PROCESSO DIAZ - La sentenza

13.5 Ricostruzione dei fatti > > > > > > > > > | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 |

Aggressione all’Ag. Nucera

L’episodio di resistenza più grave e più discusso riguarda l’aggressione con un coltello che avrebbe subito l’agente Nucera, secondo quanto dal medesimo riferito.
Nella sua relazione di servizio in data 22/7/2001 il Nucera scriveva:
“… Dopo aver sfondato la porta al grido di “fermi polizia”, unitamente all’ispettore capo Panzieri, entravo per primo di slancio nella stanza buia e mi trovavo improvvisamente di fronte ad un giovane dell’altezza di circa m.1.70, del quale posso riferire solo che indossava una maglia scura, il quale con urla indistinte mi affrontava impugnando un coltello con la mano destra puntandomelo con il braccio teso verso la gola. Servendomi dello sfollagente in dotazione, riuscivo ad allontanare l’aggressore colpendolo al torace con la punta dello stesso ed a farlo indietreggiare. Quest’ultimo tuttavia, con una mossa fulminea, mi colpiva vigorosamente al torace facendo nel contempo un rapido salto all’indietro. I colleghi che mi seguivano dappresso, tra cui lo stesso ispettore Panzieri, intervenivano in mio ausilio e bloccavano lo sconosciuto dopo averlo atterrato. Il medesimo veniva quindi immediatamente preso dagli altri colleghi e portato al piano terra al punto di raccolta.
Immediatamente dopo che la persona era stata accompagnata fuori, grazie al riflesso della luce proveniente dal corridoio, mi avvedevo, prima di uscire dalla stanza, che sul pavimento in corrispondenza del punto dove si sono svolti i fatti sopra narrati, era presente il coltello impugnato dalla persona che mi aveva affrontato e pertanto lo raccoglievo.”
Nel corso dell’interrogatorio in data 7.10.2002, lo stesso Nucera descriveva i fatti come segue:
“ … mi sono diretto al II piano dell’edifico, seguito da circa 4 o 5 colleghi che erano alla mie spalle. Percorso il corridoio rapidamente ed osservate tutte le aule mi sono trovato di fonte all’ultima aula, dopo una rientranza sulla destra, vicino ai bagni. La porta era chiusa, si trattava di una porta di legno a due battenti. L’ho sfondata io con un calcio e sono entrato per primo seguito a breve distanza dai colleghi. Mi sono trovato in un’aula completamente buia. Nel corridoio invece c’era abbastanza luce, nel senso che erano accese alcune lampadine, ma la gran parte penetrava dall’esterno. All’interno dell’aula, a distanza di circa 2 metri, mi sono trovato di fonte una persona alta circa 1,70 m, di cui non sono riuscito a distinguere bene il viso, sia perché era buio, sia perché indossavo il casco protettivo che limita molto la visuale. Questa persona cominciò ad urlare ma non sono riuscito ad intendere cosa perché forse parlava una lingua straniera che non ho riconosciuto, nello stesso tempo tendeva il braccio destro verso di me. A quel punto io l’ho affrontato colpendolo al torace con il corpo proteso in avanti e impugnando il tonfa all’impugnatura con la mano destra e nella parte lunga con il braccio sinistro. Ho avuto la sensazione però di essere stato colpito anche io, forse proprio perché mi ero proteso troppo con il corpo in avanti. La persona indietreggiando sempre con il braccio teso in avanti stava per perdere l’equilibrio ed ha cercato a questo punto di aggrapparsi a me, al mio braccio, senza riuscirvi, nel frattempo riuscendo però a sferrare un altro colpo che mi raggiungeva sempre nella parte frontale. Cadeva infine a terra e io nell’impeto l’ho scavalcato, dopodiché i miei colleghi lo hanno immobilizzato, trascinandolo via e lo allontanavano del tutto. Avanzavo ancora per qualche metro, esplorando la stanza che però si rivelava vuota, e ritornavo indietro. Uscendo proprio nei pressi della porta, riuscivo ad individuare nel luogo illuminato un coltello che era a terra; a questo punto ho pensato che fosse l’oggetto con cui ero stato colpito. Girai a destra scendendo dall’altro lato delle scale perché nel frattempo avevo sentito tramite auricolare, l’ordine di Fournier di uscire dall’edificio.
Sono sceso velocemente dalle scale. Nella discesa ho intravisto Fournier e non ricordo altri colleghi. Approfittando della maggiore illuminazione, mi sono istintivamente guardato la giubba, mentre riponevo il tonfa alla cintura, rendendomi conto della lacerazione che era presente e così pure nel corpetto protettivo sottostante che avvertivo con la mano. Sugli ultimi gradini mi sono imbattuto nell’autista del dott. Canterini, l’ag. Sc. Mazzotti Gianluca, il quale ha visto che ero sconvolto e mi ha chiesto cosa mi fosse successo. Ho avuto così modo di raccontargli cosa mi era capitato al secondo piano; sono uscito dalla scuola nel cortile ed ancora non riuscivo a rendermi conto esattamente di cosa mi fosse successo; l’autista di Canterini mi portò dal comandante al quale raccontai la subita aggressione; lui mi chiese al volo qualche informazione e come era successo ed io gli ho mostrato il coltello e gli ho detto “comandante, mi hanno colpito con questo”. Alle spalle del dott. Canterini vi era una persona in borghese alla quale il comandante si rivolse chiamandolo “dottore” e quindi presumo che fosse un funzionario, ed al quale a sua volta riportò quanto gli avevo appena narrato. Il funzionario, di cui non conosco il nome, ma che descrivo come una persona scura di capelli e di carnagione, vestito elegantemente in borghese, mi prese sottobraccio e mi riportò dentro l’edificio. Nell’ampio locale al piano terra, vicino ad un muretto divisorio, erano posizionati alcuni oggetti sequestrati ed appeso uno striscione nero; il funzionario mi indirizzò ad altre persone che si occupavano della perquisizione e mi disse di togliermi giacca e giubbetto che consegnai loro; alcuni erano in pettorina, altri non so precisare. La mia divisa ed il corpetto furono messi assieme agli altri oggetti. Ero così rimasto solo in maglietta, decisi quindi di trattenermi ancora nell’edificio, finché, avendo sentito dell’ordine dei miei colleghi di abbandonare il posto, uscii e mi unii a loro, allontanandomi e salendo sui nostri mezzi”.
L’Isp. Panzieri nel corso dell’interrogatorio reso in data  24.7.2003 non ha confermato le sue precedenti dichiarazioni rese il 12/12/01, quale persona informata dei fatti, ed ha dichiarato:
“ … Dopo aver controllato che su quel piano tutto fosse in sicurezza, mi sono  diretto ai piani superiori, giungendo, ma non posso neppure questa volta essere sicuro, al secondo piano, ovvero ad un piano superiore. Ricordo che con me c’era Nucera ed un altro collega del reparto mobile che mi camminava a fianco, ma non era del VII nucleo perché ricordo bene il suo cinturone bianco. A questo piano è successo l’episodio che riguarda l’aggressione riferito da Nucera. In sostanza, giunti a quel piano abbiamo percorso un lungo corridoio e in fondo a questo … ci siamo trovati di fonte ad una porta a due battenti chiusa.  In contemporanea, io e il Nucera abbiamo dato un calcio alla porta aprendola e, appena entrati nella stanza lui e il collega, ricordo di aver visto che si è fatta avanti  puntando un braccio, ricordo una specie di pugno, un’ombra che non saprei descrivere.  Oltre a ciò non so riferire direttamente, perché sono rimasto sulla soglia della porta, proprio sullo stipite,   e mi  sono allontanato lasciando i colleghi, non ritenendo necessaria la mia presenza e presumendo evidentemente che avessero avuto ragione dell’aggressore. Io mi sono recato immediatamente ad un piano ancora superiore perché avevo sentito grida e  rumori metallici ... Mi sono quindi recato fuori dall’edificio ove il reparto era inquadrato sulla destra. Nei pressi dell’ingresso, vicino alle scale, ho incontrato l’agente Nucera che stava raccontando quanto gli era accaduto ad un caposquadra che non so identificare. Mi sono avvicinato ed ho notato che aveva un vistoso taglio alla giubba della divisa. Gli ho detto ‘ma guarda come ti sei combinato’ e   lui mi raccontò della aggressione subita e mostrò anche il coltello che aveva rinvenuto. Non ricordo di aver visto il Nucera senza divisa in quella circostanza né so se se la sia levata subito dopo”.
Diversi testi [34] ed imputati [35] hanno riferito di aver visto il Nucera una volta uscito dalla scuola, di aver parlato con lui e di averlo notato piuttosto scosso.
Al fine di accertare la compatibilità tra i tagli rinvenuti sul giubbotto e la descrizione del fatto resa dall’Ag. S. Nucera, si procedeva con incidente probatorio ad effettuare una perizia, affidata al Prof. Torre che concludeva, affermando la compatibilità dei tagli con la seconda versione dei fatti resa dal Nucera.
Sentito in dibattimento in contraddittorio con i consulenti del P.M. e delle parti civili, il Prof. Torre confermava la sua valutazione, proponendo anche un esempio pratico di quanto poteva essere avvenuto a giustificazione del mancato allineamento dei tagli sul giubbotto e sul corpetto protettivo [36] e, di fronte alle contestazioni dei consulenti di parte Col. Garofano e Prof. Algostino, ribadiva quanto in precedenza affermato.
Le conclusioni del perito, ampiamente e logicamente motivate, appaiono fondate e non si ha dunque alcun motivo per dubitare della loro fondatezza. Il Prof. Torre ha inoltre risposto a tutte le contestazioni rivolte al suo operato sempre con logicità e chiarezza ed ha altresì spiegato la mancata uniformità delle tracce sul corpetto e sul giaccone, posta a fondamento delle contestazioni dei consulenti di parte, con il fatto che i due indumenti non erano tra loro solidali, con la conseguente possibilità che dette tracce non risultassero tra loro precisamente corrispondenti.
E’ vero che il Nucera ha in un primo tempo descritto l’aggressione con modalità diverse da quelle indicate successivamente e riconosciute dal perito incompatibili con le tracce rinvenute sulla giacca e sul corpetto, ma è anche vero che tale prima versione venne da lui redatta assai sommariamente nell’immediatezza del fatto, quando ancora poteva essere confuso per quanto accadutogli e non del tutto consapevole della necessità di essere particolarmente preciso nella descrizione dei fatti, data anche la sua inesperienza in attività di polizia giudiziaria e di redazione di atti.
Certo è che il mancato riconoscimento e arresto dell’aggressore ed il ritrovamento soltanto successivo del coltello, giustificabili esclusivamente con la confusione e l’agitazione determinatesi nell’operazione, nonché le diverse versioni dei fatti rese dal Nucera  ed i parziali contrasti con quanto riferito dal Panzieri, indurrebbero, da un lato, a ritenere inattendibile l’intero episodio, come sostenuto dall’accusa e dai consulenti di parte; è anche vero però, dall’altro, che l’ipotesi secondo cui il Nucera avrebbe deciso di inventare una falsa aggressione, per di più eseguita con un coltello e creandone anche le tracce, appare scarsamente logica e razionale.
A parte infatti lo scarso interesse personale sia del Nucera sia del Panzieri, per di più soltanto aggregato al VII Nucleo, a creare false prove di una resistenza violenta da parte di coloro che si trovavano nella Diaz, si dovrebbe ritenere che il Nucera fosse già in possesso del coltello poi sequestrato e che nel breve tempo dell’irruzione, mentre numerosi suoi colleghi procedevano nell’operazione, con la partecipazione del Panzieri o comunque alla sua presenza, abbia avuto il tempo di colpirsi o farsi colpire, con i rischi anche fisici che ciò poteva comportare, ovvero di togliersi la giacca ed il corpetto, risistemarli insieme sul pavimento o su un tavolo, in posizione tale da simulare che gli stessi fossero regolarmente indossati, e quindi di colpirli con il coltello.
In tale situazione probatoria non appare dunque possibile ritenere provata con la dovuta certezza né la falsità dell’aggressione in esame né il suo reale accadimento.
Va altresì osservato in proposito che le conclusioni della perizia circa la compatibilità delle tracce rilevate sui citati indumenti con la seconda versione dell’aggressione resa dal Nucera, non possono assumere un valore determinante al fine di stabilirne la veridicità, ma valgono soltanto ad affermare che detta versione dei fatti non risulta smentita da elementi obiettivi.


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[34] De Donno Alessandro: “… Uscimmo e ci inquadrammo nel piazzale. Nucera uscì dopo di me e lo vidi piuttosto strano, tanto che mi chiesi che cosa gli fosse successo; poi lo vidi andare con il comandante verso sinistra dove vi erano altri dirigenti. Venne poi a inquadrarsi con noi: non aveva più il giubbotto ed era in maglietta. Successivamente ci disse che era stato aggredito da una persona con un coltello”.
Gabriele Ivo: “… Appartenevo alla squadra del Sovr. Compagnone; oltre a me vi era Gabriele Nico, mio fratello,  Sauro Roberto,  Mariano Amatore e Nucera Massimo; quando lo vidi uscire notai che era piuttosto scosso e gli chiesi se andava tutto bene. Sul lato sinistro del suo giubbotto notai che vi era un taglio. Poco dopo lo vidi che si schierava con noi;  non ricordo se aveva lo stesso giubbotto, né di averlo visto in maglietta”.
Frittella Giorgio: “… Ricordo di aver visto Nucera uscire dal portone; era molto provato; solo in seguito, negli alloggi, venni a sapere che era stato aggredito. Tornò ad inquadrarsi in maglietta senza giubbotto”.
Pifferi Lucio: “… Quando giungemmo in Questura nei locali della Digos e venne aperto lo striscione, vidi anche una giacca di un operatore e la protezione sotto giacca; rimasi sorpreso e, informatomi, seppi che si trattava del giubbotto di un agente che era stato vittima di un accoltellamento. Confermo che vidi per la prima volta il giubbotto in Questura, anche se in un primo momento dichiarai di averlo visto alla scuola Diaz. Ho successivamente ricostruito i fatti e me li sono ricordati meglio”.
Gallo Nicola: “… Parlai con l’Ass. Nucera, che era venuto in Questura, perché disse di essere stato colpito con un coltello, mostrando il corpetto che presentava un taglio; vi era anche il dr. Canterini. Nucera ci spiegò che era stata una situazione concitata. Non sono in grado di precisare se il Nucera aveva ancora indosso la giacca con il taglio ovvero se la mostrò soltanto. Mi preoccupai soltanto di sottoporre a sequestro la giacca. Dissi inoltre al Nucera di redigere un’annotazione descrivendo tutti i particolari  e tutto ciò che era avvenuto con la massima precisione. Vi era anche il suo capo-pattuglia, Panzieri ed il dr. Canterini … quando parlai con Nucera ricordo ora che vi era anche Pifferi … io mi posi il problema per il fatto di Nucera, circa la  mancata individuazione del suo aggressore e cercai di porlo agli altri. Sentii Canterini dire che per la resistenza vi era Nucera e i reperti in sequestro, per gli arresti per associazione a delinquere c’era Ferri, ecc. Ma poi quando sentii Nucera non si riuscì a chiarire il fatto … Nel colloquio con Nucera lui appariva come un operatore che  aveva subito da poco l’aggressione. Gli dissi di essere molto chiaro nell’esporre  quanto gli era successo, che era il fatto più grave. Lui non aveva dimestichezza con l’attività di PG”.

[35] Canterini Vincenzo: “ … Ricordo che uno dei miei uomini mi disse che era stato accoltellato il “Flanella”, soprannome dell’agente Nucera; mi portai vicino a lui che mi fece vedere il taglio sulla giubba e sul corpetto in plastica. Mi disse che al quarto piano era stato affrontato da una persona e che poi si era accorto di essere stato colpito con un coltello. Rividi il Nucera qualche minuto dopo; era con la maglietta azzurra; si era tolto quindi la giubba ed il corpetto di plastica, che non so dove siano stati posti. So che poi tornò in Questura” (ud. 6/6/2007).
Luperi Giovanni: “… avevo già appreso come episodio significativo, del tentato omicidio ai danni dell’agente Nucera. L’avevo appreso dallo stesso agente o meglio da lui e dal comandante Canterini che dai gradini dell’ingresso parlavano ad alcuni astanti che non so bene individuare. Ricordo che, ad un certo punto, intervenne lo stesso Nucera a dire che il suo aggressore era riuscito a sfuggire, a scendere le scale ed a nascondersi tra gli altri nella palestra. Prendo atto che la versione resa dal Nucera e da altri sul punto è diversa, nel senso che l’aggressore sarebbe stato bloccato, portato via da alcuni commilitoni e successivamente non riconosciuto dal Nucera, ma ricordo perfettamente che il racconto del Nucera quando l’ho sentito io era chiaro nel senso diverso che l’aggressore era riuscito a “svicolare”e quindi a fuggire confondendosi tra altri occupanti” (verbale int. 7/7/2003).
Tucci Ciro: “… Poi ho saputo il fatto del collega Nucera; sono entrato nella palestra e ho parlato sia col Nucera che con gli altri colleghi. Ho saputo che era stato accoltellato ed effettivamente ho visto che c’era un taglio sia sulla giacca che sul corpetto” (verbale Int. 19/9/2001).

[36] “Le osservazioni fatte al mio lavoro dai consulenti riguardavano la direzione di alcuni dei colpi; detti consulenti hanno inoltre lamentato che io non avrei tenuto conto della non uniformità delle tracce sul corpetto paraspalle e sul giaccone. Si tratta di osservazione inconsistenti: i consulenti assumono che giacca e paraspalle siano solidali tra di loro e solidali con il corpo, ma così non è, tra scudo e giacca vi è uno sbuffo. Le striature sulla spalla indicano la direzionalità, le impuntature  sono dall’alto al basso e a sinistra, le strie hanno aspetti equivoci. Abbiamo una giacca con due ferite da punta e taglio, che non possono che essere state prodotte da un coltello violentemente indirizzato al petto di chi li indossava. Il paraspalle e la giacca erano indossati in modo fisiologico. Dalle prove sperimentali si è visto come si determini la lacerazione della giacca, l’impuntatura sulla plastica del paraspalle è un’impuntatura in ritorno. Ciò è molto simile a quanto verificatosi sul reperto in originale. Mi era stato detto di non proporre ipotesi alternative rispetto a quanto dichiarato da Nucera, che disse che dopo l’ultimo colpo l’aggressore cadde all’indietro. Alle ore 10.30 viene aperto il corpo di reato su richiesta del perito, che ne estrae il coltello in sequestro. Il perito con tale  coltello pratica un buco su di una  calza che ricopre l’involucro di una videocassetta, mostrando che il buco sulla plastica rimane nel punto dove si è colpito con il coltello, mentre il buco sulla calza si amplia e viene “traslato”. L’involucro della videocassetta e la calza utilizzati per tale dimostrazioni vengono allegati agli atti del  presente procedimento. In conclusione confermo sostanzialmente quanto esposto in perizia: abbiamo due colpi di coltello, in corrispondenza sullo scudo delle impuntature e delle righe; è possibile che qualche particolare della ricostruzione non sia perfetto, ma nell’insieme i colpi sono compatibili con quanto dichiarato. Prove dinamiche non se ne possono fare in una situazione del genere, non si può mimare l’atteggiamento di due persone che si fronteggiano”.