire di conoscerlo bene.
Nelle foto ricevute da Genova il teste riconobbe UD per le caratteristiche fisionomiche, le
dimensioni del corpo, l’altezza e la corporatura.
Anche MI fa parte dell’area antagonista messinese e risulta aver preso parte alle diverse
manifestazioni controllate dal teste.
La donna è nota per le sue caratteristiche fisiche, dato che è molto magra, alta m. 1,70, ha il viso
scavato ed i capelli biondastri.
Il teste aveva riconosciuto anche la MI nelle foto pervenute da Genova.
La donna delle foto risulta travisata, ma di lei si vedeva il tatuaggio particolare intorno
all’ombelico, del tutto corrispondente a quello esistente sulla medesima zona del corpo della MI (si
vedano i rilievi foto segnaletici [468]).
In seguito ALBERGHINA aveva partecipato alla perquisizione dell’abitazione di UD delegata dal
P.M. di Genova in relazione ai reati oggetto di odierna contestazione.
In casa dell’imputato venne sequestrato materiale coincidente con quello delle foto: un paio di
scarpe da ginnastica con suola bianca e lacci marroni, un paio di bermuda verde militare, uno
zainetto [469].
Durante la perquisizione era presente, tra gli altri, anche la MI.
Esaminando alcune foto a dibattimento, il teste riconosceva UD nel reperto 120 Piazza Giusti
Scontri RP 20 [470]: l’imputato si trova sulla destra e tiene in mano una lattina, si appresta a bere,
indossa bermuda verde militare, una maglietta bianca, scarpe da ginnastica, è rasato.
Nel reperto 041202 004 relativo all’esecuzione della perquisizione del 4/12/2002 il teste
riconosceva nella donna all’estrema sinistra MI e se stesso come la seconda persona a sinistra.
Quindi riconosceva le foto del materiale sequestrato a UD: lo zainetto, le scarpe da tennis con la
suola bianca, i pantaloni bermuda con le ampie tasche laterali.
Il teste riconosceva la foto reperto 70H-OGGS2RAS [471] come quella ricevuta a Messina e che gli
aveva permesso di riconoscere sia UD sia la MI nonostante la donna fosse travisata.
I due si vedono insieme ed è noto che sia allora sia in seguito stavano sempre insieme.
La donna ritratta nella foto corrispondeva alla MI nelle caratteristiche fisiche: la carnagione ed il
fatto di essere magra, corrispondeva anche il tatuaggio intorno all’ombelico.
12.2 ZAMPESE ha posto in evidenza i particolari somatici e di abbigliamento che ricorrono in tutte
le immagini che ritraggono i due soggetti investigati, i due appaiono sempre insieme.
Il giovane [472] viene ripreso in primo piano di schiena, indossa una maglia chiara, si nota la tracolla
rosso e blu di uno zaino, ha i capelli rasati, porta un paio di occhiali ed una collana al collo, sopra
l’orecchio si vede il laccio di una mascherina.
La foto è tratta Piazza Tommaseo vicino alle barricate, è il contesto nel quale agiscono i
manifestanti del Blocco Nero.
Lo stesso giovane è ritratto in altra immagine contestuale alla precedente [473]: si trova nella parte
centrale della foto dietro il tabellone del semaforo, indossa una maglia bianca e pantaloni bermuda
con tasche laterali calzati bassi, scarpe da ginnastica scure con inserto chiaro e suola bianca, ha uno
zaino a tracolla, indossa una mascherina, ha i capelli rasati, occhiali da vista, lo zaino a tracolla,
protezioni su entrambi gli avambracci.
Nella medesima immagine vicino al giovane si nota una ragazza che sta parlando con un terzo che
porta in testa una maglia di diversi colori ed è travisato.
La ragazza ha delle protezioni sul braccio sinistro tipo gommapiuma beige, analoghe a quelle del
giovane investigato, porta una mascherina bianca, una maglia grigia, una tracolla e degli occhiali
tipo nuoto non da vista.
Nella foto reperto 70H OGGS2-RAS si apprezzano i particolari dei due, la ragazza presenta un
tatuaggio all’altezza dell’ombelico, è travisata da un fazzoletto, indossa una maglia a maniche corte
grigia che lascia scoperto l’addome, porta un maglione verde in vita, gli occhiali da nuoto e scarpe
da ginnastica.
In data 4/12/2002 in occasione dell’esecuzione della misura cautelare personale era stata eseguita
una perquisizione a carico di UD che aveva portato al sequestro di un paio di scarpe blu con inserti
laterali e suola bianca marca PUMA, un paio di pantaloni bermuda verdi con grosse tasche laterali e
dello zaino rosso e blu.
ZAMPESE indicava i particolari di questi oggetti come del tutto corrispondenti a quelli delle foto
oggetto di investigazione.
Al momento dell’esecuzione della misura cautelare e della perquisizione a carico di UD nella
abitazione di questi si trovava anche la MI che ivi risiedeva.
A carico della donna erano poi stati eseguiti i rilievi segnaletici fotografici ed una perquisizione in
data 13/3/2003.
12.3 Alcune delle immagini ipotizzate come riferibili ai due imputati sono state oggetto di una
comparazione fisionomica [474], la provenienza di queste è stata chiarita dal teste ZAMPESE ed è
comunque desumibile dagli atti [475].
Il C.T. del P.M. Dr. CAVALERA ha spiegato come le immagini siano state mese a confronto
somatico.
12.3.1 Per quanto concerne la posizione di UD il C.T. aveva a disposizione 3 figure oltre ad una
foto comparativa:
- la figura 1 è un particolare di immagine più grande evidenziato con freccia gialla, il soggetto
investigato (soggetto A) vi compare di profilo sinistro,
- la figura 2 mostra una persona che cammina, vestita con il medesimo abbigliamento di A,
ritratta di profilo destro e parzialmente travisato,
- la figura 3 è una foto frontale di poco dettaglio, il soggetto indossa una maschera,
- la figura 4 costituisce la foto di comparazione frontale dell’indagato.
Le immagini 1, 2 e 3 non appaiono di buon dettaglio.
L’individuo A ritratto nella figura 1 presenta:
- il profilo cranio facciale di forma tendenzialmente curvilinea,
- grado di adiposità generale del volto medio,
- i capelli rasati,
- la fronte alta, medio larga,
- le orecchie di piccole dimensioni, tendenzialmente di forma ovale,
- la barba incolta, di forma tendenzialmente a pizzo, se ne vede di più sul mento,
- l’abbigliamento è costituito da una maglietta bianca a maniche corte, pantaloni bermuda
verde scuro con tasche laterali, calze corte azzurro chiaro, scarpe da ginnastica, occhiali con
montatura scura.
L’individuo della figura 2 presenta:
- grado di adiposità generale del volto medio,
- i capelli rasati,
- la fronte alta e mediamente larga,
- le orecchie di piccole dimensioni e forma ovale,
- la barba incolta, l’
- abbigliamento è costituito da una maglietta bianca a maniche corte bianca indossata sopra
una maglietta gialla a maniche lunghe gialla, pantaloni bermuda verde scuro con tasche
laterali, calze corte azzurro chiaro, scarpe da ginnastica, occhiali con montatura scura, zaino
rosso blu, mascherina protettiva bianca sulla bocca.
L’individuo della figura 3 presenta:
- la linea di contorno cranico facciale di forma tendenzialmente poligonale,
- la fronte alta mediamente larga,
- grado di adiposità generale del volto medio,
- i capelli rasati,
- la fronte alta e mediamente larga,
- le orecchie di forma ovale, di piccole dimensioni, distaccate rispetto alle ossa parietalioccipitali,
- abbigliamento è costituito da una maglietta bianca a maniche corte, occhiali con montatura
scura e di forma circolare, zaino rosso blu, mascherina protettiva bianca sulla bocca.
La figura di UD presenta:
- la linea del contorno cranico facciale di forma tendenzialmente poligonale,
- grado di adiposità generale del volto medio,
- i capelli rasati,
- baffi di media lunghezza,
- la fronte alta e mediamente larga,
- le orecchie di forma ovale, di piccole dimensioni, distaccate superiormente.
Il C.T., eseguite le comparazioni tra le diverse immagini esprimeva un giudizio di similitudine a
causa dello scarso dettaglio delle foto del soggetto investigato.
12.3.2 Per quanto riguarda la posizione di MI il C.T. aveva a disposizione un’immagine di una
donna, indicata come soggetto A, che spinge un carrello da supermercato.
La donna è completamente travisata, di lei si vedono pochi elementi:
- i capelli sono lunghi, ondulati, di colore scuro,
- l’occhio destro appare di dimensioni ampie,
- naso con lobulo e pinna nasale destra stretta,
- un tatuaggio raffigurante un disegno tribale in zona ombelicale.
La figura dell’imputata presenta:
- il blocco facciale di forma ellissoidale,
- i capelli lunghi, ondulati, di colore castano chiaro,
- la fronte alta e mediamente larga,
- l’orecchio destro di medie dimensioni e di forma tendenzialmente rettangolare,
- le sopracciglia mediamente folte, di forma a linea spezzata,
- gli occhi di dimensioni ampie e di direzione lievemente obliqua verso l’interno,
- il naso con piramide a base stretta, lobulo medio, pinne piccole e narici strette,
- la distanza naso labiale media,
- la bocca medio-larga con labbro superiore sottile e labbro inferiore ampio,
- il mento convesso,
- un tatuaggio raffigurante un disegno tribale in zona ombelicale.
Il C.T. spiegava di aver posto a confronto i tatuaggi visibili tanto nell’immagine investigata quanto
in quella della MI.
Sulla base di questo confronto il C.T. esprimeva un giudizio di compatibilità totale tra i due tatuaggi
a causa della piena compatibilità e della piena corrispondenza di tutti gli elementi costitutivi delle
figure del tatuaggio nonché della posizione dei due tatuaggi sul corpo.
Sulla base della coincidenza di alcuni elementi somatici il C.T. esprimeva un giudizio di
similitudine tra il soggetto A e l’indagata.
Il difensore chiedeva chiarimenti sulla forma dell’ombelico nelle due diverse fotografie e il C.T.
spiegava che quella del soggetto investigato è immagine di buona definizione ma l’ombelico si vede
meno rispetto al disegno del tatuaggio.
Per quanto concerne l’ombelico, inoltre, le due immagini non si possono comparare a causa
dell’esposizione alla luce e della definizione.
12.4 UD è stato raggiunto da misura cautelare personale e nel corso dell’interrogatorio di garanzia
si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Lo stesso comportamento ha tenuto in occasione di successivo interrogatorio del P.M., ma in questa
occasione ha inteso rilasciare dichiarazioni spontanee.
Affermava di non aver mai preso parte ad attività politiche del centro sociale Olimpia 47, da lui
frequentato esclusivamente al fine di organizzare degli spettacoli.
Negava di aver mai fatto parte di gruppi anarchici o violenti, anzi nel 1999 aveva prestato servizio
civile come obbiettore di coscienza.
Non aveva mai commesso reati di matrice violenta, l’unico reato commesso era stato
l’imbrattamento di un’auto della Polizia in occasione di una manifestazione relativa al traffico
pesante nel centro della città, fatto per il quale aveva ricevuto una multa.
Era partito per Genova il 18 luglio e alla stazione era stato controllato dalla DIGOS che aveva
verificato come non portasse con se corpi contundenti né oggetti atti al travisamento personale.
Non era in possesso di indumenti neri.
Prendendo visione delle immagini oggetto di contestazione (album allegato al verbale di
interrogatorio), UD si riconosceva in tutte le immagini.
Spiegava che già il 19 aveva ricevuto nel luogo di pernottamento una mascherina di plastica bianca
antipolvere per difendersi dai lacrimogeni.
Il giorno 20 era rimasto nel corteo principale fino alle ore 13, poi, spinto dalla curiosità, si era
avvicinato al luogo dei disordini.
Negava di aver tenuto una sbarra in mano nell’immagine della foto n. 1 (corrispondente al reperto
70H-OGGRYTZT), che diceva essere in mano di qualcuno che gli stava davanti.
Definiva il contesto dell’immagine come concitato, ma diverso da come lui si comportava nella
foto, cioè in posizione statica e non travisato come gli altri.
Nelle foto 3 e 4 (corrispondenti al reperto 75-100_FUJI-DSCF0125) il contesto era analogo, lui era
distaccato dalle azioni violente ma non poteva abbandonare quel luogo perché la Polizia picchiava
chi provava ad allontanarsi.
All’interno del proprio zaino UD portava dei panini e delle bottiglie e lattine, nella foto 6 (reperto
49 foto 38) teneva una bottiglia presa dallo zaino.
Le foto 7 e 8 (reperto 186-1-0187), 9 (reperto 186-1-0188), 10 (reperto 238 TG Digos 0014) e 11
(reperto Polizia Scientifica foto Piazza Tommaseo) ritraevano il medesimo contesto, UD era l’unico
vestito di bianco, protetto solo dalla mascherina, non aveva atteggiamenti aggressivi né di fuga.
Era fuggito solo al momento del lancio dei lacrimogeni.
La foto 12 (reperto 164-249 0013) UD veniva ripreso mentre cercava di allontanarsi, era l’unico che
cercava di allontanarsi.
Nella foto 14 (reperto 120 P Giusti Scontri RP 21) UD era l’unico immobile mentre tutti gli altri
erano esagitati.
Nella foto 16 (reperto 120 P Giusti Scontri RP 20) UD ha una lattina in mano che diceva provenire
dal proprio zaino.
Per il resto la situazione era sempre la stessa: lui tranquillo e statico e gli altri esagitati.
La foto 18 (reperto 41 Telegenova 0022) dimostrerebbe che UD si stava allontanando dagli scontri,
perché insieme a lui oltre a persone vestite di nero si vedono anche persone definite “normali”.
Negava che il carrello ritratto nella foto 20 (rectius 19 corrispondente al reperto 70H-OGGS2RAS)
contenesse solo alimentari, egli vi scorgeva anche della spazzatura.
Inoltre, trovando ad oltre mille chilometri da casa non riteneva sensato appropriarsi di tutta quella
roba.
Il carrello non era nella sua esclusiva disponibilità, perché vi erano molti carrelli e chiunque poteva
armeggiare intorno ad essi.
La foto non dimostrava che UD fosse entrato nel supermercato o avesse concorso anche solo
moralmente nel saccheggio.
La bottiglia visibile nella foto 21 (e anche nella 20, rispettivamente reperto 209 Motomixer 0011 e
0010) era stata probabilmente raccolta da UD da terra, senza l’intenzione di lanciarla e senza capire
che raccogliendola avrebbe dovuto rispondere di saccheggio.
La foto 22 (reperto 104 rullo G foto 031) risultava scattata verso le 17, cioè alcune ore dopo le
precedenti.
Egli teneva in mano non una spranga ma uno skate board, trovato per strada e preso per passione e
non sottratto ad un negozio.
Negava di aver usato lo skate board di legno contro il bancomat perché si sarebbe rotto.
Negava di aver premeditato alcuna azione violenta e di aver seguito il Blocco Nero fino al carcere
di Marassi.
Dopo il G8 aveva preso parte a manifestazioni nella propria città senza compiere atti di violenza.
MI non risulta essere mai stata interrogata, né aver rilasciato dichiarazioni sui fatti.
12.5 Gli elementi di cui sopra consentono di identificare con certezza i due soggetti investigati negli
imputati UD e MI.
Per UD rileva il riconoscimento compiuto dal teste ALBERGHINA che conosce l’imputato per
motivi professionali, nonché l’esito della perquisizione domiciliare che ha consentito di rinvenire
capi di abbigliamento ed accessori identici a quelli portati dal soggetto investigato.
Si tratta di due prove dirette dell’identità del soggetto investigato con l’imputato.
A ciò devono aggiungersi i riscontri derivanti dalla comparazione fisionomica positiva, dalle
osservazioni di ZAMPESE che ha ritrovato i particolari fisici e dell’abbigliamento del giovane in
tutte le immagini investigate.
UD, infine, si è riconosciuto nelle immagini contestate.
Per MI rileva il riconoscimento compiuto dal teste ALBERGHINA che la conosce per motivi
professionali, nonché l’esito delle indagini da cui risulta come la stessa conviva con UD, particolare
che riscontra il dato emergente dalle immagini investigate nelle quali la donna oggetto di indagine
viene ripresa sempre a fianco all’uomo sicuramente identificato in UD.
Anche in questo caso il riconoscimento e il risultato delle indagini risulta confermato dai riscontri
costituiti dalla comparazione fisionomica positiva e dalla circostanza che in tutte le immagini della
donna oggetto di indagine questa appaia con le medesima caratteristiche fisiche e di abbigliamento.
Sul primo elemento di riscontro si rileva il buon valore identificativo derivante dalla compatibilità
totale tra il tatuaggio della donna oggetto di investigazione e quello presente sul corpo della MI.
Già il disegno appare non comune ed è identico nelle due immagini (si veda la comparazione a pag.
8 della relazione fisionomica sull’imputata), ma poi i due tatuaggi sono posti esattamente nel
medesimo punto del corpo di una donna che mostra anche le medesime caratteristiche corporee.
La coincidenza d questi elementi conferma il giudizio globale di identità tra la persona investigata e
l’imputata.
12.6 Il Collegio ritiene i due imputati responsabili dei reati loro ascritti ai capi 64 e 65, con la sola
eccezione relativa a MI del fatto di cui al n. 5 del capo 64.
I due si vedono nelle immagini per la prima volta in Piazza Tommaseo [476], insieme ai coimputatiCM, VV, CC ed ai soggetti , B e C (capo 64 n.1).
UD è ripreso dietro una barricata incendiata e MI si trova vicino a lui [477].
A differenza di quanto sostenuto da UD circa il suo atteggiamento distaccato rispetto agli scontri si
deve rilevare che lo stesso tiene una pietra in ciascuna delle mani (non una bottiglia o una lattina),
oltre ad avere delle protezioni su ciascuno degli avambracci.
Anche la MI si trova dietro le barricate, erette per fronteggiare e ritardare l’intervento della Polizia.
UD si vede anche in altre immagini di questo contesto: nel reperto 235 foto 32 è dietro le barricate
una delle quali è incendiata, immediatamente davanti a lui a terra vi sono numerosi sassi provenienti
dal disselciamento della piazza e dei suoi arredi, su di un cassonetto vi è un manifestante vestito di
nero.
La foto reperto 88A 047bn mostra la stessa scena ripresa da altra angolazione: i due imputati sono
vicini tra loro, sono travisati e portano le protezioni agli avambracci, si trovano immediatamente
dietro la barricata sopra la quale sta in piedi il manifestante vestito di nero.
I due si trattengono nella piazza per tutto il tempo in cui vi rimangono i coimputati e i manifestanti
del Blocco Nero.
Durante questo periodo i due imputati fanno parte di coloro che si vedono contrapporsi alle Forze
dell’Ordine che cercano di riprendere il controllo di Piazza Tommaseo.
Le affermazioni di UD, di non aver potuto allontanarsi perché la Polizia picchiava tutti quelli che
cercavano di farlo, non appaiono convincenti perché Piazza Tommaseo ha diverse possibilità di
uscita mentre la Polizia sopraggiungeva solo da Corso Buenos Aires.
I due imputati avrebbero quindi avuto tutta la possibilità di allontanarsi subito dalla piazza, anche
prendendo le vie che poco dopo i manifestanti avrebbero percorso del tutto indisturbati da parte
delle Forze dell’Ordine.
Le immagini dei reperti 238, 70H-OGGRYTZT, 75-100_FUJI-DSCF0125, 135 0024754 E
mostrano UD in Piazza Tommaseo proprio davanti agli Agenti o comunque nelle prime file di
coloro che resistono alle Forze dell’Ordine.
Lo stesso dicasi sia per UD sia per la MI nella foto reperto 135 0024 7579 in cui compare anche
VV.
Nella foto reperto 186-1-0187 e nella foto reperto 186-1-0188 si vedono i manifestanti che, a causa
del lancio di lacrimogeni, cominciano ad allontanarsi da Piazza Tommaseo.
Tra di loro vi è UD che tiene una pietra in mano.
UD e la MI compaiono nelle immagini che documentano il passaggio dei manifestanti del Blocco
Nero in Corso Sardegna [478].
I due vengono ripresi nelle immediate vicinanze dell’Ufficio postale, mentre questo viene assalito e
pesantemente danneggiato (capo 64 n. 2).
Non è vero quanto affermato dall’imputato che egli si sia allontanato perché le immagini lo
mostrano sia mentre si avvicina (frame 001-004), sia mentre si trova molto vicino all’Ufficio
Postale (frame 005-007) , sia mentre si allontana (frame 009-0014).
Nelle diverse immagini si nota come UD, oltre a portare la mascherina (strumento in quel momento
del tutto inutile per ripararsi dai lacrimogeni che non venivano lanciati, utile invece per travisarsi),
tiene nella mano sinistra una grossa pietra (frame 0012-0014).
La MI viene ripresa (frame 0012-0020) dapprima proprio davanti all’Ufficio Postale poi mentre si
muove verso Piazza Giusti.
La donna è sempre travisata, porta le protezioni agli avambracci ed un rotolo di nastro nelle mani.
È evidente come in questo contesto e con il proprio atteggiamento i due non abbiano svolto il ruolo
passivo di meri spettatori, ma abbiano contribuito a rafforzare il proposito di chi distruggeva
l’Ufficio Postale, concorrendo quindi moralmente in questo singolo episodio.
Questa è la conclusione che si deve trarre considerando che i due hanno seguito per un lungo tratto
il gruppo dei manifestanti dediti ai danneggiamenti senza dissociarsene nell’unico modo possibile,
cioè allontanandosi.
L’atteggiamento dei due, che sono entrambi travisati e di UD in particolare che porta in mano
costantemente delle grosse pietre, è di adesione alle condotte di danneggiamento compiute
materialmente dagli altri.
Quindi i due arrivano, sempre unitamente agli altri manifestanti del Blocco Nero tra cui i
coimputati, presso il Dì per Dì di Piazza Giusti (capo 64 n. 3) [479].
Nella foto reperto 163 006 si vede dall’alto UD davanti al supermercato non lontano da VV, FA e
da altri soggetti già visti seguire il medesimo percorso.
Nelle foto reperto 120 Piazza Giusti Scontri RP 20 e reperto 120 Piazza Giusti Scontri RP 21 si
vedono entrambi gli imputati sulla strada davanti al supermercato.
UD ha posto il proprio zaino in un carrello del Dì per Dì che si trova immediatamente davanti a lui
e tiene in mano una lattina.
Tutto intorno altri manifestanti si vedono in possesso di oggetti sottratti al supermercato, a terra si
notano delle bottiglie di vino.
In questo contesto di saccheggio totale del supermercato è difficile credere a quanto sostiene UD, di
avere cioè consumato una bevanda prelevata dal proprio zaino e non dal supermercato, quando si
vede l’imputato tenere lo zaino proprio in un carrello del Dì per Dì.
Nello stesso contesto di Piazza Giusti si trovano anche AC, FA e CC a dimostrazione del percorso
comune seguito da questi imputati.
È noto che dopo l’episodio di Piazza Giusti sia DP sia CC si allontanano dai manifestanti del
Blocco Nero.
Invece UD e MI seguono ancora il percorso di questi ultimi e prendono parte, ancora una volta
attiva, al saccheggio del Dì per Dì di Via Canevari (capo 64 n.4) [480].
I due si vedono seguire il corteo nella zona di Via Canevari [481], quindi vengono ripresi [482] davanti alla
saracinesca divelta del Dì per Dì, proprio sotto la sua insegna.
I due escono dal supermercato (a 00.24 del filmato), UD tiene in una mano una bottiglia e nell’altra
una confezione di bottiglie (frame 009), la MI ha in mano un sacchetto ed una confezione di
alimentari (frame 0012).
Nel frame 012 si nota anche il tatuaggio intorno all’ombelico della donna.
I due sono costantemente travisati e neppure in questa occasione vi sono lanci di lacrimogeni.
Al fine di poter trasportare meglio gli oggetti sottratti al supermercato UD e MI utilizzano il carrello
sottratto al Dì per Dì di Piazza Giusti.
Ciò si nota nelle immagini dei reperti 41 Telegenova, 86, 115-11 (frame 003), 229 IMG2309 che
riguardano l’aggressione ad un cineoperatore in moto.
In tutte queste immagini si vedono i due imputati in possesso del carrello, spinto materialmente di
solito dalla MI, ma in qualche immagine anche da UD.
Anche la foto reperto 70H OGGS2RAS mostra i due in possesso del carrello che risulta colmo (non
di rifiuti come affermato da UD ma) di generi alimentari che vengono sistemati proprio dal giovane.
Nello stesso contesto vengono incendiati un carro attrezzi e diversi carrelli posti a formare una
barricata e vengono saccheggiati altri negozi.
I manifestanti del Blocco Nero proseguono verso monte, anche UD e MI li seguono e si vedono
passare davanti all’agenzia n. 14 della banca San Paolo IMI [483].
La sede stradale appare ingombra delle barricate formate dai cassonetti e dalle campane per la
raccolta differenziata.
Da questo momento in avanti non vi sono più immagini di MI, mentre UD viene ripreso più tardi in
Via Torti [484] mentre colpisce con uno skate board il bancomat dell’istituto di credito Banco di
Chiavari e della Riviera Ligure (capo 64 n. 5).
Le immagini non lasciano dubbi sul gesto dell’imputato ripreso in due diverse fotografie [485] mentre
si avvicina alzando lo skate (foto 031) e mentre con questo colpisce (foto 034) il bancomat.
La deposizione del teste SACCHI ha confermato come tra gli altri danni anche il vetro del
bancomat di quell’agenzia venne sfondato.
I fatti commessi dai due imputati così come accertati integrano gli estremi oggettivo e soggettivo
del reato loro contestato al capo 64, con l’eccezione relativa alla sola MI per il fatto di cui al n. 5.
Quelli ai quali i due imputati hanno preso parte attiva sono danneggiamenti ed atti di depredazione
patrimoniale gravi, reiterati, compiuti volontariamente ed insieme a numerosissime altre persone, in
un contesto nel quale - per il numero degli autori, per la gravità delle loro condotte, per la
contemporanea commissione di altri gravi fatti come gli incendi, i saccheggi di ulteriori esercizi
commerciali e la contrapposizione violenta nei confronti delle Forze di Polizia - l’ordine pubblico di
interi quartieri è stato gravemente turbato.
Deve pertanto riconoscersi che le condotte dei due imputati costituiscono il delitto di devastazione e
saccheggio.
La MI deve essere assolta, ai sensi dell’art. 530 comma 2 c.p.p., dall’episodio di cui al capo 64 n. 5,
perché, per quanto la donna si trovasse sempre insieme ad UD, non vi è prova sufficiente che la
stessa vi abbia attivamente partecipato.
Le condotte dei due imputati integrano anche il reato di resistenza aggravata e continuata di cui al
capo 65 perché i due hanno dapprima attivamente partecipato alla resistenza in Piazza Tommaseo,
quindi hanno volontariamente seguito per un lungo tratto i manifestanti del Blocco Nero aderendo
al loro programma di distruzione generalizzata e di opposizione alle Forze dell’Ordine, mediante le
barricate e gli incendi disseminati lungo il percorso.
In relazione all’adesione al programma di violenza generalizzata degli altri manifestanti non si può
dimenticare che in più occasioni ed in luoghi diversi UD viene fotografato in possesso di grosse
pietre che certo non gli conferiscono l’atteggiamento tranquillo e distaccato dalle azioni violente da
lui affermato.
13. AC ed VA vengono accusati in concorso con persone rimaste ignote del reato di devastazione e
saccheggio aggravato (capo 3) in relazione al danneggiamento degli arredi urbani ed alle proprietà
pubbliche collocati in numerose vie e piazze della città (n.1), al danneggiamento di uno scooter
giallo in Corso Torino (n. 2), al furto della Vespa Piaggio PX 125 targata GE 162553 di proprietà di
LAURIA Marco (n. 3), al furto della Vespa Piaggio targata GE 253692 di proprietà di ITOLLI
Eleonora (n. 4) del danneggiamento totale e del saccheggio del supermercato Dì per Dì di Piazza
Giusti (n.5), dell’aggressione con bottiglie incendiarie ad un mezzo blindato (VTC) della Polizia di
Stato in Piazza Tommaseo (n. 6), dell’assalto con bottiglie incendiarie alla caserma della Polizia
Stradale (n. 7).
Ulteriori accuse mosse ai due imputati in concorso riguardano i reati di resistenza aggravata (capo
4) e di fabbricazione, detenzione, porto in luogo pubblico ed uso mediante esplosione di bottiglie
incendiarie (capi 5, 6, 7 e 8), infine vengono elevate le contravvenzioni concernenti il porto in luogo
pubblico di un manganello telescopico, una catena ed un coltello a serramanico strumenti atto ad
offendere le persone (capo 9) ed il travisamento della propria persona (capo 10).
Al solo VA viene contestato anche il reato di lesioni personali aggravate ai danni dell’Ispettore
della Polizia di Stato SANCINETO Antonio (capo 11).
Come per tutti gli altri imputati i reati contravvenzionali sono estinti per prescrizione.
13.1 L’identificazione dei due imputati è stata resa possibile innanzitutto dal loro arresto avvenuto
verso le ore 18 del 20 luglio.
Al momento dell’atto di P.G. i due portavano i caschi ed i capi di abbigliamento visibili nelle
immagini raccolte, nonché erano in possesso della Vespa blu sottratta a Marco LAURIA parimenti
ritratta nei diversi reperti con i due a bordo.
Nelle immagini concernenti i fatti investigati il conducente del veicolo indossa un casco scuro, una
maglietta senza maniche nera con diversi disegni ritraenti ciascuno un teschio con le tibie
incrociate, simbolo dei pirati, pantaloni neri a salopette nera che nella parte posteriore ha
un’etichetta, un chefir bianco con un reticolato nero, scarpe da ginnastica rosse con disegni laterali
bianchi.
Subito dopo l’arresto i due imputati vennero sottoposti al fotosegnalamento e AC risulta indossare
proprio una maglietta nera con un disegno bianco nella parte anteriore: del disegno si vede solo la
parte superiore che appare come forma compatibile con la sommità di un teschio ed è attraversata
da una riga nera corrispondente alla benda dell’immagine completa.
Al momento dell’esecuzione della misura cautelare personale, il 4/12/2002, nell’abitazione di AC
vennero rinvenuti e posti sotto sequestro un chefir bianco con un reticolato nero, una maglietta nera
con diversi disegni ciascuno dei quali ritraente un teschio con le tibie incrociate ed un paio di
pantaloni neri a salopette con un’etichetta chiara nella parte posteriore (cfr. le foto dei reperti
sequestrati contenute nel DVD personale).
Nelle diverse immagini dei fatti il passeggero della Vespa porta un casco rosso una giacca tipo tuta
blu scura con strisce bianche sulle maniche, una vistosa imbottitura sotto alla tuta corrispondente al
giubbotto antiproiettile, dei jeans strappati in più punti.
Come si è visto al momento dell’arresto VA risultava indossare un giubbotto antiproiettile.
Non è stata svolta consulenza tecnica di tipo fisionomico ma entrambi gli imputati si sono
riconosciuti nelle immagini loro contestate.
13.2 Le dichiarazioni dei due imputati.
Rispondendo all’esame dibattimentale AC ha riconosciuto la propria persona nelle immagini
prodotte dal P.M., dichiarando di avere calzato scarpe rosse da ginnastica e di avere guidato due
scooter.
Egli è un musicista e il 18 luglio era partito per Genova per curiosità.
Sul treno proveniente da Palermo incontrò VA che conosceva da tempo e che era solo, i due
pertanto fecero il viaggio insieme e durante gli avvenimenti di Genova rimasero insieme per tutto il
tempo.
In questa città alloggiarono presso la scuola Paul Klee e il 19 luglio parteciparono alla
manifestazione dei MIGRANTES, definita bellissima e pacifica.
Il 20 i due avevano seguito la massa di persone, senza una chiara idea di dove recarsi, in città c’era
tanta confusione e loro avevano girato un po’ a casaccio.
Con l’autobus arrivarono vicino alla stazione verso le 12.30, seguirono gli altri e notarono la massa
di persone ferma nella piazza vicino al sottopasso di Corso Torino, c’erano anche dei contingenti di
Polizia ed alcuni manifestanti parlavano con gli Agenti.
La situazione appariva tranquilla, l’imputato non aveva notato danneggiamenti, poi
improvvisamente ci fu la prima carica da parte delle Forze dell’Ordine contro manifestanti pacifici
probabilmente difesi da scudi di plexiglas nella zona di Via Tolemaide incrocio con Corso Torino.
In seguito seppe trattarsi dei manifestanti del corteo delle Tute Bianche.
Al momento della prima carica questi non apparivano pronti a resistere, mentre in occasione delle
successive riuscirono ad organizzare delle barricate.
AC si trovava quasi sempre insieme a VA.
Al momento della prima carica l’imputato si trovava distante, forse alle spalle del cortei.
Appena si diffuse la notizia le persone cominciarono a muoversi in modo confuso.
I due imputati si trovarono in un dato momento alle spalle dei Carabinieri, poi insieme ai
manifestanti.
I due giravano cercando di capire cosa fare, volevano scappare perché si sentivano in pericolo di
vita, quindi ebbero l’idea di trovare il modo per muoversi più velocemente e pensarono di
impadronirsi di una Vespa che trovarono buttata fra i cassonetti, senza bloccasterzo e probabilmente
usata per costruire delle barricate.
Era una Vespa blu e fu AC a guidarla perché aveva maggiore esperienza di questo tipo di veicoli e
perché VA era più giovane.
I due volevano usare il veicolo per allontanarsi da lì e tornare alla scuola dove dormivano, anche se
non ne ricordavano il nome, non certo per fare ritorno a Palermo.
I due scappavano ma qualsiasi direzione prendessero incontravano sempre degli scontri e dovevano
ritornare indietro, rimanevano così nella medesima zona tra Via Casaregis e Via Tolemaide,
ovunque le strade erano affollate, raramente i due potevano raggiungere una certa velocità.
Oltrepassarono il sottopasso di Corso Torino diverse volte e arrivarono in Piazza Giusti nei pressi
del supermercato Dì per Dì verso le 15 o 15.10.
Lo scenario appariva simile a quello di altri luoghi, c’erano già scontri in diverse strade: in Via
Tolemaide, nelle strade laterali, verso Piazza Verdi, probabilmente non c’erano ancora scontri in
Corso Torino.
In Piazza Giusti c’era un assembramento di persone, diversi oggetti a terra e trovò un supermercato
appena finito di saccheggiare.
I due arrivarono dopo la fine del saccheggio, la piazza era abbastanza piena, si vedeva gente entrare
e uscire dal negozio, ma erano pochi, segno che il saccheggio stava per concludersi.
I due si fermarono in quella piazza perché c’erano solo manifestanti e in mezzo alla massa si
ritenevano più sicuri.
Volevano informarsi sulla strada da prendere per tornare alla scuola ma non ne ricordavano il nome,
inoltre incontrarono ben pochi genovesi.
AC assistette ad una rissa tra manifestanti, perché una parte rimproverava all’altra ciò che era
successo.
Egli non si inserì in questa disputa.
I due ritornarono in Via Tolemaide alle spalle del corteo sempre nel tentativo di scappare.
Quindi si portarono nella zona di Piazza Tommaseo e Via Dassori, dove avevano trovato la Vespa
perché volevano lasciare il veicolo in quella zona, dove il proprietario avrebbe potuto trovarla.
Lasciarono il veicolo posteggiato su di un cavalletto in un angolo, consapevoli di non essere i suoi
proprietari avevano cercato di riparare al danno.
Abbastanza vicino, ma non immediatamente a contatto con il luogo dove lasciarono la Vespa
c’erano degli scontri.
I due si mossero a piedi per scappare, ma i blocchi stringevano la zona e non era possibile
allontanarsi, trovarono così una seconda Vespa di color chiaro, si trovava a terra ed era senza
bloccasterzo inserito, la presero e la misero in moto.
Guidava sempre AC e con questa seconda Vespa si mossero sempre nella stessa zona.
Tennero questa seconda Vespa poco tempo, perché si ripresentò la stessa impossibilità di proseguire
e furono costretti a lasciarla.
Inoltre venne la proprietaria di questa seconda Vespa e chiese ed ottenne la sua restituzione, i due
chiesero anche scusa.
Restituita la seconda Vespa, i due si videro però impossibilitati a proseguire a piedi e ritornarono a
prendere la prima Vespa, ciò avvenne tra le 17.30 e le 17.45.
Poco dopo vennero arrestati nella zona di Via Nizza, sempre mentre tentavano di scappare.
Arrivarono con la Vespa in quella zona, salirono la salita, non si accorsero dell’esistenza della
caserma e si trovarono in una strada senza uscita, quindi scesero per lo stesso percorso.
In Via Nizza videro un gruppetto di sei o sette persone che davano loro le spalle e che facevano una
barriera all’incrocio.
I due imputati non diedero loro importanza, non sapevano chi erano e poi erano in borghese, inoltre
erano già passati di lì salendo senza notare nulla.
Da lì forse erano passati anche al mattino.
Quando i due giovani si trovavano a pochi metri dalle persone di spalle, queste ultime si accorsero
di loro e saltarono loro addosso.
Solo in quel momento AC e VA capirono che quelli erano Poliziotti perché estrassero 3 manganelli
e si scagliarono contro di loro.
AC ricevette dei colpi sulle mani diretti a farlo cadere e sulla testa, dove portava il casco.
Le persone che non avevano il manganello tentavano di bloccare la Vespa.
I due imputati caddero insieme agli agenti, ci fu confusione.
AC portava un marsupio ma non aveva bottiglie.
La Vespa cadde e si aprirono i due bauletti, quello davanti e quello di dietro dai quali uscirono gli
attrezzi della Vespa.
In seguito AC venne a sapere che il proprietario della Vespa aveva riconosciuto quegli attrezzi
come propri.
Tra questi c’era la bottiglia dell’olio perché non esistono più i distributori di miscela e tutti
circolano con la bottiglia dell’olio per farsi la miscela.
Lo stesso proprietario aveva detto che quella era una bottiglietta per olio da miscela, invece i
Poliziotti dicevano che era una bomba Molotov.
I due avevano trovato i caschi per strada, non erano i loro, non ricorda se li avevano presi sulla
prima Vespa o se li avevano trovati per terra.
VA era vestito con i jeans, una giacchetta blu ed un casco rosso, portava una catena come cintura ed
indossava un giubbotto antiproiettile trovato per terra.
Era stato AC a chiedere a VA di indossare il giubbotto per un senso di protezione verso l’amico più
giovane, non sapeva precisare dove e quando avevano trovato questo giubbotto.
13.3 VA non si è sottoposto all’esame dibattimentale sono stati pertanto acquisiti ai sensi dell’art.
513 comma 1 c.p.p. gli interrogatori da lui resi durante le indagini preliminari, in particolare al
G.I.P. del Tribunale di Genova il 23/7/2001, al G.I.P. del Tribunale di Palermo il 6/12/2002 e al
P.M. di Genova il giorno 1/2/2003.
Nella prima occasione l’imputato dichiarava che durante la manifestazione e gli scontri era stato
preso dal panico e insieme ad un’altra persona si era appropriato di uno scooter abbandonato per
terra.
Volevano scappare dalla folla, ma finirono in un vicolo cieco.
Tornando indietro erano stati colpiti con una manganellata da alcuni Agenti in borghese che non
avevano intimato loro l’alt.
Negava di avere detenuto e lanciato contro gli Agenti delle bottiglie con benzina.
Sotto la carica dei Poliziotti la moto cadde e da sotto la sella uscì una bottiglia di plastica contenente
del liquido.
L’imputato portava una catena come cintura e mentre scappava aveva trovato un giubbottino di tipo
rigido che aveva indossato per paura di essere colpito da qualcosa.
Negava la pertinenza a sé degli altri oggetti sequestrati.
Era venuto a Genova per fare un viaggio approfittando di prezzi speciali, non aveva opposto
resistenza, aveva avuto molta paura.
Di fronte al G.I.P. di Palermo il 6/12/2002 l’imputato si dichiarava estraneo alle accuse mossegli e
si avvaleva della facoltà di non rispondere.
Al P.M. di Genova il giorno 1/2/2003 VA ammetteva il furto di due motocicli Vespa, respingendo
gli altri addebiti.
Era venuto a Genova perché interessato alle manifestazioni anche se non faceva parte di gruppi o
movimenti, non era mai stato in precedenza in questa città.
Sul treno proveniente da Palermo aveva incontrato tra gli altri AC.
Con lui si era mosso il giorno 20, portandosi in centro con l’autobus tra le 12 e le 13.
In una strada larga che aveva su di un lato la ferrovia vi era molta folla, non sapeva dire se si
trattasse di gruppi particolari.
Dopo il lancio di fumogeni l’imputato e AC si erano allontanati per la paura insieme a molti altri.
Osservava gli accadimenti stando nelle retrovie del corteo.
Quando gli scontri erano ormai divenuti violenti ed erano iniziate le devastazioni, i due tentarono di
allontanarsi, trovarono una Vespa blu a terra e AC la rialzò e si mise alla guida.
I due si allontanarono velocemente, girando senza costrutto per un po’ fino a giungere in una
piazza, dove VA, stanco, si era seduto a terra per decidere il da farsi.
Circa venti metri davanti a lui c’era un supermercato già saccheggiato, alcune persone stavano
ancora entrando ed uscendo.
L’imputato chiacchierò per un po’ con un ragazzo presente.
Quindi lui ed AC tornarono in Via Tolemaide e vicino a Via Dassori lasciarono la Vespa in modo
che il proprietario potesse ritrovarla.
Girarono un po’ a piedi, trovarono una seconda Vespa, questa volta chiara, che presero ma che
restituirono poco dopo alla proprietaria che lo aveva riconosciuto, scusandosi per averne fatto uso.
I due si aggirarono a piedi per quella zona, facendo considerazioni sulla situazione di “guerra” alla
quale assistevano e decidendo di riconsegnare al suo proprietario anche la Vespa blu.
Ritrovarono il veicolo dove lo avevano lasciato e lo ripresero per restituirlo.
Durante il successivo percorso incontrarono alcune persone in borghese che si pararono loro
davanti.
I due sulla Vespa caddero e ricevettero delle manganellate.
VA venne trascinato per un braccio all’interno di una caserma, non vide armi da fuoco.
Nessuno dei Poliziotti era caduto per terra, c’era una persona in borghese che diceva di smettere a
chi stava colpendo i due ragazzi con il manganello.
L’imputato rivide questa persona all’interno della caserma mentre si lamentava di essersi fatto male
ad una gamba.
Quindi gli Agenti chiesero ai due se fossero i proprietari della Vespa, al momento della caduta dal
bauletto del motociclo uscirono vari oggetti, tra cui una bottiglia contenente liquido per fare
miscela.
In caserma qualcuno disse che era ora di smettere di picchiare i due ragazzi.
L’imputato aveva una catena che usava come cintura, i documenti, un casco rosso che aveva portato
da Palermo sapendo che poteva servirgli come protezione, il giubbotto antiproiettile che aveva
trovato vicino alla Vespa blu.
Gli Agenti gli fecero posare questi oggetti su di una scrivania.
Anche AC aveva un casco.
Si riconosceva nella foto n. 4 a pag. 1998 (si tratta di immagine estratta dal reperto 143.50 della
Polizia Scientifica e che ritrae il passeggero di un motoveicolo mentre sta lanciando un sasso), ma
non ricordava la circostanza.
13.4 Per quanto riguarda i fatti connessi con l’arresto dei due imputati (capi da 4 a 7 e capo 11) si
osserva quanto segue.
Gli Agenti di Polizia, quali agenti di pubblica sicurezza hanno il dovere di vegliare al mantenimento
dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini e a tal fine compiono le attività ed i controlli
ritenuti necessari.
Un controllo di polizia in tanto è legittimo in quanto sia sorretto da una motivazione logica e, in
base agli elementi noti al momento in cui viene deciso, appaia sussistere il fondato sospetto
dell’esistenza di un’irregolarità che deve essere accertata.
Così ad esempio l’art. 41 T.U.L.P.S. prevede l’espletamento di una perquisizione quando gli
ufficiali od agenti di polizia giudiziaria “abbiano notizia, anche se per indizio” della detenzione di
armi non denunciate.
L’esito positivo o meno dell’atto non è di regola indice della sua legittimità, un controllo di polizia
può essere del tutto legittimo anche se ha esito negativo perché, continuando nell’esempio, non si
trovano armi non denunciate.
Anzi i controlli infruttuosi, ma non per questo illegittimi, rappresentano la parte statisticamente più
rilevante dell’attività di polizia.
Premesso ciò si rileva che la verifica di legittimità del controllo compiuto nei confronti dei due
imputati deve riguardare i presupposti e le modalità di questo, più che il suo esito.
In altri termini, è risultato che al momento del fermo i due fossero in possesso di un motociclo
rubato ma questo fatto non era noto e neppure supposto dagli operanti che non fermarono la Vespa
per tale motivo.
A dibattimento ESPOSITO ha riferito di aver notato i due che girovagavano intorno alla caserma, il
passeggero aveva un casco rosso integrale, teneva in mano qualcosa di simile ad una bottiglia,
aveva anche un giubbotto antiproiettile.
Come si vede dalle foto la figura di VA mostra un vistoso rigonfiamento sotto la maglia che può dar
adito a qualche sospetto e all’occhio esperto di un Agente di Polizia può apparire come un giubbotto
antiproiettile.
Anche MENNELLA ha riferito di aver notato i due ed in particolare il passeggero che portava un
giubbotto antiproiettile.
Egli racconta anche dell’episodio precedentemente e direttamente osservato durante il quale i due
avevano lanciato una bottiglia incendiaria contro un blindato della Polizia.
Dopo questo fatto i due gironzolavano nella zona e MENNELLA ed i colleghi avevano deciso di
fermarli, quando essi apparvero davanti agli Agenti il passeggero teneva una bottiglia in mano che
lanciò contro gli operanti che intimavano loro l’alt.
Pare elementare il rilievo che il lancio di una bomba incendiaria contro un blindato della Polizia
costituisce un grave delitto, motivo che rende doveroso identificarne e fermarne gli autori.
Però nel verbale di arresto questo fatto non viene posto a fondamento della decisione di fermare i
due sulla Vespa, anzi viene totalmente omesso.
La spiegazione data dagli operanti, aver redatto l’atto mediante colleghi della D.I.G.O.S., in un
ufficio diverso dal proprio, in presenza di numerosi altri verbalizzanti, quindi in una situazione di
grande confusione, a tarda sera (il verbale inizia alle 21 e sembra chiudersi alle 22.30, al momento
cioè dell’avviso al P.M. dell’avvenuto arresto) non pare del tutto convincente.
Ciò perché la circostanza che i due operanti aggiungano particolari che appaiono rivestire una
notevole importanza (come il lancio di una bottiglia Molotov contro un blindato) solo in un
momento successivo all’arresto presta il fianco ad una critica di scarsa genuinità, dato che in
qualsiasi ricostruzione genuina vengono fin da subito evidenziati gli elementi più importanti e
qualificanti.
Nel verbale di arresto i due Agenti hanno posto a fondamento del fermo solo il fatto che entrambi
gli occupanti della moto fossero a viso coperto ed avessero delle bottiglie in mano che poi all’alt
degli operanti lanciavano.
Poi a dibattimento è stato spiegato come al momento di arrivare vicino agli Agenti solo il
passeggero VA teneva la bottiglia in mano e che solo dopo l’intimazione dell’alt la Vespa si era
fermata, il conducente aveva estratto la propria bottiglia, quindi entrambi avevano lanciato.
La correzione sembra rispondere a logica, dato che per guidare la Vespa è necessario tenere
entrambe le mani sul manubrio, soprattutto la destra che di solito comanda uno dei freni e
l’acceleratore.
Non sembra agevole immaginare AC che guida con la sola mano sinistra, senza poter accelerare ma
tenendo nel contempo una bottiglia incendiaria nella destra.
Rimane però la contraddizione tra quanto scritto nel verbale di arresto e quanto riferito a
dibattimento e anche questa viene spiegata come conseguenza della confusione e della stanchezza al
momento di redigere il verbale.
Il motivo del fermo è stato indicato nel possesso da parte di VA di un giubbotto antiproiettile e di
una bottiglia, questa notata da ESPOSITO già prima del fermo, prima ancora che la Vespa si
dirigesse in Via Nizza dove c’era il posto di blocco della Finanza quando i due venivano visti
gironzolare intorno alla caserma.
La difesa ha ipotizzato l’arbitrarietà del fermo e la legittimità della reazione dei due imputati, che
escluderebbe pertanto la loro punibilità per questa parte del reato di resistenza a P.U. loro contestato
al capo 4.
Questo capo fa riferimento specifico sia alla condotta tenuta dai due imputati al momento
dell’arresto, sia ad altra e diversa condotta tenuta poco prima con il lancio di pietre e di una bottiglia
incendiaria verso le Forze di Polizia e sulla quale si tornerà più avanti.
Per quanto concerne il controllo compiuto davanti alla caserma della Polizia Stradale deve
escludersi la sussistenza di un atto arbitrario dei Pubblici Ufficiali operanti.
Anche a prescindere dall’episodio del lancio della bottiglia molotov contro il VTC, l’atto era
determinato dalla necessità di controllare due giovani che gironzolavano su di una Vespa in una
zona che non può essere soltanto e semplicisticamente definita come limitrofa alla caserma, ma che
quel giorno era stata teatro di violenti scontri.
I due erano stati visti dirigersi in una via dove vi era un posto di blocco e gli Agenti ipotizzarono
che sarebbero ritornati indietro, cioè che avrebbero evitato il controllo da parte della Guardia di
Finanza e i due erano effettivamente ritornati indietro.
Ancora, ESPOSITO ha ricordato di aver visto il passeggero con in mano qualcosa che somigliava
ad una bottiglia e questo poteva essere un elemento da accertare.
Il passeggero mostrava un rigonfiamento sotto la maglia.
Entrambi avevano i caschi.
Per tutti questi elementi potevano emergere spiegazioni diverse: i caschi potevano servire per
circolare sulla moto o anche per travisarsi, la bottiglia poteva contenere dell’acqua o della benzina,
il rigonfiamento poteva rappresentare qualcosa di completamente neutro oppure di sospetto, come il
giubbotto antiproiettile.
Perciò era necessario svolgere un accertamento, quindi fermare e controllare i due.
Non si dimentichi che, per quanto i due testi di polizia non vi abbiano fatto riferimento, vi sono in
atti immagini [486] che mostrano i due imputati in sella alla Vespa della ITOLLI mentre si aggirano in
Via Pozzo, poco distante dalla caserma della Polizia Stradale.
Le foto mostrano il trasportato, cioè VA, che nella mano sinistra tiene un sasso che poco dopo
lancerà verso la sottostante Piazza Tommaseo ed un tubo metallico, probabilmente il manganello
telescopico poi sequestratogli.
Forse sono questi due oggetti che da lontano sono apparsi ad ESPOSITO come un unico oggetto
allungato a forma di bottiglia.
In ogni caso sia che si trattasse di una bottiglia sia che si trattasse di un manganello e di un sasso
esiste in atti un riscontro su una condotta dei due che poteva destare sospetto in un operatore di
polizia.
Il fermo ad opera degli Agenti della Polizia Stradale appare pertanto legittimo.
Come noto l’atto di un P.U., ancorché legittimo, può essere arbitrario se compiuto con modalità non
consentite perché contrarie a disposizioni di legge, a particolari doveri di ufficio o alle norme
elementari del costume sociale.
Nella specie però neppure sotto questo profilo si può ritenere configurata l’arbitrarietà dell’arresto
dei due imputati, perché le colluttazioni descritte dai diversi partecipi non appaiono eccedere quanto
necessario all’atto.
Gli stessi testi della difesa hanno ricordato che i due ragazzi, pur non avendo atteggiamenti
aggressivi, cercavano di divincolarsi e di scappare.
La scena deve essere sembrata particolarmente movimentata e violenta a degli osservatori non
abituati ad osservare servizi di polizia, ma si trattava pur sempre di un arresto di due persone che si
divincolavano, cioè opponevano resistenza attiva ed evidentemente volontaria.
Uno di questi, VA, durante la propria condotta colpiva intenzionalmente con un calcio l’Ispettore
SANCINETO procurandogli le lesioni al ginocchio descritte nel capo 11 e dimostrate dalle
certificazioni mediche acquisite.
I due imputati, dunque, appaiono responsabili del reato di resistenza a P.U. loro contestato al capo 4
nella parte relativa alle condotte tenute al momento del loro arresto.
VA risponde anche del reato di lesioni personali aggravate, contestatogli al capo 11.
13.5 Per quanto concerne il momento dell’arresto di AC e VA si deve procedere ora alla
valutazione degli elementi di prova relativi agli ipotizzati reati di fabbricazione, detenzione e porto
illegale di due bottiglie incendiarie che sarebbero state lanciate dai due contro la caserma della
Polizia Stradale (capi 5-7 e capo 3 n. 7) [487].
L’esistenza e soprattutto la natura di queste due bottiglie in possesso di VA e di AC pare posta in
dubbio da due ordini di elementi di prova, uno fondato sulle deposizioni dei testi della difesa e
l’altro più strettamente legato alle deposizioni degli operanti ed agli atti redatti da appartenenti alla
Polizia.
Come si è visto i tre testi della difesa, DI BARI, MELAOUAH e SOSTARO, hanno escluso di aver
visto delle bottiglie durante l’episodio.
I tre si trovavano per caso a pochi metri di distanza e lo hanno descritto sostanzialmente come un
fermo dalle modalità violente compiuto nei confronti di due persone che non sembravano aver fatto
nulla di male e che durante l’espletamento dell’atto si erano limitate a divincolarsi.
Si può ipotizzare che i tre, testimoni casuali, non fossero fin da subito attenti nei confronti di un
fatto, il fermo, che non si attendevano.
Però la descrizione fornita, la breve distanza dal luogo degli avvenimenti, le risposte via via più
precise alle domande sempre più incalzanti convincono della sincerità dei tre: essi videro dapprima
forse di sfuggita arrivare la Vespa, videro però direttamente il momento in cui gli Agenti la
fermavano e seguirono con attenzione l’intero episodio.
I tre hanno escluso di aver udito intimare l’alt.
Forse questo particolare può essere loro sfuggito nella fase iniziale, quando appunto l’attenzione
doveva ancora focalizzarsi su quanto stava per accadere.
Poi però hanno escluso di aver visto bottiglie sia nella mani dei ragazzi sia nelle mani degli Agenti.
Questo specifico elemento non doveva sfuggire loro, non solo perché le due bottiglie sarebbero
state lanciate contro gli Agenti, gesto molto visibile da una distanza di pochi metri, ma soprattutto
perché poco dopo una delle bottiglie sarebbe stata recuperata dagli operanti mentre si trovava a terra
davanti al portone della caserma, e i tre hanno dichiarato di aver seguito le fasi dell’arresto,
rivolgendo una particolare attenzione a ciò che avveniva dietro il portone a vetri.
Nessuno dei tre ha notato bottiglie, neppure quella in plastica verde ritratta nelle immagini del
reperto 143.50 in un ufficio della caserma pochi minuti dopo le 18 [488].
Il secondo elemento di prova che pone in dubbio la ricostruzione fornita dagli operanti è costituito
dalla comparazione tra la foto di quella che dovrebbe essere la bottiglia sequestrata a VA (foto n. 44
del DVD personale dei due imputati) con il contenuto delle deposizioni dei testi MENNELLA e
NELIS.
La foto 44 mostra un oggetto dalla forma di bottiglia interamente avvolto in nastro isolante
marrone.
MENNELLA l’ha descritta come una normale bottiglia d’acqua, probabilmente da litri 1,5, con
dello scotch intorno, senza innesco.
NELIS ha fatto riferimento invece ad una bottiglia di plastica completamente rivestita di nastro da
pacchi, contenuta in un sacchetto di plastica e legata in modo tale che lo stoppino di accensione era
stato ricavato dai manici della busta di plastica avvolti su se stessi e tenuti insieme dal nastro
adesivo per pacchi di colore marrone che avvolgeva la bottiglia.
Non era sicuro di riconoscere la bottiglia nella foto 44 perché in quei giorni ne aveva distrutte
parecchie.
Questi elementi appaiono in contraddizione tra di loro, la bottiglia o non aveva innesco
(MENNELLA) o lo aveva e questo era costituito dai manici di un sacchetto di plastica (NELIS).
Peraltro senza innesco quella bottiglia non può essere definita come incendiaria.
Si deve osservare come la bottiglia di plastica che sarebbe stata lanciata da VA conteneva un
liquido che MENNELLA ha definito infiammabile sulla base dell’odore emanato, mentre NELIS ne
ha descritto il colore e l’odore simile a quelli della benzina riferendo inoltre che al momento della
distruzione questo liquido si era comportato proprio come la benzina.
Nessuno però ha svolto un accertamento tecnico su quel liquido, in modo da poterne dimostrare la
natura.
Infine si deve notare che, nella ricostruzione fornita, questa bottiglia è stata distrutta ma in atti non
risulta un’autorizzazione a tale operazione.
La conclusione a cui si deve giungere è l’assoluta incertezza sull’identità della bottiglia (quella
avvolta nello scotch ma senza innesco, oppure quella avvolta nello scotch e contenuta nel sacchetto
di plastica?), sulle sue caratteristiche (se non aveva l’innesco non era un ordigno incendiario) e
soprattutto sul suo contenuto: il solo senso dell’odorato del teste MENNELLA non pare sufficiente
a dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che si trattasse di benzina o comunque di un liquido
infiammabile, inoltre non è sicuro che le dichiarazioni di NELIS siano riferite proprio alla bottiglia
sequestrata agli imputati.
Peraltro, si deve notare che seppure non vista dai tre testi della difesa una bottiglia di plastica era
comunque presente.
Marco LAURIA proprietario della Vespa ha ricordato di averne detenuta una nel bauletto.
Si trattava di una bottiglia da mezzo litro d’acqua, lui ci teneva l’olio per fare miscela non benzina o
liquidi dall’odore simile a quello della benzina, essa non aveva più l’etichetta, aveva il tappo, non
era avvolta, né incerottata in niente.
LAURIA non ha riconosciuto l’oggetto raffigurato nella foto 44 che non assomigliava alla bottiglia
di sua proprietà.
Non si può neppure escludere che sia questa la bottiglia sottoposta a sequestro perché il verbale
menziona soltanto “n. 1 bottiglia contenente liquido presumibilmente infiammabile” senza darne
alcuna descrizione neppure volumetrica.
AC e VA hanno ricordato che al momento della caduta si erano aperti i bauletti della Vespa e ne
erano usciti gli attrezzi, compresa la bottiglia della miscela.
Pare possibile che questa bottiglia possa aver contribuito alla confusione verificatasi in quei
momenti sia a causa del movimentato arresto sia a causa della situazione generale.
Però anche in questo caso non si tratta di una bottiglia incendiaria perché conteneva solo dell’olio
per miscelare la benzina e formare così il carburante della Vespa.
Analoghe considerazioni devono essere svolte per quanto riguarda la ipotizzata bottiglia di vetro
lanciata da AC e infrantasi poco distante dal portone della caserma.
Innanzitutto nel verbale di arresto si riferisce che le due bottiglie lanciate “in direzione del portone
d’ingresso ed all’indirizzo degli scriventi” si erano infrante contro il portone, mentre a dibattimento
i testi ESPOSITO e MENNELLA hanno menzionato una sola bottiglia di vetro infrantasi a poca
distanza dal portone e questa contraddizione è stata spiegata, ancora una volta, con la scarsa qualità
del verbale di arresto.
Ma, in secondo luogo e soprattutto, l’accertamento della natura di liquido infiammabile contenuto
in questa bottiglia riposa ancora una volta soltanto sul senso dell’odorato dei testi ESPOSITO e
MENNELLA elemento che pare insufficiente a dimostrare la natura di bottiglia incendiaria di
quell’oggetto.
Si deve considerare, tra l’altro, come con ogni probabilità gli avvenimenti di quel giorno avevano
riempito quei luoghi di oggetti ed odori di ogni genere.
Inoltre è del tutto notorio come un motoveicolo rovesciato, come la Vespa caduta, possa perdere del
carburante, quindi provocare odore di benzina.
Pertanto non può ritenersi provato oltre ogni ragionevole dubbio che le due bottiglie che sarebbero
state lanciate dagli imputati al momento del loro arresto costituiscano ordigni incendiari e sul punto
gli stessi devono essere assolti ai sensi del secondo comma dell’art. 530 c.p.p. dai reati loro ascritti
ai capi da 5 a 7 ed al capo 3 n. 7 perché il fatto non sussiste.
13.6 I rimanenti fatti di resistenza contestati al capo 4.
Come si è visto in precedenza le immagini del reperto 143.50 contenute nel DVD personale
ritraggono i due imputati sulla Vespa della ITOLLI mentre percorrono Via Pozzo.
La sequenza mostra dapprima VA in possesso di sassi e di un manganello di metallo e poi mentre
lancia un sasso da Via Pozzo verso la sottostante Piazza Tommaseo.
Le immagini recano un orario, quello delle ore 17.37 di poco posteriore ai fatti di Piazza Alimonda
culminati con l’uccisione di Carlo GIULIANI.
Come ricordato dal teste FIORILLO in Piazza Tommaseo era attestato un contingente della Polizia
di Stato che proprio in quelle ore era stato fatto oggetto di pesanti attacchi anche con lanci di
bottiglie incendiarie e di altro mentre cercavano di ristabilire l’ordine pubblico.
Si deve concludere che il lancio di quel sasso da parte di VA rappresenti un’aggressione volontaria
alle Forze di Polizia presenti nella piazza sottostante e quindi integri il reato di cui all’art. 337
contestato in una parte del capo 4 diversa da quella relativa al momento del loro arresto.
13.7 Diverse considerazioni devono essere svolte in merito all’ipotizzato attacco con una bomba
incendiaria al VTC della Polizia (capi 5, 6,7 e 8 e capo 3 n. 6).
La prova è fornita dalle dichiarazioni del teste MENNELLA e dal riscontro offerto dalle
dichiarazioni del teste FIORILLO.
Peraltro le prime appaiono non tranquillizzanti, considerando che egli non fa menzione di tale fatto
nel verbale di arresto nei confronti di AC e VA, dove invece questo avrebbe dovuto essere
menzionato per primo data la sua gravità.
La difesa ha sostenuto l’inattendibilità delle dichiarazioni di MENNELLA anche sotto un altro
profilo: egli ha riferito l’episodio ad un momento tra le 17 e le 17.20 spiegando che i due che
avevano lanciato la Molotov procedevano su di una Vespa blu.
Il reperto 143.50 invece inquadra i due alle ore 17.37 su di una Vespa chiara, quella della ITOLLI.
Il Collegio non ritiene decisivo questo argomento, posto che l’episodio è riferito a quasi venti
minuti prima delle 17.37 e che è pacifico come la sottrazione della Vespa della ITOLLI sia durata
pochi minuti, tanto che alle 18 i due erano nuovamente in possesso della Vespa blu di LAURIA.
Resta però a minare l’attendibilità delle dichiarazioni di MENNELLA la contraddizione tra quanto
riferito nel verbale di arresto, dove l’episodio del VTC non viene menzionato, e quanto dichiarato a
dibattimento.
Per parte loro le dichiarazioni rese dal teste FIORILLO appaiono attendibili, ma non
individualizzanti.
In altri termini FIORILLO ha ricordato sia la presenza di blindati nel suo contingente sia gli attacchi
con bottiglie Molotov ma non ha specificamente indicato un attacco portato da due persone su di
una Vespa che, date le caratteristiche dei due, potessero essere identificate nei due imputati.
Appare possibile che MENNELLA abbia effettivamente visto qualcuno che lanciava una bottiglia
incendiaria verso un blindato in piazza Tommaseo, anche perché la caserma di Via Saluzzo si trova
nelle immediate vicinanze e in posizione appena più elevata rispetto a questa piazza.
Non appare però certo che autori di questo fatto siano proprio i due imputati.
I quali pertanto dovranno essere assolti dai relativi reati, ai sensi del secondo comma dell’art. 530
c.p.p., per non aver commesso il fatto.
13.8 I furti contestati ai capi 1 e 2.
I due imputati sono pacificamente responsabili dei furti delle due Vespe, fatti dimostrati dalle
immagini, dalla circostanza che i due al momento dell’arresto fossero in possesso di una delle due
Vespe nonché dalla loro confessione.
La difesa ha sostenuto la natura di furto d’uso delle due condotte, quindi la non punibilità per
mancanza della querela.
I due imputati hanno sostenuto di essersi impossessati dei due veicoli per allontanarsi dalla zona
pericolosa.
Peraltro di uno (la Vespa blu) si sono impossessati due volte, del secondo hanno mantenuto il
possesso per pochi minuti, dovendolo poi restituire perché inseguiti dalla proprietaria.
Nessuno dei due fatti può essere qualificato come furto d’uso perché lo scopo di allontanarsi dai
luoghi pericolosi, che coincidono con quelli dove sono stati presi i mezzi, è incompatibile con
quello di restituzione all’avente diritto che comporta il ritorno negli stessi luoghi.
Inoltre nel caso del veicolo di LAURIA, le immagini dimostrano come i due imputati se ne siano
avvalsi per scorazzare per le vie della città dove venivano compiuti (e dove gli stessi partecipavano
ad) altri fatti reato, come Piazza Giusti e le zone intorno a Piazza Tommaseo.
Il racconto di entrambi gli imputati appare infatti ben poco attendibile nella parte in cui colloca il
furto della prima Vespa in un momento successivo alla carica al corteo delle Tute Bianche, cioè
dopo le 14.56 mentre in realtà essi sono in possesso della Vespa già poco dopo le 13.30.
In particolare i due risultano seguire per un tratto il percorso dei manifestanti del Blocco Nero.
Si veda ad esempio il reperto 70H CD27 OGGSBXKS che ritrae i due sulla Vespa davanti al
sottopasso di Corso Torino e dietro alcuni manifestanti apparentemente turchi in un momento in cui
i manifestanti del Blocco Nero raggiungono e oltrepassano il sottopasso verso Corso Sardegna
intorno alle ore 14.
Si vedano le foto 2, 4, 5, 7, 14 e 15 del reperto 41 che inquadra i due che percorrono Via
Montevideo mentre bruciano le auto ivi incendiate dal Blocco Nero, auto che invece al successivo
passaggio del corteo delle Tute Bianche saranno già completamente consumate e spente.
Si veda il reperto 120 DSCF 0148 che ritrae AC in possesso della Vespa blu davanti al Dì per Dì di
Piazza Giusti in un’immagine nella quale si vede anche FA con lo scudo blu, immagine ritratta
quindi poco dopo le ore 14, ben prima cioè della carica al corteo in Via Tolemaide.
La Vespa di LAURIA quindi è stata usata per alcune ore, non solo momentaneamente e non è stata
immediatamente restituita al proprietario, dato che i due imputati se ne sono impossessati una
seconda volta ancora al fine di allontanarsi da quei luoghi.
Anche la Vespa di ITOLLI non è stata sottratta per farne un uso temporaneo, dato che la finalità era
sempre quella di allontanarsi da quei luoghi e non è stata restituita spontaneamente dagli imputati
alla proprietaria, la quale anzi inseguì e raggiunse gli autori del furto pretendendo ed ottenendo la
restituzione del veicolo.
Si tratta pertanto di due furti aggravati consumati, non sussumibili nel paradigma legale dell’art.
626 n. 1 c.p..
Questi due furti peraltro devono essere inquadrati nell’insieme più generale delle condotte dei due
imputati e degli avvenimenti ai quali questi hanno preso parte.
13.9 Infatti i furti dei due motocicli si inquadrano in una più ampia condotta tenuta dai due imputati
che ha integrato gli estremi del reato di devastazione e saccheggio contribuendo alla concreta messa
in pericolo dell’ordine pubblico, così come loro contestato al capo 3.
I due risultano aver seguito il corteo del Blocco Nero almeno a partire da poco dopo le 13.30, le
immagini infatti li raffigurano mentre svolgono lo stesso percorso degli altri manifestanti.
Essi si trovano in Corso Torino verso le 13 dove indossano già il casco, AC porta una maschera
antigas con filtri rossi, VA ha già messo il giubbotto antiproiettile.
Questa foto [489] mostra AC mentre tiene il piede sopra la ruota di una moto danneggiandola.
Non si tratta di un abbigliamento e di una situazione neutri o casuali perché i due sono già preparati
per gli scontri e stanno concretamente mettendo in opera un danneggiamento.
Subito dopo i due imputati si impossessano della Vespa di LAURIA e percorrono Via Montevideo e
Corso Torino in un momento in cui le attività di danneggiamento producono i propri effetti
costituiti dagli incendi delle auto e dei cassonetti.
Quindi si portano in Piazza Giusti dove raggiungono i manifestanti del Blocco Nero mentre questi
stanno compiendo il danneggiamento ed il saccheggio del Dì per Dì, attività alla quale prendono
parte attiva.
Infatti, le immagini dei reperti 57D, 120 foto 15. 148, 13, 21, 145, 146, 143 e 18 [490] mostrano i due
imputati arrivare in Piazza Giusti già alle ore 13.49 e trattenersi quantomeno fino alle 14.05, cioè
per l’intera prima fase della devastazione e del saccheggio del supermercato ad opera dei
manifestanti del Blocco Nero.
I due non si limitano a percorrere la piazza sul motociclo (immagini della telecamera del traffico
GIUSTI), ma si fermano e scendono dal veicolo nelle immediate vicinanze del supermercato,
mentre di fronte a questo vi sono diversi altri imputati (CC, FA, UD, MI, DP) e viene compiuto il
saccheggio.
Le foto 15, 148 e 13 del reperto 120 mostrano alcune persone vestite di nero che consumano delle
bevande sottratte al supermercato.
Nelle foto 148 e 13 si vede AC chino sul pianale della Vespa di LAURIA.
Sopra al pianale, oltre la scocca si scorge un sacchetto bianco contenente oggetti sottratti al
supermercato.
La foto 145 del reperto 120 mostra AC di schiena, sopra al pianale della Vespa di vede qualcosa di
rosso.
La foto 143 del medesimo reperto 120 mostra da diversa angolatura AC chino sulla Vespa di
LAURIA: davanti ai piedi dell’imputato si riconosce una bottiglia di vino piena e con il tappo rosso,
anch’essa evidentemente sottratta al negozio.
AC dunque come gli altri ha approfittato della situazione e si è impossessato di merce del Dì per Dì.
La difesa ha obbiettato che in queste immagini non si vede VA.
Peraltro la sua presenza in loco è confermata dalle immagini della telecamera del traffico GIUSTI,
nelle quali si vedono entrambi gli imputati arrivare e girare per la piazza a bordo della Vespa di
LAURIA.
Inoltre AC ha dichiarato che i due stavano sempre insieme, infine lo stesso VA ha ammesso di
essere stato presente durante il saccheggio del supermercato e di avere avuto modo riparlare con
uno dei presenti.
I due quindi hanno concretamente preso parte alle condotte di danneggiamento e di sottrazione di
beni poste in opera dai componenti del Blocco Nero, danneggiando una moto (capo 3 n. 2),
sottraendone un’altra (n. 3), partecipando al danneggiamento ed al saccheggio del Dì per Dì (n.5).
In seguito, come si è visto, sottraggono un’altra Vespa (n. 4), mostrano tracce di aver partecipato
direttamente al (o comunque di aver approfittato del) danneggiamento degli arredi urbani venendo
fotografati mentre percorrono Via Pozzo sulla Vespa sottratta alla ITOLLI e VA tiene in mano uno
o due sassi di forma piatta, provenienti cioè dalla pavimentazione stradale (n.1) ed il manganello di
metallo.
Il loro atteggiamento appare aggressivo nei confronti delle Forze dell’Ordine, AC è travisato da un
chefir, ha con sé un coltello a serramanico, VA lancia un sasso verso Piazza Tommaseo, tiene
sempre in mano il manganello, porta una catena alla vita, indossa un giubbotto antiproiettile per
difendersi in occasione di scontri.
Data la natura particolare di quest’ultimo oggetto pare ben poco credibile la dichiarazione dei due di
averlo trovato per terra.
Si tratta di condotte plurime, protrattesi per alcune ore che non si prestano ad essere spiegate, come
tentano i due imputati, con la sola volontà di fuggire senza voler arrecare danno ad alcuno.
D’altronde i due hanno ammesso di essere venuti a Genova più che altro per curiosità, approfittando
di un viaggio a prezzo conveniente.
Evidentemente una volta arrivati qui si sono lasciati coinvolgere e hanno partecipato direttamente a
diversi fatti illeciti.
In conclusione le prove raccolte appaiono idonee a fondare la penale responsabilità dei due imputati
per i reati di cui al capo 3, fatti di cui ai numeri da 1 a 5, al capo 4 nella parte relativa alla resistenza
opposta alle Forze di Polizia dapprima mediante il lancio di pietre (non di ordigni incendiari) e poi
al momento dell’arresto e per il solo VA anche al capo11.
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[414] Reperti indicati al paragrafo 5 della prima parte di questo capitolo.
[415] Paragrafo 9 della prima parte di questo capitolo.
[416] Immagini della telecamera SAVONAROLA, paragrafo 12 della prima parte di questo capitolo.
[417] Reperto 70H OGGS0X7T.
[418] Si vedano i reperti indicati nel paragrafo 24 della prima parte di questo capitolo.
[419] Reperti 237, 192-23, 164-249B, 133 foto 8.
[420] Si vedano i reperti indicati al paragrafo 27 della prima parte di questo capitolo ed in particolare il reperto 70H
OGGRZ14T.
[421] Si vedano i reperti indicati al paragrafo 30 della prima parte di questo capitolo ed in particolare le diverse foto del
reperto 120 Piazza Giusti Scontri.
[422] Reperto 143-112 PS 0006.
[423] Si vedano le immagini indicate nel paragrafo 34 della prima parte di questo capitolo.
[424] Si veda il reperto 91.
[425] Si veda il reperto 65DG812.
[426] Si vedano i reperti indicati al paragrafo 38 della prima parte di questo capitolo, in particolare il reperto 25.
[427] Per le considerazioni concernenti la prescrizione dei reati contravvenzionali contestati agli imputati si veda il
paragrafo 2 di questo capitolo.
[428] Reperto 150-3 La7.
[429] Reperto 192-16TPO frame 003.
[430] Reperto 143-10 foto 003.
[431] Reperto 41 Telegenova 0002.
[432] Reperto 192-21 TPO foto 011.
[433] Si veda la foto reperto 100 – 2007_064, ritratta davanti al Dì per Dì.
[434] Si veda la foto ritratta in quell’occasione al n. 01 della cartella “selezione ordinata”.
[435] Reperto 224 CD 07-052-2. e reperto successivo –3.
[436] Reperto 120 P Giusti scontri RP10
[437] Il foto segnalamento della SA si trova al n. 010 della cartella “selezione ordinata” del DVD CC.
[438] Reperto 224 CD07-052-2.
[439] Si trova sia nel DVD personale sia nell’allegato 7 delle produzioni di P.M.
[440] Nella relazione 24/4/2002 a pag. 4 vi è foto tratta dal reperto 88 E, foto G8084 scattata il 20, durante l’assalto al
blindato in panne in Corso Torino, a pag. 5 vi è il cartellino foto segnaletico del 21/7/2001.
[441] Si veda la prima parte di questo capitolo paragrafo 5.
[442] Si vedano i reperti indicati ai paragrafi 13 e 16 della prima parte di questo capitolo.
[443] Reperto 150-3.
[444] Si vedano i reperti indicati al paragrafo 21 della prima parte di questo capitolo.
[445] Frame del reperto 192-16.
[446] Reperto 235 foto 10.
[447] Tra gli altri reperto 75-100_FUJI-DSCF0124, reperto 70H-OGGRYTZY e reperto 123 foto 3.
[448] Reperto 88B Scontri 4, immagine nella quale si vede anche la CM.
[449] Reperto 164-249B.
[450] Si vedano i reperti indicati al paragrafo 26 della prima parte di questo capitolo.
[451] Si vedano i reperti indicati nel paragrafo 28 della prima parte di questo capitolo, in particolare il reperto 163 004.
[452] Si vedano i reperti indicati nel paragrafo 30 della prima parte di questo capitolo.
[453] Si vedano in particolare i frame del reperto 120 e quelli del reperto 41.
[454] Frame 0007 e 0008 del reperto 41.
[455] Reperto 120 Piazza Giusti Scontri RP 08.
[456] Reperto 100-2007_065 e reperto 100-2007_064.
[457] Per le considerazioni concernenti la prescrizione dei reati contravvenzionali contestati agli imputati si veda il
paragrafo 2 di questo capitolo.
[458] Reperto 210 frame 0012.
[459] Reperto 143-116 PS 0004.
[460] Reperto 41 frame 0041.
[461] Si trova sia nel DVD personale sia nell’allegato 7 delle produzioni di P.M.
[462] Nella relazione 10/6/2002 a pag. 4 vi sono i frame 0004 (figura 1) e 0030 (figura 2) del reperto 41 Telegenova frame
0004, in entrambi i casi è stato usato il viso del soggetto con il casco bianco, a pag. 5 vi è la foto della carta di identità
del DP datata 5/3/1999.
[463] Si vedano i reperti indicati nel paragrafo 21 della prima parte di questo capitolo, in particolare il reperto 210.
[464] Si vedano i reperti indicati nel paragrafo 24 della prima parte di questo capitolo, in particolare il reperto 164-249.
[465] Si veda tra gli altri il reperto 143-116.
[466] Si vedano i reperti indicati nel paragrafo 30 della prima parte di questo capitolo.
[467] Per le considerazioni concernenti la prescrizione dei reati contravvenzionali contestati agli imputati si veda il
paragrafo 2 di questo capitolo.
[468] Reperto 70H-OGGS2RAS per il tatuaggio sulla donna ignota (cartella “selezione ordinata” al n. 062), foto
segnaletica di MI ibidem al n. 008.
[469] Si vedano le foto relative al sequestro nella cartella “selezione ordinata” del DVD personale.
[470] Ibidem al n. 039.
[471] Si trova nel DVD personale, cartella “foto” sottocartella “fotografie”.
[472] Reperto 235 foto 32.
[473] Reperto 49 Furio Filippo foto 38.
[474] Si trova sia nel DVD personale sia nell’allegato 7 delle produzioni di P.M.
[475] Nella relazione 11/11/2002 relativa ad UD a pag. 5 (figura 1) vi è il reperto 120 piazza Giusti Scontri RP 20, a pag. 6
(figura 2) il reperto 186-1-0187, a pag. 7 (figura 3) il reperto 70H-OGGRYTZT, a pag. 8 la foto di comparazione di UD
tratta dalla sua carta di identità ed acquisita dalla DIGOS di Messina.
Nella relazione 14/5/2003 relativa a MI a pag. 4 vie è il reperto 70H-OGGS2RAS, a pag. 5 vi sono le immagini di MI
tratte dal cartellino segnaletico e dai rilievi di tutta la persona, compreso il particolare del tatuaggio intorno
all’ombelico.
[476] Si vedano le immagini indicate al paragrafo 21 della prima parte di questo capitolo.
[477] Reperto 49 foto 38.
[478] Si vedano i reperti indicati nel paragrafo 28 della prima parte di questo capitolo.
[479] Si vedano i reperti indicati nel paragrafo 30 della prima parte di questo capitolo.
[480] Si vedano i reperti indicati nel paragrafo 34 della prima parte di questo capitolo.
[481] Reperto 41, nel frame 0009 poco dietro UD e MI si notano i soggetti B e C.
[482] Reperto 209 Motomixer.
[483] Reperto 235 FOTO 42.
[484] Si vedano i reperti indicati al paragrafo 50 della prima parte di questo capitolo.
[485] Reperto 104 rullo G foto 031 e 034.
[486] Cfr. il reperto 143.50 (in particolare i frame 11, 12 e 15) contenuto nel DVD AC VA.
[487] La terza bottiglia incendiaria indicata nei capi da 5 a 7 è quella fatta esplodere contro il VTC in piazza Tommaseo,
fatto a cui fanno riferimento i capi 8 e 3 n. 6, sulla quale si tornerà in seguito.
[488] Durante il dibattimento la difesa ha mostrato nelle immagini del reperto 143.50 una bottiglia di plastica verde, di
quelle usate per l’acqua minerale non avvolta in nastro isolante, ritratta negli uffici della Polizia Stradale pochi minuti
dopo l’arresto dei due imputati.
Questa parte del reperto 143.50, mostrata ai testi ma non prodotta, non può essere utilizzato ai fini del giudizio perché
non è in atti e soprattutto perché non vi è prova, tranne la coincidenza del luogo e del momento, che si tratti proprio
della bottiglia sequestrata a VA.
[489] Si tratta della foto n. 005 della cartella “selezione ordinata” del DVD AC VA, acquisita dalla DIGOS (teste
ZAMPESE).
[490] Immagini tutte contenute nella cartella “selezione ordinata” del DVD AC VA.